Dieci dicembre 2003, nella giornata mondiale dei diritti umani c’è chi rischia di scomparire in silenzio e chiede soltanto il diritto all’umanità

 

Il dodici a Milano si conclude la conferenza sul clima, il COP9. E ci sono anche loro per portare la propria testimonianza in difesa della Madre Terra: un nugolo di leader tribali da ogni angolo della terra. Dalle foreste, dagli atolli, dalle montagne… allarmati dello scempio che i popoli civilizzati hanno fatto e "stanno facendo" delle risorse del pianeta, atmosfera compresa. Ma per i leader "tribali" il dieci non è soltanto il terzultimo giorno delle discussioni sul protocollo di Kyoto che tanto le nazioni con più peso politico, le più ricche e le più consumistiche, non vogliono sottoscrivere. Per loro una data forse più importante, mercoledì 10 dicembre ricorre il penultimo anno della Decade dei popoli indigeni decretata dall’ONU. Vale a dire un mandato decennale (1995/2004) che il 10 dicembre 1995 l’ONU ha indetto per discutere dei problemi delle minoranze etniche, dei loro diritti, bisogni, urgenze. Come il diritto alla vita molto spesso violato. E il 10 dicembre è anche la giornata mondiale dei diritti umani. E così dieci di loro, provenienti dall’India, dal Nepal, dalle Filippine, da Costa Rica, Panama, Rwanda, Samoa… si sono ritrovati alla sede italiana di Survival International, in via Morigi 8 a Milano, per fare il punto della situazione. Ricordiamo che Survival è un'organizzazione mondiale di sostegno ai popoli tribali. "Difende il loro diritto di decidere del proprio futuro e li aiuta a proteggere le loro vite, le loro terre e i loro diritti umani". Per mantenere la sua indipendenza non accetta fondi dai governi e finanzia le sue campagne esclusivamente grazie ai sostenitori.

Coadiuvati da Francesca Casella di Survival, i dieci esponenti dell’universo indigenista hanno avuto l’opportunità di confrontarsi fra loro e con il pubblico e i giornalisti, su vari temi di rilevanza globale. Infatti si ha avuto come l’impressione che una volta scomparsi definitivamente gli ultimi "indigeni" della terra (che nelle varie lingue madri si chiamano "il popolo degli uomini" o "la vera gente") oggi minacciati da tutti i lati, oltre che dal progresso, dall’inquinamento e da un’ingordigia economica senza scrupoli, venga a mancare infine il cuore della Terra. Perché loro si considerano i figli della Terra che chiamano madre e che amano e rispettano come una madre. La loro lenta agonia, questo l’appello di Survival, corrisponde all’agonia stessa del pianeta…. "…e quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo fiume inquinato, infine l’uomo bianco capirà"(capo Sioux) Capirà davvero? A noi pare, e il COP9 ne è un esempio lampante, che l’uomo bianco sia stato ampiamente illuminato sul futuro che lo attende, ma se ne freghi. E le tribù indigene se ne sono state in disparte fino adesso, subendo anche troppi torti, basta vedere le campagne che ha in atto Survival International in questo momento per capire fin dove arrivano i soprusi delle nazioni prepotenti, ma ora escono allo scoperto per sé e per noi. Chiedono rispetto, chiedono di essere riconosciuti in quanto "gente" chiedono di poter continuare a esistere soprattutto per poter pregare e prendersi cura della Madre Terra con tutti i suoi frutti e le sue creature come il loro Dio ha insegnato nell’origine dei tempi. E il loro impegno sarà utile a tutte le future generazioni del pianeta, bianche o scure. La loro sopravvivenza sarà la nostra sopravvivenza come esseri umani. La loro speranza la nostra opportunità di riscattarci.

Per questo è importante che, spiritualismo a parte, si incominci a fare dei passi politici e concreti in tal senso. Uno di questi è il riconoscimento della carta dei diritti. In concomitanza con la giornata mondiale dei diritti umani (10 dicembre), Survival ha infatti intenzione di chiedere l’adozione, entro la fine della Decade dei Popoli Indigeni, della Dichiarazione dei Diritti dei Popoli Indigeni da parte delle Nazioni Unite e l’adozione della Convenzione 169 dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) da parte del Governo italiano. Due passi importanti, due passi concreti. Dichiara Francesca Casella di Survival che la Convenzione 169 dell’OIL "È la convenzione internazionale più importante e completa che esista oggi sui popoli tribali ed è generalmente considerata come uno standard di riferimento per tutte le altre convenzioni, politiche o legislazioni che possono essere varate in materia. A questo scopo stiamo collaborando con il senatore Francesco Martone e la Commissione per i diritti umani del nostro senato". La 169 è stata sottoscritta da molti paesi poveri ma non da quelli ricchi. Poiché sancisce i diritti non solo delle singole persone ma anche delle collettività cui queste fanno parte, essa è un tassello di rilievo verso un più ampio e completo riconoscimento degli indigeni in quanto popoli. E in particolare l’articolo 14 riconosce i diritti di proprietà collettiva dei popoli tribali sulle terre tradizionalmente occupate. È necessario che questa convenzione venga approvata al più presto anche dalle nazioni occidentali se si vuole ovviare al massacro indiscriminato dei territori e all’esproprio forzato di terreni e foreste, da parte delle multinazionali, ai soli scopi dello sfruttamento commerciale. In palio ci sono anche i diritti della "gente" indigena sulle proprie conoscenze ancestrali in medicina ed erboristeria. Capita infatti, ed è successo così finora, che le "miracolose" proprietà curative di qualche pianta amazzonica, conosciuta e utilizzata da sempre dagli sciamani locali, siano "scoperte" ed infine "brevettate" da un colosso dell’industria farmaceutica. Ora anche di questo la "gente" indigena riconosciuta in quanto popolo avente diritti, vuole essere messa in grado di discutere. A tutti noi il dovere di dar loro una mano. Per questo Survival ritiene sia importante coinvolgere nella questione, che tutti ci riguarda in quanto esseri che condividono un fragile ecosistema, anche i parlamentari italiani.

Survival ha oltretutto colto l’occasione dell’incontro per presentare ai leader tribali la broschure "Your land and future" che, prima nel suo genere, vuole essere un vade mecum per i popoli indigeni sulle possibilità che hanno a disposizione per organizzarsi e farsi ascoltare.

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ecomail 10/12/03