“Petali di rose
arrugginiti dall’autunno”
Proprietà
artistica riservata © 2003 by Cristina Fusi.
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gratuito è consentito solo per fini non commerciali.
L’estate era passata, scolorendo i suoi colori e
attenuando il suo caldo opprimente.
Mentre l’autunno era arrivato, calando il suo sipario di
vento che, faceva oscillare ritmicamente le foglie dipinte di rosso degli
alberi. Me ne stavo sdraiata sul letto, con le
mani che si attorcigliavano tra lenzuola di seta, gli occhi fissi al
soffitto bianco, e nella mente solo una leggera canzone, che mi accarezzava la pelle.
Che confusione sei…
Non chiedermi mai
Com’era prima nella mia memoria
Com’era prima lui..
La pioggia estiva non sarà più la stessa
Mai…mai.
Che sogno strano è
Pianeti dilatati nei miei occhi spenti
Aria che mi divora
Aria che mi trascina…oh…
Non chiedermi mai…
Com’era prima
Nella mia memoria
Com’era prima lui..
La pioggia estiva non sarà più la stessa
Mai…mai…
Mai.
Sky…Sky…Sky…Sky
Com’è volare com’è volare sky?
Com’è volare…com’è volare…volare…Sky…com’è volare
…Sky
Sky Sky…
Avrei dovuto spostare dalla mente un po’ di pensieri
ingombranti.
Cercai di dare improvvisamente un senso, a tutto quello
che mi era successo durante quest’ estate, passata senza Russell.
Ritrovai chiari davanti ai miei occhi tutti i
particolari del suo viso, la sua bocca piccola e delicata, i suoi occhi scesi e
azzurrissimi, i suoi capelli dai riflessi dorati, il suo sorriso bianco e
concreto. Incominciai a tracciare con il pensiero le sue ultime parole, “Vieni
via con me in Australia”.
Sarei dovuta partire con lui, adesso non sarei qui, a
tormentarmi per la sua assenza, sarei stata felice con lui laggiù, tra le sue
simpatiche mucche, avrei potuto cavalcare i suoi cavalli e imparare a prendere
in mano, uno di quegli strani arnesi per vangare la terra. Sarei stata felice,
se solo avessi avuto il coraggio di prendere quel dannato aereo. E invece lo ho
lasciato partire, senza aggiungere nessuna parola, me ne sono rimasta
agonizzante sulla sabbia, con le onde ghiacciate del mare che mi avvolgevano la
vita. Piangi adesso, dai Lisa, buttale fuori quelle lacrime che durante
l’estate si sono asciugate ai raggi del sole, sfogati, rompi qualcosa! fai
qualcosa Lisa, ma non restartene distesa sul letto a morire. Mi alzai, con un
violento scatto delle gambe. Dovevo riprendere in mano i miei giorni, la mia
vita, non potevo buttarmi via così, e del resto anche al lavoro non stavo
combinando più niente di buono, Carla me lo aveva fatto capire da un bel pò ma
avevo cercato di ignorare le sue lamentele, e le sue raccomandazioni. I
bozzetti di moda, giacevano pietosamente sul tavolo del mio ufficio e non
aspettavano altro che un colpo di grazia, per mettere fine alla loro lenta e
prolungata agonia. “fatti venire delle idee Lisa” continuavo a ripetermi
ossessivamente. Ti ricordi, quando riuscivi a disegnare due collezioni per
volta? e quando con un solo tratto della matita, buttavi giù un tailleur
completo? puoi farcela Lisa, continuavo a ripetermi automaticamente. Scostai la
testa dal muro e mi incamminai verso il bagno per una ristoratrice doccia.
L’acqua fredda scendeva lenta sulla mia pelle calda,
sentii i brividi moltiplicarsi, fino ad arrivare ad incresparmi il cuore.
Socchiusi gli occhi al contatto della schiuma soffice del bagnoschiuma, avrei
voluto piangere, ne avevo un bisogno disperato, “se solo qualcuno, venisse a
darmi un lembo di stoffa per potermi tirare su da questo dolore” ma il
silenzio, continuava a circondarmi sottile, come una corda di seta intorno al
collo soffocandomi la gola.
La mattinata
stava iniziando nei peggiori dei modi pensai, quando mi accorsi che la mia
piccola e dannata micra rossa, non ne voleva sapere di mettersi in moto.
“E adesso come faccio?”
Mi guardai per qualche minuto in giro, alla ricerca di
aiuto, ma quella mattina, mi sembrava di essere immersa nel deserto del Sahara.
Guardai una jacquard fermarsi vicino a me.
“Signorina ha bisogno di aiuto?” mi sentii domandare
improvvisamente, da una voce leggera.
Un uomo elegante mi stava di fronte, con un sorriso che
mi tagliava gli occhi.
Era bello, capelli neri, occhi grigi e abbassati, gli guardai la cicatrice sull’labbro
superiore. Mi colpi la sua voce delicata e i
movimenti gentili delle sue mani che uscivano dal finestrino aperto,
verso di me. Assomigliava in maniera impressionante a Joacquin Phoneix “La ringrazio, questa mattina non vuole partire”
gli dissi, sbattendo le mani sul
volante.
“Ci diamo un’occhiata?” mi domandò, scendendo dalla
macchina e alzandosi le maniche della giacca chiara.
Lo guardai dirigersi verso la mia macchina in panne,
scesi ad aprire il cofano e gli andai incontro.
“Non ho idea di cosa gli sia preso..”gli dissi
abbozzando un sorriso nervoso.
L’uomo si chinò…
Lo guardai per un po’ perdere il suo sguardo, tra i meccanismi,
del motore controllò il livello dell’olio, dell’acqua, ma i suoi sospiri non mi
fecero presagire nulla di buono. Le sue mani delicate sfioravano come farfalle
le parti più unte, all’improvviso, lo guardai battere una mano sulla scatola
della batteria.
“E’ scarica”mi disse, alzando gli occhi verso di me.
