“Devo saperlo per omaggiarti di un’abito per stasera”
Non riuscivo a credere alle mie orecchie un abito da
sera di Armani, tutto per me?
Rimasi a guadarlo con le labbra asciutte di saliva.
“Porto la 44!” gli dissi ingoiando con fatica.
Guardai Armani fare un gesto con la mano ad Andrea…
Andrea annuì con la testa e sparì dietro un piccolo
sgabuzzino, illuminato da delle strane luci rosa.
Ne venne fuori con un abito nero bellissimo…
Il suo sorriso mi esplose in pieno viso.
Lasciai scorrere i miei occhi sul tessuto…
Splendido, era di seta nera completamente plissettata,
trattenuto da cinturini in pelle a sottolineare seno, vita, e fianchi.
“Ti piace Lisa?” mi domandò Armani scrutando le mie
sensazioni.
“E’ davvero bello, io, io non so cosa dire..”
“Non devi dire nulla, devi solo indossarlo questa
sera..”
“Hai con te
qualche accessorio per completare l’opera?” mi chiese Armani.
“Veramente no, ho solo scarpe da ginnastica…e non credo
che gli farebbero onore”gli dissi accennando un sorriso.
“Numero di scarpe?”
“36”
“Una piccola cenerentola…”mi disse Armani prendendo una
scatola marrone.
“Ecco qui adesso è perfetta”
Un paio di dècolletè alte a punta, color corallo e con
un simpatico motivo fiocco sul lato esterno.
Le guardai lucciacare sotto la luce….
Guardai i regali con gli occhi che mi
brillavano…dimenticai casa.
Uscimmo dalla stanza parlando…
Andrea mi portò con la macchina al mio albergo.
Durante il traggitto guardai Milano….
Passano veloci le auto..hanno luci che strisciano i
muri.
Continuano a cambiare insegne.. continuano a
disorientare.
Andrea mi lasciò all’entrata dell’albergo, stasera alle
nove sarebbe venuto a prendermi, puntuale.
Gi sorrisi.
Entrai in albergo, l’aria era vizziata, mi incamminai
verso la reception..
“Un documento signorina”
“Tirai fuori la mia carta d’identità sgualcita”
Mentre l’uomo controllava le mie generalità, mi guardai
un po’ attorno.
La carta da parati era di un bel rosa antico, con delle
strane stampe color panna in rilievo.
Notai una ragazza distesa su uno
dei due divani bianchi messi di fronte…
I suoi capelli biondi erano
raccolti in due treccine adolescenziali..
Giocava a creare cerchi di fumo
con la bocca..era annoiata e e con uno strano sorriso sulle labbra.
La sua tristezza mi mise di
cattivo umore.
Più in là due uomini scherzavano
con due bottiglie di birra tra le mani, parlavano a voce alta…
Spostai lo sguardo verso alcune
chitarre, appoggiate ad una poltroncina…
“Signorina, stanza 64” mi disse
l’uomo dietro al banco.
Mi voltai a prendere la chiave,
con i pensieri che si rincorrevano nella mente..
Presi l’ascensore, non avevo
voglia di fare le scale..con me salirono i due uomini con uno strano
abbigliamento trasandato…erano tutte e due in canottiera con un’identica
scritta sopra.
“Tofog”
Mi domandai il significato…ridevano
a crepapelle…dandosi grosse pacche sulla schiena.
Ero stanca…tirai su lo sguardo
verso il soffitto, dovevo scendere.
“Fai passare la signorina
animale”disse uno dei due.
Accennai un sorriso…
“Buona sera signorina…”mi
dissero insieme, quando uscii dall’ascensore.
Mi voltai a guardarli i loro
sguardi lanciavano frasi di fuoco.
Sorrisi ancora senza rispondere.
La stanza non era male…il rosa
predominava su tutto.
Il letto era carino, ma non
troppo comodo, il cuscino era molto rigido.
Pensai che questo albergo al di
fuori della sua facciata elegante nascondesse sotto qualcosa di squallido e
deprimente..mi sentii una viaggiatrice di alberghi..una che arriva e vuole solo
dormire.. e non pensare.
Domani sarei ripartita…adesso
dovevo solo farmi una doccia e indossare il mio abito migliore..il mio regalo
prezioso…e assumere un po’ di sorriso con sulle labbra un filo di rossetto assolutamente di marca.
Sarebbe andato tutto
bene…sarebbe passato tutto come una puntura indolore.
Già fatto?
Mi infilai sotto la doccia….l’acqua
era tiepida…il bagnoschiuma sapeva di pesca.
Sarei stata inebriante questa
sera….l’idea non mi dispiaceva….Andrea sarebbe venuto a prendermi alle nove!!
l’idea di passare con lui la serata mi eccitava..forse sarei riuscita a
dimenticare il viso di Russell, almeno per qualche ora.
Il vestito mi stava a
pennello….indossai le scarpe con il tacco molto alto.
Cercai di non perdere
l’equilibrio.
“Dio mio, c’è la farò a reggermi
in piedi?” mi domandai sorridendomi allo specchio.
Non erano ancora le nove…accesi
un po’ di radio, per distrarmi ed aspettare.
All’improvviso delle voci fuori
alla porta mi fecero sobbalzare sul letto…
Mi alzai di scatto e andai
vicino alla porta per sentire meglio…
“Ma la smetti bastardo”
“L’hai voluto tu…” un colpo
violento tuonò nelle mie orecchie appoggiate alla porta.
Qualcuno si stava menando…pensai
velocemente con il cuore che batteva forte.
