Chiesa di sant'Anna a Costalta di Cadore

"E' dedicata a S. Anna. Parrocchiale dal 1943. Una prima chiesa fu eretta nel secolo XVI, rifatta nel 1820; essendo questa pericolante, ne fu eretta una terza, l'attuale, nel 1862 su disegno dell'ing. Antonio Pante. L'altar Maggiore è in marmo con modesta pala con la Madonna, Bambino, S. Giuseppe e due sante. Ai lati affreschi grossolani con l'Adorazione dei Magi e l'Annunciazione. Buona la pala dell'altare con Madonna in trono con Bambino, santi e sante e, a sin. in basso, uno stemma con l'aquila a due teste. L'organo è della Fonica di Padova (1957)"(da G. Fontana, Notizie storiche del Comelico dallle origini al 1866, 1972)

La chiesa è dedicata a sant'Anna, che sulla facciata compare in alto sopra la porta principale, con san Gioacchino e tra loro la figlia Maria, ancor giovinetta, con in mano un libro, forse di preghiere. A Maria, intenta a leggere, è vicina, quasi a protezione, la madre Anna che con un gesto amorevole le ìndica un passo del libro; dietro la Vergine (parthènos) giovinetta, in posizione centrale un albero che allarga le sue fronde sopra l'intero dipinto, senza dubbio con riferimento all'albero di Jesse (Jesse, padre del re Davide, dalla cui discendenza nascono Maria e Gesù Cristo - l'Emmanuele, Dio-con-noi, l'Atteso, il Messia).
Sulla destra del dipinto: il padre Gioacchino, anziano e imponente, con una folta barba, che (stranamente: si tratta certamente di un 'pio errore iconografico!) con la mano destra regge una bilancia (attributo che si addice a san Michele, non a Gioacchino!); la parte destra e sinistra del dipinto, è rovinata e illeggibile, intuibilmente forse vi era rappresentato un paesaggio.
Il dipinto è firmato in basso 'A.Favaro 1948', pittore trevigiano che in paese qualcuno ricorda ancora di averlo incontrato, ma nulla più.

Altre sue opere, come vedremo, si trovano anche all'interno della chiesa dove, appena entrati, incontriamo la statua in legno di sant'Anna che 'dialoga' con Maria, e con il dito della mano la invita significativamente a volgere lo sguardo verso l'Alto: un simulacro ligneo ispirato e ben realizzato, opera dello scultore F. Pancheri di Ortisei, donato dalla sig. Libera De Bettin. Sulla destra entrando, la nicchia che normalmente accoglie la statua lignea appena descritta.

Nella chiesa, a soffitto un ampio affresco, sempre di A. Favaro, che raffigura la Presentazione di Maria bambina al Tempio: partendo dal basso, la madre Anna accompagna la giovine figlia Maria verso il Sommo Sacerdote, la cui figura è collocata in posizione rialzata e imponente, che con il gesto della mano aperta è pronto ad accoglierla : sopra di lui alcuni angeli, uno dei quali regge in mano un giglio, simbolo di purezza verginale, e un significativo volo di colombe: nella parte alta del dipinto, il Padre Eterno benedicente.
Ricordiamo che Gioacchino offrì una grande festa quando la portò al Tempio, a tre anni, per consacrarla al Signore; il protoVangelo di Giacomo racconta che la bambina salì con sicurezza i quindici gradini del tempio quasi avesse fretta di raggiungere il Signore e questa sicurezza in una bimba così piccola stupì e commosse tutto il popolo (ricordiamo ancora l'affresco di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, dove Anna si china amorevolmente per aiutare la figlia Maria a salire i gradini del Tempio; e ancora tra i tanti riferimenti artistici : "sant'Anna che insegna a leggere alla piccola Maria" (di Esteban Murillo (1617-1682), e altri dipinti con tenere immagini di vita quotidiana: s. Anna che insegna alla piccola Maria a cucire e a fare i servizi di casa; e per la "Presentazione di Maria al Tempio" merita ricordare alcune stupende icone russe del XVI secolo.