Rimasi ferma a guardarlo, i suoi occhi erano un
concentrato di cielo, forse se mi fossi avvicinata ancora un po’ sarei riuscita
a vederci dentro anche il sole.
“Ho dei cavetti in macchina, li colleghiamo e il gioco
è fatto!”mi disse, sorridendomi.
“Va bene la ringrazio”gli dissi, guardandolo
incamminarsi verso la sua jaguard grigio metallizzata.
Lo seguii con lo sguardo, montare sulla macchina e venire verso di me. Parcheggiò vicino
alla mia micra, con estrema facilità, prese i cavetti rossi, insieme ad una valigetta nera e scese dalla macchina
lentamente.
Lo guardai ancora, in silenzio unire i cavetti tra di
loro, affinché la mia batteria si ricaricasse.
L’attesa che era scesa su di noi pesava terribilmente,
quale sensata parola potevo pronunciare? mi domandai in silenzio, quale
argomento affrontare?, quale pensiero fare uscire? nulla, il silenzio.
“Il gioco è fatto” mi disse, improvvisamente slacciando
i cavetti rossi da quelli neri.
Alzai gli occhi dalla mie scarpe.
“La ringrazio, non so come avrei fatto questa mattina
senza di lei, e mi dispiace di averle fatto perdere così tanto tempo”gli dissi,
sorridendogli dolcemente.
“Non ci pensi proprio, nessun disturbo, posso chiederle
come si chiama?” mi disse, cercando di pulirsi con un fazzoletto, le mani
imbrattate di olio.
“Mi chiamo Lisa” gli dissi, allungandogli la mano con
estremo imbarazzo.
“Andrea”mi rispose, stringendomi forte la mano che
scivolava tra la mia.
Mi sentii improvvisamente addosso una strana sensazione
di vuoto assoluto, e come se intorno a noi non ci fosse più niente, nessuna
casa, nessun’albero, nessuna persona, nessuna strada…persi e sospesi in un
unico sguardo.
“E’ stato un piacere Lisa, adesso devo andare”mi disse,
prendendo la sua valigetta nera da terra.
“Arrivederci, e ancora grazie”gli risposi, guardandolo
montare in macchina e partire velocemente.
Ecco, adesso avrei potuto farmi uscire dalle labbra,
“un posso rivederla?”…ma Russell, mi tornò improvvisamente, chiaro, davanti
agli occhi insieme al suo sorriso e tutto perse improvvisamente significato.
Rimasi ancora un po’ ferma dentro la macchina, le
domande navigavano nella mia mente come in un mare senza fine, ma ecco che in
lontananza una piccola isola di risposte ben sicure faceva capolino, la
raggiunsi e mi ancorarai a lei.
Misi in moto senza nessuna difficoltà, ma sentii ancora
i miei pensieri, fermi, sulla rassicurante isola.
Staccati
Lisa, Roma ti aspetta….
Guidai lentamente per tutto il tragitto verso il mio
ufficio, la sosta forzata dal traffico, verso il colosseo mi aveva ridotto il
cuore ad un cumulo di macerie, ne avevo così tante che avrei potuto
sotterrarmici sotto e morire in silenzio, soffocata dalla polvere. Sarebbe
stato sicuramente meglio, che affrontarlo tutti i giorni e guardarlo sorridermi
con la sua imperiosa altezzosità.”Ti piace, trafiggermi con i tuoi spicchi di
luce, che filtrano violenti, dalle piccole e rovinose spaccature?” gli dissi
tra me, continua pure, non ho paura della mia morte lenta, cosa puoi farmi di
più?..ridi, ridi pure, il tuo sorriso mi scivola come olio sulla pelle, vedi?
sto ripartendo, oramai, il traffico si è rotto, anche oggi mi hai fatto male,
anche oggi ….
Parcheggiai nel vicino giardino dell’ufficio, scesi
dalla macchina e un colpo di vento mi schiaffeggiò in pieno viso…
“Bonjour, Lisa” mi disse Alice, vedendomi entrare.
Le sorrisi distrattamente e mi incamminai verso il
lungo corridoio, che portava al mio ufficio.
“Hey, non mi chiedi nulla?” mi domandò, improvvisamente
rincorrendomi.
Mi voltai verso il suo viso, non capivo..
“Cosa?” le dissi, cercando di schiarirmi la mente.
“Il mio francese, sto facendo il corso!”mi rispose,
incrociando le braccia sulla vita.
Riamasi per alcuni secondi in completa apnea di parole.
“Perdonami Alice, hai ragione, esclamai improvvisamente
ti prego, infligimi pure la più terribile delle punizioni…”le dissi, con un
tono ironico della voce e alzando lo sguardo verso il soffitto.
Alice iniziò a ridere a crepapelle..
“Dico vuoi farmi morire? ti perdono, perché so che sei
stravolta”mi disse, asciugandosi gli occhi che le lacrimavano dalla forte
risata.
“Scusami, lo sai che ultimamente non connetto molto, ti
ricordo che qualche mese fa ho avuto un reset nella mia vita, sto ricominciando
da poco a rimettere qualche dato.”le dissi, sorridendogli.
“Che ne dici di un caffè? Come dato si intende”mi
disse, incamminandosi verso la macchinetta automatica del caffè.
“Buona idea!” le risposi, seguendola.
“Bè è un po’ tardi, ma come va il tuo corso di
Francese?” le domandai, guardandola aprire una cialda.
“Per adesso ho imparato solo” Bonjour e Bonsoir”
mi rispose premendo il bottone per l’erogazione del caffè.
“Bè se non altro non possono dire che sei una persona
maleducata!” le dissi sorridendole.
Alice rise.
“Mattinata dura oggi?” mi domandò, sorseggiando il suo
caffè nero.
“Peggio…” gli risposi breve.
“Cioè, collezioni da finire?”
“No, da cominciare, e il dramma è che non ho la vena
creativa!”le risposi sospirando.
“E dove la hai lasciata?” mi domandò, sorridendomi.
“Si è spezzata tanto tempo fa, e ho perso tutte le mie
idee nella sua emoraggia.”gli risposi , buttando il bicchierino di plastica nel
secchio.
