LA PROPAGANDA FASCISTA

PRECEDENTE

HOME PAGE

SUCCESSIVA

Le Liturgie e i Riti

Il mio del cameratismo squadrista come “crogiolo dei ceti” divenne un altro costitutivo della cultura politica fascista, come embrione della futura comunità totalitaria ordinata gerarchicamente, prefigurata in forma visibile e simbolica nei rituali di massa del partito milizia. Il fascismo sviluppo molto presto una propria liturgia, utilizzando i riti e i simboli della tradizione mazziniana, della guerra e della liturgia dannunziana, integrandoli con riti e simboli dello squadrismo e fondendoli in un nuovo stile politico, che ebbe una funzione non secondaria nel definire la fisionomia del partito milizia e nell’attrazione dei consensi, così come contribuì a rendere ancora più evidente, coreograficamente, la pretesa del partito milizia a una “diversità privilegiata” nella scena politica.

La liturgia attraverso la drammatizzazione della politica espressa nei simboli e nei riti di massa, rilevava i miti fondamentali del fascismo, prefigurando nel rito ordinato dei suoi cerimoniali l’immagine della nuova collettività nazionale gerarchicamente disciplinata. Il Fascismo ritualizzò innanzi tutto l’esperienza vissuta del “grande evento” come forma di mobilitazione permanente della nazione contro i suoi nemici interni ed esterni. Lo stile militaresco marcava la diversità privilegiata del partito milizia nei confronti degli altri partiti, dava l’impressione della potenza e della disciplina del PNF, che doveva servire a rafforzare i vincoli interni, rassicurare i ceti borghesi simpatizzanti, ammonire gli avversari. I riti di massa dovevano dare <<la sensazione, tangibile e reale, della potenza del nostro movimento e della indistruttibile fatalità del suo divenire>>.

·        Le parate fasciste erano <<un’esercitazione di disciplina e di fierezza>> opposta alle <<incomposte manifestazioni bianche e rosse a base di ingiurie, di cartelloni offensivi, di cori di ubriachi, di grida di abbasso e di morte>>. In questo modo, l’aspetto militaresco dei cortei e dei riti fascisti doveva esteticamente simbolizzare la riconsacrazione della piazza ai valori della nazione, realizzare l’“arte del movimento e dell’aggruppamento umano”, secondo la formula dannunziana della Carta del Carnaro, per ridare al popolo un senso comunitario della festa civica con il culto delle tradizione cittadine e patriottiche.

·        La benedizione e la consegna dei gagliardetti, che fu uno dei primi riti, in ordine di tempo, della liturgia fascista, avveniva spesso a compimento di una spedizione di conquista, come un rito di purificazione che doveva riscattare il luogo e la folla dalla contaminazione del “nemico interno” e consacrare l’inizio della sua fascistizzazione: col rito del gagliardetto, scriveva un cronista de Il Fascio, è <<tutto un popolo che torna sulle vecchie tradizioni, è tutto un popolo che, ritrovata la sua coscienza, si rimette sulla via segna dalla sua storia, e dai fatti di un passato eterno>>.

·        I funerali dei fascisti uccisi furono fra le prime manifestazioni liturgiche del fascismo, con particolare efficacia emotiva anche su un pubblico di estranei perché, proprio in quanto “riti di morte”, esercitavano una forte suggestione al di là della adesione o meno degli spettatori al fascismo. L’ambiente in cui il rito funebre si svolgeva era reso intensamente emotivo da una accurata preparazione. La sfilata si svolgeva al rullo dei tamburi fra i colori di centinaia di gagliardetti e bandiere abbrunate, mentre portoni e saracinesche degli edifici adiacenti al percorso venivano fatti chiudere “per lutto cittadino”. Il rito culminava con l’orazione funebre, la sfilata degli squadristi davanti al feretro salutato romanamente, e con l’appello dei fascisti morti, a cui la folla rispondeva “presente!”, al comando gli squadristi si inginocchiavano in silenzio per alcuni minuti; all’ordine di alzarsi, veniva pronunciato il nome del morto , salutato dal grido “alalà”. Nei “riti di morte”, tuttavia, il fascismo enfatizzava la continuità della vita nel culto della patria e nel senso della comunione dei fascisti. Il funerale fascista non è <<una lugubre cerimonia di morte>> ma <<un sereno rito di fede e di giovinezza che si svolge nella gloria del sole, in un tripudio di fiori, nella benedizione di tutta la moltitudine in raccolta mestizia; nell’offerta di lacrime delle donne e delle giovinette>>. L’appello del morto e la risposta della folla erano un rito di resurrezione nella memoria attuale della comunione fascista, così come i “martiri” vivevano nelle squadre che si intitolavano col nome dei fascisti uccisi.

·        Alla consacrazione e consegna dei gagliardetti venne poi aggiunto, a partire dal1921, il giuramento collettivo che impegnava i fascisti come soldati a una fedeltà senza riserve e senza obiezioni alle direttive dei loro capi. Anche il rito del giuramento, sorto spontaneamente, venne istituzionalizzato dal partito con la formula <<Nel nome di Dio e dell’Italia, nel nome di tutti i caduti per la grandezza d’Italia, giuro di consacrarmi tutto e per sempre al bene d’Italia>>.

I riti del fascismo dunque miravano ad esaltare il senso del cameratismo, la comunione fideistica nella religione della nazione, che trascendeva le differenze di generazioni, di sesso e di classe. La descrizione die riti e delle manifestazioni fatta sulla stampa fascista mostra, con un modulo quasi costante, l’intento di giungere a rappresentare l’effetto suggestivo non solo attraverso gli aspetti emotivi – il rullo dei tamburi, le marce funebri, il silenzio commosso della folla, la pioggia dei fiori, i comandi e le grida di saluto – ma attraverso la stessa composizione del corteo che doveva rappresentare visivamente e simbolicamente la “comunione” fascista.

PRECEDENTE

HOME PAGE

SUCCESSIVA