Cosa dovevo fare? Aprire la
porta e…no, no in questi casi è meglio non impicciarsi!
Cercai di tornare a sedermi, ma
altre voci mi arrivarono prepotenti.
“Ti ho detto di smetterla
Russell, Danielle pensaci tu”
Avevo capito bene? Russell…
Mi girai di scatto verso la
porta…le gambe mi tremavano, le parole era bloccate sulle mie labbra.
Mi avvicinai ad aprire…
La ragazza del divano…pensai,
aprendo la porta e vedendomela davanti.
“Mi scusi signorina per il
baccano, stiamo andando via”mi disse ridendo, mentre uno dei quattro uomini la
stuzzicava facendogli il solletico.
“Dave prendi quelle dannate chitarre..”disse uno dei due uomini
usciti dalla stanza.
Erano musicisti…pensai.
Cercai con lo sguardo di capire
chi di loro si chiamava Russell…i loro visi mi stavano davanti.
Il trillo del mio cellulare
richiamò improvvisamente la mia attenzione..
Rientrai in camera per
rispondere…
“ Ciao Lisa…sei pronta?” mi
disse Andrea con una voce molto elegante.
“Ciao, si sono pronta..sto
scendendo”gli risposi voltando lo sguardo verso la porta aperta.
“Tutto a posto con l’abito? ti
stà bene?” mi domandò curioso.
“Ma certo, mi sta bene ed è
bellissimo”
“Russell andiamo…sbrigati” mi
voltai di scatto a guardare…
Ma la porta si era richiusa.
“Ti aspetto fuori dall’albergo
con la macchina” mi disse Andrea.
“Ok…arrivo” gli risposi
spengendo il cellulare e pricipitandomi fuori per riuscire a vedere chi era
Russell….
Ma arrivai troppo tardi le porte
scorrevoli dell’ascensore si erano richiuse velocemente…
Presi la borsetta e incominciai
a correre per le scale….persi tempo, troppo tempo!
Nessuno, nella hall..
erano già usciti..feci in tempo
a vederli partire su un pikup nero, con in vetri oscurati.
Sospirai..ripensando quel
nome…Dio mio non poteva essere lui..che ci faceva a Milano!
Certo suonava in una band..ma
no, scacciai dalla testa quel pensiero opprimente.
Guardai quattro uomini seduti
sul divano…
Sono uscita dalla stanza
davvero molto irritata
Mentre due di loro si
interrogavano sulla mia presenza..
Lo sguardo di un uomo mi
fagocitava
Quello squallido albergo di
certo non era una bella esperienza…
VOLEVO ESSERE ALTROVE
Volevo essere altrove
Volevo essere altrove
Volevo essere altrove
Andrea era nella sua jaguard
grigio metallizzata il suo sorriso penetrava il finestrino.
Lo guardai negli occhi, mentre
mi avvicinavo alla macchina.
“Sei splendida..”mi disse con un
filo di voce.
Gli sorrisi.
Andrea ingranò la marcia e
partì.
Mi persi a guardarlo.. gli
occhi, di un verde azzurro trasparente, le ciglia lunghe e arcuate da bambino,
sarebbero potuti essere quelli di un angelo, invece si
riempivono di ombre scure appena si fondevano coi capelli ricci, col viso spigoloso,
col labbro tagliato da uno strano segno doloroso….L’aria di Milano era
pesante…mi accorsi che faticavo a respirare, sentivo sulle spalle un peso
terribile.. Russell, ripensai ancora una volta a quel nome.
Il cuore mi batteva
forte…l’incontro con tanta gente mi metteva ansia, cercare di sorridere per
forza mi bloccava la spontanietà e la voglia di farlo davvero.
Il silenzio si spandeva tra me e
Andrea….
Mi dispiace non so parlare
Così bene da intrattenere…
Voltai lo sguardo verso il
finestrino aperto…il vento mi scompigliava i capelli.
“E’ molto lontano il posto dove
si svolge la festa?” domandai ad Andrea.
“Perché me lo chiedi? non sono
molto di compagnia vero Lisa?” mi disse voltando i suoi occhi chiari verso il
mio viso.
Gli sorrisi.
“Se c’è qualcuna che non è di
molta compagnia, quella sono proprio io”gli risposi smuovendo nervosamente le
mani sulla borsetta.
“ Le parole le trovo sempre
molto supreflue, preferisco che siano i miei occhi a parlare per me”mi disse
con uno sguardo malizioso.
“Le parole….sono così poche, per
descrivere tutti i sentimenti, tutte le sensazioni..”
“Anche adesso, non saprei come
farti capire che sono tremendamente nervosa e impacciata per la serata”gli
dissi mordendomi il labbro inferiore.
“Ti capisco, Lisa, ma devi rilassarti..pensa
alla musica..”
“Musica? ti riferisci alla band
che suona stasera?”gli domandai curiosa.
Sorrise.
“Si, non sono male…non sei
curiosa di sentirli suonare?”
“Bè in tutta sincerità la musica
country non mi fa impazzire.
“Ti piaceranno è una band che non suona solo il country, ma che mischia molti generi musicali e poi il
cantante è pieno di carisma..fa impazzire le donne”
Lo guardai divertita.
“Fa impazzire le donne? e tu che
ne sai?”
“Si mormora in giro,quando ha
messo piede nella nostra azienda, le stiliste erano estasiate”mi disse alzando
un sopracciglio.
“Ma davvero…bè allora adesso un
po’ di curiosità me l’hai fatta venire…”gli risposi ridendo.
Rise.
Discoteca Rolling Stone di Milano.
