il bridge conquista a Como laltra metà del cielo
Ha iniziato ad interessarsi di bridge una trentina d'anni fa: "Da quando l'ho scoperto - racconta - ho abbandonato tutti gli altri giochi di carte". Lo considera uno "sport" salutare e un benefico programma per l'età matura: "Ho praticato moltissimi sport nella mia vita, ma ad un certo punto il rendimento fisico non è più lo stesso. Con il bridge ci si tiene allenati, in forma, e nonostante l'età si può ancora aspirare ad una carriera agonistica". Mens sana in corpore sano quindi anche giocando a carte. Per gli adepti il bridge è a tutti gli effetti "uno sport della mente". E uno sport lo è davvero, dal 1995, anno in cui la FIGB (Federazione Italiana Gioco Bridge) è entrata a far parte del CONI. Ne abbiamo parlato con Mario Allamel, nella sua villa di Cernobbio che oltre ad essere residenza di famiglia è stata teatro di incontri mondani tra personalità del mondo artistico internazionale e più volte adibita anche a set cinematografico. Sì perché lui, milanese di nascita ma trasferitosi definitivamente a Cernobbio da cinque anni, oltre ad essere un pacato protagonista del bon ton milanese e comasco è anche un fervente appassionato di questo antico gioco.
Allamel ci cita un pensiero dell'amico comasco Giorgio Vieti, cultore della materia e giocatore di prima categoria: "Il bridge è una ineguagliabile palestra cerebrale... eccitante mix di poliedriche doti: tecnica e fantasia, intuito e calcolo delle probabilità statistiche, onestà intellettuale ed approfondite conoscenza procedurali, psicologia e resistenza fisica, capacità di concentrazione e prontezza di riflessi, spietato cinismo e umana comprensione delle debolezze proprie ed altrui unitamente a quelle del compagno...". Per lui il bridge non è un semplice gioco di carte ma un appassionante enigma in continua evoluzione, misterioso e seducente come la vita stessa. Tanto remota la sua origine quanto la sua destinazione. Infatti, secondo lo studioso comasco se ne continuerà a discutere fino alla fine dei tempi..."La notte in cui sarà detta l'ultima parola sul bridge le stelle in cielo cominceranno inesorabilmente a spegnersi, una ad una...".
In perenne metamorfosi fin dalle
sue origini sfumate, il gioco del bridge ha subìto negli anni molte modifiche fino
all'assetto attuale.
La prima partita di quello che può essere considerato un prototipo del bridge moderno
sarebbe stata disputata, forse, nell'agosto del 1873 a Buyukdere, sulle rive dell'alto
Bosforo in Turchia. Vi avrebbero partecipato dei diplomatici tra cui anche un italiano,
Edoardo Graziani, in missione a Costantinopoli. Importato da intellettuali dell'Est su
derivazione del Biritch russo, che a sua volta potrebbe essersi ispirato al
Whist diffuso negli ambienti aristocratici britannici del '700, il nuovo gioco sarebbe
propagato rapidamente in Turchia, Grecia, Egitto, Inghilterra e Costa Azzurra arrivando in
Italia agli inizi del XX secolo. Nel nuovo continente sarebbe invece sbarcato prima, nel
1886, e proprio gli americani saranno i giocatori più accaniti e quelli che
contribuiranno maggiormente alla sua caratterizzazione moderna. Infatti dall'auction
bridge inglese al plafond bridge francese, per decenni in auge nell'alta
società europea, si passerà nel 1925 al contract bridge elaborato dal miliardario
californiano Ely Culbertson, oggi universalmente adottato e noto semplicemente come bridge.
Nella storia di questo gioco, che ha impressionato la
fantasia popolare non tanto per la sua natura altolocata quanto per la presenza del
"morto" al tavolo da gioco, va ricordata l'abilità della squadra agonistica
italiana Blue team che dal 1956 al 1967 ha raccolto numerosissimi titoli
internazionali e si è aggiudicata nel 1959 l'ambita Bermuda bowl (paragonabile alla Coppa
Davis del tennis).
