Crescentino (VC)
Altri monumenti



1. Ponte sul fiume Po   2. Monumento ai Caduti   3. Stazione ferroviaria
  4. Chiesa di San Pietro






1. Ponte sul fiume Po
Progettato dall'ingegner Cesare Corazza di Adria (Rovigo), il ponte sul fiume Po tra Crescentino e Verrua Savoia sostituì nel 1899 il ponte di barche che per secoli unì la piana vercellese con le colline del vicino Monferrato.
Costruito interamente in muratura, le arcate sono 18, della corda di 21 metri ciascuna, mentre la freccia è pari a 9 metri. La lunghezza fra gli estremi è di 462,42 metri, mentre la larghezza fra i parapetti metallici è di 7,60 metri. Le fondazioni furono fatte con cassoni ad aria compressa, la cui maggior profondità raggiunse gli 8,40 metri sotto la massima magra del Po. Iniziati i lavori verso la metà del 1897 furono ultimati nell'agosto del 1899. Dopo un preventivo di spesa di lire 1 miliardo 53 milioni 500, l'opera costò ben 50 mila lire in meno.
L'impresa della costruzione fu appaltata alla ditta composta dai geometri Gustavo Rosazza, Pier Giovanni Bellia e Giovanni Fogliotti. Tra le opere già effettuate sono da ricordare il ponte sul Po a Trino Vercellese e quello sul Sesia a Vercelli.
L'inaugurazione avvenne, con solenne cerimonia, il 17 settembre 1899 alla presenza di moltissime autorità. A fare gli onori di casa, i sindaci di Crescentino, Giuseppe Minella, e di Verrua Savoia, Marcello Rivalta. Il nastro inaugurale fu tagliato, invece, dal ministro del Tesoro, onorevole Boselli, accompagnato dal sottosegretario di Stato, onorevole Chiapusso. I due arrivarono in treno e, dopo un ricevimento in Municipio, furono accompagnati in auto sul ponte. Il discorso inaugurale, invece, fu tenuto dal cavalier Sesia, consigliere provinciale di Torino, residente a Brusasco. Tra gli altri erano presenti l'arcivescovo di Vercelli e il vescovo di Casale Monferrato. Il banchetto da 400 iscritti arrivò a 700 commensali.
Il 24 settembre 1920 il ponte dovetteaffrontare la prima dura prova con una violenta inondazione del fiume Po: il ponte comunque resse e, facendo da diga, portò l'acqua a raggiungere piazza Garibaldi, finché le acque non tranciarono un tratto di strada circa 50 metri prima del ponte. La stessa identica situazione si ripetè durante l'alluvione del 5 e 6 novembre 1994.
Il 5 settembre 1957, infine, una frana staccatasi dalla rocca di Verrua Savoia travolse sei persone mandando in frantumi diverse arcate del ponte (quattro e una danneggiata gseriamente), nonché una casa sottostante. Oltre 30 mila metri cubi di materiale si abbatterono sulla struttura con una forza d'urto impressionante: un pescatore che si trovava nel greto, fu scaraventato a oltre cento metri di distanza.







2. Monumento ai Caduti
"I martiri di Crescentino che Dio raccolse nella sua misericordia dopo l'unamo eccidio dicono al Mondo che il diritto non muore, agli italiani che la patria si costruisce con la concordia degli spiriti, si demolisce con l'odio di parte".
Con queste parole di Nino Costa si apre un libretto messo in vendita, a metà del 1947, per raccogliere fondi per pagare le spese di realizzazione del Monumento ai caduti che l'8 settembre sarebbe stato inaugurato nello spiazzo tra viale IX Martiri e via Bertolè Viale.
Il monumento è composto da una statua in bronzo, realizzata dal maestro Ettore Tinto di Torino, alta un metro e novanta posata su un piedistallo di sienite lucida e da un muro retrostante di 5 metri per 1,50 rivestito di marmo botticino, sul quale sono stati incisi i nomi dei caduti. La statua rappresenta la Fede che tiene in mano una lampada accesa. "Composta in atteggiamento raccolto, la figura femminile, partecipa della nobiltà e della grazia riunite in una felice armonia di linee e rilievi", è la descrizione del pittore Renzo Stroppa.
Il costo del monumento si aggirò intorno al milione e 350 mila lire.
