1. Monte
La frazione prende il nome dal latino mons, cioè piccola altura, dal momento che dal capoluogo ci sono 32 metri di dislivello.
La chiesa, dedicata a San Giovanni Battista, risale al XVIII secolo e all'interno, l'unico reperto degno di nota, è la grande pala presente dietro l'altare: ormai molto deteriorata, raffigura la Madonna col Bambino tra San Giovanni Battista e una figura ormai irriconoscibile.
Nella piccola frazione è però anche da menzionare l'ultimo esemplare di giassèra (ghiacciaia), presente a ridosso della cascina Asberto. Realizzata interamente con mattoni e pietre fluviali, è ottimamente conservata: presenta una parte scavata nel terreno e l'altra emergente. Attraverso un piccolo e stretto corridoio si giunge all'interno dove, prima dell'avvento dei frigoriferi, venivano conservati gli alimenti deperibili con l'ausilio di strati di ghiaccio e paglia.
4. Galli
Il nome Galli deriva, con molta probabilità, dal personale romano Gallius, dal momento che nella zona sono stati ritrovati, negli anni, numerosi reperti archeologici risalenti all'epoca.
Funestata negli ultimi decenni da almeno tre alluvioni (1993, 1994 e 2000), nel centro della frazione sorge la chiesa di San Defendente. Eretta verso la fine del Seicento, ha una sola navata con due volte a botte, interrotte da quattro vele. All'interno da rilevare c'è la pala dell'altare raffigurante la Madonna assisa in trono col Bambino, fra San Crescentino (a destra) e San Defendente (a sinistra).
6. Santa Maria
Nata come grangia dell'abbazia di San Genuario, Santa Maria si trova a poche centinaia di metri dal Po e le inondazioni del grande fiume hanno caratterizzato la storia di questa frazione.
Fu così che nel 1673 si decise di iniziare i lavori per la costruzione di una chiesetta che andava a sostituire quella distrutta durante l'inondazione di metà Seicento. A fianco fu realizzata anche la casa del cappellano (oggi residenza privata).
Ad un secolo di distanza dall'alluvione, esattamente nel 1734, si decise di ricostruire (molto più ampia) l'antica chiesa, ancora oggi parrocchiale.
Ultimata nel 1755, la chiesa ha un'unica navata e presenta nella facciata cinque parti suddivise da sei lesene, fino ad arrivare ad un tronco di timpano sormontato da una statua della Madonna. Dopo molti anni di degrado, nel 2006, sono terminati i lavori di restauro della facciata e del tetto.
All'interno si trovano una pregevole statua dorata della Beata Vergine di fine Settecento, un quadro raffigurante Sant'Andrea Apostolo e una tela sulla presentazione di Gesù al Tempio. L'altare maggiore è in stile rococò e alla sue spalle si trova un grande quadro della SS. Annunziata.
9. San Genuario
Fondata nell'VIII secolo nella foresta denominata Lucedio, l'abbazia di San Genuario prese questo nome nel 999, quando Lotario I donò le reliquie del santo.
I monaci seguirono la regola benedettina e svolsero, nel corso dei secoli, un'intensa opera colonizzatrice della vasta pianura circostante: fu questo il periodo di massimo splendore. Con la nascita del monastero cistercense di Santa Maria di Lucedio e del borgofranco di Crescentino, infatti, il declino di San Genuario fu lento e inesorabile.
Nel XV secolo l'abbazia e l'abitato passano ai Tizzoni, i quali realizzano il piccolo, ma suggestivo, castello. Nel 1802, con la soppressione degli ordini regolari, buona parte dei beni furono acquistati dal banchiere Giani, mentre altri dal marchese Gozzani di San Giorgio paasarono ai fratelli Ariotti di San Genuario. L'ultimo abate commendatario fu nominato nel 1825 (Botto di Rouvre): nel 1854, infatti, l'abbazia divenne parrocchia.
L'attuale chiesa parrocchiale, nonostante sorga nella zona dell'abbazia, non corrisponde al perimetro dell'antico edificio. A tre navate, la chiesa si conclude con l'abside preesistente e presenta un bel campanile romanico a pianta quadrata. All'interno è presente, davanti al primo altare sulla destra, la lapide della tomba di Gaspare Degregory, mentre di particolare valore architettonico è l'alatare alla destra di quello maggiore: su di un altare ligneo settecentesco in lacca e oro, si trova una statua della Madonna attorniata da 14 medaglioni ovali rappresentanti la vita di Cristo.
Da segnalare anche le numerose pietre tomballi presenti all'interno della chiesa, l'altare maggiore, marmoreo ottocentesco, e la tela, sotto il catino dell'abside, raffigurante la Madonna col Bambino fra i santi Michele e Genuario. All'ingresso, invece, fa buona mostra di sè un interessante fonte battesimale ligneo racchiuso da una cancellata in ferro battuto.
A poche decine di metri dalla parrocchiale si trovano il signorile Palazzo Ariotti e il celebre castello dei Tizzoni. Restaurato alcuni anni fa dai nuovi proprietari (che hanno permesso anche il ritorno all'antico splendore dell'urna lignea contenente le reliquie del santo patrono), il castello risale al XV secolo (fu ultimato nel 1473) e fu eretto in difesa dell'abbazia.