“Allora ti serve una trasfusione? che ne dici di
questa?” mi disse, prendendo un depliant che illustrava un viaggio in
Australia.
Gli sorrisi.
“Moda Alice, ho bisogno di cose che parlino di moda…”le
risposi prendendo le cartelline sul tavolino e incamminandomi verso il mio
ufficio.
“Guarda che anche in Australia si occupano di moda” mi
disse sospirando.
“Ma io non voglio andare in Australia” le dissi
inclinando la testa verso il suo viso.
“Fa come vuoi, ma non
lamentarti se poi ci sarà gente che sfonderà come stilista laggiù!!” mi
disse ancora in tono ironico.
“Correrò questo rischio, non te l’ho mai detto, il
pericolo è il mio mestiere!”le risposi incamminandomi.
Alice mi guardò allontanarmi sorridendo.
“Buongiorno!” dissi entrando in ufficio.
“Lisa, ma non mi dire sei proprio tu? eppure non sta
nevicando fuori!” mi disse, Paola dirigendosi verso la finestra.
“Molto spiritosa, avevo nostalgia dei tuoi particolari Buongioni!” le risposi, posando le cartelline e la borsa sul tavolo da disegno.
“Tesoro vieni qui fatti vedere, sei uno splendore” mi
disse, abbracciandomi forte.
“Non adularmi, lo sò che stai gongolando!! il mio
splendore è solo di facciata, dentro sono una rovina” le risposi scostandomi
dalle sue braccia.
“Ehi Lisa” mi sentii dire improvvisamente.
“Michy!!” esclamai, andandole incontro.
“Come stai?”
“Lo vedi mi hanno messo alla sezione fotocopie!! ma sto
meditando vendetta!” mi disse raccogliendo alcuni fogli bianchi.
“E tu Lisa? è da un po’ che non vieni, tutto bene?”
“Tutto bene non direi, però come si dice la vita
continua!”le risposi sospirando.
“Ah! si il famoso” the show must go on” mi disse
Michela sorridendomi.
“Proprio quello..” ricambiai il sorriso.
“Avevamo nostalgia di te!! lo vedi il computer sul
tavolo? langue da mesi ormai!”mi disse Paola passandosi una matita tra la
labbra.
“Vedo che non avete perso le buone abitudini è cioè di
tenerlo sempre acceso mentre si lavora..”
“Vi voglio bene!”gli dissi smanettando un po’ sui
tasti.
“Ehi che fine ha fatto il mio desktop?” chiesi
improvvisamente, con voce allarmata.
“Devi domandare a Michela è lei che ci mette le mani”
mi disse Paola voltandosi a guardarla.
“Michy il mio deskstop dove è andato a finire?” le
domandai continuando a cercarlo.
“Cos’è un desktop?” mi rispose Michela, sfilando un
foglio dalla fotocopiatrice.
Sospirai con gli occhi al cielo.
“Ok, lasciamo perdere…” le risposi con voce sconsolata.
“Peccato Lisa, il soggetto della foto che avevi messo
era splendido e poi assomigliava in maniera incredibile a quel tuo allevatore
Australiano.” mi disse Paola sorridendo ironicamente.
“Non era il mio allevatore personale…”le risposi
guardandola fissa negli occhi.
“E poi gradirei non parlarne, ho ancora un sacco di
ferite aperte su di lui, non farmi di nuovo sanguinare…ti prego sporcherei
tutto”le dissi con voce seria.
“Non ci badare Lisa, Paola è come il lupo, perde il
pelo ma non il vizio” mi disse scherzando Michela.
“Che vuoi dire tu? addetta alle fotocopie, che vizio
ho?” le disse Paola con voce squillante.
“Il vizio di non farti i caz…tuoi!” le rispose ridendo.
“Ok, ok
sfottimi pure, ti farò retrocedere ancora di più!” le disse alzandosi
dalla sedia.
“Più retrocessa di così? mi vuoi alle pulizie dei
bagni….” riabbatté allargando le braccia.
“Non sarebbe male, la donna che viene a pulirli non li
pulisce un granché…” le disse ridendo forte.
“Guarda faccio finta di non aver sentito nulla, ma la
prossima non te la perdono, e oggi, scordati il mio passaggio in macchina!”le
rispose, con un sorriso tagliente.
“Ok, andrò a piedi, che vuoi che sia, per fortuna ho
messo le mie providenziali scarpe da ginnastica!!”
“Non noti niente di nuovo in ufficio Lisa?” mi domandò
Paola con voce sottile, cambiando improvvisamente discorso.
Alzai gli occhi dallo schermo del computer.
“Cosa dovrei notare, avete cambiato qualcosa?” le
chiesi, curiosa.
“No, non abbiamo cambiato nulla, dai un’occhiata alla
bacheca al muro.” mi disse sorridendo piano.
Ruotai gli occhi verso la bacheca di sughero e notai
tra i tanti fogli appesi, uno giallo con una scritta enorme sopra; “Per Lisa,
urgente”Carla.
Mi avvicinai, a leggere.
Dieci bozzetti,
di abiti da sera, da realizare con delle stoffa di chiffon e crèpe.
“Cosa posso desiderare di più dalla vita?” dissi a voce
alta e con gli occhi sgranati sulla bacheca.
“Un’ Australiano Lisa?”mi disse Paola abbozzando un
sorriso malizioso e provocatore.
La guardai soridendo.
“ Mi accontento dei dieci bozzetti, in fondo sono
ancora in punizione per non aver preso quell’aereo!” dissi con voce ironica.
“Carla ti vuole un bene dell’anima Lisa, ha pensato
subito al tuo riento in azienda.” mi disse Michela, arrotolando alcune carte
tra le mani.
“ E va bene, mettiamoci all’opera, Paola passami gli
strumenti di lavoro, gomma e matita!!” le
dissi sistemandomi sulla sedia.
Paola mi allungò il materiale di cui avevo bisogno.
“Buongiorno”
Mi voltai verso la voce di Carla.
