ARCHITETTURA
RAZIONALISTA ITALIANA
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Terragni e gli altri
architetti del Razionalismo italiano Tra il passato nostro e il nostro
presente non esiste incompatibilità. Noi non vogliamo rompere con la
tradizione: è la tradizione che si trasforma, assume aspetti nuovi, sotto i
quali pochi la riconoscono. Gruppo 7 Note, in
<<Rassegna Italiana>>, dicembre 1926. Sentiamo di non
essere più gli uomini delle cattedrali e degli arengari; ma dei grandi
alberghi, delle stazioni ferroviarie, delle strade immense, gallerie
luminose, dei rettifili, degli sventramenti salutari. Antonio Sant'Elia Messaggio (testo per
la Città Nuova,1914) Il linguaggio classico e onirico
che emerse in Italia dopo la fine della prima guerra mondiale rappresentava
il complesso punto di partenza per lo sviluppo del Razionalismo italiano. Il Gruppo 7, di ispirazione
razionalista, che si espresse pubblicamente per la prima volta, su
<<Rassegna Italiana>>, comprendeva gli architetti Sebastiano
Larco, Guido Frette, Carlo Enrico Rava, Adalberto Libera, Luigi Figini, Gino
Pollini, e Giuseppe Terragni. Loro obbiettivo comune era il raggiungimento di
una nuova e più razionale sintesi tra i valori nazionalistici del Classicismo
italiano e la logica strutturale dell'epoca della macchina. Inoltre, il Gruppo
7 attribuiva un grande peso a una reinterpretazione della tradizione
piuttosto che alla modernità in sé. Conseguentemente, nel 1926, essi
prendevano una posizione critica nei confronti dei futuristi, scrivendo: […]Non vogliamo rompere con la
tradizione […]. La nuova architettura deve risultare da una stretta aderenza
alla logica, alla razionalità. Nonostnte questa dichiarazione di
fiducia nei confronti della tradizione, le prime opere progettate
da Giuseppe Terragni, mostravano una preferenza per le composizioni
basate su temi industriali. Comunque nel 1928 Terragni si affermò
con la realizzazione del suo edificio di abitazione Novocomum a Como.
Questa composizione simmetrica di cinque piani manifestava il caratteristico
interesse razionalista per lo slittamento espressivo delle masse.
Gli angoli dell'edificio erano troncati in modo tale da lasciare a
vista dei cilindri di vetro, il cui coronamento era costituito dal
massiccio peso della soletta superiore aggettante e il cui nesso all'intero
della composizione era dato dagli sporti dei balconi al terzo piano
e dalla massa del secondo piano. Contemporaneamente al Gruppo 7 nel
1930 fu fondato il Movimento Italiano per l'Architettura Razionalista (MIAR).
Un anno dopo durante la terza esposizione del Gruppo 7 fu pronunciato un
discorso provocatorio dal titolo Rapporto sull'Architettura (per Mussolini), il
quale proclamava che l'architettura razionalista era l'unica autentica
espressione dei principi rivoluzionari del Fascismo. Una dichiarazione del
MIAR dello stesso periodo avanzava un'altrettanta opportunistica
affermazione: "Il nostro movimento non ha altra
consegna che di servire Mussolini nel clima duro. Noi invochiamo la fiducia
di Mussolini affinché ci dia il modo di realizzare" Mussolini inaugurò l'esposizione,
ma la <<fiducia>> ebbe scarso peso di fronte alla reazione del
Sindacato Nazionale degli Architetti, che subiva l'influenza classicista di
Marcello Piacentini. Dopo l'inaugurazione della mostra, il Sindacato
Nazionale degli Architetti toglieva il proprio appoggio, dichiarando
pubblicamente che l'architettura razionalistica era incompatibile con le
esigenze retoriche del Fascismo. A Piacentini fu lasciato il compito di
mediare fra il tradizionalismo metafisico del Novecento e l'avanguardismo dei
razionalisti e di proporre il suo <<stile littorio>>,
estremamente eclettico, come stile <<ufficiale>> del partito.
Formulate per la prima volta nel 1932, le linee direttive che Piacentini
impose fissavano, attraverso la ripetizione di elementi semplici, i principi
ufficiali dello stile fascista. Questo stile si esprimeva nell'Università,
quasi sempre in masse di quattro piani in mattoni e pietra, il cui
coronamento era costituito da cornicioni rudimentali e la cui unica
articolazione consisteva nella modulazione di aperture rettangolari.
L'espressione rappresentativa si limitava in larga misura alle entrate, dove
assumeva una forma classica grazie ai colonnati, ai bassorilievi e ai fregi
recanti scritte. Durante il 1932 Giuseppe Pagano ed
Edoardo Persico, attraverso i loro editoriali, tentavano di convincere i
membri ancora incerti del Novecento ad abbandonare lo <<stile
littorio>> di Piacentini in favore del Razionalismo di Terragni. Nel 1932, Terragni produsse l'opera
canonica del movimento razionalista italiano, la Casa del Fascio di Como.
Progettata all'interno di un quadrato perfetto e alta esattamente la metà
della sua larghezza, il semi-cubo della Casa del Fasci fissò la base di una
geometria rigorosamente razionale. All'interno di questo volume, essa non
solo rivelava una logica della sua struttura trabeata, ma anche il codice
<<razionale>> che stava alla base della creazione della facciata.