Alla periferia della frazione sorge il cimitero con l'annessa chiesetta di San Rocco.
10. San Grisante
Nata come corte di San Genuario, la frazione di San Grisante ha il suo maggiore sviluppo demografico, legato alla risicoltura, nell'Ottocento, raggiungendo i 476 abitanti, facendone la frazione più popolata del circondario.
Sviluppatasi su un terreno lievemente collinare, la frazione presenta alcune caratteristiche importanti: il campanile della chiesa parrocchiale è il più alto della Diocesi eusebiana, il santuario della Madonnina è ancora oggi meta di pellegrinaggio e il cimitero è ormai uno degli ultimi ancora privato, cioè di proprietà dei sangrisantini.
La parrocchiale, nel cui piazzale fa mostra di sè una bella statuta di don Bosco (opera dello scultore crescentinese Emilio Salati e sovrastata da una pregevole copertura), fu ultimata nel 1676. Sulla facciata sono scolpiti i quattro evangelisti e, sopra, i santi Daria e Grisante. Sul lato destro sorge il campanile risalente al 1943: alto 58 metri, fu voluto ardentemente dall'allora parroco don Giuseppe Bianco.
L'interno, ad una sola navata, presenta numerosi altari di pregevole fattura (come quello di Sant'Antonio da Padova, o quello di Sant'Orsola o quello del Suffragio), oltre ad un coro semicircolare con pannelli relativi alla storia della salvezza nel presbiterio. L'imponente altare ligneo maggiore è in stile barocco a doppie colonne laterali e la pala centrale resale a fine Seicento e rappresenta Maria Assunta con a fianco i martiri Grisante e Daria. Da segnalare infine il bel complesso orchestrale dell'aorgano a due tastiere realizzato nella parte sovrastante il portale della chiesa.
A pochi metri dal cimitero cittadino, si trova invece il Santuario della Madonna delle Grazie (o Madonnina). Di seguito riporto uno stralcio della storia di questo piccolo gioiello attorniato dalle risaie che mi raccontò alcuni anni fa Marilena Cassina di San Grisante:
"Da sempre i fedeli, per le più svariate necessità, fanno voti religiosi per ottenere le grazie desiderate, ma nei tempi passati, quando c'erano guerre o si sviluppavano epidemia, era consuetudine che le popolazioni facessero voti religiosi più consistenti, affinché la Madre di Dio e i Santi, intercedessero presso l'Altissimo, perché guerre e malattie avessero fine. I voti religiosi consistevano spesso, tra le altre cose, di erigere cappellette e chiese.
In territorio di San Grisante, nel novembre 1662, in zona Fraschiglione, fu trovata una piccola cappelletta; sul muro della stessa, ancora oggi vi è dipinta l'immagine originale della Madonna con Gesù Bambino in braccio, immagine che fin da quel tempo fu ritenuta miracolosa. In quegli anni, sul nostro territorio, imperversava l'epidemia della peste, allora le popolazioni del luogo si recavano alla cappelletta per chiedere la grazia a Maria S.S. di porre fine al flagello della malattia; i devoti aumentarono al punto che si prese la decisione di costruire una chiesa. Insieme ai sangrisantini si unirono gli abitanti di Lamporo, di Crescentino; le frazioni di Monticelli, Gomato, Ciseno (attuale Santa Maria), Campagna e Galli.
Per costruire la chiesa, fu chiamato il capo mastro messer Giò Pietro Negri da Occhieppo Superiore: la prima pietra fu benedetta da M.R. sig. don Giò Battista Tempia, curato di San GRisante, dal rev. sig. vicario generale capitolare di Vercelli, sig. don giò Batta Emiliano Gonfienza il 23 giugno 1665. Il notaio giò Bernardino Augrande, stilò lo strumento alla presenza del curato di San Grisante e dei testimoni: Domenico Ajchino, Giò Antonio Gal, Honoratio Guglielmo Pisani e Ottavio Sordi. La chiesa fu innalzata con criteri artistici: la volta a crocera, sulle vele dipinti di momenti che ricordano il S. Rosario, l'Altare posteriore in stile barocco ligneo, la balaustra in pregiata marmi, il tabernacolo in bronzo con sbalzi e ceselli.
I recenti restauri accolgono all'interno i fedeli con colori dai toni caldi, gli affreschi acquistano il giusto risalto; tanto da destare meraviglia per la bellezza di questo piccolo e venerato Santuario. La facciata ha due ordini di lesene, le quattro superiori terminano con capitelli vagamente ionici, il timpano conclude la graziosa facciata, il campanile è leggiadramente modellato con classici sbalzi in cotto.
Il Santuario è sito in aperta campagna, la coltivazione della vite nei primi tempi della sua costruzione e la coltura del riso più avanti nel tempo, costituiscono da sempre l'origine agricola del luogo. Queste colture, davano e danno tutt'ora tonalità di colori diversi con il cambiare delle stagioni, facendo da cornice naturale, abbracciando il piccolo Santuario, posto in San Grisante da oltre tre secoli; grazie alla fervida fede dei nostri avi".
La maggior parte delle notizie sono state tratte da:
Ogliaro, Mario e Bosso, Piero, Crescentino nella storia e nell'arte, Libreria Mongiano Editrice, 1998, Crescentino