“Si può?” ci disse bussando con la mano sulla porta.
“Lisa, tesoro sono tanto contenta che tu sia
ritornata!” mi disse Carla venendomi incontro.
Gli sorrisi.
“Ciao Carla, colgo subito l’occasione per ringraziarti
di tanto lavoro.”Le dissi, scarabbocchiando con la matita sul foglio ancora
bianco.
“Ma non erano questi i patti, quando ci siamo sentite
per telefono”
“Piccole modifiche, approposito posa tutto e vieni nel
mio ufficio devo parlarti.” Mi disse bloccandomi con la mano, il primo tratto
della matita.
La guardai perplessa, e mi alzai di scatto dalla sedia
per seguirla.
“Chiudi la porta Lisa” mi disse mettendosi a sedere
dietro la scrivania di noce.
“Allora, inanzitutto voglio dirti che sono molto
contenta che tu sia ritornata al lavoro, vedo che alla fine i miei consigli e
le mie spronature sono servite a qualcosa.”
“E ti ho fatta venire nel mio ufficio per dirti che i
bozzetti che ti ho commissionato, sono molto importanti, negli ultimi giorni ci
ha contattato “Giorgio Armani” chiedendoci se potevamo creare dei
vestiti da sera da inserire, nella sua nuova collezione primavera–estate”mi
disse, giocherellando con una penna.
La guardai parlare lentamente.
“Tengo molto a questo lavoro Lisa, ed ho pensato di
darlo a te, perché so come lavori.”
“Non ti nascondo che i bozzetti devono essere pronti
tra una settimana, dopo di chè te ne andrai in trasferta a Milano, per portarli
personalmente alla azienda Armani e parlare con lui degli ultimi dettagli.”
Mi disse con voce seria.
Rimasi per qualche istante, senza parole.
“Non mi dici niente Lisa? non hai domande da farmi?” mi
disse Carla allargando gli occhi.
“Carla , ti ringrazio tanto per aver pensato a me, per
questo lavoro, ma..”
“Non voglio sentire ma, dalla tua bocca..”mi disse,
interrompendomi nel parlare.
“In questo periodo non sono in vena di trasferte!” le
dissi sospirando forte.
“Che vuoi dire?” mi rispose corrucciando la fronte.
“Che sono a pezzi, mi tremano le mani, i pensieri…e non
ho la mente abbastanza lucida per affrontare dei discorsi importanti con Armani.” Le dissi con un filo di voce.
“Ma è un occasione d’oro Lisa, possibile che tu, non te
ne renda conto? questa commissione, è importante sia per me, che per te! non ci
tieni a crescere professionalmente? ti fa schifo ampliare le tue doti?”mi disse
alzando la voce.
Sospirai.
“Non è che non ci tenga, anzi…”
“Lisa, guardami per un istante negli occhi, se la mia
azienda funziona bene, lo devo anche a te, sei una bravissima stilista di moda,
hai capacità e talento, non buttarti via.”mi disse afferrandomi per le spalle.
“Lo so, quello che hai passato in questi mesi, ti
capisco benissimo, ho sofferto per amore, anch’io.”
La guardai intensamente, non avevo più parole di scuse,
e di bugie.
Rimasi in silenzio difronte al suono incomprensibile
delle sue parole…
“Va bene, quando devo partire” le dissi, abbassando gli
occhi al pavimento.
Carla mi guardò allargandomi un sorriso.
“Così ti voglio, tra una settimana, appena avrai
terminato i bozzetti, conti di farcela?” mi disse camminando per la stanza.
“Ho altro tempo?” le chiesi, bloccandogli il passaggio
verso di me.
“No Lisa, una settimana è il tempo massimo”mi rispose
scostandomi leggermente.
“Ok!! Allora, non mi rimane che mettermi al lavoro,
un’ultima cosa, pantone?”
“Certo tesoro, e mettici anche i codici vicino!” mi
disse sorridendomi con gli occhi.
“Bè, tutto a posto?” mi disse Paola al mio rientro in
ufficio.
Sospirai.
“Trasferta.” Gli dissi mettendomi a sedere.
“Ma dai che cul…”
“Ehi, non si dicono certe cose, al capo” le dissi ridendo.
Paola rise.
“E chi è il capo?” mi domandò ironica.
“Io, tesoro sono la più anziana, qui…”le risposi, scrollando le spalle.
“Ehhh, dimenticavo che
oramai tu sei sulla strada della terza età” mi disse ridendo.
“Non essere così cattiva con me, non hai nessun
rispetto per gli anziani? le dissi mimando una vecchietta che cammina a fatica con il bastone. Paola
sospirò.
“Che darei per
andare in trasferta anch’io.” mi disse continuando a disegnare.
“Dove vai ciccia?” mi chiese Michela, pigiando il
bottoncino di invio del computer.
“Milan..”
“Oh mia bella Madunnina….!!” mi rispose, guardando lo
schermo.
“Dovrò dire addio al sole di Roma per due giorni, mi
deprimo al solo pensiero!” le dissi rovesciando la testa all’indietro.
“Vuoi mettere quella bella nebbia, che ti avvolge
completamente e che ti finisce di offuscare la mente?”
Rise.
“Grazie, ma per l’offuscamento mentale ho già dato” le
dissi, passando la gomma sul foglio.
“Comunque, ti farà bene, devi cambiare aria!” mi disse
Paola alzandosi dalla sedia arancione.
“Perché cos’ha l’aria di Roma che non và?” le domandai
mordicchiando la matita tra i denti.
“E’ intrisa di Russell” mi rispose sorridendomi.
“Stonzate, è stato qui per pochi giorni, Roma è grande”
le dissi stringendo la gomma nella mano.
“Perché non vuoi ammetterlo?”
“Cosa?”
“Che sei innamorata, che ci stai male, che vorresti
prendere il primo aereo per l’Australia, e che manderesti a cagare, tutto
Armani, i bozzetti, Carla” mi disse parlandomi vicino al viso.
“Ma io ho sempre ammesso tutto, lo amato!!” le dissi
con non chalance.