Entrammo dentro la discoteca, il
linoleum lucido rispecchiva i nostri piedi eleganti.
I muri erano dipinti di nero..
Mi guardai attorno, mentre
percorrevamo il lungo corridoio..che ci avrebbe portati al centro della festa.
Sentii la voce sicura di Andrea
avvolgermi i sensi.
Sospirai.
Ero emozionata, nervosa,
inquieta…
“Lisa….sei uno splendore” mi
disse Giorgio Armani venendomi incontro.
Gli sorrisi.
“Vieni.” Mi prese le mani.
Ci incaminammo verso un cumulo
di persone che parlavano rumorosamente.
Mi voltai a guardare Andrea
sorridermi.
“Posso presentarvi una stilista
davvero in gamba?” disse Armani
rivolgendosi ad alcuni di loro.
Ero tremendamente impacciata.
“Oh…piacere, splendido vestito
signorina…” mi disse una signora con un bizzarro schignon.
“Lisa, molto piacere” cercai di
allungare la mia mano che tremava furiosamente.
“Lisa, ha curato alcuni bozzetti
della mia nuova collezione!”
“Bene, non vediamo l’ora di
vedere gli abiti realizzati”
Sorrisi a tutti…mentre
continuavo a far dondolare nervosamente un orecchino, con il dito.
“Andrea accompagna Lisa al
buffett” gli disse Armani, indicandogli
il luogo..
Ci avviammo verso il buffett,
era in un angolo dell’immensa pista da ballo.
Mi guardai un po’ attorno…il
palco dove si sarebbe esibita la band, era piena di persone che sistemavano gli
strumenti musicali… chitarre elettriche erano sparse un po’ ovunque.
“Lisa…ti va un po’ di
Bourbon?”mi domandò Andrea, prendendomi sotto braccio.
Mi voltai verso di lui, con una
sconnessione di pensieri e parole.
“Si, perché no…”
Sentii arrivarmi alle orecchie
alcuni suoni distorti, forse la band stava provando dietro al palco..
Cercai di vedere qualcosa…ma
alcune persone della sicurezza sostavano davanti alla porta.
“Sei curiosa eh?” mi disse
Andrea sorridendomi.
“Perché?”
“Non fai altro che guardarti
intorno…ne vuoi conoscere qualcuno?”
“Qualcuno? di chi?”
“Della band, Lisa!” mi disse
ridendo.
“Magari più tardi..ma non è che
ci tenga particolarmente..”gli dissi allungano una mano verso la bottiglia
dell’acqua.
“Devi conoscere il cantante, è
un portento della natura, ha una carica addosso, un fuoco che brucia nei suoi
occhi…mette i brividi…e te lo dice un uomo, figurati che effetto può fare su
una donna.”mi disse strizzandomi un’occhio.
“Tu non me la racconti giusta
con questo cantante è già la seconda volta che me lo menzioni…
Risi.
“La mia è solo pura
osservazione..nient’altro, credimi.”mi rispose dandomi un buffetto sulla
guancia.
“Bè,magari, dopo il concerto…”
gli risposi ammiccando.
Sorrise.
Andrea mi versò del bourbon in
un bicchiere di cristallo…le luci forti della discoteca giocavano sul vetro.
Mandai giù il liquido tutto di
un colpo.
“Ehi, vacci piano…perché non ci
mangi prima qulacosa..eviti di bruciarti lo stomaco”mi disse fissandomi negli
occhi.
“Prendi delle tartine al
salmone..ma non far capire che ti piacciono particolarmente..”
“Potrebbe essere la fine per
te…” mi disse Andrea prendedomi pe una mano e dirigendomi verso il tavolo del
buffett.
“Che vuol dire, non devo far
capire..cosa?”
“Vedi, quando c’è tanta gente,
bisogna giocare d’astuzia, fidati ho esperienza di buffett!”
Lo guardai divertita e
perplessa.
“Prendine una, e mentre la mangi
di; uhmmm niente di speciale..invece quelle con il pompelmo rosa, si che
sono squisite!”
“Non capisco” gli dissi, con uno
strano sguardo.
“Aspetta, è qui viene il bello,
la signora o il signore che sentiranno le tue parole, si butteranno su quelle
al pompelmo senza nessun’ombra di dubbio..lasciandoti quelle al salmone di cui
tu ne sei ghiotta, che ne dici?”
“Dimmi la verità tu la notte non
dormi…?”
“Perché?”
“Perché solo una mente che non
dorme può pensare certe cose…..”
“Però dovrai riconoscere che
facendo così la probabilità che tu riesca a mangiare più tartine al salmone si
alza notevolmente”
“Sei incredibile..ma che
differenza fa, posso benissimo mangiarmi anche le altre, tu non lo sai ma alla
gente piace variare!”gli dissi con un sorriso sornione.
Ridemmo.
All’improvviso, sentii qualcosa
di fresco e appiccicoso spandersi sul vestito e incollarsi alla mia gamba.
Abbassai gli occhi per vedere..
Succo di frutta.
“Oddio, mi dispiace sono
desolata, signorina mi scusi, io, io, non ho parole”
Mi sentii dire da una voce
flebile dietro le spalle.
Mi voltai come in una scena a
rallentatore…
La ragazza dell’albergo, aveva i
capelli sciolti sulle spalle ed era vestita in maniera bizzarra, una gonellina
corta plissettata gli copriva appena le gambe magrissime.
E indossava uno strano
giubbottino con la scritta “Tofog”.
Mi stava davanti con
un’espressione del viso dispiaciuta, e con in mano un bicchiere con metà succo
di frutta …
“Signorina, mi dispiace
tanto..sono una pasticciona”mi disse strofinando con le mani un fazzoletto sul
mio vestito.
