“Immagine”
al plurale
L’immagine
degli immigrati in Italia è negativa. Lo dicono studi seri, come quello
svolto dal Censis, ma te lo può dire anche il barista mentre ti prepara
il caffè la mattina presto. Insomma, è scientificamente provato e
comunemente accettato che gli immigrati nel Bel Paese non godono di buon
nome. Allora – viene spontaneo dirlo – quest’immagine deve essere
cambiata.
Il
ventaglio dei problemi però, è molto più complesso di ciò che sembra.
Per ragioni di economia di spazio, e dunque con qualche forzatura,
possiamo tentare di sintetizzarli in seguito. Innanzitutto è necessario
capire se l’immagine negativa degli immigrati è dovuta ai media. Poi,
dopo aver individuato il “bug” del sistema di rappresentazione – in
pieno rispetto del principio della “presunzione di innocenza” dei mass
media e di altri costruttori di realtà –, possiamo chiederci se essa
corrisponde alla verità. Se la risposta sarà negativa, cioè che la
realtà è diversa dalla sua rappresentazione, allora più che diritto
avremo il dovere di fare qualcosa. In parole semplici si può dire che
prima bisogna individuare il problema e poi cercarne la soluzione.
Sembra
facile, ma non lo è per diversi motivi. Uno di questi riguarda
l’immagine che i mass media danno degli immigrati. Una questione
essenziale se accettiamo l’idea che nella sfida per la supremazia
dell’informazione dell’individuo, la fonte massmediatica è uscita
vittoriosa. Ciò significa che dobbiamo prendere atto che la politica nel
mercato delle “immagini” viene imposta soprattutto dai mass media.
Infatti, questi rappresentano in molte occasioni l’unica energia a
disposizione delle persone, che può mettere in funzione l’intricata
macchina della conoscenza e della costruzione della realtà.
Gli
albanesi, per esempio, dopo quasi cinque decenni di (auto)isolamento, sono
stati presentati agli italiani principalmente dai mass media, il cui
laboratorio, tra ingredienti insufficienti e alchimie pressapochiste, ha
offerto al pubblico una realtà totalmente distorta. Gli albanesi sono
stati dipinti come portatori di delinquenza, prostituzione, malattie e di
altri fenomeni negativi. Le ragioni di questa rappresentazione mediatica
negativa, strutturalmente e sostanzialmente frankensteiniana,
sono molteplici e non si possono certamente spiegare con un solo articolo.
Invece possiamo subito dire che questa rappresentazione è diversa da
quella delle altre etnie di immigrati presenti in Italia. E’ evidente
che esiste anche una rappresentazione su base etnica (o su ciò che i
media percepiscono come etnia). La comunità filippina ad esempio, ha
un’immagine distinta da quella marocchina, così come quella polacca
differisce dalla immagine che si dà dei cinesi. Questa osservazione è
talmente vera che alcune ricerche hanno rilevato persino un indice di
gradimento della popolazione italiana nei confronti delle varie comunità
di immigrati. Il riferimento “etnico” è talmente irresistibile da
attrarre metonimicamente, in precisi momenti storici e psicologici della
collettività, le caratteristiche di tutto il fenomeno migratorio.
L’immagine negativa degli immigrati in Italia, in una ipotetica
rappresentazione grafico-cromatica, dovrebbe avere varie tonalità di
grigio, fino a rasentare il nero, probabile e assurda collocazione degli
albanesi.
Quindi
esiste un'unica immagine degli immigrati, così come dal punto di vista
etnico esistono tante “immagini” degli immigrati. L’immagine,
concepita al singolare, potrebbe riguardare il concetto
dell’immigrazione in generale (inteso come fenomeno complessivo), la
totalità degli immigrati che vivono in Italia, i denominatori comuni,
oppure potrebbe concernere la diversità, vista in modo monolitico quanto
obsoleto. Un’immagine così è strutturalmente fragile e nebulosa, perché,
oltre ad essere ideologicamente debilitata, manca di riferimenti
discorsivi tratti dalla realtà, i quali solitamente hanno un’identità
contestuale ben precisa. Ciò non significa però, che un’immagine degli
immigrati con la “I” maiuscola non possa esistere e proliferare.
Ogni controffensiva mediatica contro siffatta immagine degli immigrati
dovrebbe senz’altro tenere presente la sua duplicità: come “totalità”
e come “pluralità”; proprio questa sua caratteristica da cyborg
“Terminator 2”, di sciogliersi in mille rivoli e di amalgamarsi
nuovamente, palesa il suo tallone d’Achille. Infatti, solo dosando
adeguatamente gli interventi a seconda dei componenti, oppure, per
rimanere nella metafora precedente, a seconda delle righe dello spettro
grigio, si potrà renderla più vulnerabile.
In questo ambito, gli auguri al lodevole progetto “L’immagine degli
immigrati in Italia”, promosso dall’OIM, la Caritas/Dossier Statistico
Immigrazione e l’Archivio dell’immigrazione, in collaborazione con
altri 19 partner, tra cui anche “Bota Shqiptare”, sono scontati e
calorosi. L’obiettivo di contribuire a migliorare la percezione
dell’immigrato in Italia, favorire l’integrazione, contrastare la
xenofobia, è ambizioso quanto realistico.
Ma
la sensazione ci dice che la battaglia sarà dura. Tuttavia, la storia
insegna che talvolta basta vincere una battaglia per segnare il destino di
una guerra.
Rando
Devole Pubblicato
su "Bota Shqiptare" - Roma, febbraio 2003
|