PRONOMI


PRONOMI PERSONALI
L'uso dei pronomi personali si discosta poco dall'uso che se ne fa in italiano. Anche in siciliano è possibile ometterli prima del verbo, proprio come avviene in italiano.
I pronomi personali soggetto sono: iu, tu, iddu (idda), nuatri, vuatri, iddi. Bisogna notare che 'nuatri' e 'vuatri' sono delle contrazioni di 'nuavutri' e 'vuavutri' (noialtri, voialtri), e che è possibile usare entrambe le forme, ma la prima risulta sicuramente più snella.
I pronomi personali complemento diretto tonici  sono: mia, tia, iddu (idda), nuatri, vuatri, iddi. Esempi: iu parru cu tia, tu parri cu mia, iu parru cu er iddu, tu parri cu nuatri, iu parru cu vuatri, iu parru cue r'iddi.
In pronomi personali complemento atoni sono: mi, ti, ci, ni, vi, ci. Ricordo il suono particolare della 'i', in più va detto che spesso la 'i' subisce l'elisione per l'incontro con l'articolo (n'u rietti: ce lo diede). Esempi: tu mi parri, iu ti parru, iu ci parru, tu ni parri, iu vi parru, iu ci parru (mi parli, ti parlo, gli parlo...).

PRONOMI POSSESSIVI
In siciliano i pronomi possessivi non sono identici agli aggettivi possessivi, a differenza di quanto accade in italiano. I pronomi possessivi sono (con l'articolo): u miu,  u tuu, u suu, u nùostru, u vùostru.
Ci sono alcune cose da notare: la u finale è pronunciata leggermente più aperta di una 'u' cardinale, quindi 'tuu' è formato da due suoni diversi, il primo chiaramente 'u', il secondo più aperto verso la 'o'.
Il secondo fatto degno di nota è che non esiste un reale equivalente del 'loro' italiano. Si può usare l'espressione 'r'iddi' (di loro), oppure usare la parola italiana. Per dire 'è il loro' di può dire: 'è u loro' oppure 'è chiddu r'iddi'.

Gli altri tipi di pronomi non presentano particolari problemi, essendo il loro utilizzo quasi identico all'italiano, e il loro studio si risolve essenzialmente nell'apprendimento dei vocaboli.
 

Un ultimo cenno va dedicato ai pronomi relativi, che in pratica si esauriscono nella coppia ca/chi. Entrambi si possono usare per formare frasi relative essendo intercambiabili. Esempi di forme comuni sono: 'u cani ca vitti'/'u cane chi bitti' (il cane che vidi), 'u cristiano ca parrò/u cristiano chi parrò'. L'unica differenza deriva da un fatto fonetico: come avrete notato dal primo esempio 'chi' fa raddoppiare la consonante che segue, mentre 'ca' no. Di conseguenza si usa chi se si può raddoppiare facilmente la consonante che segue, 'ca' se è meglio mantenerla singola. Mi spiego: in una frase come 'i viscùotta chi pigghi' (letto: chippigghi), la 'p' raddoppia facilmente, trovandosi in una sillaba accentata, quindi si può usare 'chi'. In una frase come 'i viscùotta ca pigghi tu' l'accento della frase cade su 'tu', quindi è meglio se la 'p' non raddoppia, rendendo più snella la frase; in questo caso è meglio usare 'ca'.

 


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