Su ogni lato, fatta eccezione per la facciata esposta a sud-est che metteva
in risalto la scala principale, la finestratura e il rivestimento esterno
dell'edificio erano trattati in modo da esprimere la presenza dell'atrio
interno. All'interno è presente una sala centrale per riunioni a doppia
altezza, illuminata dall'alto attraverso una copertura in vetro-cemento e
circondata su tutti i lati da corridoi, uffici e locali di riunione. L'originale intenzionalità politica
della costruzione è espressa in termini pressoché letterali dalla serie di
porte in vetro che separa l'atrio d'ingresso dalla piazza. L'apertura
simultanea di queste porte, grazie ad un meccanismo elettrico, avrebbe unito
l'agorà interna del cotile con la piazza consentendo in tal modo il flusso
ininterrotto delle adunate di massa dalla strada all'interno dell'edificio. Analoghe connotazioni politiche
sono evidenti nel trattamento della sala di riunione principale, con il
fotomontaggio di Mario Radice, e nell'altare che commemora i caduti del
Fascismo. Il sottile inserimento dell'opra
nel cuore del centro storico, il rivestimento totale in marmo botticino e
l'uso di un blocco di vetro per designare lo spazio rappresentativo,
contribuiscono a creare un'opera che è contemporaneamente tettonica,
meticolosa e monumentale. Altre proposte retoriche furono
avanzate dai razionalisti, tra queste deve essere menzionato l'edificio per
la Mostra della Rivoluzione Fascista, ebbe luogo a Roma nel 1932, in
occasione del decimo anniversario della Marcia su Roma. Nel 1934, Persico e Marcello
Nizzoli progettavano la famosa Sala delle Medaglie d'Oro per la Mostra
dell'Aeronautica Italiana tenutasi a Milano. Un elegante labirinto di
tralicci in legno bianco, a una notevole altezza dal pavimento, sosteneva un
campo di immagini grafiche e fotografiche che sembravano galleggiare nello
spazio. Il Persico si spostò da progetti di
grande vivacità e raffinatezza a una fredda e atettonica monumentalità che
caratterizza il Salone d'onore per la Triennale del 1936, elaborato in
collaborazione con Nizzoli, Palanti e Fontana. Dopo la prematura morte di Persico
avvenuta nel 1936, aumentarono le difficoltà politiche e culturali dei
razionalisti. Nelle nuove città fasciste di
Littoria, Sabaudina, Carbonia e Pontina gli edifici permanenti
dell'Esposizione Universale di Roma del 1942, i musei, i monumenti e i
palazzi, erano stati destinati da Mussolini alla formazione del cuore della
Terza Roma; ma furono uno stravagante gesto ideologico di degenerare nel più
banale assemblaggio di forme neoclassiche, infatti gli edifici erano forma
vuote e cubiche, ricche di archi. Nello stesso periodo del progetto,
avanzato da Mussolini nel 1931, di haussmanizzare Roma (una proposta per la
rimozione su vasta scala del tessuto urbano medievale dalle antiche rovine),
il piano di Piacentini per Esposizione Universale di Roma del 1942 era
incerto, come le diverse fazioni architettoniche, compresi i razionalisti,
tra spinta post-futurista a creare una civiltà moderna attraverso un richiamo
alle glorie dell'impero romano. Nel 1934 ci fu un notevole
interesse per l'architettura moderna che poteva fornire prosperità
industriale, infatti furono incaricati Figini e Pollini di progettare tutta
una serie ininterrotta di edifici per l'Olivetti a Ivrea, un nuovo centro
amministrativo e poi abitazioni operaie e attrezzature collettive.
Pressappoco nello stesso periodo, Terragni produceva l'opera più metafisica
di tutta la sua carriera, il Danteum, progettato nel 1938 come abbellimento
monumentale della Via dell'Impero aperta da Mussolini nel bel mezzo della
città antica. Questo progetto, che comprendeva blocchi gradualmente meno
densi di spazi rettangolari organizzati come un labirinto e che simboleggiava
gli stadi dell'Infero, del Purgatorio e del Paradiso, era un'astrazione degli
elementi usati per l'edificio dell'EUR. L'ossessione di Terragni è
un'architettura <<trasparente>> era stata espressa nella sua Casa
del Fascio. Da allora in poi, essa riapparve come una spinta costante in
tutte le sue opere pubbliche. Eccezion fatta per la <<lucidità>>
estrema raggiunta nel volume del Danteum destinato al Paradiso, con le sue
trentatré colonne in vetro e il soffitto pure in vetro, Terragni pervenne a
un senso di trasparenza concettuale grazie a due fondamentali soluzioni.
Questi espedienti erano: · L'uso
del dualismo, che comprendeva generalmente due masse parallele rettilinee con
uno spazio interposto; · La
contrapposizione di vuoti o di masse parallele rettilinee, che arretravano analogamente
ai piani successivi di quadro da un dato punto di vista favorevole, come
avveniva ad esempio nei balconi e nei ponti aerei della Casa dei Rustici. Questa formula, basata sulla
contrapposizione di volumi paralleli alternativamente costruiti e non
costruiti, subiva una rotazione asimmetrica nella proposta per l'Esposizione
Universale di Roma del 1942 e disporle ad angolo retto l'una rispetto
all'altra. L'ultima opera della serie, alla
quale Terragni non partecipò affatto, è la Sede dell'Unione Fascista dei
Lavoratori dell'Industria a Como, costruita tra il 1938 e il 1943, e
realizzata su progetto del migliore allievo di Terragni, Cattaneo, in
collaborazione con Lingeri, Augusto Magnaghi, L. Origoni e Mario Terragni.
Questa costruzione ortogonale, trabeata, è, sotto molti aspetti, la più
brillante soluzione dei temi compositivi e tipologici affrontati dai
razionalisti di Como. L'edificio dell'Unione dei Lavoratori consiste in due
lamelle a cinque piani separate da una corte, in cui è sospeso un blocco
secondario di due piani, che comprende un podio d'ingresso, una segreteria e
un auditorium. |
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