IL
FASCISMO
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La marcia su Roma
Nella
primavera del 1922 lo stato liberale appariva vicino alla crisi, per la
pressione esercitata sia dalla destra sia dalla sinistra. Nel luglio del 1922
i partiti di sinistra proclamarono uno <<sciopero legalitario>> che avrebbe dovuto fermare
l’avanzata del fascismo: essi chiedevano infatti al governo di imporre alle
squadre fasciste il rispetto della legge. Ma Mussolini colse l’occasione per
un ulteriore attacco allo Stato e ai sindacati: affermando che lo sciopero
era illegale, mobilitò gli iscritti al PNF
per farlo fallire. Mussolini allora proclamò che in Italia ormai esistevano
due stati, uno vecchio e debole l’altro, quello fascista, giovane ed
efficiente. Nei giorni seguenti, le squadre fasciste passarono all’attacco: a
Milano fu assalito il palazzo del comune e fu devastata la sede dell’Avanti! Mussolini il 20 settembre
annunciò che l’obiettivo era ormai la conquista di Roma. Il 28 ottobre le squadre fasciste marciarono sulla capitale. Il
presidente del consiglio, Luigi Facta, chiese al sovrano di poter impiegare
l’esercito, ma Vittorio Emanuele III rifiutò di firmare il decreto di
proclamazione dello stato d’assedio. Il re era preoccupato per i buoni
rapporti che Mussolini aveva stabilito con gli Aosta, cugini dei Savoia:
temeva che potesse trovare tra i membri della loro famiglia un pretendente in
grado di sostituirlo sul trono. Mussolini fu convocato a Roma per dargli
l’incarico di formare il nuovo governo. Il colpo di stato era
riuscito non tanto per la forza delle squadre armate fasciste quanto per il
fatto che esse avevano incontrato una scarsissima resistenza.
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