Sempre in chiesa, alle pareti troviamo dipinti: a sinistra di chi entra,una tela con san Lorenzo con in mano la palma del martirio (justus ut palma florebit, il giusto fiorirà come palma - Salmo 92(91),13) e la graticola (su cui è stato arrostito; notissimo l'aneddoto del santo martire che avrebbe detto al suo torturatore "da questa parte sono arrostito, gìrami ora dall'altro e poi mangia" ; protettore di osti e cuochi, librai e bibliotecari, la sua festa è il 10 agosto. Sempre nella stessa tela, accanto a san Lorenzo compare l'abate Antonio che si appoggia al bastone del Tau (a 't') da cui pende una campanella; è patrono di monaci ed eremiti e degli animali domestici; è invocato contro l'herpes zoster-il 'fuoco 'di san Antonio'; la sua festa è il 17 gennaio. Abbandonato ogni suo avere, si era ritirato a vivere nel deserto dell'Egitto divenendo celebre per il suo spirito di orazione e per il terrore che incuteva ai demoni; morì all'età di 106 anni, nel 356.

Sempre in chiesa, nella parete di destra, una pala ci presenta la figura di san Rocco, con la mantellina (il 'sanrocchino'), il cane (di sòlito con il pane in bocca) e il bastone del pellegrino: il Santo con la mano sinistra indica la piaga (il bubbone della peste) sulla coscia: patrono di pellegrini e viandanti, selciatori e chirurghi, è invocato contro la peste e il mal di ginocchia; la sua festa è il 17 agosto. L'opera, datata 1971, è di Giovanni De Bettin Linc, pittore e poeta ladino (defunto) di Costalta.

Le vetrate, in alto, sono finemente lavorate e decorate, e presentano un'accurata e ampia simbologia religiosa: opera della 'Vetri d'arte Janni di Torino' sono datate 1943; in coro la vetrata di destra porta la data 19.7.1924.
Restando in coro : oltre alla pala sopra l'altar maggiore, con la Madonna, il Bambino, san Giuseppe e due sante ('modesta', da G. Fontana 1972) ci soffermiamo ora sui dipinti alle pareti e a soffitto.