La guardai muoversi..era così
fragile.
“Non fa niente, davvero, non
preoccuparti..vado al bagno”le dissi cercando di fermare le sue mani.
“E’ che sono molto emozionata
questa sera..” mi disse cercando di sorridermi.
“Succede”gli risposi
sorridendogli per stemperare un po’ di imbarazzo.
Andrea ci guardava divertito.
“Il mio ragazzo stà per cantare
è nella band che suona questa sera…sono davvero su di giri per lui..mi deve
scusare avvolte l’emozione fa brutti scherzi”mi disse voltando in continuazione
la testa verso il palco.
“Non preoccuparti, ti capisco…ma
suoni anche tu nella band?” le domandai curiosa.
“Bè io sono in tournè con loro,
ma canto solo una canzone con il mio ragazzo, facciamo un duetto”mi disse con
un’immensa luce negli occhi.
“Sei fortunata a cantare con lui
è bello seguire chi ami..”le dissi
sospirando.
“Ehhh si il mio Russell è una
persona speciale…lo seguirei ovunque..”mi disse guardandomi negli occhi.
La scena si ferma.
Il cuore manca un colpo.
Avevo capito bene? di nuovo quel
nome….Russell.
Avrei voluto tempestarla di
domande…volevo sentire risposte diverse da quelle che in quel momento
galleggiavano nella mia mente.
Il nome, quel nome….
Fidanzato…
Ero in equilibrio precario sulle
mie domande..
La donna continuava a starmi
davanti.
Il suo sorriso era impossibile.
I suoi occhi sfumavano nei miei
atterriti.
Non riuscivo a parlare…non
volevo parlare, avevo paura.
“Lisa, ma ti senti bene?” mi
disse improvvisamente Andrea scuotendomi per le spalle.
Ritornai con la mente alle sue
parole concrete.
“Sto bene, sto bene, ho solo
bisogno del bagno”gli dissi aggrappandomi al tavolo del buffett e incaminandomi
verso i bagni della discoteca.
“Signorina l’accompagno”mi disse
la ragazza.
No, non volevo.
La guardai con uno strano taglio
degli occhi.
Mi seguii.
“Certo che ho combinato un bel
disatro eh?” mi disse aprendo il rubinetto per far scorrere l’acqua.
“E’ solo un vestito”gli risposi,
prendendo un fazzoletto di carta.
“Comunque io mi chiamo Danielle”
mi disse porgendomi la sua mano affusolata.
Tirai su lo sguardo dal vestito
e gli allungai la mia mano bagnata.
“Lisa”
Mi guardò per un istante…
“Questo nome mi ha accompagnata
per tutta l’estate” mi disse appoggiandosi con le braccia conserte al lavandino
del bagno.
La guardai perplessa, mentre
cercavo di strusciare più forte il fazzoletto di carta bagnata sul vestito.
“Hai conosciuto qualche ragazza
con questo nome?” le domandai con un flebile sorriso sulle labbra.
Lei scosse la testa.
“No, ma il mio fidanzato si….ha
conosciuto una ragazza a Maggio, l’ha incontra al matrimonio di un suo amico di
Roma” mi disse sorridendomi.
Improvvisamente sentii il sangue raggelarsi nelle mie vene….
La scena si ferma.
Io e lei una difronte all’altra…
percepivo il suo sguardo interrogarmi continuamente…
Maggio, matrimonio, Roma, Lisa,
Russell….troppe cose combaciavano.
Troppi pezzettini di puzzule che
si incastravano perfettamente insieme….
Tra poco avrei completato il mio
quadro.
Gli sorrisi stranamente.
Lei mi guardò ancora….come a
cercare qualche segno nel mio viso che le dicesse che non ero io quella Lisa…
“Comunque adesso Russell l’ha
dimenticata…” mi disse come un esplosione.
La testa mi girava furiosamente..il
dolore cominciava a farsi sentire..non’ostante non fossi sicura di nulla …
“Solo un’avventura ..Romana” mi
disse ancora sorridendomi sprezzante.
Il mio cuore mancò un colpo,
o forse due?
Aspettavo la bomba esplodermi
in pieno cuore.
Non riuscivo a parlare, le
parole erano frantumate e ammucchiate in un angolo della mia mente.
Tic, tac, Tic, tac….pochi secondi
ancora.
“Presto diventerà una stella
della musica, è bravissimo..e poi senti come suona bene il suo nome “Russell
Crowe” mi disse improvvisamente, dopo alcuni minuti di apparente silenzio.
Ecco l’esplosione, è
proprio come me l’aspettavo, violenta, precisa, inesorabile, devastante.
Il suo viso era pieno di
luce….le sue parole cariche di entusiasmo ed energia.
La scena si ferma.
La luce rosa del bagno si
spandeva come nebbia tra noi….
Guardai il suo viso disteso, e
il mio contratto nello specchio….
L’aria era pesante, e intrisa di
profumi mischiati tra di loro.
Adesso ero certa del mio
dolore..
Era lui, Russell Crowe….
Il cantante della band che
suonava questa sera…mi setii il cuore sgonfiarsi come un palloncino e volare
via dal mio petto.
Non dovevo restare…non dovevo.
Mi guardai l’abito ancora
macchiato di succo di frutta, cercando di spostare la mia voglia di piangere
all’interno della mia anima…volevo andarmene.
Volevo disintegrarmi piano,
piano e rendermi cenere…
Coraggio Danielle adesso puoi
soffiarmi via.
