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lo stato dell'arte

 "Materiali per una sociologia dell'università" è stato testualmente riportato dal sito http://www.dipmat.unipg.it/~mamone/univ/index.htm  

 Pertanto , per gli ultimi aggiornamenti , vi preghiamo di collegarvi direttamente a quell'indirizzo. 

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Vi riportiamo inoltre LE GRIDA MANZONIANE. PDF . Si tratta di  un recente articolo che parla a lungo anche del nostro caso,  con   severa eleganza. L'Autore è prof Quirino Paris della University of California, Davis. In lingua italiana su Google  solo il suo nome richiama  356 siti, molti dei quali sulla corruzione nell'ambito universitario soprattutto italiano.
 

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Materiali per una sociologia dell’università

(ultimo aggiornamento: 12.V.2006)

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Questo sito raccoglie sia contributi estesi sia estratti da giornali e siti internet (notizie, commenti, interviste; ordinati cronologicamente e divisi in categorie) che riguardano aspetti problematici dell’attuale mondo universitario, con particolare riguardo all’Italia. Un lavoro analitico che valorizzi l’insieme di questi testi è ancora di là da venire. Per il momento li si mette a disposizione degli interessati come stimolo a un’indagine realistica sulla natura e le dinamiche dell’istituzione universitaria – necessario presupposto sia di azioni correttive sia di una seria opera riformatrice.   I testi inseriti nell’ultimo aggiornamento sono contrassegnati da tre asterischi iniziali nell’indice.

Segnalazioni e commenti sono benvenuti e da indirizzare a: mamone@dipmat.unipg.it .

 

 

CONTRIBUTI

 Pasquale Santè: “Come si diventa professore universitario in Italia” (Scienza e democrazia 2003;  pdf)

Carlo Viggiani: “L'egemonia della mediocrità” (Scienza e democrazia 2001;  pdf)

Paolo Varvaro: “Rappresentanza e partecipazione: la democrazia imperfetta dell'università”

                          (Scienza e democrazia 2001;  pdf)

 

 

 

ESTRATTI

 

CARRIERE

Concorsi truccati al Policlinico di Pavia (2003)

Regole e trucchi nei concorsi universitari in Italia (16.II.2003)

Un concorso per associato di storia della medicina (31.I.2004)

Arresto di commissari di concorso (24.VI.2004)

Concorsi universitari e associazione a delinquere (25.VI.2004)

Ritorsioni contro i commissari di concorso che non cedono alle pressioni (2.VI.2005)

Concorso in otorinolaringoiatria annullato dopo 16 anni (!) per falso ideologico totale (!) (25.X.2004)

Come far perdere il miglior candidato a un concorso per associato (15.IX.2005)

Concorso truccato per ricercatore (21.IX.2005)

Gruppo di potere monopolistico nei concorsi di economia agraria (4.I.2006)

CORRUZIONE

“Prostituzione professionale” in farmacologia (25.III.2002)

Ammissione in una università centro di eccellenza mondiale (25.III.2002)

Compravendita di esami e altri abusi all’università di Bari (2.II.2005)

Compravendita di lauree in odontoiatria e scienze della formazione a Roma (14.XII.2004)

Nepotismo all’università di Bari (3.III.2005)

Nepotismo alle facoltà di medicina e chirurgia a Roma (25.VI.2005)

Presidente della Conferenza dei rettori italiani, indagato per aver favorito il figlio a un concorso, attacca la magistratura (25.II.2006)

ALTRI ABUSI DI POTERE

Ordinario di farmacologia taglieggia ricercatori (29.VI.2004)

Docenti universitari in politica (1.XII.2005)

Un licenziamento totalmente illegale (9.I.2006)

Licenziamento dopo mobbing: la testimonianza del “caso unico” di cui sopra (31.I.2006)

QUALITÀ INTELLETTUALE

Rita Levi Montalcini, premio Nobel, sponsorizza un farmaco letale (10.XI.2002)

La Levi Montalcini intervistata su vivisezione e Cronassial (22.X.2004)

Ricerca biomedica e capacità di cura (2004)

Lauree ad honorem: un campione di motociclismo dottore in... “Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni” a Urbino (31.V.2005)

Alta velocità e manuali universitari (10.XI.2005)

Lauree ad honorem: la Levi Montalcini dottore... in “Comunicazione Multimediale” a Perugia (4.II.2006)

ANALISI

La gerarchia universitaria e l’irrilevanza della didattica per la carriera (12.II.1994)

Come fare carriera nell’università: istruzioni dagli U.S.A. (11.XII.1995)

Docenti “ignoranti e corrotti”: sul discorso di Federico Zeri  (13.II.1998)

I concorsi universitari: “rigidità delle procedure [...] temperata dalla generale inosservanza” (3.IV.2002)

La finzione della valutazione della didattica da parte degli studenti  (4.VI.2004)

Intellettuali universitari (19.XI.2005)

***La carriera universitaria è aperta al merito? (31.III.2006)

 

 

 

CARRIERE

Concorsi truccati al Policlinico di Pavia (2003)

 

<<PAVIA —  Una condanna per la vicenda dei “concorsi truccati” al Policlinico San Matteo. E l'apertura di una nuova inchiesta. Si è concluso ieri al Tribunale di Pavia il processo che vedeva imputato Piergiorgio Villani, ex direttore amministrativo del Policlinico pavese, andato in pensione nel dicembre '99, accusato di abuso d'ufficio per aver ammesso a un concorso, per l'assegnazione di un posto dirigenziale al San Matteo, una persona che secondo l'accusa non ne avrebbe avuto i titoli. Il collegio giudicante, dopo aver ascoltato in aula ieri mattina l'ultimo testimone, il capo della squadra Mobile Pierpaolo Marraffa, la requisitoria del sostituto procuratore Mauro Vitiello e l'arringa difensiva dell'avvocato Giampiero Azzali, ha emesso una sentenza di condanna, a 5 mesi (il pm ne aveva chiesti sei) , con sospensione condizionale della pena e non menzione, oltre all'interdizione dai pubblici uffici per la durata della condanna. Non solo. Nella lettura in aula della sentenza, dopo tre ore di camera di consiglio, il giudice ha anche aggiunto che gli atti processuali sarebbero stati inoltrati nuovamente alla procura della Repubblica, perché venissero verificati eventuali altre ipotesi di reato riguardanti lo svolgimento del concorso. Insomma, anche dopo la sentenza di ieri è tutt'altro che chiusa la vicenda dei "concorsi truccati", che si era aperta nel marzo del 2000. La squadra Mobile aveva sequestrato gli atti di cinque concorsi, poi alla chiusura dell'inchiesta il rinvio a giudizio per Villani era arrivato solo per un concorso. Ma proprio sullo svolgimento di quello la procura deve indagare ancora. >>

 

[Stefano Zanette: “Concorsi truccati a Pavia: condannato l’ex direttore del S. Matteo”, Il giorno, 2003]

 

Regole e trucchi nei concorsi universitari in Italia (16.II.2003)

 

<<Questa storia dei concorsi universitari truccati è un'invenzione o la realtà?