Il sindaco Guido Casale volle scrivere queste parole per presentare il monumento alla cittadianza: "Crescentino, culla di eroici Generali, di valenti Musicisti e Poeti, di Artisti ed Artigiani insigni, primo fra tutti Crescentino Serra, ingegnere benché non laureato, di benemeriti e colti Sacerdoti; Crescentino, dalle molte ed illustri Casate; Crescentino, dalle rettilinee e simmetriche vie, dalle spaziose piazze e dai bei viali che la racchiudono in un verde ed ombrosa cornice; Crescentino, dalla vetusta Torre, fronteggiante la rinnovata Chiesa Parrocchiale linda e solenne; Crescentino, dall'antico e miracoloso Santuario della Madonna del Palazzo; Crescentino, dalle lontane, guerriere e storiche vicende, non poteva, a tutt'oggi, ventarsi di possedere, fra le tante sue glorie e bellezze naturali, storiche ed artistiche, quella di un degno Monumento che ricordasse, in unica sintesi, i nomi gloriosi degli oltre cento dei suoi Figli migliori, Caduti combattendo per la Patria.
Orbene questa assurda ed imperdonabile lacuna finalmente sta per essere colmata. L'otto settembre prossimo, l'ardente sogno dei pazienti e volonterosi Crescentinesi, coadiuvati dall'autorità cittadina, malgrado l'assenteismo dei neghittosi e degli ipercritici, refrattari ad ogni riconoscenza e solidarietà umana, diventerà finalmente, concreta realtà.
Sul Viale Nove Martiri che conduce al tragico Piazzale della Stazione, irrorato dal sangue vermiglio dei Nove Fucilati per rappresaglia, sorgerà il tanto atteso monumento bronzeo - marmoreo che lucida mente di insigne Artista, ha concepito e abilmente realizzato. Esso rievocherà coll'austera e rassegnata figura di Donna, dal volto sofferente, ma sereno, intimamente tocco dall'immenso dolore materno, il dolore di tutti noi, che pur tanto sopportamo pel nostro genitore, fratello o figlio perduto; e solla stele marmorea, che si ergerà alle sue spalle, eternerà i nomi dei nostri cento e più Caduti che diranno, in eterno, non solo a noi Crescentinesi, ma ai viandanti tutti, l'estremo Loro tributo, alla Patria comune: l'Italia!
Crescentino, il 16 Agosto 1947"
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Ed ecco gli oltre cento nomi scolpiti nel marmo:
Guerra 1849 - 1859: Antonio Balestra,Pietro Barsano e Andrea Grandino.
Guerra 1915 - 1918: Cesare Arnaud, Federico Zaccaria, Francesco Tabbia, Giovanni Abate, Lorenzo Pieia, Giuseppe Tabbia, Luigi Lifredi, Giuseppe Masoero, Giuseppe Monateri, Antonio Parasacco, Giovanni Barberis, Giulio Canonica, Giovanni Battista Dappiano, Pietro Ettore Masoero, Domenico Parasacco, Grisante Pieia, Giuseppe Ravarino, Carlo Roggero, Antonio Stevano, Giovanni Battista Bianco, Cesare Augusto Bosso, Giacomo Pietro Busso, Francesco Costanzo, Pietro Donetto, Guido Losio, Giovanni Battista Prato, Giovanni Sogno, Giovanni Varola, Mario Rosmo, Giuseppe Cavaglià, Candido Comoglio, Melchiorre Andreis, Ottavio Avrone, Carlo Barberis, Antonio Bertolo, Giuseppe Besso, Carlo Bianco, Antonio Binotti, Edoardo Bodo, Crescentino Bosso, Giovanni Bosso, Pasquale Brusotto, Enrico Campo, Alfredo Carosso, Martino Castagnone, Carlo Virginio Castelli, Luigi Alessandro Castelli, Gabriele Cenna, Giovanni Cenna, Francesco Chiò, Defendente Clara, Pietro Cortese, Francesco Dappiano, Michele Dattrino, Andrea Delbene, Pietro Fasolo, Giuseppe Mario Ferrero, Giovanni Finoglietti, Crescentino Fogliato, Luigi Fogliato, Andrea Fontana, Domenico Formica, Domenico Frassati, Giovanni Gabriolo, Ernesto Gagliano, Francesco Gallea, Giacomo Gallino, Pietro Gallino, Bernardo Gavosto, Giuseppe Gianassi, Carlo Vittorio Ginipero, Pietro Ginipero, Antonio Gorrino, Attilio Gorrino, Giovanni Domenico Gozzola, Giuseppe Domenico Gozzola, Carlo Grassone, Carlo Graziano, Andrea Grosso, Domenico Iorio, Domenico Laurella, Giovanni Lusano, Giovanni Marna, Francesco Giovanni Masoero, Grisante Masoero, Alfredo Milano, Emilio Milano, Lorenzo Milano, Caio Mocca, Grisante Monateri, Giuseppe Novarese, Carlo Oletti, Francesco Olivero, Ernesto Ottino, Emilio Parasacco, Luigi Parasacco, Giuseppe Passarello, Carlo Pavese, Domenico Pavese, Ercole Piaccio, Pietro Peia, Siro Pozzi, Luigi Rasore, Carlo Ratto, Giuseppe Ravello, Domenico Rivalta, Carlo Rivetta, Pietro Roberti, Giuseppe Rolando, Lorenzo Rosso, Pietro Rustichelli, Carlo Sartoris, Domenico Sasso, Giuseppe Scappino, Vincenzo Simonetti, Domenico Stevano, Virginio Tabbia, Carlo Tedesco, Giovanni Tione, Natale Torrero, Arturo Vallesio, Mario Vigè, Carlo Villarboit, Achille Viola, Antonio Zanero, Mario Domenico Zanero e Luigi Zinzala.