A sinistra: "l'Adorazione dei Magi" un'ampia figurazione che si estende lungo l'intera parete, opera di A. Favaro e datata 18.4.1948, idem sull'intera parete di destra dove è raffigurata "l'Annunciazione" (sulla estrema sinistra) e "l'incontro di Maria con santa Elisabetta" (sulla destra del dipinto stesso), ovviamente stesso autore e stessa data; di certo i due dipinti possono non piacere a qualcuno né entusiasmare, ma a noi piace sottolineare che questi "affreschi grossolani" più che espressione d'arte, vanno 'intesi' come viva espressione di Fede, dal gusto semplice e popolare, realizzati con paziente e ingenuo amor devozionale, di facile comprensione per il fedele, e il loro invito (ed è questo l' intento dell'autore) è di muovere l'animo alla riflessione devota e alla preghiera.
L'annunciazione: l'annuncio dell'arcangelo Gabriele "Ave o Vergine, piena di grazia" a Maria in preghiera, inondata di luce;
Maria con Elisabetta: il loro incontro ad Ain Karem, sobborgo di Gerusalemme, tra l'anziana Elisabetta e la giovane cugina Maria, ambedue incinte (celebre il rilievo longobardo dell'VIII secolo a Cividale del Friuli), e con Elisabetta il marito Zaccaria che son gli anziani genitori di Giovanni 'il battista' (battezzatore) cugino del Cristo, che del 'battista' (voce che grida nel deserto) dirà che " fra i nati di donna non è sorto nessuno più grande di Giovanni " (vangelo di Matteo, 11,7); il presepe e i Magi: la nascita del Bambin Gesù a Betleem di Giuda e l'adorazione dei re Magi (sacerdoti, casta di sapienti venuti dall'Oriente per adorare Gesù: due di carnagione chiara, e uno di colore scuro: uno bianco, uno giallo e l'altro nero) Gaspare, Melchiorre e Baldassarre: il primo rappresentato nel dipinto, deposta a terra la sua corona, è prostrato dinanzi al divin Fanciullo, gli altri due sono in piedi, e portano in dono: oro (prezioso per eccellenza, simbolo della regalità di Cristo), incenso (per la sua divinità: bruciando, l'intenso suo aroma con il fumo sale come una preghiera a Dio), e mirra (simbolo della futura passione e morte del Cristo): i tre Magi sono effigiati in tutta la loro imponente e corpulenta maestosità, nei loro ricchi paludamenti. Le loro reliquie sono disseminate da Milano a Colonia (tra queste due città ancor oggi si incontrano spesso locande - ottimi ristoranti e grandi alberghi, che portano i nomi di Tre re, Tre corone, Stella, Moro).
Qualche altra 'curiosità'...
Sono di tre età diverse: simbolicamenbte in vecchio indica in passato, il maturo il presente, il giovane il futuro, tutti inginocchiati dinanzi al Cristo Kronokrator, signore del Tempo; sono di tre 'razze' nate dal ceppo di Noè: i figli di Sem, di Jafet e di Cam, che si erano sparsi rispettivamente per l'Asia, l'Europa e l'Africa, e avrebbero reso così omaggio a Gesù come Signore del Mondo. Altra simbologia: l'incenso, simbolo del potere-sapere-diritto, l'oro del potere militare e quindi la regalità laica, e l'umile, umana e medicamentosa mirra dell'attività economica. L'oro è portato racchiuso in uno scrigno, l'incenso in un turibolo e la mirra in una pisside o in un bossolo di farmacia; l'oro, di solito, è recato dal vecchio Melchiorre che è il primo ad adorare il Bambino e che si raffigura in ginocchio, per adorarlo (initium sapientiae timor Domini: sapienza è timor di Dio - Siracide e Salmo 111,10).
Rappresentano diversi continenti: Melchiorre il più anziano, l'Asia; Baldassarre, scuro di pelle, il continente africano; Gaspare il più giovane, l'Europa. Secondo altre fonti, i tre saggi vivevano in oriente: Melchiorre in Arabia, Gasparre a Tarso e Baldassarre a Saba. Melchiorre porterà in dono l'oro, Gasparre l'incenso e Baldassarre la mirra. Da notare che i Magi nelle catacombe romane (II secolo) appaiono negli affreschi due secoli prima dei troppo normali e modesti pastori; ma non dobbiamo restare affascinati dalle "figure" di Magi e pastori, perché il "cuore" è il Cristo e la domanda dei Magi " Dov'è il re dei Giudei che è nato?" : questo è il tema fondamentale, la ricerca del Cristo, il Messia ( ricordando il profeta-contadino Michea (4,1-4 e Isaia 2, 2-4).

Ebbene, questi "quadri" del pittore A. Favaro ricordano e riassumono i punti salienti della "storia" salvìfica del Salvatore, e lo spettatore, 'il fedele', che (nel coro ai piedi dell'altare) ammira questi dipinti collocati sopra gli alti e severi scranni in legno, non può non sentirsi parte integrante e al centro di queste 'scene' così vive, compreso di quest'atmosfera così intensamente religiosa. Credo sia stato "semplicemente" questo l'intento del pittore Favaro, prima e al di là di ogni altra considerazione artistica, e 'al meglio' della sua capacità artistico-descrittiva!