Il Campionato del mondo del 1956 è stato disputato a Como, nelle prestigiose sedi della
Società del Casino, di Villa Olmo e del Casinò di Campione.
Si gioca in quattro, a coppie Nord-Sud e Est-Ovest, con un mazzo di 52 carte (più uno di riserva). La tecnica è sofisticata e richiede molta concentrazione da parte dei giocatori. Tutte le carte vengono distribuite in ragione di 13 per giocatore. Le coppie possono essere fisse o cambiare ad ogni partita anche se, ci suggerisce Allamel, "Si preferisce formare delle coppie fisse perché è importante consolidare l'intesa, l'affiatamento, il rispetto e la fiducia tra i compagni". Ogni partita è suddivisa in due manches con due fasi principali: la licitazione, o asta, e la giocata vera e propria. Il tema conduttore può essere a colore (con l'atout, cioè il seme prescelto) oppure a senza atout a discrezione del dichiarante. Semplicisticamente si possono riscontrare delle somiglianze con la briscola e il tre sette.
Nella città di Como sono due i circoli principali di
gioco: l'associazione Como Bridge, presso la Società del Casino in via Bellini, e
l'Helio's Club in via Zamenhof 4, con sede operativa allo Yacht Club. Il primo, che
è anche il più antico, elenca 171 iscritti: 89 donne e 82 uomini. Ci si ritrova
bisettimanalmente, il martedì e il venerdì o anche con frequenza maggiore, per disputare
"amichevoli" e tornei validi per le qualificazioni agonistiche. Il secondo si è
costituito tre anni fa e raggruppa per il momento 69 affiliati, metà dei quali donne, che
si cimentano ogni lunedì nei tornei sociali e tutti i giovedì nei tornei federali.
Entrambi gli enti istituiscono regolarmente delle scuole di apprendimento per principianti
o corsi avanzati di perfezionamento.
Dei circa 240 giocatori comaschi iscritti alla FIGB quindi più del 50% sono donne. Sembra
in netta scalata il favore suscitato dal bridge nel gentil sesso, soprattutto tra le
giovani leve. "Il nostro corso per neofiti - spiega Giuseppe Caruso, uno dei due
responsabili dell'organo didattico della Como Bridge - grazie anche alla propaganda nelle
scuole sta raccogliendo sempre più consenso negli under 30, ma la novità è che
la maggior parte degli interessati sono donne".
In effetti è un tipo di gioco che si addice con
naturalezza alla mentalità femminile richiedendo doti come l'intuito, la memoria, la
psicologia, tradizionalmente attribuite all'altra metà del cielo. Indispensabili però
anche caratteristiche "unisex" come la conoscenza tecnica e una spiccata
capacità di sintesi, di analisi e di decisione.
Le donne sono avvantaggiate anche nei circuiti di gara che si contraddistinguono in tre
principali settori: Signore (a coppie solo femminili), Open (a coppie miste) e Allievi (a
coppie miste). Non esiste invece un circuito riservato esclusivamente agli uomini e
spesso, per esempio, marito e moglie giocano insieme.
Ogni anno vengono disputati i Mondiali e ogni quattro
anni le Olimpiadi mentre regolarmente si tengono i Campionati regionali, nazionali ed
europei.
Ogni singolo giocatore in base ai punteggi ottenuti riceve l'assegnazione di una categoria
specifica. Quattro le principali, in ordine crescente: Non Classificato, Terza, Seconda e
Prima. A loro volta queste vengono ripartite in quattro sottocategorie secondo i semi:
fiori, quadri, cuori e picche.
Si gioca per vincere, certo, ma anche per socializzare.
