IL TE' NEL DESERTO CON ROSSANA CERUTI

9 turisti lombardi rapidi dai rivoluzionari etiopi: tra lecito e illecito la storia vera di una avventura vissuta

 

Rossana Ceruti è una dolce e gentile ragazza dagli occhioni grandi e luminosi. Mi ha gentilmente ricevuta a casa sua per raccontarmi del suo tanto discusso rapimento in Etiopia. Accanto a noi, sulla sedia, un pacco di ritagli di giornali che parlano di quella storia. Ormai sarà annoiata di dire sempre le stesse cose, eppure ha ricominciato pazientemente da capo anche con me e la sua voce non ha mai mostrato cenni di stizza e tantomeno voglia di protagonismo. Il suo entusiasmo nel raccontare si rifaceva più alla bellezza della gente e dei luoghi visitati piuttosto che all'episodio del rapimento in sé. E mi ha anche pazientemente guidato nella mia pigra ignoranza sulla geografia e sull'etnografia di quelle terre.

Ci ha tenuto più volte a sottolineare alcuni aspetti male interpretati dai giornalisti e a difendersi, insieme ai suoi compagni d'avventura, da giudizi lanciati troppo frettolosamente.

Il viaggio in questione era stato progettato nei minimi dettagli, dopo lunghe ricerche bibliografiche e cartografiche, in oltre due anni di studi. Molti dei partecipanti frequentavano da anni quelle regioni e la stessa Rossana vi ritornava per la seconda volta. Il convoglio di jeep era partito da Addis Abeba fino al Lago Afrera (un tempo chiamato Giulietti) ai piedi della Dancalia, misteriosa e inaccessibile. E' un grandissimo altipiano verde che precipita in una torrida depressione fino a -116 m. sotto il livello del mare. Lì solo deserto lavico e le cave di sale (meta dei nostri turisti). Neanche gli insetti riescono a vivere in quella risacca naturale. Dietro all'immenso altipiano della Dancalia, il Mar Rosso. Non ce l'hanno fatta perché non hanno trovato i cammelli come pattuito. Sono allora 'volati' ad Asmara, in Eritrea, per sfruttare gli ultimi quattro giorni di vacanza che restavano e scendere verso il confine per ammirare almeno dall'alto la bellissima piana di sale. Insieme a loro la guida eritrea Alem, con 20 cammelli, 10 cammellieri, 900 litri d'acqua, tende e materiale tecnico. Dopo due giorni di cammino, il 21 aprile, l'incontro con la banda armata e il rapimento. Rossana e i compagni non si sono resi subito conto della situazione perché da quelle parti è usuale incontrare gente armata che per lo più chiede il pagamento di pedaggi. La banda li ha trascinati in territorio Etiope dal "capo". Un giovane di 35 anni che masticava un po' di inglese.

In quel momento hanno saputo di essere degli ostaggi in mano al Movimento Rivoluzionario degli Afàr. Gli Afàr, che in gergo significa Libero, rivendicano la striscia di territorio da Asmara a Djibouti, compresi il porto di Massaua e la Dancalia. I 9 turisti italiani sono rimasti per 18 giorni 'prigionieri' in un palmeto, presso il villaggio nomade di Vaideddu. Il capo rivoluzionario era il più anziano e le guardie erano tutti minorenni, sui 15 anni. Rossana racconta la prigionia con tenerezza : "Ci chiedevano le pile per far funzionare la radio con cui trattare il nostro rilascio, ci invitavano a cena e ci hanno sempre trattato con rispetto e con cortesia. Nella lunga attesa abbiamo condiviso insieme le scorte di cibo, l'acqua e abbiamo scattato tantissime fotografie". Rossana , di professione assistente sociale, è rimasta commossa dalla moltitudine di bambini che c'era nel piccolo villaggio Afàr; bambini innocenti, curiosi e socievoli. Bambini che con la loro amicizia le hanno regalato delle ore serene.

Di giorno 'i nostri' si riposavano sotto alle palme, quando al sole faceva 50°c e di notte dormivano all'aperto, sulle stuoie. Questo perché sapevano che i serpenti (velenosi) e i ragni al calare delle tenebre si radunano vicino alle piante. Rossana, che già soffre di mal d'Africa, è rimasta una volta di più affascinata dal deserto così silenzioso ma pieno di occhi e orecchi, un misterioso TAM TAM che si protrae a centinaia di chilometri di distanza. Tutti sapevano tutto eppure il deserto appariva così vuoto...Al momento del rilascio, 18 giorni dopo, rapiti e rapitori si sono abbracciati con simpatia perché quei ragazzini dagli occhi dolci e spaventati non avevano niente di terribile, niente che assomigliasse al viso compiaciuto e crudele di un teppista alla 'Arancia Meccanica'. Ad Addis Abeba però non erano ancora convinti e il gruppo ha dovuto sottostare a tre giorni di interrogatorio, in presenza di un avvocato e di un interprete italiani. Spie, cercatori d'uranio, terroristi o chissacosa ma non turisti. Qualcuno ancora, tranne gli Afàr, non è convinto della vera identità dell'affiatata comitiva. Eppure loro, Rossana, Claudio, Giorgio, Antonio, Alberto, Pierpaolo, Livia e i coniugi Mario e Daniela Luisetti di Albese con Cassano erano dei curiosi turisti. Non intrepidi Indiana Jones alla ricerca di emozioni forti, come sono stati descritti, ma delle persone normali con molta voglia di esplorare, scoprire, imparare.

"C'è una sorta di complicità e 'laisser faire' tra il Governo etiope, la polizia, i militari e il movimento rivoluzionario degli Afàr. In un certo senso loro controllano il confine e i forestieri di dubbia identità. Al confine tra Eritrea ed Etiopia, al confine tra legalità ed illegalità, difendono il proprio territorio contro invasioni e tentativi di sfruttamento". Ma cosa ci sarà di tanto prezioso in quell'area primordiale dove si combattono battaglie interminabili, dove ebbero origine le prime civiltà, le prime religioni e le prime grandi scoperte? Rossana porta a casa ogni volta delle grandi ricchezze dai suoi viaggi : il sorriso di un bambino, la comunicazione con la gente, la loro cultura, la propria libertà spirituale, il significato della semplicità, da molti millenni perduto nelle civiltà occidentali. " Contornati come siamo dal superfluo, da tanti oggetti inutili e frivoli che non ci servono, dimentichiamo spesso i veri tesori dell'esistenza ".

Il loro coraggio non è stata superbia o incoscienza. E' stata piuttosto una sfida alla libertà, la libertà di essere cittadino del mondo senza vincoli ideologici, politici, religiosi o razziali. Se in Etiopia si paga il pedaggio per attraversare le terre di un contadino povero, in Italia il turista viene rapinato dal ristoratore o dall'albergatore ricco, tramite prezzi maggiorati. Non vedo differenze sostanziali. E non c'è forse un paragone possibile tra l'Anonima Sequestri dell'Aspromonte ed il popolo guerriero della Dancalia? Eppure nessuno sconsiglia i turisti dal venire in Italia, anzi li sommergiamo di depliant a colori...

 

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Dialogo137 lu/ago 1995