"Truccati è una parola grossa", ribatte Luigi Donato, barone doc, ordinario di cardiologia alla scuola superiore Sant'Anna di Pisa, che è come dire la Normale, l'Olimpo delle scienze applicate, nonché presidente dell'area di ricerca del Cnr di Pisa, 1300 dipendenti, il più importante centro del Cnr in Italia.

"Il fatto è riprende Donato che il meccanismo che si è messo in piedi per questi concorsi facilita la realizzazione di soluzioni precostituite, che sono pienamente legittimate dal meccanismo perverso che è stato messo a punto".

 

Lei obietta sull'aggettivo truccati, ma concorsi del quale si conosce il vincitore in quale altro modo potrebbero essere chiamati?

"Parlerei di meccanismo perverso".

 

Ma una lotteria che ha sorteggio già determinato è una lotteria truccata. E non è la stessa cosa per un concorso?

"Attenzione, il fatto è che il collegio dei docenti della materia, che poi è la lobby, si trova d'accordo e dice: questa volta votiamo per te te e te. E perché votiamo per te per te e per te? Perché deve vincere il tale e il talaltro".

 

Come funziona il sistema?

"La facoltà chiede un concorso per una materia, mettiamo cardiologia. La commissione ad esempio per i professori associati è formata da un membro interno e da quattro esterni, due ordinari e due associati".

 

Come fanno a controllare le nomine?

"Perché le nomine degli esterni vengono fatte dal collegio dei professori della materia, che è una lobby, la corporazione dei professori di quella materia, un'associazione, che non ha alcuna veste giuridica e sfugge a qualunque controllo anche del ministero".

 

Come può esserci un potere così assoluto sulle commissioni di concorso?

"Perché tutti quanti sono interessati. Perché questa volta lo vinci tu e la prossima volta lo vinco io".

 

Formalmente chi costituisce la commissione?

"L'ho già detto. Viene eletta dal collegio, che in sostanza è un organo di governo spontaneo, interno alla categoria, che però fa da lobby e controlla completamente chi accede alle cattedre di quella determinata materia".

 

E la facoltà subisce le scelte della lobby?

"Normalmente questo gioco è fatto con l'accordo della facoltà che indice il concorso, ma poiché per regolamento dovranno uscire due vincitori, ci si mette d'accordo per far uscire la coppia che va bene a tutti".

 

Ma sono uno o due i posti da assegnare?

"No, deve essere coperto un posto".

 

Allora perché vengono scelti due vincitori?

"Perché il secondo sarà destinato ad altra sede".

 

E la facoltà?

"La facoltà può prendersi o l'uno o l'altro o nessuno dei due. Ed è un meccanismo perverso perché tutti quanti all'interno della corporazione sono in qualche modo, se mi si passa la parola, ricattabili. Perché se non stai a questo accordo, tu la prossima volta non avrai questo o quest'altro posto".

 

Meccanismo perfetto.

"Ma se per caso il desiderio della facoltà non collima con il desiderio della corporazione succede un pasticcio, per esempio succede che i candidati, che non sono graditi dalla lobby, vengono invitati a ritirarsi".

 

Se non sono graditi alla facoltà, chi vince, la facoltà o la lobby?

"Normalmente la lobby. Ad esempio c'è stato un concorso di recente, in cui c'era conflitto tra facoltà e corporazione. Così le persone non gradite sono state invitate a ritirarsi. Su nove se ne sono ritirati più della metà. E questa è una cosa che è abbastanza frequente".

 

Il dire che questo andazzo non è poi cosa così grave mi pare derivi più dalla diffusione del malcostume che dalla gravità del medesimo.

"Infatti è gravissimo. Però bisogna fare attenzione, non si può dire che sia un meccanismo universale, è assai meno grave anche in medicina e nel settore delle discipline di base, quelle non professionali o anche in altri facoltà come lettere e ingegneria".

 

Lì non succede?

"Voglio dire che c'è sempre l'accordo di massima ma non c'è la manfrina su quelli da far ritirare".

 

Che cosa fa la differenza?

"Secondo me tutto è legato alla connessione tra l'attività clinica ospedaliera professionale e la posizione accademica, perché è una posizione di potere non soltanto accademico ma anche economico".

 

Come uscirne?

"Come ha annunciato il ministro Moratti e come fanno le grandi università del mondo. Non si fanno concorsi, si fa la cooptazione. Mi va bene il tale e chiamo il tale".

 

Perché allora c'è il concorso?

"Perché consente il controllo da parte della lobby".

 

Ma il risultato sarebbe ottenuto nello stesso modo.

"No, io ho lavorato alla Columbia University, in Germania, in Olanda, in Inghilterra, in Svezia. E lì decide o il consiglio di facoltà o il preside, c'è una struttura che decide e che ha tutto l'interesse alla più alta qualificazione".

 

Mentre i concorsi farsa rispondono a quale interesse?

"Al fatto che una disciplina venga controllata. Oltrettutto in questo modo si è esasperato il localismo".

 

L'irresistibile ascesa del cretino locale, è il titolo di un saggio sul problema.

