Segue una breve descrizione delle caratteristiche salienti della morfologia e della sintassi siciliane, in particolare mi soffermerò su quei punti che si discostano dall'italiano.
FRASI IPOTETICHE
Come ho già accennato nella
parte relativa ai verbi, il siciliano usa il congiuntivo anche al posto
del condizionale. Qui aggiungo che le frasi ipotetiche sono introdotte
da 'siddu', a volte abbreviato in si' (in questo caso la consonante successiva
raddoppia). Esempi: 'siddu chiuvi un nìesciu', 'siddu avissi i pìcciuli,
m'accattassi una bedda machina' (se avessi i soldi mi comprerei una bella
macchina).
FRASI TEMPORALI
Quando si traduce 'quannu', 'dopo'
si traduce 'dùoppu ca', mentre si dice 'n'o mìentri ca',
'fino a quando' si dice 'in sin'a cuannu' (in spesso pronunciato 'n). Esempi:
'quannu mi chiami vìegnu' (quando mi chiami vengo), 'dùoppu
ca finivi 'i manciari, puliziavi i piatta' (dopo aver finito di mangiare
lavai i piatti), 'n'o mìentri ca iu fazzu chistu, tu fai chist'àvutru'
(mentre io faccio questo tu fa' quest'altro), 'in sin'a cuannu un chiùovi,
un pùozzo chiantare nìenti' (finché non piove non
posso piantare niente).
ORDINE DELLE PAROLE
Il siciliano tende a mettere al
primo posto nella frase l'elemento che vuole porre in risalto e relegare
in ultima posizione il verbo. 'Cu mia ci vinni' (ci è venuta con
me, lett.: con me ci è venuta); 'iddu s'u manciò' (lui se
l'è mangiato), 'a manciari sulu pìensa' (pensa solo a mangiare).
Per il resto ci sono poche differenze
dall'italiano.
AUSILIARI
Ho già detto che l'ausiliare
per formare i tempi composti è sempre avere, anche per verbi intransitivi.
Il verbo avere si usa anche in frasi come 'mi l'aiu manciatu', 'mi l'aiu
vinnutu' (me lo sono mangiato, venduto), dove in italiano si usa il verbo
essere.
PASSIVO
Il passivo in siciliano non si
usa mai, al suo posto si usa l'equivalente frase attiva. Non si dice 'fu
buttato fuori' ma 'lo buttarono fuori' (u iccaru 'i fùori). Es:
'l'ammazzaru' (fu ucciso), 'u cucìeru' (fu cucinato).
VENIRE E ANDARE SEGUITI DA VERBO
Il verbo che segue la preposizione
'a' non è all'infinito, ma viene coniugato. . All'indicativo presente
si ha: vìegnu a manciu, vannu a ghiùocanu, va a' mancia (vengo
a mangiare, vanno a giocare, va a mangiare).
Questa regola vale solo per la
1°,2°,3° persona singolare e la 3° plurale, solo se la
frase è al presente. (Non si può dire al passato: *vinni
a mancia).
Leggermente differente è
il caso dell'imperativo: con il verbo 'vìenniri' si usa la stessa
regola, con il verbo 'iri' invece si omette la preposizione 'a', con la
conseguenza che la consonante successiva non raddoppia. Esempio: va mancia!
(pronunciato: vamancia, e non: vammancia). Quindi l'unica differenza tra
la terza persona singolare presente e l'imperativo della seconda è
il raddoppiamento della vocale: va mancia (pronunciato rispettivamente:
vamancia e vammancia).
Per il verbo vìenniri invece
si dice come sopra: ven'a mancia!
VERBI TRANSITIVI
Alcuni verbi di moto in siciliano
sono transitivi, a differenza dell'italiano dove sono intranstivi. Ad esempio
'acchianari', 'scìnniri', 'tràsiri', 'nìesciri', si
possono usare nel senso di 'portare su, giù, dentro, fuori'. Es:
'trasi a sìeggia!' si traduce con 'porta dentro la sedia'.
COMPLEMENTO OGGETTO
Il complemento oggetto viene reso
con 'a + sostantivo' se l'oggetto è animato (come in spagnolo).
'Ho visto tuo fratello' si dice 'vitti a to frati'; 'battezza mio nipote'
si dice 'vattìa a me niputi'.
Per gli oggetti inanimati si usa
l'articolo semplice: 'vitti u tàvulu' (vidi il tavolo).
PEGGIORATIVO, DIMINUTIVO, ACCRESCITIVO,
VEZZEGGIATIVO
Il peggiorativo si crea aggiungendo
-azzu. Arbulo, arbulazzu (alberaccio).
Il diminutivo si crea aggiungendo
-cìeddu. Panza, panzicìedda (pancina); catu, caticìeddu
(secchio piccolo).
L'accrescitivo si crea aggiungendo
-uni (in questo caso il sostantivo diventa di genere maschile, qualunque
fosse il genere all'inizio): panzuni (pancione), machinuni (macchinone).
Il vezzeggiativo si crea con -icchiu:
chiùovu, chiuvicchiu (piccolo chiodo); cafitìera, cafitiricchia
(caffettierina).
Come in italiano queste non sono
norme inderogabili, ma sono abbastanza generali.
ENI, ONI
I Siciliani odiano due cose quando
parlano: i gruppi consonantici e le tronche, e fanno di tutto per eliminarli.
Abbiamo già visto come semplificano alcuni nessi consonantici (-nd-;
-mb-; -str-), ora vediamo come evitano di avere l'accento alla fine della
frase: si aggiunge -ni dopo la parola tronca in fine
di frase (viene pronunciato debolemente perché comunque è
un elemento estraneo alla parola). Invece di dire 'chei bìeddu è!'
si dice 'chi bieddu èni!'; invece di 'iddu s'u manciò', 'iddu
s'u manciòni'. Comunque questo è solo un tratto stilistico
e non si è obbligati a usarlo.
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