A soffitto, compaiono i quattro Evangelisti, Marco, Matteo, Luca e Giovanni con i rispettivi simboli: il leone, l'angelo, il toro (mucca-bue) e l'aquila; e nella cupola la colomba dello Spirito Santo.
Dietro l'altare, nella lunetta in alto sulla parete, un altro dipinto: l'Agnus Dei, con tre cerve a dx e tre a sx, rispettando una classica iconografia: "sicut cervum ad fontem… quemadmodum desiderat cervus ad fontes aquarum ita desiderat anima mea ad te Deus: sitivit anima mea ad Deum"; la cerva e il cervo compaiono spesso nella poesia ebraica, come immagine della sofferenza di questo animale durante la siccità, quando diventa impossibile trovare erba nei pascoli: ecco che si protendono a bere l'acqua di un ruscello, "come la cerva anela ai corsi d'acqua così l'anima mia anela a te, o Dio; l'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente" (Salmo 42); pertanto la cerva che bramisce per la sete davanti al letto di un torrente asciutto, diventa il simbolo mistico della sete di Dio.

Tutti dipinti, verosimilmente, sempre del trevigiano A. Favaro.

In chiesa, sulla sinistra, possiamo ammirare l'altare dedicato alla Madonna del Monte Carmelo o del Carmine (monte della Palestina, che segna il confine tra la Samaria e la Galilea; Carmèlo, in ebraico Karmel significa 'giardino di Dio'). Sul Carmelo sitrovano grotte abitate in tempi preistorici; in seguito divenne celebre per la presenza del profeta Elìa (che vi sfidò i sacerdoti di Baal e di Astarte) che prese stabile dimora in una delle grandi caverne esistenti nei fianchi delle colline, accentuando il carattere sacro di cui già la zona godeva.
La festa della Vergine del Carmelo è il 16 luglio: istituita prima del 1386 venne estesa a tutta la Chiesa da Benedetto XIII nel 1726.
L'origine della devozione è legata all'Ordine carmelitano, fondato nel XII secolo: ordine religioso in onore della Vergine, che ricevette forte impulso con Simone Stock (secolo XIII) che fondò numerosi conventi; poi con le crociate il Carmelo divenne centro di vita eremitica; poi perseguitati dai musulmani i carmelitani verso la metà del XIV secolo fuggono dal Monte Carmelo e si diffondono in tutta l'Europa.

Il Carmelo è visto "nella sua relazione con la Vergine Maria prefigurata nella nuvoletta intravista dal profeta Elìa e foriera di pioggia in tempo di persistente siccità. Storicamente Maria abita vicino al Carmelo, da cui Nazaret dista solo trenta chilometri, e vi si mostra la grotta dove la Madre di Gesù si pensa si sia riposata durante la fuga in Egitto". Il Carmelo è inteso anche come simbolo della presenza di Maria nella vita spirituale, infatti nella Colletta spirituale si prega il Padre perché faccia giungere i fedeli "felicemente alla santa montagna, Cristo Gesù" e alcuni Padri della Chiesa applicano anche alla Theotòcos (gr. Madre di Dio) il simbolo della 'montagna': "Maria, tu che sei la montagna spirituale". Come si vede, una simbologia intensamente e spiritualmente 'ricca'. L'Ordine carmelitano offre un'intensa esperienza di Maria nella vita spirituale, e ha come motto 'Carmelus totus marianus', Maria, modello perfetto dell'alleanza d'amore tra Dio e la Chiesa. Devozione caratteristica dell'Ordine è quella dello 'scapolare', a partire dal 1251 quando la Vergine sarebbe apparsa a san Simone Stock; lo scapolare è parte dell'abito monastico, distintivo appunto dei terziari carmelitani e di altre confraternite: è l'immagine sacra che si porta appesa al collo e consiste in due piccoli pezzi di stoffa (con l'immagine) riuniti da nastri che poggiano sulle spalle (sulle scapole): così lo scapolare diventa come uno scudo di difesa contro i pericoli che possono nuocere al corpo, e molte volte leggendo le cronache di questa devozione constatiamo che il Signore ha operato non piccoli prodigi per mezzo dell'Abitino del Carmine.

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Segnaliamo inoltre, nella chiesa di Costalta...
il nuovo ambone, per la lettura-proclamazione della parola di Dio, opera nel 2004 dello scultore Avio De Lorenzo, nato a San Pietro di Cadore (con abitazione e studio a Costalta)

e, accanto all'altare della Madonna del Carmine, una preziosa icona di Paola Zanini, collocata nel 2006.