"Esatto, perché far venire un professore da fuori comporta un peso in più sul bilancio della facoltà, mentre far vincere uno interno quasi non incide perché è poca cosa la differenza tra lo stipendio di un professore associato e quello di ordinario. Sono inverosimili idiozie, che finiscono con il dequalificare il sistema. Parliamo tanto di autonomia e dunque applichiamola, chi la userà bene andrà su, chi la userà male andrà giù".>>

 

[Giovanni Morandi: “Inchiesta / La denuncia di Sirchia/ Schema ideale: due vincitori per un posto”, Il giorno, 16 febbraio 2003]

 

Un concorso per associato di storia della medicina (31.I.2004)

 

<<La seconda sezione del Consiglio di Stato sta esaminando il ricorso avanzato da un candidato giudicato non idoneo dalla commissione chiamata a formulare la “valutazione comparativa” per l’assegnazione della cattedra di Storia della medicina, da troppo tempo vacante presso l’Università di Padova (Facoltà di Medicina e Chirurgia). “Valutazione comparativa”, per chi lo ignorasse, è l’eufemistica designazione che ha rimpiazzato quella più nota di “concorso”, logorata oramai dal tempo e fors’anche compromessa da una storia di vicende non sempre limpide né esemplari.

 

[...] Ad una sede forte di tali tradizioni scientifiche, nonché di vasta rinomanza internazionale, ci si aspettava venisse chiamato uno studioso fornito delle competenze richieste per degnamente coltivare la storia di tale scuola, oltre che della scienza medica in generale: sia per l’intrinseco valore di siffatti studi, che per le ricadute culturali che, in tempi che vedono sempre più eclissarsi la cultura, ne sarebbero potute venire agli studenti destinati a a formare il corpo professionale dei medici di domani.

 

Così non è stato. Non sorprenderà dunque che i deliberati della commissione giudicatrice siano ora sub iudice davanti quel Consiglio di Stato, erede del napoleonico Conseil d’État, cui dall’ordinamento costituzionale vigente è attribuito il ruolo di giudice terzo nelle controversie insorgenti fra il cittadino e l’autorità pubblica. L’art. 100, 1o comma, della Costituzione definisce infatti il Consiglio di Stato come l’“organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia dell’amministrazione”(c.vo nostro), nei casi in cui essa amministrazione questi principi di giustizia avesse violato.

 

Il ricorrente non era l’ultimo arrivato. Bernardino Fantini è dal 1992 professore ordinario di Storia della medicina all’università di Ginevra, dove dirige l’Institut d’histoire de la médecine et de la santé, una delle più prestigiose istituzioni scientifiche europee del settore, nonché Centro collaboratore dell’Organizzazione mondiale della sanità per la ricerca storica in sanità pubblica. Fantini è anche professore ad personam all’università di Losanna, ed è stato presidente della European Association for the History of Medicine and Health. Dunque, un candidato di alta, se non altissima caratura, che Padova avrebbe dovuto sentirsi onorata di accogliere nel suo corpo accademico, e che avrebbe risollevato il prestigio, da qualche tempo languente, dell’Istituto di Storia della medicina patavino. Ma la commissione giudicatrice non si lasciò impressionare. Avvalendosi con disinvoltura delle proprie facoltà di giudizio, la commissione sentenziò non doversi riconoscere l’equivalenza fra la posizione di un professore ordinario di un’università elvetica (dunque extracomunitaria...) e quella corrispondente di un professore ordinario nostrano. Cuius regio, eius cathedra.

 

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Al “dr. Fantini”(così costantemente designato nella corrispondenza ufficiale) venne negata anche la parificazione al ruolo di professore associato italico: lo si trattò alla stregua di un semplice ricercatore universitario, con l’obbligo di sostenere davanti alla commissione la “prova didattica” prevista per i candidati minus quam, intesa ad accertare le capacità didattiche dell’aspirante docente. Si noterà, en passant, che Fantini di tali capacità aveva già dato, e non fra le montagne elvetiche, buona prova, essendo stato per cinque ani professore a contratto (di Storia della medicina) appunto nella Facoltà medica padovana... Naturalmente non fu la lezione tenuta, con apprezzabile gesto di umiltà, dal Fantini su Lo sviluppo del concetto di ‘misura’ nella medicina del ’600, a compromettere l’esito concorsuale. Al contrario, è lecito congetturare che la commissione giudicante, formata da una maggioranza (3 su 5) di non-professori-di-storia-della-medicina, bensì di docenti di Patologia generale, non tenuti a conoscere la materia, abbia potuto arricchire la propria cultura assistendo alla lezione del professore di Ginevra.

 

Non fu dunque questa la materia del contendere. La barriera rizzata per tagliare al Fantini la strada che l’avrebbe menato “lungo la Brenta”, fu ben più massiccia: in tempi di inter-, trans-, multi-, nonché pluri-disciplinari(e), la commissione eccepì infatti essere il Fantini “storico della scienza” anziché “storico della medicina”. Il tutto condito dal relativo apparato di sigle (FO2X, EO2C, ecc.) indecifrabili dai profani, a suo tempo escogitate dal C.U.N. (Comitato universitario nazionale) onde minuziosamente delimitare (in tempi appunto di inter-, trans- ecc.) i confini fra i vari campicelli e orticciuoli disciplinari e, soprattutto, concorsuali. Vicepresiedeva il C.U.N., nell’epoca in cui venivano delineati quegli apparentamenti che dovevano fare della Storia della medicina un terreno di caccia riservato alla Patologia generale, un insigne general-patologo nonché preside di una ancor più insigne Facoltà medica, il quale sarebbe risultato per via di liaisons parenterali (honni soit...) non del tutto estraneo all’esito del nostro concorso, né alle logiche di spartizione del potere accademico.

 

Dunque, un “dr. Fantini” redarguito perché “storico della scienza” e non già della medicina. La medicina dunque non è una scienza? – si chiederà l’ingenuo lettore. [...] Ci si potrebbe peraltro chiedere (ciò che qui non faremo) in base a quali principi gnoseologici vengano chiamati a giudicare di Storia della medicina professori, ordinari fin che si vuole, di Patologia generale, materia che non implica affatto il possesso di quelle conoscenze storico-mediche la cui presenza essi sono chiamati ad accertare nei candidati. [...] Non resta che rassegnarsi a congetturare che dietro le concorsuali più o meno decorose quinte si celino talora interessi, anche giustificabili, ma non sempre compatibili con le regole della scienza, né coi dettami dell’equità dei giudicanti.

