Rando Devole

 

Home

Curriculum

Pubblicazioni

Studi

Traduzioni

Articoli

Links

                 

Immigrati e lavoro stagionale

I settori economici dove sono impiegati lavoratori stagionali costituiscono il 10% del Pil italiano. Questa cifra dimostra chiaramente che il lavoro stagionale è di enorme importanza per l’economia del Paese.

Fino agli anni ‘60 i lavoratori stagionali erano per lo più studenti, oppure lavoratori provenienti dal Sud, i quali sceglievano di lavorare per qualche mese in agricoltura oppure nel settore turistico.

Adesso le cose sono cambiate. Una ricerca Cnel – Censis mette in evidenza il fatto che negli ultimi tempi il sistema economico dell’Italia si affida sempre più agli stranieri per questo tipo di lavoro. Infatti, i vari decreti emanati in questi anni hanno rispecchiato tale tendenza, prevedendo ingressi per lavoro stagionale sempre in crescita.

Il decreto di quest’anno, firmato dal Ministro del Welfare, prevede 33 mila nuovi ingressi di immigrati stagionali, per fare fronte principalmente alle esigenze del settore agricolo e alberghiero. Il decreto non consente ingressi di immigrati stagionali per le regioni del Sud, mentre autorizza solo cittadini extracomunitari di paesi candidati all’adesione all’Unione Europea e di paesi con cui sono in vigore accordi bilaterali in materia.

            Il decreto in questione ha provocato una serie di reazioni da parte di diverse associazioni che sottolineano l’insufficienza di questi numeri per soddisfare il fabbisogno di manodopera stagionale dell’economia di tante regioni.

            La ricerca “I lavoratori stagionali immigrati in Italia” (Cnel-Censis) afferma un dato conosciuto a tutti: “La stagionalità interessata al fenomeno degli stranieri è data in particolare dai settori dell’agricoltura e dei servizi turistici. E’ noto che l’economia italiana ha una forte componente agricola a base stagionale, basata sulle raccolte che dalla primavera in autunno si svolgono lungo tutta la penisola: dalle fragole, alla verdura, alle nespole, alle mele, all’uva, e alle olive”.

Una cosa è certa: gli immigrati con il loro lavoro stagionale svolgono un ruolo fondamentale per la sopravvivenza di tante imprese, in particolare nel settore agricolo e turistico. I dati sulle mansioni svolte confermano la prevalenza nel lavoro stagionale delle attività agricole: i braccianti sono il 47,3%, seguiti da altre attività manovali (13,1%), addetto ai servizi alberghieri (12,5%) o di ristorazione (5,3%), collaboratore domestico (6,8%), operai nell'edilizia (7,1%) o nell'industria (6%), venditori ambulanti (5,3%).

            Ma c’è da chiedersi: chi sono i lavoratori stagionali? Secondo la ricerca Cnel-Censis  l’identikit del lavoratore immigrato stagionale è quella di un uomo giovane, celibe, musulmano, marocchino o albanese. “Infatti, il 78% degli intervistati è di sesso maschile, contro il 22% di donne. La fascia d'età più rappresentata è quella tra i 30 e i 39 anni (37,5%), mentre il 32,3% ha tra i 25 e i 29 anni, il 23,7% meno di 24 anni e il 6,5% più di 40. La metà circa è celibe (50,4%) e non ha figli (52,2%), il 42,7% è sposato o convive con un connazionale. Quanto al livello di istruzione, i lavoratori stagionali possiedono per lo più un diploma di scuola media inferiore (33,2%) o superiore (31,8%), il 23,1% ha fatto solo le elementari, il 10,5% ha una formazione professionale e il 9,4% nessun titolo di studio”.

            I motivi dell’emigrazione di questi lavoratori stagionali sono: l'assenza di opportunità di lavoro, la volontà di disporre di un reddito più alto, motivi di carattere politico o ideologico, il ricongiungimento familiare, e infine lo studio.

            Il fatto che è la prima volta che si svolge un’indagine sulla situazione di questi lavoratori indica implicitamente che si tratta di una fascia poco conosciuta dai vari operatori. Eppure i problemi non mancano. Gli immigrati stagionali dichiarano di avere diversi motivi di disagio: la mancata garanzia di un reddito adeguato, l'assenza di stabilità e sicurezza, l'inadeguatezza rispetto alla propria qualifica; la presenza diffusa di irregolarità; l’inadeguatezza dell’alloggio; i problemi relativi al permesso di soggiorno o al libretto di lavoro, la difficoltà di ottenere un contratto di lavoro regolare, ecc.

            E’ evidente che si tratta di immigrati che hanno bisogno di tutela, lavoratori che il sindacato dovrebbe raggiungere per aiutarli ad usufruire dei propri diritti, anche perché non mancano voci su casi di vero e proprio sfruttamento.

            Ovviamente gli aspetti correlati ai lavoratori stagionali extracomunitari sono numerosi. A cominciare dalla gestione dei flussi, il funzionamento dei meccanismi di ingresso, l’emersione del lavoro sommerso e fino all’integrazione degli immigrati.

            La programmazione degli ingressi stagionali deve partire dall’individuazione dei fabbisogni del mercato del lavoro, esclusivamente a livello locale, per realizzare un incontro efficace tra domanda e offerta. Poi è necessario snellire le procedure amministrative delle autorizzazioni e regolarizzare i rapporti di lavoro, poiché in questo modo si contribuisce a combattere adeguatamente la clandestinità stagionale.

            Da molte parti viene invocata l’esigenza di un’intesa tra il Governo, enti locali e parti sociali, ma, purtroppo, in questa direzione si è fatto poco. Uno strumento del genere potrebbe offrire ottime soluzioni a problematiche legate al lavoro stagionale degli immigrati, mentre la presenza del sindacato sarebbe una garanzia affinché i lavoratori extracomunitari non vengano, come talvolta succede, considerati solo come forza lavoro.

Rando Devole