Rando Devole |
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L’Albania
cominciò a comparire sulle pagine dei giornali solo agli inizi degli anni
‘90, quando iniziarono le prime crepe nel muro della dittatura e quando
all’orizzonte si intravidero le prime “carrette del mare” gremite di
albanesi in fuga da un Paese ormai allo sbando. L’isolamento
e l’autoisolamento dell’Albania avevano anestetizzato e placato al di qua
del muro anche i sensi dei più curiosi, abbandonandola nella cantina della
storia dove perfino la luce dei riflettori mediatici stentava ad arrivare. Gli esodi degli albanesi verso l’Italia (1990-1991) e le turbolenze politiche e sociali dei primi anni facevano pensare (e sperare) di un cambio di rotta, di un passo qualitativo, dell’attenzione rinata verso questo paese balcanico, ma gli anni successivi non sono stati testimoni di qualche seria attenzione di studiare profondamente la realtà albanese, e tanto meno quella rurale. Innumerevoli articoli, servizi, reportage, collegamenti, ecc., ma pochi studi e ricerche seri, basati su metodologie scientifiche, ancorati saldamente ai pilastri della scienza, incuranti delle tempeste emozionali collettive e distaccati dalle psicosi di un’epoca piena di incertezze e incognite. Non
esageriamo nel considerare la ricerca “I villaggi del Dio Rodon. Frammenti di
vita rurale albanese” del prof. Luigi Za (Argo, Lecce 2001, pp. 201), una
piacevole eccezione. Si tratta di una ricerca su un gruppo di villaggi
dell’Albania centrale. L'articolo è stato pubblicato su "Affari Sociali Internazionali", 2/2002. Rando Devole |