“Mi dispiace, per tutto Lisa, ma
adesso devo lasciarti, il concerto sta per iniziare..”mi disse sfiorandomi la
spalla.
“Ok, d’accordo..in bocca al
lupo..” gli risposi cercando di rimettere in sesto alcune semplici parole di
circostanza.
“Magari ci vediamo dopo il
concerto, così ti faccio conoscere Russell” mi disse con una voce piena di
entusiasmo.
Non dissi nulla….il dolore mi
attanagliava la gola.
Mi sorrise.
La guardai allontanarsi dal
bagno e sparire dietro la porta…
Cosa dovevo fare adesso…
Dovevo cercare di tornarmene a
casa…non volevo incontrare Russell..non volevo, non volevo.
Mi incamminai verso il
palco…guardai Andrea seduto sul palchetto degli ospiti fammi dei strani gesti con la mano..
Cercai di andargli incontro, ma
sentivo le gambe tremarmi…
Avevo una paura di incontrare
Russell.
Lo spettacolo inaspettato
stava iniziando…
Sentivo la paura diluirsi e
spandersi in ogni più piccolo posto della mia mente.
E i crampi allo stomaco
moltiplicarsi all’infinito.
“Stai bene Lisa?” mi domandò
Andrea venendomi più vicino con il viso.
Lo guardai avvicinarsi a me come
in una scena a rallentatore…
“Sto bene, solo un po’
stanca..forse il viaggio” gli risposi cercando di non cadere con le parole.
La scena si ferma.
La luce diminuì di intensità..
Vedevo il palco difronte hai
miei occhi offuscato dal fumo di scena…
Le piccole luci distese per terra soffiavano colori in
alto..
Le chitarre brillavano
inquietanti…avevo il cuore svuotato da ogni sensazione.
Alcuni membri della band, presero possesso del palco…
Le loro mani si smuovevano
elettriche sugli strumenti musicali..
I loro visi erano contratti nei
movimenti.
All’improvviso Russell.
All’improvviso Russell.
All’improvviso Russell.
All’improvviso Russell.
La luce si alzò di un grado..il
suo sorriso si diluiva tra la nebbia, creata dal fumo bianco.
Lo guardai attentamente da metri
di distanza, indossava un completo scuro, la giacca era a tre quarti e gli
arrivava alle ginocchia, mi soffermai sulla camicetta azzurra, appena slacciata
sul collo..
Mi morsi le labbra per alcuni
secondi, fino a sentire il sapore ferroso e allo stesso tempo dolce del sangue.
Sipario…la musica incominciò a
suonare.
Cercai di cancellare dalla mia
mente l’archivio di immagini delle sue espressioni…
Cercai di annientare i suoi
giorni, passati con me.
Un attimo, un piccolo
frangente, e la sua voce che continuava a tormentarmi i sensi, i suoi occhi
anche se lontani mi cercavano tra la gente..
Cercai di farmi piccola, piccola
sulla seggiolina rossa dove ero seduta.
Le mani appoggiate sul viso,
come a nascondermi…le parole mute nella mia bocca.
Andrea mi stava vicino, i suoi
occhi erano illuminati da strane luci blu.
Dovevo andarmene…
Mi guardai in giro..alla ricerca
di una via d’uscita, di un confuso
passaggio.
Ma era tutto così
difficile…dovevo aspettare.
“Che ne dici Lisa?” mi domandò
Andrea alla fine della penultima canzone.
Lo guardai assente.
“Non male..” gli risposi con un
filo di voce.
“Ehh, sei rimasta ipnotizata dal
cantante dimmi la verità” mi disse con voce scherzosa.
Mi voltai verso di lui con un
fragile sorriso.
“E’ bravo..” gli risposi con la
mente che correva cercando l’uscita.
“Ti vedo strana Lisa, cosa c’è?”
mi disse, prendendomi una mano.
“Non c’è niente, te lo ripeto
sono solo un po’ stanca, questa mattina mi sono alzata presto.”gli risposi con
una consistente alterazione del viso.
Andrea mi guardò confuso…le sue
mani stringevano le mie.
Gli sorrisi, per nascondere il
mio tremore interno.
“Adesso c’è l’ultima canzone, un
duetto con la fidanzata..quella Danielle che ti ha rovesciato il succo sul
vestito”Mi disse sorridendomi.
“Bene, spero che con la voce sia
più ferma che con le mani..” gli risposi sospirando.
Andrea rise.
La scena si ferma.
Di nuovo il calare della luce…
Guardai Danielle seduta dietro
ad una piccola pianola..il suoi occhi scintillavano come cristalli al sole..il
suo sorriso era rivolto verso Russell.
Sentii una morsa al cuore…il
dolore mi toglieva il respiro.
Iniziarono a cantare insieme…la
voce flebile e delicata di Danielle si intrecciava a quella forte e profonda di
Russell….le loro emozioni ramificavano sulla mia sofferenza.
Cercai di sorridere al dolore..
Mi soffermai sulle loro parole,
cercai di capire…ma la testa mi girava furiosamente e il coraggio di andarmene
in maniera furtiva mi assaliva piano, piano rendendomi vigliacca.
Ero tremendamente in salita
sulle loro epressioni, e mi accorsi improvvisamente che stavo rotolando all’indietro…
Andrea era assorto nella musica…
La gente si stendeva davanti hai
miei occhi come un tappetto colorato….
Tirai su lo sguardo e vidi Danielle, andare verso Russell e stringerlo
forte alla vita.
Un colpo duro e diretto verso il
mio stomaco.