Paola incominciò a ridere forte.
“Cos’hai da ridere, ti fa ridere che sono stata
innamorata di lui?”
“Mi fai ridere, perché stai dicendo un sacco di stronzate, tu sei ancora innamorata di lui!!
!cazzo, ammettilo” mi disse
alzando di un tono la voce.
“E va bene lo amo!!” le dissi urlando.
“Sei contenta? lo amo, lo amo da morire, e non so come
cavolo ho fatto ad innamorarmi di lui in soli due giorni, non sò perché lo ho
lasciato partire senza parlare, senza fermarlo!!”le dissi ancora con gli occhi
che si velavano piano, piano.
“Quanto e ancora devo pagare per questa cosa?” le dissi
tirando su con il naso.
“Ma no Lisa, no, voglio solo che riprendi in mano le
tue emozioni, in questi mesi ti sei arresa difronte al tuo sentimento per
Russell, hai cercato di soffocarlo con la speranza che smettesse di respirare
dentro al tuo cuore.”
“Non è così, per mesi lo ho aspettato, ogni giorno mi
chiedevo se mi avrebbe chiamata, ma niente, me ne stavo persa con lo sguardo al
telefono ed il suo silenzio, mi faceva morire ogni giorno, ho perso le mie
ultime speranze proprio, ieri, quando Elena mi ha telefonato e mi ha detto che
non sarebbe venuto in Italia .
Il silenzio era sceso improvvisamente tra di noi.
Paola aveva smesso di parlare..sentivo solo il suo
lungo respiro tagliarmi la gola.
Michela se ne stava in piedi accanto alla
fotocopiatrice e ci guardava, con aria perplessa.
Mi sentivo a disagio, era difficile da mandare giù,
dire ad alta voce che Russell, non sarebbe tornato in Italia.
Sospirai rumorosamente, cercando di nascondere l’imbarazzo
per lo spettaccolo inatteso che avevamo appena tenuto in ufficio.
“Ho bisogno di
un tè, qualcuna lo vuole?” chiesi
alzandomi improvvisamente dalla sedia.
Paola e Michela mi guardarono per alcuni minuti.
“Io un caffè, ma lo voglio ristretto e con la schiumina
sopra!”mi disse Paola, schiarendosi la voce.
“Dimenticavo che hai sempre delle pretese!” le risposi
sospirando.
“Semplicemente non mi accontento, cos’è faccio peccato
mortale?”
“Non è che sei una rompi palle” le dissi, prendendo due
gettoni per la macchinetta automatica.
“Micy tu?”
“Io passo, ne ho già presi due…lo vedi? tremo come una
foglia”mi disse, mostrandomi le mani.
Mi incamminai verso la macchinetta…con i pensieri
sospesi nella mente..forse Paola aveva ragione..
Stavo fecendo di tutto per nasondere quello che provavo
per Russell…mi nascondevo ogni giorno dietro ad una scusa di vetro…e tutti
riuscivano a vedere quello che provavo veramente.
E del resto niente rimane nascosto….viene tutto in
superficie a ricordarci quello che siamo e che abbiamo fatto…
Schiacciai il pulsantino per il tè.
Se solo potessi guardare tutto con occhi diversi, se
solo Russell uscisse per sempre dalla mia testa.
E invece è ovunque, in ogni cosa che io faccia….ecco, è
anche qui, nella mia tazza di te che mi sorride galleggiando…..
“Lisa?”
Mi voltai di scatto.
“Carla…”
“Soprapensiero?” mi domandò inclinando la testa verso
il mio viso.
“No stavo aspettando che scendesse il te nel
bicchierino! gli risposi sospirando.
“Hai ancora
qualche minuto da dedicarmi Lisa?”
La guardai perplessa…
“Perché?” gli domandai.
“Ho il capo stilisti della ditta Armani nel mio
ufficio, è arrivato da poco, vorrei che lo conoscessi, avrai a che fare con
lui, quando andrai a Milano”
“Nessun problema, arrivo poso il mio te e porto il caffè a Paola” le dissi, afferrando
il bicchierini di plastica.
“Ma te ne rivai di nuovo?” mi disse Michela, con una
nota interrogativa nella voce.
“Il capo mi
reclama….” le risposi sorridendo.
Arrivai davanti alla porta dell’ufficio di Carla, con
l’aria che mi si spezzava nei polmoni.
Bussai.
“Vieni, pure Lisa” mi disse Carla, con un tono della
voce sostenuto.
Entrai dentro, cercando di tenere a bada i capelli che
continuamente mi ricadevano sugli occhi.
Guardai da prima Carla, alzarsi dalla scrivania, e poi
il signore che mi dava le spalle…aveva un qualcosa di famigliare…mi persi a
ricordare.
“Lisa, voglio presentarti il signor; Andrea Vincenzi,
il capo stilisti di Armani”
L’uomo si alzò dalla sedia, e si voltò lentamente,
verso di me….
Non riuscivo a credere hai miei occhi, era proprio
l’uomo, che questa mattina mi aveva aiutata a far ripartire la mia auto.
I suoi capelli neri brillavano alla luce calda di una
apliquè…
Mi allungò la mano sorridendomi.
“Ciao Lisa” mi disse con una voce sottile.
“Ciao” gli risposi ingoiando la saliva.
La scena si ferma improvvisamente…
Io e lui di fronte, occhi dentro gli occhi, i pensieri
catturati da miriadi di parole…
posso chiederti se la macchina funziona? Cosa fai
questa sera? E bla, bla,bla……
Ritornai improvvisamente a respirare con un violento
colpo di tosse.
“Lisa, stai bene?” mi domandò Carla, venendomi
incontro.
La guardai avvicinarsi a me rapidamente…
Il suo viso era preoccupato e le sue labbra aperte…
“Sto bene Carla…”
Mi sorrise..
“Questa ragazza mi fa sempre venire dei gran
colpi…”disse rivolgendosi ad Andrea.
“Ogni tanto me la perdo…”
“Vuoi che ti ricarichi la batteria della tua anima?” mi
disse Andrea sorridendomi dolcemente.