 

Il ricorrente avrà in realtà buon gioco a provare agli aeropagiti di Palazzo Spada che, “storico della scienza” fino al 1988, da quell’anno egli avviò, sotto il patronato del compianto Mirko Grmek – la cui statura scientifica non richiede illustrazioni – una specifica formazione di storico della medicina, che lo portò fra l’altro a conseguire nel 1992 il Doctorat d’État con una tesi, pubblicata dalla École Pratique des Hautes ÉtudesSorbonne, sulla storia della malaria. Titolo che in terra oltremontana abilità all’insegnamento universitario, e il cui valore è almeno penoso vedere disconosciuto nella Cisalpina. Difficile, in ogni caso, contestare che nei 12 anni seguiti alla “conversione” di Fantini dalla EO2C alla FOX2, questi abbia accumulato una produzione strettamente afferente alla disciplina, con oltre 120 titoli specifici pubblicati a partire dal 1989 ed elencati nel curriculum.

 

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E qui il nostro argomentare potrebbe anche concludersi, ma commetteremmo anche noi un’iniquità se passassimo sotto silenzio l’esclusione dalla rosa degli idonei di un altro storico della medicina, non meno del Fantini meritevole di conseguire l’idoneità negata. Giuseppe Ongaro, libero docente della materia all’università di Padova nel 1968, presentava 114 titoli pubblicati fra il 1963 e il 2000, saliti nel frattempo a 121 più altri 12 in corso di stampa. [...] Qui non si potevano sollevare le obbiezioni opposte al Fantini: nessun dubbio che i titoli del candidato fossero strettamente afferenti alla materia, e per di più vertessero in cospicua parte sulla storia dello Studio padovano. Per fondare il suo diniego, la commissione si trincerò questa volta dietro motivazioni come quella che riportiamo dal verbale: “La produzione scientifica specifica ... è caratterizzata da una molteplicità di argomenti trattati, tanto da renderla alquanto dispera”. Una “dispersione” che i giudici mostravano di non gradire, preferendo una produzione ristretta a pochi e circoscritti argomenti, e magari di esigua mole, come nel caso di altri candidati ammessi all’idoneità, di cui si dirà fra poco.

 

In ogni caso, se “comparato” al giudizio formulato sull’Ongaro, quello verbalizzato in data 25 giugno 2001 su di un altro candidato, riconosciuto idoneo e in seguito chiamato a ricoprire la famigerata cattedra, appariva meno promettente. A Giorgio Zanchin, neurologo padovano associato e specialista in terapia delle cefalee, la commissione riconosceva infatti “un forte impegno nella ricerca della neuropatologia clinica”(materia che non rientra, che si sappia, nella storia della medicina), ma osservava che la produzione scientifica del candidato risultava “non particolarmente ampia”(si noti la finezza della litote), e “a carattere spesso sporadico”, “di buon livello ... ma di limitata originalità”. Ma soprattutto i commissari segnalavano la difficoltà di riconoscere l’apporto del candidato nei lavori in cui egli figurava coautore con alii (parte non trascurabile di quelli presentati), lavori in cui “il ruolo del candidato è di difficile definizione”. Di conseguenza, lo Zanchin non veniva dichiarato idoneo; la commissione chiudeva pertanto i suoi lavori riconoscendo idonei due soli candidati; al nostro era andato un voto soltanto.

 

Abbiamo pescato dal verbale della seduta “conclusiva” del 25 giugno, che in realtà conclusiva non fu, perché coll’avvicinarsi dell’autunno e l’ingiallire delle foglie, la commissione rimeditò le proprie conclusioni estive, nei tempi supplementari di una seconda conclusiva seduta accordatale dall’autorità accademica e tenutasi al 4 di settembre. Nella quale, ritornando sui suoi passi perduti, la commissione verbalizzava che l’apporto dello Zanchin a quei tali lavori era stato in realtà più rilevante di quanto non fosse in prima istanza sembrato, dato che il nome del candidato “rimaneva costante al variare degli altri nomi”- lasceremo ai competenti l’esegesi di questa sibillina espressione. Con 3 voti su 5 (1 voto andò a Fantini, 1 a Ongaro) Giorgio Zanchin venne così riconosciuto, in seconda istanza, idoneo, e tempestivamente chiamato a coprire la cattedra patavina.

 

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Se c’è un insegnamento da trarre dalla vicenda (ce ne sarebbero in realtà più d’uno), si è che un sistema valutazional-comparativo come quello tuttora in auge nel già bel Paese mette una commissione, selezionata ad arbitrio di determinate combinazioni accademiche, nelle condizioni sia di stabilire le regole del gioco, che di modificarle in corso d’opera a seconda delle circostanze e delle convenienze, sapendo di poter contare sulla benevola neutralità degli organi burocratico-amministrativi preposti al controllo formale, ma anche sostanziale, dell’operato. [...]

 

I verbali concorsuali sono consultabili sul sito internet dell’Università di Padova: http://147.162.100.187/concorsi/Sessione2_00/commissioni/commissioni.htm >>

 

[Da: Oddone Longo: “Come si scrive la storia (della medicina)”, Belfagor, 59 (1), 31 gennaio 2004, pp. 102-6]

 

Arresto di commissari di concorso (24.VI.2004)

<<ROMA - Cinque cardiologi sono stati arrestati  dalla guardia di finanza nell'ambito dell'inchiesta sui presunti concorsi universitari truccati. Il provvedimento del gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis ha raggiunto i professori Livio Dei Cas, di 62 anni, primario cardiologo all'ospedale Civile di Brescia e docente universitario, Paolo Rizzon, di 72 anni, fondatore della scuola di cardiologia dell'Università di Bari, il pisano Mario Mariani, di 68, il milanese Maurizio Guazzi, di 69, e il fiorentino Luigi Padeletti, di 57. L'accusa è di associazione a delinquere, corruzione e falso. A tutti è stato concesso il beneficio degli arresti domiciliari.

L'ipotesi investigativa è di aver costituito e preso parte a un'associazione per delinquere attraverso la quale hanno fatto vincere a candidati a loro graditi diversi concorsi per docente ordinario e associato e per ricercatore nelle facoltà di cardiologia delle università di Bari, Firenze e Pisa. Per ottenere questo scopo i medici avrebbero anche controllato presso alcune università italiane l'elezione di componenti delle commissioni esaminatrici.

L'accusa era contenuta nell'avviso di proroga delle indagini preliminari notificato lo scorso 26 maggio dalla guardia di finanza a sette persone. Al centro dell'inchiesta della procura barese c'è una decina di concorsi che sarebbero stati truccati in diversi atenei italiani.