La canzone finì, rivelando un
silenzio sospetto.
La luce tornò forte e prepotente
sul mio viso, addormentato nel buio.
“Vieni dai, ti faccio conoscere
il cantante”mi disse Andrea prendendomi per una mano e mettendosi in piedi.
Rimasi senza un briciolo di coraggio..difronte a quelle parole.
“Dai, Lisa! Non vorrai perderti
questa occasione” mi disse ancora cercando di tracinarmi via dalla sedia.
Mi misi in piedi, non riuscivo a
muovere le gambe …mi sentivo scordinata nei movimenti.
La testa era completamente
ovattata dalla paura.
Scendemmo dal palchetto, andando
incontro alla gente…
Guardai le tante espressioni dei
visi incrociare il mio unico ed atterrito sguardo.
Sentivo le labbra assottigliate
e le parole plasmate e confuse prendere vita
nella mia testa.
I visi di Russell e Danielle mi
erano sempre più vicini…
Il colore delle loro iridi mutava ad ogni mio passo incerto.
Sentivo il tessuto dell’anima
diventare molle….
…..Luce…rossa, blu, verde,
gialla…i colori si mescolavano tra di loro come le mie sensazioni.
Avrei voluto sdraiarmi sotto una
piccola ombra, in un angolo.
Al riparo da questo incontro che
mi riempiva la pelle di tanti piccoli tagli.
“Ciao Russell, posso presentarti
una mia amica?”
Le parole di Andrea esplosero
nella mia testa…
Russell, prese Danielle per mano
e si voltò lentamente verso la voce di Andrea.
La scena si ferma.
Adesso eravamo tutte e quattro
vicini…
Russell incrociò il mio viso
illuminato da sorrisi tesi e simultanei.
Il suo sguardo scorreva liscio
sulla mia pelle.
Sentii il disagio passeggiarmi
all’interno del corpo.
Tremavo come una foglia sotto i
colpi di un immaginario vento.
Nessuna parola…
Danielle mi guardava con un
espressione di bambina contenta.
Era tutto così tremendamente
reale e assurdo.
Cercai di contare i battiti del
mio cuore, socchiusi gli occhi per non crollare.
Piccoli brividi si spandevano
sulla mia pelle, disegnando nuove paure.
Il filo di perle delle mie
sicurezze si stava per speazzare…
Guardare Russell negli occhi mi
sembrava un operazione delicata.
Il suo respiro affannato girava
dalla parte sbagliata della mia mente…
Ero instabile al suo sguardo
azzurro, ancora un altro istante e le mie perle sarebbero cadute a terra…
Rumore..assordante, una dietro
l’altra come un rosario in ordine di preghiere.
Le mie parole rotolavano insieme
alle perle bianche, cadevano a terra schizzando sul pavimento.
Guardai le mani di Russell,
sfiorare la pelle di Danielle…
Cercai di raccogliere le perle
da terra come fossero gocce di pioggia..
Ma erano tutte accanto ai mie piedi
immersi dentro ad un paio di scarpe che mi avrebbero portato lontano da questa
situazione penosa.
“Ciao, Russell” mi disse
porgendomi la mano ben ferma.
Lo guardai sbriciolando parole…
“Piacere, Lisa” gli risposi
cercando di perfezionare il mio finto sorriso.
“Sono tanto contenta che tu sia venuta a conoscere Russell…che ne
pensi della sua voce, non è bravo?” mi chiese Danielle, con una voce piena di
gioia.
“E’ fantastico, ma anche tu,
davvero molto bravi, tutti” le risposi, in maniera disordinata.
Ingoiai a fatica.
Danielle, si voltò verso Russell
e lo abbracciò forte.
Sentii nel cuore un duplice
boato…come una raffica di mitragliatrice che metteva fine hai suoi battiti.
“Sai Russell, stasera prima di
cantare ho rovesciato del succo sul vestito di Lisa.. “gli disse Danielle
cercando di sorridermi.
Parlava come una bambina…
Russell la guardò con uno
sguardo obliquo, e fece una strana smorfia con la bocca.
Sorrisi.
“Spero che no te la sarei presa
Lisa” mi disse Danielle, avvicinandosi a me.
“Ti ripeto è solo un vestito,
solo stoffa..andrà via” le risposi con una strana espressione del viso.
Perché era così importante per
lei scusarsi all’infinito…perché?
Russell continuava a guardarmi
serio.
Andrea mi teneva vicino a lui
con una forte abbraccio.
Gli occhi di Russell mi
interrogavano sulla sua presenza.
Le parole mi si spaccavano sulle
labbra…
Avrei voluto che un alito di
vento improvviso mi avesse portato via..lontano.
Volevo andarmene a piangere…
Non si trattengono le lacrime…
Non si trattengono le lacrime…
Non si trattengono le lacrime…
Non si trattengono le lacrime…
“E’ stato un piacere conoscervi
ma devo andare..” dissi all’improvviso, voltandomi verso Andrea come a trovare
un suo consenso.
“Ti accompagno Lisa” mi disse
Andrea con voce calda.
Allungai la mano da prima verso
quella di Danielle e poi verso quella di Russell.
Danielle mi salutò calorosamente
abbracciandomi forte.
Russell rimase impassibile e mi
strinse solo la mano.
Il suo sguardo era serio…il suo
sorriso era ghiaccio.
Avrei voluto scioglierlo…
Guardai ancora una volta
Russell…nel cielo azzurro dei suoi
occhi…Avrei voluto avere indosso un vestito completamente bianco, per assorbire
il suo colore.
Sentii Andrea prendermi per la
mano.