Carla ci guardò perplessa….
Risi.
“Carla lo so che non ci stai capendo niente, e che la
tua fervida mente si starà domandando di cosa stiamo parlando..Andrea, questa
mattina mi ha aiutata a far ripartire la mia macchina, che era completamente a
terra.! le dissi guardando Andrea negli occhi.
“Ma bene, allora vi conoscete già..”
“Ebbene si, ho avuto questo piacere..”disse Andrea,
sbottonandosi la giacca color avorio.
Sorrisi…
Il fatto di averlo rincontrato nell’ufficio di Carla mi
aveva lasciato il dolce sulla bocca…
Mi piaceva il fatto di poterlo rivedere… sentivo il cuore
che mi cedeva piano, piano.
Parlammo a lungo di tutte le cose che dovevamo fare…e
soprattutto dell’incontro con Armani a Milano, Andrea mi tranquillizzò sui
bozzetti, i capi dovevano si essere belli, ma non particolarmente estrosi.
Classico, in tutte le sue forme, così aveva terminato il suo discorso su gli
abiti da creare.
L’idea di andare a Milano mi stava poco a poco
piacendo.
Salutai Andrea con una forte stretta di mano, il suo
sorriso elegante e malizioso mi aveva
affilato lo sguardo..
Carla si avvicinò a me stringendomi il braccio…
Le sue parole continuavano a ribombarmi nella testa
chiusa.
Mi domandai a cosa stavo andando incontro….era solo una
nuova esperienza di lavoro punto.
Erano le nove passate…girai velocemente la chiave nella
fessura della porta di casa.
Tecla mi venne incontro con il suo solito miagolio
lamentoso…
La sua ciotola
a forma di pesce era arida di
latte….
“Sei qui?”
“Sei qui.” mi disse Laura affacciandosi dalla porta
della cucina e confermando le parole.
“Mangi o hai già mangiato?” mi disse ancora armeggiando
con la forchetta dentro alla pentola sul fuoco.
“Dipende, cosa c’è?”le chiesi mettendomi a sedere
esausta sulla sedia.
“Polpettine al sugo..”
“Sia…riempimi il piatto!” le dissi spezzando un
pezzettino di pane.
“Vedo che ti è tornato l’appettito…giornata
interessante oggi?”
“Si, abbastanza la prossima settimana parto per Milano”
“Interessante davvero, non perderti tra la nebbia”mi
disse ridendo.
“Se tutto va bene, la nebbia non farò neanche in tempo
a vederla…”
“Perché? Cos’hai degli occhiali fatti a posta per
penetrarla?”
“No ma sarò velocissima, vado, porto i disegni e me ne
torno in giornata!”
“Come mai tutta questa fretta? hai qualcuno alle
calcagna? mi disse con voce ironica.
“No, ma non ho voglia di deprimermi a Milano, troppi
ricordi…”
“Ah! già dimenticavo che ci sei stata per qualche
anno…e in circostanze dolorose”
“Forse, non è neanche quello, non lo so, ultimamente ho
paura di muovermi, di conoscere nuova gente..sono fatta male.” Le dissi
addentando un’ altro pezzo di pane.
“Smettila di rompere…con le tue fisse
autolesioniste…sarebbe ora che ti smuovi un po, fuori ci sono tante persone che
possono renderti felice..”mi disse Laura, mettendomi le polpette nel piatto.
“Perché stai ridendo? ho del sugo sul mento?” le
domandai ingioiando l’ultima polpettina.
“Ma dove ti ho pescata?”mi rispose ridendo forte.
“Che, che, vuol dire dove mi hai pescata…”le risposi
asciugandomi le labbra con il fazzoletto.
“Hai conosciuto un uomo oggi” mi disse, giocherellando
con la forchetta sul piatto.
“Che vuoi dire?”
“Un uomo, sai quegli animali con due gambe e un membro
che avvolte ragiona al posto del loro
cervello”
“Oh….vedo che hai
ripreso con le tue massime…e sempre delicatissime..”
“Bè, si ho
conosciuto un’uomo, comunque, oh, sentiti libera di dirlo a chiunque” le dissi
con voce ironica.
“A chi vuoi che lo
dica? a Massimo? “
“Hai ragione non
capirebbe, e poi dovresti fargli lo spelling”
La guardai con uno sguardo sottile.
“E dimmi, com’è, meglio dell’Australiano?”
“Non puoi chiamarlo con il suo nome, perché ha un nome
sai?”
“Ma va? è per caso Russell?” mi disse ridendo.
“Quando incomincerai a togliertelo da la testa…”
“Buttati in nuove esperienze, fai sesso che è un po che
non ne fai..”
“Che, che ne sai tu che io non faccio sesso?”
“Lo vedo, sei spenta, sei ansiosa, sei acida, sei
insopportabile..avvolte parli come una vecchia zitella”
“Ehi….ma vi siete tutte coalizzate contro di me? vado a
lavoro e c’è Paola che mi da della pazza, Carla che mi rammenda i suoi consigli
miracolosi, torno a casa e ci sei tu che mi dici che sono una zitella…mi chiedo
se anche mia madre non voglia metterci bocca…” le dissi alzando un po la voce.
“Ok, ok, fumiamo la pipa della pace….mi cospargo il
capo di cenere…ho esagerato!” mi disse abbracciandomi.
“E che ho voglia di andare al tuo matrimonio, sono anni
che sogno di farti da damiggella…”
“Certo, naturalmente e adesso io mi sposo solo per
esaudire il tuo desiderio”
“Bè? che ci sarebbe di male, non siamo amiche io e te?”
“Amiche, punto. …”le dissi ridendo.
Eravamo tutte e due sdraiate sul divano…guardai
Laura giocherellare con la sua pallina scaccia stress…il suo viso era chiaro e
sicuro..
“Hai voglia di un te?” mi disse improvvisamente Laura,
alzandosi dal divano.
“Perché no, fammi
quello alla vaniglia, mi mette addosso sempre tanta malinconia..il suo profumo
mi fa venire in mente pensieri tristi.”