I magistrati avrebbero accertato che i concorsi erano solo una formalità per procedere all'assunzione dei docenti universitari (ordinari e associati, in forma più attenuata anche quella di ricercatori) perché l'indicazione del nominativo della persona che doveva risultare idonea al concorso era già stato definito in precedenza. Nell'ambito della stessa inchiesta il 19 maggio scorso fu bloccato un concorso indetto a Firenze e furono sequestrati i relativi atti.

Oltre ai cinque cardiologi arrestati, ricevettero avviso di proroga Giovanni Modica, di 74 anni, di Catania, e Mario Erminio Lepera, barese, di 41 anni. Lepera - in concorso con Rizzon - è indagato per tentativo di estorsione continuata per aver costretto qualcuno a far ottenere loro varie utilità.

Il reato di corruzione fa riferimento a presunti scambi di favori che si sarebbero fatti i componenti delle commissioni esaminatrici dei concorsi che, di volta in volta, sostiene l'accusa, si sono favoriti per far vincere a persone a loro gradite le gare. Tra coloro che avrebbero beneficiato delle assunzioni ci sono figli, nipoti, amanti e allievi dei cardiologi. >>

[Arrestati cinque cardiologi/ "Riuscivano a controllare le commissioni esaminatrici"”, la Repubblica, 24 giugno 2004]

 

Concorsi universitari e associazione a delinquere (25.VI.2004)


<<BARI - Concorsi universitari "pilotati" a medicina per favorire figli, nipoti, i propri allievi e anche, per alcuni, l'amante. Con questa pesantissima accusa sono finiti ieri agli arresti domiciliari cinque docenti universitari su ordine della magistratura barese. Sarebbero per gli inquirenti «un esempio del malcostume diffuso nel sistema universitario» le presunte irregolarità e gli abusi nello svolgimento di una decina di concorsi universitari per ordinario e associato in Cardiologia svoltisi negli ultimi anni tra Firenze, Pisa e Bari. I medici arrestati sono il primario cardiologo dell'Ospedale civile di Brescia e docente universitario, Livio Dei Cas, di 62 anni, il fondatore della scuola di Cardiologia dell'Università di Bari, Paolo Rizzon, di 72 anni, il direttore del Dipartimento cardiotoracico dell'Università di Pisa, Mario Mariani, di 68 anni, il cardiologo Maurizio Guazzi, di 69 anni, dell'Università di Milano, e il fiorentino Luigi Padeletti, di 57. L'ipotesi investigativa a carico degli arrestati è di aver costituito e preso parte a un'associazione per delinquere attraverso la quale hanno fatto vincere candidati a loro graditi in diversi concorsi per docente ordinario e associato e per ricercatore nelle facoltà di Cardiologia delle università di Bari, Firenze e Pisa. Per ottenere questo scopo i medici avrebbero anche controllato presso alcune università italiane l'elezione di componenti delle commissioni esaminatrici. I magistrati avrebbero accertato che i concorsi erano solo una formalità per procedere all'assunzione dei docenti universitari (ordinari e associati, in forma più attenuata anche quella di ricercatori) perché l'indicazione del nominativo della persona che doveva risultare idonea al concorso era già stato definito in precedenza. Era stato appunto questo il contenuto della denuncia fatta nell'ottobre del 2002 alla Procura di Bari, da cui prese l'avvio l'inchiesta, che si è avvalsa di numerose intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche delegate ai militari della sezione di pg della Guardia di Finanza presso la Procura di Bari. Uno dei partecipanti a un concorso per professore universitario di ruolo di prima fascia in Cardiologia a Bari, che era fissato appunto per l' ottobre 2002, indicò, qualche tempo prima che la gara si svolgesse, il nome del vincitore prescelto e le modalità con le quali si sarebbe giunti a tale designazione. Le indicazioni sarebbero state confermate – a detta degli investigatori – dalle intercettazioni ambientali e telefoniche avviate subito dopo la denuncia, anche se quel concorso non si è mai concluso e nel corso del tempo sarebbe stata modificata la scelta fatta in precedenza dagli indagati.>>

 

[Sandro Ianni: “L'accusa è di aver pilotato l'assegnazione di alcune cattedre a figli, nipoti, amanti e propri allievi / Concorsi truccati, arrestati 5 cardiologi/ L'inchiesta è partita da Bari, ma riguarda anche le università di Pisa e Firenze”,  Il messaggero, “Interni”, 25 giugno 2004]

 

Ritorsioni contro i commissari di concorso che non cedono alle pressioni (2.VI.2005)

 

<<GENOVA – Ordinario di chirurgia all’ateneo di Genova e pochi mesi fa presidente di commissione di un concorso universitario, Edoardo Berti Riboli ha denunciato di essere stato oggetto di “forti pressioni da parte di un personaggio molto potente: voleva vincesse un suo candidato. Non avendo assecondato tale volontà, da allora sono vittima di gravi ritorsioni”. Per lanciare la sua accusa il professore – oggi preprensionato – ha scelto di comprare un’intera pagina de Il Giornale: “Non c’era altro modo per far conoscere a tutti questo scandalo”, dice. E mentre la procura di Genova ha preannunciato l’inevitabile apertura di un’inchiesta, Berti Riboli spiega: “Per non aver obbedito, il direttore generale dell’ospedale San Martino mi ha licenziato”. Chiamato in causa, Gaetano Cosenza ribatte: “Di questo concorso non so nulla e non ho mai licenziato nessuno. tanto è vero che Berti Riboli è andato in pensione per raggiunti limiti di età, a 67 anni”. Ma il professore non ci sta: “Io sono il primo caso dentro l’ospedale ad essere stato messo in pensione, nonostante avessi espresso la volontà di rimanere. Tutto questo è una conseguenza della mia presunta ‘mancata collaborazione’. È triste tutto ciò perché, sia in consiglio di facoltà che di dipartimento avevo spiegato di essere in difficoltà perché avevo svolto un concorso secondo le regole del buon senso e del giudizio libero, non coatto”. In tribunale è già pronto un fascicolo giudiziario con la pagina ritagliata dal quotidiano. “Il mio non è stato un atto di disperazione. Tutti sapevano di questa situazione gravissima, la maggioranza ha espresso il proprio sdegno ma pochissimi hanno mostrato di volersi battere per cambiare le cose. Io l’ho fatto e sono contento. Mi hanno detto che sono un Don Chisciotte, ma penso che se i Don Chisciotte fossero tanti, qualche volta vincerebbero”. >>

 

[“Compra una pagina di giornale / chirurgo denuncia ‘ritorsioni’”, la Repubblica, 2 giugno 2005, p. 28 [sic].]

