Avevo parcheggiato sul ciglio della strada due curve dopo Barni, lungo la vallassina, e stavo risalendo il versante "est" del massiccio del San Primo. Era già passato mezzogiorno e tutto si prospettava allettante per una tranquilla passeggiata pomeridiana. In alto il sole batteva a picco su un crostone di roccia circondato dai pini e subito dietro un panettoncino brullo si srotolava in un lungo crestone innevato che portava più a sinistra alla cima bianca del San Primo popolata di sciatori.
Aveva nevicato da poco e di lì non era passato nessuno eccetto un animale, forse un cane a giudicare dalle impronte sulla neve. Ad un certo punto la strada finì proprio in mezzo al bosco, così senza preavviso e senza motivo, ma a volte succede in montagna e io risalii con difficoltà la china sdrucciolevole sotto alleffetto slitta delle foglie e del fieno impastati con la neve. Infine ad un tratto un ammasso roccioso bloccò la salita per cui diventava rischioso proseguire dato che non sempre cerano gli appigli adatti e neve e ghiaccio rendevano la presa insicura. Che fare? La mia meta era ancora lontana e ormai sembrava irraggiungibile ma proprio mentre stavo rinunciando rividi quelle orme di animale prendere una fenditura tra le rocce le seguii. E mi ritrovai fuori, su un tracciato morbido che, sotto alla neve, doveva essere a mala pena un sentiero.
Così piano piano, senza nemmeno rendermene conto, arrancai un po da sola e un po guidata da quelle strane tracce fino al bosco verde di abeti sopra alle rocce. Ma da lì al punto che mi ero prefissata pareva di nuovo impresa ardua perché la parete era ripida e scivolosa. Se almeno ci fosse stato un sentiero e dove ed ecco che il cane, ma in quel momento chissà perché mi venne da pensare a un lupo, puntava proprio in quella direzione. La sua presenza virtuale mi rassicurava molto soprattutto per la discesa che sarebbe risultata difficoltosa in quelle condizioni.
Il tiepido scoglio si tuffava a capofitto sul lago e proprio dirimpetto le guglie appuntite delle Grigne, un po grigie e un po bianche, urlavano tutta la loro energia. Le fresche cime innevate che risalivano ad anello su fin quasi alle Alpi, il blu profondo dellacqua lacustre, quellaria frizzante e appena ventosa ma il crepuscolo avanzava e data la situazione occorreva rimettersi subito in marcia per la discesa.
Allinizio tutto procedette bene, seppur abbastanza a rilento, ed ero riuscita a ripercorrere lo stesso tragitto dellandata.
Mi sedetti a prendere fiato, quello era il posto dei due tronchi, proprio in mezzo al costone che si era spezzato. Ora faceva da comodo appoggio per ripararsi dalla neve fredda. Presi la mia penna di legno canadese e incominciai a scrivere ero felice come del resto sempre quando sono tra le braccia di madre natura. Benché la luce stesse calando considerevolmente e non avessi nemmeno una pila né altri attrezzi, mi sentivo a mio agio ed ero sicura che qualcuno stesse vegliando su di me.
Trascinai lo zaino per un po allargando le braccia e respirai quellaria salubre che mi sarebbe dovuta restare dentro per molti giorni ancora. Ogni tanto il cappello mi veniva strappato via dal vento e le impronte mie si sovrapponevano a quelle del lupo. Le seguivo entrambe senza esitazione e quando tanti fitti aghi di conifere si perdevano innanzi a me sommergendomi in un mare senza scampo ecco che quelle orme riaffioravano magicamente e mi indicavano il cammino. Il fatto straordinario era che non appena mi ricongiungevo ad una parvenza di sentiero le impronte svanivano tanto lì non mi sarebbero servite, ma quando la pista si perdeva nuovamente, allora bastava guardarsi intorno attentamente e quelle ricomparivano dincanto tracciando nuovamente una via.
La giornata scivolava via dolcemente portandosi ancora il tepore dellultimo sole affacciato su un lago piccolo piccolo visto dallalto e la rassicurante certezza che, nonostante il buio ormai imperasse inesorabilmente, la sacralità del bosco con quella sua quiete delicata e i segni del lupo sulla neve mi avrebbero serenamente condotta a destinazione.
Cri crack, la dura crosta della neve scricchiolava sotto ai miei passi in quella corsa fatata. Per quella sera ero stata eletta reginetta del bosco, o figlia delle stelle, sorella degli animali nascosti. E come sempre, ancora una volta, tenevo il mondo stretto nel mio pugno. Le prime deboli stelle comparvero mentre avanzavo ormai alla cieca dietro al lupo. Potevo anche immaginarlo: tutto bianco che si voltava di quando in quando per assicurarsi che gli stessi vicino passai un fiume che non cera durante la salita, e poi una cascata, evidentemente avevamo preso una direzione diversa ma il mio istinto sapeva, sapeva che ero al sicuro e così che siano stati gli angeli o gli elfi dei boschi o un cane randagio passato per caso qualche ora prima mi ritrovai senza sorpresa, alla macchina.
§cygnuss
como, dic.2001