Nel 2011 è stato collocato nella chiesa un quadro di Luigi Regianini, raffigurante il Papa Giovanni Paolo II

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Due, le grandi feste in luglio a Costalta:
quella della Madonna del Carmine e quella di sant'Anna...


a) La Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (celebrazione liturgica che si ricollèga alla spiritualità dell'Ordine Carmelitano, festa che ricorda anche un'apparizione della Vergine a san Simone Stock che nel secolo XIII promosse il rinnovamento dell'Ordine; all'apparizione è pure connesso lo 'scapolare' o 'abitino' del Carmelo, con il cosiddetto privilegio 'sabatino' molto diffuso fino ai nostri giorni. Ricordiamo l'antico santuario della Madonna del Carmine, officiato dai Padri Carmelitani, che ha sede a San Felice del Benaco (diocesi di Verona, sul lago di Garda) una "vera perla d'arte soffusa di misticismo", meta di innumerevoli pellegrini e di turisti; quella del Carmine è l'unica festa della Madonna, antica di secoli, propria di un Ordine religioso, rimasta nel calendario della Chiesa universale.
Il Carmelo è la più alta cima di una catena di colline lunga circa 50 km: il nome significa Giardino, vigna, infatti è un luogo dalla vegetazione rigogliosa e di estrema bellezza (II Re ,4, 25);
la festa ricorda l'istituzione del 'Sacro Scapolare' che secondo una pia credenza la Vergine il 16 luglio 1251 consegnò a san Simone Stock, generale dei Carmelitani; nel 1316 Maria apparve al papa Giovanni XXII per dirgli di pubblicare il 'privilegio sabatino' in virtù del quale Lei libererà certamente dal Purgatorio nel primo sabato dopo la loro morte, quei fedeli che in vita avranno praticato fedelmente la devozione a Lei, portandone lo Scapolare, vivendo castamente secondo il proprio stato, recitando ogni giorno l'ufficio mariano che può essere commutato con altre pratiche e praticando l'astinenza dalle carni tre volte la settimana.
b) Sant'Anna (ricordata con san Gioacchino suo sposo), Patrona della comunità che Costalta da secoli celebra con solennità questa Festa, il 26 luglio. Anna e Gioacchino sono i genitori di Maria e i nonni di Gesù; un tempo venivano festeggiati separatamente (Anna il 26 luglio e Gioacchino il 16 agosto) poi con la riforma del calendario la Chiesa li ricorda insieme il 26 luglio; il culto di sant'Anna si è diffuso sin dal VI secolo; nel Vangelo i nomi dei genitori di Maria non sono menzionati, ma ci sono stati tramandati dalla più antica tradizione e letteratura apòcrifa. Particolarmente popolare è il culto a sant'Anna, venerata come protettrice delle vedove, delle sarte, dei commercianti di biancheria, dalle lavandaie; è invocata dalle partorienti, contro la sterilità coniugale e per la buona morte; ambedue ovviamente, sono protettori dei nonni.
E' stato scritto che i genitori di Maria sono il simbolo della vecchia umanità dalle cui rughe fiorisce l'eterna gioventù della grazia e sono l'immagine della terra arida che pur si apre nella miracolosa fecondità della Fede.
San Gioacchino (anche Gioachino, Giovacchino) è patrono e protettore degli sposi e dei falegnami. Celebre l'opera d'arte dove compare la santa coppia ritratta da Giotto che ne racconta la storia, nella Cappella degli Scrovegni a Padova: rappresenta l'incontro affettuoso tra i due anziani dinanzi alla Porta dorata (la Porta aurea) di Gerusalemme e il loro abbraccio tenero e affettuoso: da loro, dalla loro carne nascerà colei che tutte le generazioni chiameranno 'Beata': la serie degli affreschi di Giotto è nota per l'appunto come "Storie di sant'Anna, Gioachino e la Vergine".


Pagina a cura di SERGIO GENTILINI - Costalta, luglio 2009

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