 

Concorso in otorinolaringoiatria annullato dopo 16 anni (!) per falso ideologico totale (!) (25.X.2004)

 

[Il professor Leonardo Bosi, ordinario di fisica, si chiede:] “[...] chi perviene alla prima fascia ha meriti superiori? Se sì di quale tipo?” [e si risponde:] “Come ebbi a dire in un Consiglio di Facoltà, ispirandomi a considerazioni desunte dalla mia disciplina (Fisica), ‘mi considero una impurezza inserita in mezzo ad una struttura di bande’” [p. 6].

 

[L’occasione di questo commento è l’annullamento per “falsità ideologica totale commessa da pubblici ufficiali [leggi commissari] in atto pubblico” di un concorso a 16 posti di professore ordinario di ruolo di prima fascia, raggruppamento F1500 (Otorinolaringoiatria) celebrato nel 1988; si tratta forse della prima volta in Italia che questa sia la ragione dell’annullamento di un concorso pubblico. Nell’ordinanza depositata dalla Corte d’Appello di Roma il 12 ottobre 2004 si legge, tra l’altro:]

 

<<[...] agli imputati i quali, affetti da delirio di potere, erano convinti che il loro rango accademico li rendesse impunemente ‘legibus soluti’, sicché disponevano delle cattedre della loro materia come loro più conveniva, quasi si trattasse di beni privati di loro esclusiva pertinenza. [p. 60]

 

È vero pure che vi era un certo numero di baroni che detenevano saldamente nelle loro mani il potere di gestire illecitamente i concorsi, per la cura dei loro interessi personali e/o di famiglia, degli appartenenti al loro gruppo di potere, e che con la propria attività delittuosa unilateralmente violavano i diritti e calpestavano la dignità umana e professionale degli appartenenti sia all’opposto che al proprio gruppo di potere ed infine di coloro che erano rimasti privi di copertura per morte (o anche per grave malattia) del ‘patron’, con un cinismo autoritario che non tollerava limiti di sorta, a livelli inimmaginabili per la fantasia dell’uomo medio. [p. 61]

 

Va pure detto, con validità per tutti gli imputati, che il considerar possibile e normale che un commissario faccia proprio un atto valutativo (che la legge a lui solo demandava) proveniente da terzi estranei alla commissione ...(omissis)... è tesi abnorme, aberrante, assolutamente inammissibile e inaccettabile – nemmeno come ipotesi astratta – per la legge penale ed amministrativa, il buon senso comune, la logica umana, la correttezza dell’uomo medio, il comune senso etico e l’ordinaria decenza, che va respinta con fermezza. [p. 83]

 

Tale aberrante tesi comporta, invero, evidente violazione e radicale sovvertimento di tutti i princìpi che regolano l’istituto del concorso pubblico, in particolare quelli del collegio perfetto, del segreto d’ufficio, della terzietà, dell’imparzialità e neutralità del giudizio, della par condicio tra i candidati etc. [p. 83]

 

[...] visione perversamente privatistica del pubblico potere da parte di chi non ha la più pallida idea di quali siano le regole, le leggi, l’etica del p. u. commissario di pubblico concorso. [p. 119]>>

 

[Leonardo Bosi: “Finalmente finita la storia infinita?”, Università Oggi, n. 44, 25 ottobre 2004, pp. 1, 6]

 

Come far perdere il miglior candidato a un concorso per associato (15.IX.2005)

 

<<FIRENZE - "Era il migliore, l'abbiamo fregato". Quando i baroni universitari si applicano sono quasi più abili di quei meccanici che taroccano i motori delle auto, quelli che ripuliscono le candelette e i carburatori. "Abbiamo fatto una battaglia terribile, proprio mafia e contromafia. Fare giudizi in modo da fregarne tutti tranne uno o due non è facile, però sto uscendo fuori con una bella lingua italiana, mi sto divertendo".


I finanzieri intercettano i colloqui che Paolo Rizzon, ordinario di cardiologia di Bari, sta avendo con alcuni colleghi tra cui Mario Mariani, luminare di vastissima e acclarata fama, docente di cardiologia all'università di Pisa. Le conversazioni telefoniche sono parte dell'inchiesta, non ancora conclusa, della procura di Bari sui concorsi "pilotati" dalla Società italiana di cardiologia. Rizzon ha appena dovuto "fregare" il candidato Eugenio Picano in un concorso per associato di cardiologia alla scuola superiore Sant'Anna, e Picano è "uno che ha seicento punti di impact factor (il punteggio assegnato ai candidati in base alle citazioni ricevute per i loro lavori sulle riviste scientifiche ndr), mentre i più bravi degli altri ne hanno centoventi".


Come tutte le cose difficili, far perdere Picano è costato tanta fatica. Altra telefonata ad altro utente: "Non è neanche bello dover fare 'ste cose, insomma!... Almeno a me non è che piaccia tanto! E' per tener contento Mariani. Quindi continuo a pagare".

 

All'università ci sono infatti uomini d'onore: ogni parola è debito. E ogni impegno è un dovere, da hombre vertical. Verticale nel senso che se il papà insegna, un giorno o l'altro insegnerà anche il figlio. La teoria della diramazione per via successoria, la cosiddetta verticalizzazione della cattedra, è esemplarmente racchiusa dalla composizione accademica della famiglia Frati di Roma sulla quale, beninteso, non esiste ombra giudiziaria.

 

Il capostipite Luigi è prorettore della Sapienza e professore ordinario e preside della facoltà di Medicina. La figlia Paola è professore associato, Luciana, mamma di Paola e moglie di Luigi, insegna storia della medicina. Un altro Frati, Giacomo, più giovane, è ricercatore al Campus biomedico romano. Quando la linea verticale si interrompe, accade che si profili quella orizzontale. Moglie, se esiste, o anche solo fidanzata.