“Te l’ho detto io
che sei autolesionista..” mi rispose armeggiando con due tazze.
Ridemmo tutta la
sera..parlando di cose stupide e serie allo stesso tempo…
Mi trovavo bene
insieme a Laura, il suo sorriso le sue parole mi facevano bene, all’anima…ci
prendevamo in giro tutti i giorni, ma ci volevamo bene, davvero.
La notte non
riusciva a passare…gli occhi erano continuamente aperti a nuovi pensieri.
Russell
Russell
Russell
Russell….
Il tuo ricordo si
dimena sotto le mie coperte.
La settimana,
lavorativa passò molto velocemente, avevo anche ripreso a sorridere un po di
più…
Milano mi stava
facendo bene, e ancora non ero partita.
“Allora domani
parti?” mi disse Paola, sorseggiando il suo te.
“Già…Milano mi
aspetta…” le risposi stirandomi con le braccia.
“I tuoi disegni
faranno un successone Lisa, trovo che siano splendidi…”
“Ci ho messo tutta
la mia creatività, e non ti nascondo che lo chiffon non è molto nelle mie corde
ultimamente”le dissi richiudendo la cartellina sul tavolo.
“Senti, ma hai
deciso che direzione dare hai tuoi capelli?” mi disse Paola sfiorandomi alcune
ciocche.
“Non mi parlare,
poveri, ultimamente hanno avuto un crollo..non so come farli rinvenire”
“Un bel taglio
netto?”
“Corti?”
“Ti starebbero
bene…”
“Ma? vedremo, per il
momento li tiro su a coda di cavallo..sperando di passare inosservata.!”
Ridemmo.
La valiggia, era
ancora da preparare…
Come sempre
l’indicisione su cosa portare aveva la vinta …
“Vestitini mini?”
No.
“Gonnellone
a fiori?”
No.
“Un bel vestito
scollato sul davanti e sul di dietro?”
No, e poi No.
Ok, mi arrendo un
jeans e una maglietta….
No, no, no, no….
Ma ci sarà a questo
mondo, qualcosa che mi stia bene?
mi ricordai improvvisamente
del maglioncino che Russell aveva lasciato..
Era di un bel colore
azzurro, e mi stava particolarmente bene, mi ci sentivo a mio agio dentro..
E poi il suo profumo
mi piaceva.
Porterò lui con me…e
qualche pantalone.
Si.
“Dico, ma ti sei
guardata?” mi disse Laura, ferma sulla soglia della camera e facendo delle
strane smorfie con la bocca.
“Perché? Cos’ho che non va?”
“Tutto non va…a
cominciare dal maglioncino extra large..”
“Mi sta bene, e
sopra questa gonna è fantastico!”le dissi sorridendogli buffamente.
“Sembri un sacco di
patate…ti ingoffa”
“A me piace
ingoffarmi…e poi è di Russell!”
“Ah! lo
sapevo io che c’era qualcosa sotto…cos’è ti fa sentire meglio
indossarlo?”
“Si, forse si, ma
che importanza ha cosa metto? non devo mica sfilare a Milano!”
“Ok, ok!! contenta
tu, ma poi non venirmi a dire che non rimorchi..” mi disse Laura facendomi un
gesto di siapprovazione con la mano.
“Ma è possibile che
per rimorchiare un’uomo bisogna mettersi solo un vestito scollacciato e
aderente? non ti è mai venuto in mente che si può sedurre anche non essendo
troppo vistose?”le dissi gongolando…
“Sarà…ma io sfido
chiunque…a trovare attraente una gonnellona da Befana, calze a righe bianche e
nere, e maglione XXL!! e con l’aggravante di scarpe da ginnastica celesti.”
“Si intonano al
golf…gnurant”
“Avvolte fatico a
credere che tu sia una stilista di moda…un bel taglierino no e?”mi disse Laura
buttandosi sul letto.
“Il taglierino non
mi si addice e poi sono una stilista…creativa io, sperimento!!!”
“Lo vedo, lo vedo…”
Ridemmo.
“Comunque, apparte
la tua mise, da naufraga..voglio dirti che mi mancherai…lo so, lo so che starai
via per poco…ma mi mancherai lo stesso!”mi disse facendo finta di
piagnuccolare.
“Vieni qui …sei
sempre la solita tenerotta!! ti voglio tanto bene…e poi te l’ho detto ritorno
presto a casa…non posso stare senza il sole di Roma!!”le dissi abbracciandola
forte.
La notte era scesa
lentamente…il buio mi penetrava gli occhi,
non riuscivo a dormire.
Come sempre.
Domani, avrei voluto
rimanere a casa e nello stesso tempo andare…
Questa notte è una
linea sottile che divide le ore di domani..percepisco l’odore della paura e
dell’ansia che puntualmente arriva ad ogni trasferta….cosa darei per cambiarmi.
La stazione termini
era come sempre….affollata di visi.
L’Eurostar che
dovevo prendere aveva già un rumoroso ritardo di 15 minuti.
L’attesa..era la
cosa che più mi pesava…mi guardavo intorno con gli occhi ben aperti ad ogni più
piccolo movimento.
Milano…così lontana
per le mie poche forze…tremendamente oscura per la mia anima di luce.
Il biglietto
aspettava con me, danzando tra le mie dita frenetiche.
Il viaggio proseguì tranquillo, gli scompartimenti
erano mezzi vuoti…
Sospirai.
Il paesaggio mi scorreva davanti…cercavo di catturare
come in un fermo immagine le figure più strane…le nuvole erano sgonfie nel
cielo.
A cosa dovevo pensare? a quale pensiero dovevo
lasciarmi andare? lavoro, dovevo solo pensare al lavoro e alle mie prossime
parole di circostanza.
Stazione di Milano Centrale.
Scesi dal treno correndo verso la lunga fila di taxi…
Via Borgonuovo, grazie.
Le mie parole si spandevano nella macchina come un
eco..