Guerra 1940 - 1945: Aminto Caretto, Mario Gnecchi, Eugenio Fasolo, Mario Parasacco, Carmelo Salvalaggio, Giuseppe Carando, Ugo Gallina, Luigi Moschetti, Angelo Arena, Antonio Angiono, Giuseppe Chiolerio, Francesco Dappiano, Flavio Gai, Guerrino Fonsato, Silvino Finoglietti, Vittorio Macario, Guido Ravarino, Ottorino Suman e Ferdinando Zogno.
Lotta di Liberazione:
Fucilati:
Giuseppe Arena, Edoardo Castagnone, Ettore Graziano, Eugenio Lento, Enrico Marsili, Giacomo Petazzi, Giovanni Pigino, Domenico Mario Rondano e Michele Schiavello.
Caduti partigiani: Francesco Bena, Giuseppe Bianco, Virginio Bosso, Antonio Cenna, Giovanni Battista Dappiano, Giovanni Ferrarini, Battista Ferraris, Felice Miraglio, Giuseppe Pasino e Giuseppe Scappino.
Caduti per rappresaglia e incursioni: Angelo Allara, Giovanni Mezzano, Francesco Roveda, Ernesto Massa, Ivo Andrietti, Eine Cossa e Giacomo Lifredi.

Tra i nove martiri fucilati l'8 settembre 1944 nel piazzale della stazione, c'era anche Enrico Marsili, giovane diciottenne torinese nipote del parroco. Il 28 luglio 1947 il parroco di San Grisante, don Giuseppe Bianco, gli dedica un articolo particolarmente toccante:
"Quando, per la prima volta, i miei occhi si posarono sulla lettera che il giovane Enrico Marsili indirizzò, quale testamento spirituale, ai suoi genitori, una commozione intensa, mista di gioia e di dolore, si impossessò di tutto il mio essere.
Quel giorno era un sabato. La domenica seguente, ancora pervaso da quell'impressione, ne diedi pubblica lettura facendone argomento del più nobile e sublime esempio di fede cristiana; molti dei miei uditori, le madri specialmente, non trattennero il pianto.
Diocotto anni! Bello, robusto, intelligente, studiosissimo: più ancora, di sentimenti generosi e delicati, castigato nel suo sguardo puro e casto, lampada ardente di fede e di carità.
[...]
Diciotto anni! e perché morire a diciotto anni? e non solo morire, ma, innnocente, essere trucidato? Come non ribellarsi l'anima a questo destino fatale e crudele?
Posiamo ancora una volta e con somma riverenza, gli occhi su quanto Egli, Enrico Marsili, con un presagio che confonde e raggela il cuore, scrive in data 30 aprile 1944, quattro mesi prima della sua fucilazione.
«Carissimo Papà, carissima Mamma,
Quando voi leggerete questa mia, io non sarò più... Voi non avreste giammai pensato che il Vostro Enrico, vi sarebbe stato rapito così presto... Non piangete sulla mia morte: il Signore ha voluto così e Lui, Lui solo è il padrone dell'anima mia. Vi prego di salutare i Professori..., e dite a tutti che Lassù, nel Cielo, dove spero Iddio vorrà accogliermi, pregherò per Loro.
