IL
FASCISMO
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Il
Manifesto dei Fasci di combattimento (1919)
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La nuova destra
La
situazione del governo di Nitti stava cambiando, infatti, in questo periodo
nacque il Partito Popolare Italiano
(PPI), che segnò l’ingresso nella politica dei cattolici, e nel 1919 furono fondati ad opera di Mussolini
i Fasci da Combattimento. I Fasci da Combattimento erano gruppi
limitati di ex combattenti, d’interventisti, di sindacalisti rivoluzionari
che attaccavano il socialismo e, nello stesso tempo, assumevano posizioni
anticapitalistiche; questi però inizialmente ebbero un seguito limitato. A
destra però la situazione era ancora confusa. Si attendeva un uomo nuovo che
in un primo momento si credette di vederlo in D’Annunzio. Era stato proprio
D’Annunzio a portare il primo, violento colpo al sistema liberale: due mesi
prima delle elezione, il 12 settembre 1919, era entrato nella città di Fiume
alla testa di una spedizione di legionari. La reazione del governo era stata
prudente, mentre Mussolini, pur appoggiando D’Annunzio dalle colonne del suo
giornale, aveva evitato di schierarsi troppo apertamente contro il governo,
suscitando così i rimproveri del poeta – soldato. In
realtà, lo stato liberale era ancora abbastanza forte, e Mussolini non si
sentiva in grado di attaccarlo frontalmente. La sua cautela era fondata, come
poi avrebbe mostrato la conclusione dell’impresa fiumana: nel dicembre del
1920 l’esercito italiano avrebbe attaccato Fiume e nel gennaio del 1921
D’Annunzio l’avrebbe abbandonata. Inoltre
la media e la grande borghesia produttiva, preferiva l’ordine e la stabilità
alle avventure bellicose e Mussolini mirava all’appoggio di questo gruppo
sociale. Mentre D’Annunzio logorava a Fiume la sua immagine di capo, si
andava rafforzando quella di Mussolini, che la costruiva con grande abilità:
per potersi contrapporre più efficacemente ai socialisti, che facevano del
progresso la loro bandiera, egli dava alla sua attività un carattere di
estrema modernità, presentando come uomo aperto alle innovazioni, che non
guadava al passato, ma al futuro. La
destra aveva trovato una base di massa nei reduci di guerra e nella piccola
borghesia. Gli ex combattenti guardavano con rancore gli
<<imboscati>>, accusando gli operai di aver preferito il lavoro
nelle fabbriche ai pericoli del fronte e i socialisti di averli sostenuti. I
contadini, che avevano sperato in una distribuzione di terre, si sentivano
delusi perché essa non era contemplata in nessun programma politico. In
generale era la delusione a spingere verso la destra. A essi vi si
aggiungevano i ceti medi, sempre più impauriti dalla predicazione
rivoluzionaria e alla ricerca di nuove forze politiche che li garantissero e
li rappresentassero sulle piazze. Mussolini capì che era venuto il momento di
contrattaccare proprio sul terreno che fino a quel momento era stato
preferito dalle sinistre, accentuando la critica al parlamentarismo e
trasferendo sulle piazze, dove si stava svolgendo lo scontro sociale e
politico, come del resto avevano già fatto gli interventisti, primo tra tutti
D’Annunzio, durante le <<radiose giornate>> del maggio 1915. Intanto
la sinistra si divideva in Partito Comunista d’Italia (PCdI) e PSI. Molti
uomini liberali nutrivano l’illusione di poter utilizzare a loro vantaggio la
<<piazza fascista>> contro la <<piazza socialista>>.
Mussolini alimentava quest’illusione, mostrando ora il volto duro della
forza, con le squadre di fascisti che assalivano e distruggevano le sedi del
partito socialista e camere del lavoro, ora quello più disteso della
trattativa. La fiducia dei liberali nella possibilità di
<<normalizzare>> il fascismo si accrebbe quando Mussolini decise
di trasformare il movimento in partito. Nel novembre del 1921 Mussolini fondò il Partito
Nazionale Fascista (PNF), con
un programma diverso da quello dei Fasci
da Combattimento: gli accenni anticapitalistici erano ormai del tutto
abbandonati e il PNF si poneva come
elemento di ordine. |
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