Ieri mattina il gip del tribunale di Firenze ha per esempio rinviato a giudizio, contestandogli il reato di abuso d'ufficio, un chiarissimo neonatologo fiorentino, il professor Firminio Rubaltelli, ordinario di Pediatria e capo all'unità intensiva di Careggi. E cosa avrebbe fatto Rubaltelli? Sarebbe andato in soccorso della dottoressa Giovanna Bertini. Giovanna ha 28 anni meno di Firminio e all'ospedale si è sempre mormorato che i due formassero davvero una bella coppia.


Interrogata sul punto, la Bertini sdegnata una volta ha risposto: "È un pettegolezzo infondato. Ci mancherebbe altro". I finanzieri, perquisendo le dimore degli inquisiti, hanno trovato però una lettera, dal tono amoroso, di Giovanna a Firminio: forse è meglio che si stia prudenti di questi tempi. Il professore sarà processato per avere ripetutamente aiutato la dottoressa Bertini alla quale, scrive il pm nella richiesta di rinvio a giudizio che il gip ha appena convalidato, è legato da "una relazione sentimentale" e anche da un rapporto di interesse in quanto i due sono soci nella srl Neonatologia online. Alla socia e fidanzata Rubaltelli avrebbe fatto in modo di assicurare dapprima, anno 2000, un incarico di ricerca all'ospedale di Careggi, poi, anno 2002, l'avrebbe aiutata a vincere un concorso di aiuto ospedaliero e infine, anno 2004, la stava aiutando per farle salire ancora un gradino: professore associato di pediatria.


Quest'ultima prova è stata ritenuta dall'accusa taroccata giacché il bando è parso cucito su misura per la dottoressa amica e socia. Infatti chi avesse voluto parteciparvi avrebbe dovuto documentare profili di studio e di impegno professionale in possesso soltanto della Bertini. Il professor Rubaltelli e la dottoressa saranno processati il 5 maggio dell'anno prossimo.

 

All'università nessun allarme e nessuna reazione. Non si è costituita parte civile. Solo l'azienda ospedaliera l'ha fatto. In Toscana tutto va bene. Gli ospedali sono ottimi, i chirurghi valenti, i docenti illuminati. Non si capisce perché la magistratura e persino i giornalisti si incuriosiscono sul reclutamento all'attività didattica.


"Io te lo dissi - non ti ricordi? - te lo dissi la prima volta: non può essere una penalizzazione essere un figliolo di qualcuno". È il 19 aprile 2003 e queste sono intercettazioni ordinate dalla procura di Bari. Gianfranco Gensini, ordinario di medicina interna nonché preside della facoltà di medicina di Firenze, conforta l'amico Mario Mariani, ordinario di cardiologia a Pisa. Mariani è sconcertato per le tante malelingue che assicurano che suo figlio Massimo sia stato aiutato nella sua attività di cardiochirurgo. Mariani: "La solita lettera anonima. Un delinquente". Gensini: "Che hanno scritto?". Mariani: "Solite storie della cardiochirurgia. Il nepotismo. Io mi sono rotto...". Gensini: "Si, sì, sì anche perché sennò va a finire che essere figli di qualcuno diventa una colpa grave". Di telefonata in telefonata, i finanzieri pugliesi raggiungono la Toscana. E si accorgono che c'è di tutto e di più.


Ogni figlio, è figlio di papà. Il professor Mariani ha mosso mari e monti per aiutare il figliolo Massimo e avviarlo alla carriera universitaria. Mariani è indicato dagli inquirenti, nell'inchiesta che ancora oggi non è conclusa, come uno dei vertici dell'associazione che avrebbe pilotato i concorsi e li avrebbe fatti deviare. Non sempre c'è inchiesta e non sempre c'è intrigo.


A Siena non è accaduto niente di penalmente rilevante, e c'è da dire che i protagonisti sono riconosciuti come eccellenti medici. Gian Marco è ricercatore di oculistica, il suo papà Piero Tosi è ordinario di anatomia patologica, nonché rettore dell'università di Siena e presidente della Conferenza dei rettori. Nicola, figliolo del magnifico rettore dell'Università, è divenuto ricercatore di economia agraria. Il papà Augusto Marinelli è ordinario di economia agraria ed estimo rurale. Sonia, figlia di Mario Prestamburgo, è professore associato a Udine. Il suo papà (già deputato dell'Ulivo e sottosegretario nel governo Dini) è ordinario a Trieste.


Come un veggente, un professore ordinario di filosofia antica dell'ateneo fiorentino un giorno scrive a una sua collega di Harvard una lunghissima mail nella quale predice promozioni e bocciature: "Una professoressa ha perso la testa per un giovane studioso, che quindi sarà promosso ordinario. Per fare carriera - scrive il professor Walter Lezsl - non bisogna fare buona ricerca e buon insegnamento, ma esercitare altre capacità, come l'attrazione sessuale oppure il servilismo": Nella mail Leizsl racconta tutti i dettagli dell'intrigo, le riunioni dei professori e le loro decisioni prima che i concorsi venissero svolti. Tutte le previsioni si sono avverate. La mail è agli atti giudiziari. Un'altra inchiesta è aperta.

 

[Antonello Caporale, Franca Selvatici: “La procura scopre prove manipolate per favorire amici e familiari/ Ieri a Firenze, l'ultimo caso: un professore rinviato a giudizio/"Troppo bravo, bocciamolo" Concorsi truccati negli atenei toscani”, la Repubblica, 17 settembre 2005].

 

Concorso truccato per ricercatore (21.IX.2005)

 

<<Caro Augias, ho letto su Repubblica l’articolo sui concorsi universitari truccati. Non mi sono stupito perché ciò che questo articolo documenta  è solo, come credo tutti ormai sappiano, la piccola punta di un immenso iceberg. Io faccio il critico letterario; fra i testi miei e quelli che ho curato, ho pubblicato ventitre libri presso le più importanti case editrici italiane. A giorni sarà in libreria il Meridiano Mondadori delle opere scelte di Pietro Citati, da me curato.

 

Con questo, non ho certo mai pensato di essere “troppo bravo”; ma, almeno stando alla media dell’operosità universitaria nazionale, consideravo i miei titoli non esigui. Senza molta fiducia e quasi per scommessa, mi sono presentato pochi anni fa a un concorso per ricercatore presso un ateneo del centro-sud.