Ci incamminammo verso l’uscita,
dondolano nei vestiti.
Non ti voltare Lisa.
Non farlo.
Respira a fondo, comprimi l’aria
nei polmoni e resta così in apnea di pensieri e di parole.
Prima di andare via salutai
Giorgio Armani, il suo sorriso messo bene in evidenza mi pesava terribilmente.
Io ero in completa assenza
del mio.
Sembra impossibile che si possa
rimanere senza sorrisi….
Mi allungò la sua mano
abbronzata ed io lo ringraziai per la serata.
Anche se ne avrei voluto fare
volentieri a meno.
Uscimmo dalla discoteca
accompagnati dal rumore di voci che si accavallavano tra loro, rumore di
risate, di gesti, e di pensieri disperati, di gioia forzata.
Non ti voltare Lisa.
Non ti voltare Lisa.
Non ti voltare Lisa.
Non ti voltare Lisa….
Guardai Andrea guidare.
Le sue mani erano come dipinte
di strani colori…
Il suo silenzio mi solleva
l’anima..non avevo voglia di parlare.
“Lisa, ma ti senti bene?” mi
domandò improvvisamente con voce profonda.
Mi voltai verso il suo viso,
ancora con lo sguardo perso nel vuoto.
“Sto bene Andrea”
Inclinò la testa verso il
finestrino e buttò fuori un sospiro.
“E’ tutta la sera che mi dici
che stai bene”
Lo guardai in preda ad un forte
senso di angoscia.
“Sto bene, davvero …”gli risposi
cercando di respirare piano, per non fare rumore.
“Cos’è per te, bene”mi disse
schiarendosi la voce.
“Che vuoi dire?”
“Che se stai bene…non lo dai a
vedere”
“Ti sbagli, sono contenta per la
serata, per il lavoro..sono solo stanca te lo ripeto”
“Ho l’impressione che tu mi
risponda controvoglia”
“Sono stanca Andrea, ed è molto
tardi, ho solo voglia di spengermi nel sonno”
“Ecco, lo vedi? un altra delle
tue risposte di cortesia”
Sospirai.
Avrei voluto che i suoi occhi si
spostassero dai miei, così chiari e indagatori.
La luce flebile dei lampioni che
filtrava all’interno della macchina, metteva in risalto la sua profonda
cicatrice sul labbro.
Il suo sorriso era racchiuso nel
silenzio.
Scesi dalla macchina,
abbassandomi verso il il finestrino socchiuso..
“A che ora hai il treno
domattina?” mi domandò Andrea scrutandomi.
“Verso le 09.00!” gli risposi
passandomi una mano tra i capelli.
“Ti passo a prendere e ti
accompagno in stazione”
“Non è necessario Andrea, avrai
tante cose da fare domani, non voglio farti perdere del tempo”
“Perché sei così?”
“Così come?”
“Così sempre sulla difensiva,
guarda che non mordo..”mi disse abbozzando un sorriso.
“E che non voglio che ti
disturbi, sei stato tanto gentile con me..”
“Ho capito, il tempo delle
gentilezze è finito..e Andrea si toglie dalle palle!” mi disse, mettendo in
moto la macchina.
“Ti prego, non fraintendermi..ho
solo bisogno di partire da sola..”
Sorrise.
“Partire è un po’ morire?” mi
disse alzando gli occhi dal volante.
Lasciai scivolare la mano
all’interno della macchina, appoggiandomi con il braccio sul finestrino.
“Un giorno ti spiegherò..”gli
dissi, con un sorriso sospeso tra le mie parole.
La scena si ferma.
Ritirai la mano dal finestrino e
guardai Andrea scendere dalla macchina.
Il suo viso era vicino al mio.
Avevo la testa piena di mosaici,
con il viso di Russell.
Sentii Andrea prendermi le mani,
e avvicinarsi a me.
Cercai di parlare, ma il suo
bacio improvviso mi contrinse al silenzio.
Caldo e voluttuoso…le sue labbra
si perdevano tra le mie, il suo respiro era calmo e gentile.
Rimasi lontana con i ricordi,
mentre alcuni piccoli brividii tracciavano una mappa di strane sensazioni sulla
mia pelle.
Mi allontanai da Andrea,
cercando risposte per quel bacio.
I suoi occhi erano vivi e privi
di imbarazzo..
Uscimmo con i visi dalla zona di
luce, le mani di Andrea scorrevano con fatica sopra il suo vestito scuro.
Ogni più piccola variazione del
suo respiro, deviava il percorso delle
mie parole.
“Sarà meglio che io salga in
albergo” gli dissi con un soffio di voce.
“Non volevo metterti in
inbarazzo Lisa…ho seguito il mio istinto”
Lo guardai avvicinarsi a me.
Il suo profumo muschiato mi
avvolgeva i sensi, cercai disperatamente di trovare parole.
“Ti ho tanto sconvolto Lisa?” mi
disse, tirandomi su il viso con una mano.
Rimasi ferma al contatto della
sua pelle calda…
“Non posso rimanere qui…ti prego
lasciami andare via” gli dissi respirando con fatica.
“Aspetta Lisa…”mi prese per una
mano.
“Spero che questo bacio non
rovini il nostro rapporto di lavoro..”
“Il tuo bacio è la prima cosa
dolce che ho assaggiato questa sera..”
Attimi sospesi nel silenzio.
Andrea rimase a guardami…
“Non partire domani..”mi disse
improvvisamente squarciando il silenzio.
“Non posso restare….non sarebbe
giusto, devo smaltire alcuni ricordi…”gli dissi, sfiorandogli le labbra
socchiuse con un dito.