Aff.mo Enrico»
[...]
È il mattino del dì 8 settembre 1944, in oriente già splende alto il sole. Enrico Marsili non è tornato dalla stazione dove accompagnò persone care. Rapida come folgore corre voce che colà fu ucciso un tedesco, e tutti sanno che a vendicarlo, responsabili o no, ci vorranno dieci italiani.
Momento tragico, forse il più tragico dopo l'eccidio dei crudeli Tizzoni. Che sia un padre esemplare, un figlio adorato, non importa: la sentenza è irrevocabile.
La disperazione assale, invade, abbatte gli innocenti, ma ben presto i loro cuori si risollevano: in alto lo sguardo, le mani incrociate, il labbro si apre alla preghiera e la fronte si rassegna.
Il carnefice avrà la vittoria sui corpi, non sugli spiriti.
[...]
A chi sa di morire per salvare i fratelli suoi, è poca cosa un monumento di bronzo se egli cade nel nulla. Se uccidete la speranza è il mondo che si svuota, è l'armonia che svanisce, è la natura che perde il suo incanto ed anche il sole, che guidato da una legge sorge e tramonta, altro non sarà che il gioco di un destino fatale: persino il cielo stellato che ha inginocchiato, in preghiera, i saggi ed i genii, brillerà maligno e crudo come un tessuto trapunto di falsi diamanti.
Fin che tu sai dare un conforto a chi soffre, finché sai creare degli Eroi, o immortale virtù della speranza, resta con noi.
Crescentino, 28 luglio 1974
don Giuseppe Bianco"








3. Stazione ferroviaria
Fin dalla metà del XIX secolo, si decise di realizzare una nuova "strada ferrata" tra Chivasso e Casale Monferrato e, così nel 1870, il Comune di Torino (anch'esso interessato a questo progetto) prese in esame alcuni progetti.
Le maggiori, e più vivaci, discussioni nacquero sulla possibilità di far correre la ferrovia lungo la destra o la sinistra del fiume Po. Alla fine venne scelto il progetto dell'ingegner Solerti, che prevedeva di realizzare la linea sulla sponda sinistra.
I finanziamenti arrivarono nel 1879, con una legge che includeva detta ferrovia in quelle da costruirsi per conto diretto dello Stato. Gli studi di fattibilità, eseguiti dall'ufficio del Genio civile di Torino, ebbero inizio nel 1882 e i lavori per il primo dei tre lotti previsti iniziarono nella seconda metà del 1883.
Il tracciato di 45 chilometri (da Castelrosso a Casale Popolo) interessò così i paesi di Verolengo, l'attuale Borgo Revel (frazione di Verolengo), Crescentino, San Silvestro (frazione di Crescentino), Fontanetto Po, Palazzolo Vercellese, Trino Vercellese, Morano sul Po e Balzola.
L'inaugurazione avvenne il 30 aprile 1887: la linea ferroviaria Chivasso - Casale divenne realtà. Ma vediamo alcuni dati tecnici della linea: la pendenza media è dell'1,8 e quella massima del 6 per mille. Furono realizzati 4 ponti (di cui uno, quello di Sant'Anna tra Crescentino e Borgo Revel, promiscuo ferrovia - strada di sette archi di 18,20 metri di luce ognuno e uno con travata metallica di 38 metri di luce), 2 cavalcavia, oltre 252 fra ponti, ponticelli, sottovia, tombini e sifoni, di luce variabili da 0,40 a 10 metri.
Come accadeva spesso all'epoca, il costo dell'intera linea ammontò a circa 5 milioni contro una spesa presunta di 6 milioni 760 mila lire.







4. Chiesa di San Pietro
Realizzata tra il XI e il XII secolo dai monaci benedettini dell'abbazia di San Genuario, la piccola chiesa di San Pietro era il centro di culto del piccolo villaggio adiacente, costruito er ospitare servi e coloni. A differenza della chiesetta, il villaggio fu poi abbattuto con la nascita di Crescentino (1242).
Di notevole bellezza, anche se oggi è in un grave stato di abbandono, la struttura è realizzata in stile romanico con un suggestivo abside. All'interno si trovano gli altari della Madonna della Tosse e di San Pietro (il cui dipinto murale risale all'Ottocento), mentre il soffitto dell'abside è decorato un suggestivo Cristo in croce della prima metà del Quattrocento.