L’autista mi guardò con un viso crepato di rughe, poi
si voltò verso la strada e partì veloce.
Mi sforzavo di trovare parole per creare discorsi…cosa
avrei dovuto dire? questi sono i miei disegni signor Armani, che ne pensa? dice
che possono inserirsi tra i suoi?
Dice che le mie modelle, siano abbastanza alte, per le
sue misure?
Vuole che ritocchi qualcosa? devo aggiungere dei tagli
particolari?
Cosa ne pensa se faccio un giro per schiarirmi le
idee…e poi ritorno a parlarle?
Stavo delirando…sicuramente, stavo delirando.
Scesi dal taxi e pagai.
Entrai nell’azienda circondata da una strana
confusione… guardai i quadri appesi alle pareti del lungo ingresso…scene della
Old America.
Le luci fredde del neon…mi indurivano i lineamenti del
viso.
Mi appoggiai in maniera scomoda su una delle tante
poltroncine rosse messe in fila.
La mia posizione era tesa, sembrava che fossi pronta a
scattare ad ogni minimo segnale.
“Lei è la signorina Fiorenzi?” mi disse una donna con
degli strani occhialetti appesi in bilico sul naso.
“Si sono io” le risposi mettendomi in piedi.
“Si accomodi pure nello studio, il signor Armani la sta
aspettando”
Tirai su da terra la mia valiggetta con le ruote.
Mi fece segno di seguirla…
Adesso ero un po’ più sicura, in fondo durante tutto il
viaggio ero riuscita ad accumulare parole.
“Signorina Fiorenzi, che piacere conoscerla”mi disse il
signor Armani alzandosi dalla sua sedia dietro alla scrivania.
Gli andai in contro e gli strinsi forte la mano.
“Ha fatto buon viaggio?”
“Si tranquillo….”gli risposi sorridendogli.
“Bene, signorina Lisa si accomodi, sta arrivando anche
il mio capo stilisti il sognor Vincenzi”
“La ringrazio” gli dissi mettendomi a sedere e tirando
fuori dalla borsa la cartellina con i bozzetti.
Il disagio si faceva sentire…la stanza era asettica di
luce, e i miei continui sorrisi si stagliavano sui muri neri.
Andrea entrò improvvisamente e richiuse la porta dell’ufficio
sbattendola troppo violentemente.
Mi girai di scatto verso il suo viso adombrato.
L’aria era pesante, il signor Armani mi guardava
scrutandomi le espressioni degli occhi.
“Lisa”
Il mio nome tuonò nell’aria.
Mi alzai dalla sedia..
“Andrea” gli dissi allargando un sorriso.
“Tutto bene, Lisa?“ mi disse spostando la sedia per
sedersi.
Gli sorrisi abbassando gli occhi.
“Tutto bene…” gli risposi tirandomi giù il bordo del maglioncino.
“Allora Lisa, visto che siamo in tema informale ti do
del tu anch’io”mi disse Armani incrociando le mani sulla scrivania.
“Ma certo”gli risposi con l’ennesimo sorriso.
“Bene, fammi vedere le tue creazioni, la signora Morini, mi ha tanto parlato di te….e non ha fatto sconti sulle parole, per
eloggiarti al meglio” mi disse afferrando la cartellina con i disegni.
La scena si ferma.
Mi ritrovai con la mente completamente satura di
schizzi di parole.
Guardai il viso rilassato di Giorgio Armani e quello
contratto di Andrea.
Il suo profumo mi avvolgeva delicatamente i sensi, le sue
dita tamburellavano sul tavolo.
I disegni scorrevano tra le loro mani in una danza
ritimica.
I miei occhi si muovevano veloci sulle loro
espressioni…
Cosa dovevo dire? Aspettavo in silenzio il verdetto.
Bozzetto numero 3.
Ecco la cruciale valutazione, il figurino più difficile
da capire…
E per giunta accompagnato da diverse schede di colore,
con minuscoli quadrati, di tonalità infinitesimamente differenti di quello noto
come colore “Beige” e che invece ora sembrava chiamarsi” cappuccino”, “Sahara”
e “oro antico”.
Guardai i loro sorrisi aprirsi improvvisamente.
“Un’ottimo lavoro Lisa, davvero un’ottimo lavoro.”Mi
disse Armani guardandomi da sopra gli occhiali.
Tirai un sospiro di sollievo…..è andata.
“Bene, Lisa non solo i tuoi disegni verranno inseriti
nella mia prossima collezione, ma avrei piacere e presto lo dirò anche alla
signora Morini, che curassi anche qualche altro bozzetto per la collezione
primavera-estate!” mi disse Armani con un tono della voce rassicurante.
Avevo fatto centro, avevo colpito il bersaglio, ora ero
li seduta ad aspettare la coppa d’oro.
Pensai a Carla, non vedevo l’ora di parlarle…di
ringraziarla per le sue spronature a farcela.
Sorrisi.
“Ancora una cosa Lisa, adesso che sei qui, mi farebbe
tanto piacere questa sera averti alla mia festa di beneficenza che tengo ogni
anno per raccogliere dei fondi.” Mi disse alzandosi dalla sedia.
Riamasi seduta a pensare..
“La ringrazio ma, devo tornare a casa” gli dissi
mordendomi le labbra.
“Impegni improrogabili?” mi chiese
“No nulla di tanto importante ma…”
“Bè allora rimani, ti prego..ci tengo a presentarti
agli ospiti, e poi non puoi perderti la musica di una band Australiana, sono
davvero bravi”mi disse appoggiandomi la mano sulla spalla.
Australiana
Australiana
Australiana….
Avevo capito bene? di nuovo L’Australia.
Non volevo restare, non volevo conoscere nessuno, e
soprattutto non volevo sentire musica Australiana.
Ma le mie labbra sembravano parlare da sole e la mia
mente formulare discorsi lontani dalle mie volontà…
“D’accordo allora…”gli dissi sconcertata.
Armani mi sorrise.
“Che taglia di abito porti Lisa”mi chiese Armani
improvvisamente.
Non capivo… cosa centrava adesso…
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