“ Quando sarai più leggera da
questi ricordi..chiamami” mi disse mettendomi nella mano un bigliettino con il
suo numero di telefono”
Gli sorrisi.
“Buonanotte Andrea..”
“Notte, Lisa”
Entrai nell’albergo, e mi voltai
a guardare il suo viso dal vetro rosato.
Cosa stai facendo Lisa…
Quel bacio…
Ti ha sconvolto così tanto?
La tua reazione è spropositata….
Persi la chiave e mi incamminai
lungo le scale.
La stanza, mi sembrò
improvvisamente enorme e sconfinata, gli occhi mi bruciavano per le lacrime, da
troppo tempo accumulate.
Riuscii a percepire ancora il
bacio di Andrea, affondarmi tra le labbra.
Cosa avevo provato?
Piacere?
Sorpresa?
Eppure lo avevo assecondato quel
bacio, avevo aperto anch’io le mie labbra, per bere.
Forse non avrei dovuto lasciarmi
andare…Russell, il suo viso era ancora limpido nei miei occhi.
E Danielle una nuova spina di
rosa, piantata come un cuneo all’interno del mio cuore.
Il solo pensiero che Russell, la
stringesse tra le braccia, mi faceva mancare i sensi.
Andrea
Russell
Andrea
Russell
I loro nomi si sovrapponevano
continuamente….
Spensi la luce e mi ricordai
improvvisamente che Russell, Danielle e il resto della band, pernottavano anche
loro nel mio stesso albergo.
Il mio cuore mancò alcuni
battiti….
Cercai di buttare giù qualche
idea su una improbabile via di fuga per domattina.
Non volevo incontrarli…
Volevo partire da sola, senza
nessun viso vicino, senza nessuna voce nelle orecchie, senza nessuna parola
sulle labbra, sola con me stessa ad ascoltare il rumore del treno sulle rotaie,
così tremendamente chiassoso e reale.
Mi lasciai andare nel sonno con
fatica…e prima di chiudere gli occhi, guardai la luna e alcune stelle, raccolte
in un angolo del cielo…
Sospesi la mente ad ogni
pensiero trabboccante di dolore…e mi addormentai, immersa nelle lenzuola di oro
inazzurrato.
Le 08.00…
Aprii lentamente gli occhi verso
un flebile spiraglio di luce, che filtrava debole dalla fessura della finestra.
Mi guardai un po attorno, prima
di buttarmi fuori dal letto..
I pensieri pesavano come sassi
nella mia testa, cercai di ingoiare aria…
Il rumore della ventola del
riscaldamento si fondeva, con il lamento continuo di un aspirapolvere lungo
l’ingresso dell’albergo.
Ruotai gli occhi verso la
porta…alcuni passi bussavano, alla mia mente ancora assonnata.
Lo squillo del telefono…
Tirai su la cornetta, con la
mano priva di forze..
La sveglia.
Puntuale a ricordarmi che le ore
a mia disposizione, avevano già iniziato a diminuire.
Mi alzai dal letto disteso..e
guardai il mio viso schizzato di trucco…
Il mascara sulle ciglia, aveva
disegnato un striscia nera sotto gli occhi…contornandoli, come la notte intorno
alle stelle.
Il rossetto sbavato sulle labbra
segnava indelebile il bacio di Andrea…
La mia immagine si rompeva sullo
specchio…
Guardai le filature, spandersi
in giochi di luce.
Tra poche ore sarei ripartita…
Aprì lentamente la doccia e
svanii dentro una fitta nuvola di vapore.
Sentii i pensieri diluirsi con
l’acqua che scendeva, e il dolore scivolare idrosolubile sulla mia pelle.
Cercai nella mente, nuovi titoli
per proseguire il tema dei miei giorni.
Mi vestii velocemente, con
strani movimenti del corpo, il colore azzurro del maglioncino di Russell, sembrava sbiadito ai miei occhi.
Guardai l’orologio, dimenticato
al mio polso…
Non avevo più tempo a
disposizione.
Presi la valigia e uscii dalla
stanza..
Mi voltai di scatto, Russell.
“Lisa..”
La sua voce prepotente, mi fece
rabbrividire.
“Ma stai già partendo?” mi
disse, chudendo la porta della sua camera e avvicinandosi a me e interpretando
con le sue mani, la mia paura di rispondergli.
Inghiottii a vuoto.
“Si, ho il treno tra un ora..”
gli dissi con lo sguardo fermo, sul suo viso.
“Sei qui per
lavoro?” mi domandò,, inclinando le parole.
“Si, una trasferta….sai i miei
disegni..collezioni..” gli risposi lasciando la frase aperta.
Il suo sguardo si muoveva
continuamente…
“Si ricordo” mi rispose
abbozzando un sorriso.
“Lisa, devo parlarti” mi disse
improvvisamente afferrandomi il braccio.
“Devo andare Russell…”gli
risposi muovendomi dal suo sguardo.
“Lisa, ti prego dammi un po’ di
tempo per spiegarti”
“ Non ho più tempo” gli dissi,
cercando di allontanarmi dalla sua vicinanza.
Eravamo tutte e due in piedi
accanto ad una delle tante finestre che scorrevano lungo il corridoio
dell’albergo..
Il suo viso era per metà in
luce e per metà in ombra.
“Lisa, te lo chiedo per favore,
ascoltami”
Sospirai forte.
Appoggiai la valiggia per terra
e lo guardai intensamente negli occhi.
Tremavo come una foglia.
“Ho solo pochi minuti….”gli
dissi breve.
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