Eritrea
La Storia dell'Eritrea



Da Adua alla caduta dell'Aoi (1898/ 1941)

Il 14 gennaio 1898 il primo governatore civile dell’Eritrea, Ferdinando Martini, giunge a Massawa. Il suo compito è quello di far dimenticare velocemente l’Africa agli italiani e di riorganizzare la colonia (che sarà il compito più arduo). Il primo, importante passo giungerà l’11 febbraio 1900 quando verrà approvato un decreto che stabilisce la separazione tra potere civile e potere militare, subordinando il secondo al primo.
Immagine tratta da "I gas di Mussolini" di Angelo Del Boca, 1996Nei dieci anni del suo governatorato, Martini tenterà di avviare alcune importanti opere quali il prolungamento della ferrovia Massawa - Saati fino ad Asmara, la nuova capitale; l’erezione di nuovi edifici e di nuove strade sull’altopiano e riuscire ad imporre la sua volontà di mantenere i confini precedenti la disfatta di Adwa. Il 10 luglio 1900, infatti, ad Addis Abeba il rappresentante italiano e quello etiope firmano una convenzione che fissa il confine sulla linea Tomat - Todluc - Mareb - Belesa - Muna. La firma dell’importante trattato arriva dopo un laborioso processo diplomatico in cui l’Italia non vuole cedere le posizioni conquistate e l’Etiopia chiede l’intero altopiano.
Nel 1907 il nuovo governatore dell’Eritrea è Salvago Raggi ed è forse durante il suo incarico che inizia a delinearsi nella popolazione indigena una coscienza nazionale. Raggi, a differenza di Martini, aprì le porte agli eritrei, permettendo loro di svolgere impieghi fino ad allora riservati agli europei e di poter accedere all’istruzione avviando così la "penetrazione pacifica" nel confinante Tigray: «Il primo passo per questa preparazione - scrive Raggi - era secondo me quello di creare in Eritrea un ambiente tale che le popolazioni d’oltre confine invidiassero i loro fratelli posti sotto la dominazione italiana».
Dal punto di vista militare, gli anni che vanno da Adwa all’ascesa del fascismo in Italia sono per l’Eritrea di pace e di sostanziale staticità.
L’avvento del fascismo in Italia non avrà immediate conseguenze nella "Colonia primogenita". Il Governo coloniale negli ultimi anni si è adagiato in una ordinaria amministrazione e le preoccupazioni sono ben altre che fondare i fasci in Eritrea: «Egli [il governatore Jacopo Gasparini] si sforza, nei cinque anni di governatorato, di ricostruire Massawa [distrutta da un terremoto nel 1921, N.d.A.], rinnovare le strutture della colonia, dare impulso alla languente economia». Gasparini sarà anche l’ultimo governatore a praticare la «politica degli indigeni» volta a una convivenza tra coloniali ed eritrei. Trascorsi questi anni nella ricerca di un rilancio della colonia (ma invano: basti pensare che dal 1928 al 1932 per cinque anni consecutivi le cavallette distruggono quasi completamente i raccolti), nel 1932 Roma vuole sottolineare che l’Africa è ancora uno dei propri obiettivi: il 2 ottobre il re, Vittorio Emanuele III, sbarca a Massawa e rimarrà in Eritrea fino al 9. Ed è proprio nello stesso anno che vanno delinearsi i programmi per la nascita dell’Impero attraverso l’occupazione dell’Etiopia. Due anni dopo, lo stesso Mussolini prende in mano la direzione politica dell’impresa e, utilizzando come pretesto un incidente alla frontiera tra Somalia ed Etiopia, inizia l’invio nelle colonie italiane (soprattutto quella eritrea) di uomini e mezzi per una veloce ed efficace penetrazione in Abissinia. Al 1° ottobre 1935, due giorni prima dello sconfinamento, «erano radunati in Eritrea 111000 militari italiani e 53000 ascari eritrei, con 35500 quadrupedi, 4200 mitragliatrici, 580 cannoni, 1265 aerei e 3700 automezzi, ed in Somalia 24000 italiani e 29500 ascari, con 7900 quadrupedi, 1600 mitragliatrici, 117 cannoni, 38 aerei e 1850 automezzi. Nel maggio - giugno 1936, cioè al termine della campagna, si trovavano in Africa circa 330000 militari italiani, 87000 ascari indigeni e 100000 lavoratori italiani militarizzati».
Immagine tratta da "Storia dell'Italia Coloniale" di Nicola Labanca, 1994La Società delle Nazioni, chiamata in causa dall’Etiopia, dichiarerà l’Italia aggressore, ma le sanzioni economiche inflitte non toccheranno petrolio, carbone ed acciaio. Le sanzioni serviranno solamente ad aumentare il già alto entusiasmo degli italiani per questa guerra "nazionale". In sette mesi l’esercito italiano riesce a conquistare l’Etiopia (anche se non riuscirà mai a domare la guerriglia) grazie anche ad un ampio uso dell’aviazione armata con bombe all’iprite: è infatti il 5 maggio 1936 quando Mussolini proclama ufficialmente la fine della guerra ed il maresciallo Badoglio entra ad Addis Abeba. Dopo circa 45 anni l’Eritrea e l’Etiopia sono nuovamente sotto un unico Governo. Un’unione questa che durerà però ben poco: il 4 luglio 1940 l’esercito italiano oltrepassa il confine sudanese e, dopo una iniziale ritirata, i britannici rispondono nell’estate con numerosi bombardamenti aerei sulle città eritree e, a differenza del Regio esercito, quello inglese continua a ricevere rinforzi. Gli scontri termineranno praticamente nel 1941, quando, nell’unica vera e propria battaglia tra Italia ed Inghilterra, l’esercito italiano capitolerà dopo 56 giorni di assedio a Keren.

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