"TRISTEZZA MI INVADE" Memorie della vita militare scritte da Celeste Casanova Fuga Bola (dal 1913 al 1915) III - DICEMBRE 1913 Spunta l'alba. Il cielo tutto coperto di nuvole bigie, che girano innanzi spinte dalla tramontana, ci indicano che è prossimo l'uragano. Tirava un vento impetuoso ed il mare furente spingeva le sue infinite onde fin oltre la spiaggia, coronata dai suoi eterni scogli tutti screpolati dal tempo, che facevano gettare gli spruzzi d'acqua in alto, in modo che l'aria impetuosa arrivava a portarci le goccioline quasi gelate sulla faccia. Ma tutto questo non valse per farci trattenere qualche mezzora in più in baracca, sicché uscimmo come il solito per compiere le nostre istruzioni da recluta e si cominciò a marciare avanti e indietro. "Al passo", gridavano i capisquadra, dandoci l'uno-due, suono seccante e noioso, che ci faceva esprimere ancor più la melodia di quella giornata. In men che si credette il cielo accrebbe ancora di più la sua oscurità e l'uragano scoppiò d'una tale violenza che non si poteva nemmeno volgere i nostri passi per ritirarsi. Ma il cielo volle che fosse di poca durata ed aprendo le sue sfere cominciò a far vedere la sua limpidezza, chiudendoci tutti nel suo sorriso. Anche questi giorni passarono presto, alcuni più lieti, alcuni più melodiosi e le feste natalizie andavano avvicinandosi. Intanto le nostre istruzioni erano finite bastava che ci comandassero, che per ogni cosa si era pronti. La sera del ventidue ci venne l'ordine di prepararsi per la mattina seguente, dovendo trasferirsi nel più lontano settore di presidio, cioè Ros Mdanar. Sicché la sera si preparò tutta la roba a posto e la mattina, appena all'alba, si partì col nostro fardello sulle spalle, carichi come muli e pian piano cominciammo a marciare con quel passo fermo, che ci era già in abitudine su per quella scoscesa sponda. Arrivammo sull'altopiani tutti pieni di sudore ed il nostro fardello cominciava a darci noia. Giunti colà si fece la prima tappa ed avendo un po' il corpo libero, ci dilettavamo a guardare l'immensa meravigliosità della natura. Davanti a noi stava una immensa pianura stesa e tutta deserta. Si distingueva qua e là qualche cespuglio e lontano si vedeva una piccola torretta , come persa nell'infinito piano. Là era il punto dove si doveva arrivare. Alle nostre spalle stava l'immenso Mediterraneo, calmo come una lastra di cristallo, coronato dalla sua bella spiaggia pittoresca, con quegli scogli di ogni forma; alcuni parevano allo sguardo lontano dei castelli del medio evo, tutti coronati di cornici e di massi formati a cupola, altri incavati e formati come grotte, che usano in queste terre. Poi a sinistra si vedeva la grande città di Tobruck, già un po' modernata, che ci faceva distinguere ancora meglio la sua industria e il suo commercio. Passato che fu questo quarto d'ora di riposo, che è d'uso nelle marce, dopo un'ora di cammino, si tornò a buttare lo zaino in spalla e via! Man mano che si andava avanti, si vedeva dei compagni che, non potendo più avanzare, si gettavano a terra. Al terzo alt, di una sessantina che c''rano, mancava un terzo. Dopo aver consumato il rancio, si cominciò a marciare avanti ancora: io ero stanco ma le mie gambe resistevano ancora; si pareva proprio un branco di pecore: chi andava indietro, chi a destra e sinistra, senza avere nessuna direzione. Barcollando come tanti ubriachi giungemmo più morti che vivi. Infatti d'una sessantina, come dissi, si arrivò una ventina con lo zaino in spalla e tre giorni dopo si ebbe un piccolo encomio, seguito da un piccolo premio dal nostro capitano. La notte si avvicinava con un freddo del diavolo e, quantunque poco esperti, riuscimmo a trovar sonno appena buttati giù, stanchi ma lieti ugualmente. Le feste natalizie passarono un po' malinconicamente, causa l'intensità del freddo e la brutta località in cui ci trovavamo. Una piccola cena, con qualche scatola in conserva, con un bicchiere di vino assieme ai compagni, ci fece dimenticare tutto. Colà cominciai ad assaporare la prima notte di sentinella ed il resto dell'anno ci diede l'addio senza nessuna inconvenienza. |
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