Storia di Costalta


"TRISTEZZA MI INVADE"
Memorie della vita militare
scritte da Celeste Casanova Fuga Bola (dal 1913 al 1915)

VII - APRILE 1914

La nostra residenza al presidio di Tobruck era terminata, sicchè ai primi di questo mese si dovette andare ad occupare la grande linea delle trincee. Si partì di buon mattino col nostro fardello in spalla e, nonostante fosse di pochi chilometri il nostro tragitto, si giunse colà tutti sudati e un po' stanchi.
Dinanzi ai nostri occhi si trovava la lunga ridotta, che taglia tutta questa penisola da un lato all'altro. Si presentava altera e fiera nello stesso tempo, gloriosa di poter difendere i figli della bella Italia. La notte tutta silenziosa cominciava a stendere il suo velo. Tirava un'aria fresca primaverile. Tutte al loro posto solitarie le sentinelle vigilavano sulla sicurezza dei compagni. Movevano pian piano i loro passi, volgendo lo sguardo ad ogni piccolo rumore. Di quando in quando aprivano l'aria silenziosa col grido di sentinella all'erta.
In fondo a questa linea, sulla riva del mare, stava posta una sentinella. Passeggiava avanti e indietro per la garitta, osservando attentamente la consegna, per cui era collocata al posto più pericoloso della linea. Ad un tratto gli parve di udire un piccolo fruscio delle onde; volse lo sguardo attentamente da quella parte come per squarciare le tenebre, per vedere da che parte proveniva. Ma i suoi occhi non videro niente. Deluso da questa supposizione, cominciò a vigilare con maggiore intensità e poco lungi gli parve di vedere un punto nero a muoversi nelle onde. Caricò il suo fucile ed aspettò. Il punto misterioso si avvicinava sempre di più e scorse che era una barca che vagava verso di lui. Dandogli il chi va là per tre volte di fila, nessuno rispose. Allora puntò il suo fucile e lasciò partire un colpo. Il proiettile deve essere stato micidiale di certo, perché dalla buca fu seguito da un grido straziante nello stesso tempo. Il nostro soldato non si perdette di coraggio; un'altra volta puntò il suo fucile, ben sicuro che i suoi colpi sarebbero stati risoluti. Lasciò partire il secondo, che fu seguito da un altro grido di morte. Ma nello stesso tempo fu fatto segno di una scarica terribile di fucileria. Quelle bestie (come soliamo chiamarli noi) avevano scoperto il nascondiglio e lo tempestavano di proiettili con il loro mauser. Il nostro uomo, che si era procurato un riparo, supponendo qualche inconveniente, continuò il suo fuoco con un sangue freddo da non poter immaginare. Ma il suo coraggio fu ben presto raggiunto al termine. Una pallottola esecrabile di mauser gli perforò la fronte, lasciandolo esanime al suolo, vicino al suo rovente fucile.
I compagni, destati da quella lunga scarica di fucileria, si armarono in fretta, per andare di corsa a soccorrere e difendere il caro camerata. Ma era già troppo tardi; quei selvaggi avevano già avuto tempo di compiere il loro atto barbaro e sparire nelle tenebre della notte.
E' inutile descrivere perché si può immaginare da se stessi in quale stato avevano ridotto quel povero corpo. Gli diedi uno sguardo, poi voltandomi pensai a quale gran dolore dovrà provare quella povera mamma apprendendo quella crudele notizia e mi sentii bagnare le guance da una lagrima.
La Pasqua passò lieta, come portatrice di felicità. Nelle vicinanze dei nostri alloggiamenti c'era anche una cisterna, dove anche gli arabi si servivano dell'acqua. Fra questi, ogni tanto i nostri occhi si dilettavano, osservando qualche bel viso di giovinetta di queste razze, che nella loro moda di vestire ci parevano molto simpatiche e ci facevano rinascere tanti dolci ricordi...


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