Si gioca per piacere. E ancora citando l'amico Vieti, Mario Allamel, che frequenta i
tavoli verdi del Sociale, racconta come tra una smazzata e l'altra si possa
intrattenere rapporti, chiacchierare di affari o fare nuove amicizie... "Origine e
capolinea di estasianti innamoramenti ed ambiziose liasons, di cocenti delusioni e di
eventi epocali, tanto si è detto di questo che è estremamente riduttivo definire un
gioco di carte". E le serate sono lunghe, ci si applica dalle nove a mezzanotte.
Ma quanto incide veramente il divertimento e quanto invece il lucro sui tavoli da gioco?
Il nostro interlocutore ci conferma che non ci si arricchisce col bridge. Non più almeno
come una volta: lo stesso Culbertson, che prediligeva lussuosi panfili da crociera, era
diventato miliardario proprio con il bridge. "Noi ora ci giochiamo un aperitivo, una
cena... al massimo puntiamo diecimila lire. Sono cifre simboliche che non disturbano
nessuno e aiutano a mantenere un clima amichevole tra di noi evitando situazioni
spiacevoli o imbarazzanti". Nessun comasco dunque, almeno nella storia recente,
parrebbe averci lasciato la camicia. Invece può diventare redditizia una carriera
agonistica. "Ora anche gli sponsor incominciano a sostenere le squadre azzurre e già
dalle qualificazioni regionali un giocatore professionista può guadagnare bene".
Introiti profiqui anche per gli istruttori, gli arbitri, i giornalisti specializzati e
altri ruoli sussidiari che ruotano intorno all'ambiente delle gare. "Mi spiace
enormemente - aggiunge il nostro ospite - che nonostante abbiamo più volte sollevato il
problema, nel bridge non sussista, a differenza degli altri sport, una distinzione delle
categorie tra professionisti e dilettanti".
Se le donne rappresentano oltre la metà dei giocatori di bridge, i giovani dai 20 ai 40 anni rimangono invece in netta minoranza, un 10% circa. La stragrande maggioranza rientra nella fascia d'età compresa tra 50 e 70 anni. Ma forse il futuro è destinato a cambiare: la FIGB ha stipulato un accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione e il bridge viene insegnato in alcune scuole medie e superiori come materia integrativa, per il momento solo facoltativamente. Si è scoperto che l'apprendimento e il perfezionamento delle sue tecniche di gioco sviluppano facoltà particolari per cui lo si considera istruttivo, al pari degli scacchi anch'essi partecipi dell'innovativo progetto didattico. Ad insegnare il bridge agli alunni divertiti saranno degli specifici precettori. L'esperimento è già partito da qualche anno ed è stato applicato anche in alcune scuole medie comasche. In via di definizione una sua imminente attivazione al liceo scientifico di Olgiate Comasco.
il morto:
Tra i reconditi antenati del bridge figura
il Whist. Si partecipava sempre in quattro, a coppie, con 52 carte e un atout. Già
allora però si poteva giocare anche in tre distribuendo le carte ad un compagno
immaginario, complice del distributore.
Il vero "morto" compare più tardi, nel bridge all'asta, nato da una
variante del più moderno Biritch.
Secondo la leggenda tutto ebbe origine nel 1902 a Rampur-Bauliah, nel Bengala. Tre
funzionari britannici, nella difficoltà di trovare un quarto compagno per la partita,
ebbero l'ispirazione di stendere sul tavolo le carte scoperte del "morto"
e di indire un'asta per stabilire l'atout e aggiudicarsi il diritto di gareggiare
con il compagno immaginario.
Da allora, pur essendo state apportate ulteriori modifiche con il nuovo bridge a
contratto e ampiamente affinate le tecniche, si gioca sempre con il "morto"
anche se sussiste il giusto numero di giocatori. Quando una coppia "apre",
il compagno del dichiarante stende le sue 13 carte sul tavolo e da quel momento è
considerato spacciato: non gioca, non si muove, non fiata... fino alla prossima smazzata.
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broletto n.55 aut.1998