 

Il nome di colui che “doveva” vincere era sulla bocca di tutti, infatti vinse proprio lui, malgrado la scarsa caratura del suo curriculum. Io, dopo la prova scritta (che credo di aver svolto dignitosamente), non sono stato nemmeno ammesso agli orali.

 

Un professore ordinario che allora mi era amico, e che ben conosceva la realtà di quell’ateneo, mi spiegò che la commissione ‘aveva dovuto” respingermi subito, altrimenti, quando sulla bilancia finale fossero stati posti i titoli, non avrei potuto non vincere il concorso. Da allora ho rinunciato a tentare la scalata alla mitica, irraggiungibile Università. Nel frattempo continuo a scrivere e a pubblicare libri e articoli, e insegno lettere in una scuola media.>>

 

[Paolo Lagazzi, p.lagazzi@tiscali.it: “La mia storia in un concorso truccato”, la Repubblica, 21 settembre 2005, p. 20]   

 

 

Gruppo di potere monopolistico nei concorsi di economia agraria (4.I.2006)

 

<<Il primo giugno 2004 il professor Quirino Paris, docente di economia agraria all'università di California, denunciò in una lettera aperta a tutti i colleghi italiani la "colonizzazione" della loro comune disciplina, ad opera di "un gruppo di potere monopolistico" in grado, a suo giudizio, di condizionare in tutta Italia non soltanto il reclutamento dei docenti ma anche le attività di ricerca scientifica. Qualche settimana più tardi riversò questa sua pubblica denuncia in un esposto inviato alla magistratura. L'inchiesta della procura di Firenze, scaturita da quell’esposto, è arrivata oggi a conclusione. La Guardia di Finanza ha trovato riscontri alle accuse. E il pm Francesco Pappalardo ha chiesto la sospensione temporanea dai loro incarichi pubblici di sei docenti universitari, a cui sono contestati l'associazione a delinquere e l'abuso d'ufficio. Nei prossimi giorni i sei professori saranno ascoltati dal gip che, come prevede il codice, deve interrogarli prima di decidere sulla richiesta del pm.


Fra i docenti di cui il pm ha chiesto l'interdizione temporanea dai pubblici uffici vi è il professor Mario Prestamburgo dell'Università di Trieste, gia deputato dell'Ulivo e gia sottosegretario alle politiche agricole nel governo Dini, presidente della Sidea (Societa italiana di economia agraria). È lui, secondo il professor Paris, il regista dei concorsi universitari della disciplina. In un supplemento di esposto presentato l'estate scorsa, Paris ha fornito tre prove matematico-statistiche (istogrammi, indice del Gini e calcolo delle probabilità) per dimostrare che tutte le commissioni di concorso per professore ordinario elette fra il ‘99 e il 2003 erano state predisposte con una ferrea ripartizione dei voti. Sembra che nel corso delle indagini sia stato sequestrate un programma elettronico che, secondo le ipotesi di accusa, consentiva di tenere una contabilità rigorosissima delle commissioni di esame.


Sono state anche raccolte le testimonianze di alcuni concorrenti che hanno ammesso di essersi ritirati dopo aver preso atto della presenza di candidati più favoriti e protetti. Fra i concorsi sotto accusa vi è quello vinto da Nicola Marinelli, giovane figlio del professor Augusto Marinelli, ordinario di economia agraria e rettore dell'università di Firenze. I1 17 ottobre 2002 Nicola Marinelli vinse un posto di ricercatore di economia agraria bandito dalla facoltà di medicina di Firenze. All'epoca non aveva ancora conseguito il dottorato di ricerca e aveva al suo attivo solo due pubblicazioni in proprio, ma all'esame non ebbe concorrenti. Gli altri tre candidati, infatti, non si presentarono alle prove. La commissione di concorso era presieduta dal professor Salvatore Tudisca, attuale preside della facoltà di agraria di Palermo. Ne faceva parte anche la professoressa Marta Cosmina, che insegna all'università di Trieste ed è una stretta collaboratrice del professor Prestamburgo.


Marta Cosmina e divenuta professore ordinario nel 2003, dopo aver vinto con il collega Giuseppe Marotta un concorso bandito dall'Università del Sannio a Benevento. In commissione c'erano fra gli altri i professori Carmelo Sturiali di Catania e Antonino Bacarella di Palermo, indicati nell'esposto di Paris come componenti del "gruppo di potere monopolistico", nonché il professor Vasco Boatto dell'Università di Padova. Come in altri settori universitari, anche nell'economia agraria è fitto l'intreccio delle parentele. La figlia di Mario Prestamburgo, Sonia, è docente di economia agraria a Udine. Così come sono docenti di economia agraria la moglie del professor Tudisca, Anna Maria Di Trapani, la figlia di Carmelo Sturiale, Luisa, la figlia di Antonino Bacarella, Simona, e il nipote Luca Altamore.

 

Per contro, secondo le accuse, il "gruppo di potere” è in grado di ostacolare la carriera di chi non canta nel coro o semplicemente dissente sul piano scientifico dalla maggioranza dei docenti. Nel 2003 una commissione di cui facevano parte il professor Antonino Bacarella di Palermo e Francesco Biella di Catania, non confermò nell'incarico di professor straordinario all'Università della Calabria Giovanni Anania, considerato a lungo uno dei migliori economisti agrari d'Europa. Anania ha vinto al Tar e al Consiglio di Stato, ma la nuova commissione di conferma non si è ancora riunita.>>

 

[Franca Selvatici: “CONCORSI, CHIESTE SEI SOSPENSIONI – Saranno ascoltati del gip, tutto nasce da un esposto che parlava di "un gruppo di potere" che pilotava le commissione –  Riguardano Docenti di Agraria coinvolte nell'inchiesta sulle prove”, La Repubblica – Firenze,
4 gennaio 2006. Il supplemento di esposto del Prof. Paris può essere letto a:

 http://www.justresponse.net/Paris_1.html ]

 

 

CORRUZIONE

“Prostituzione professionale” in farmacologia (25.III.2002)

Ha suscitato non poco scalpore un articolo-inchiesta uscito, in questi ultimi giorni, sul giornale britannico “The Guardian”, sulla spregiudicata politica di commercializzazione degli psicofarmaci, soprattutto antidepressivi. In particolare, lo scandalo denunciato dal “Guardian” si riferisce al fatto che taluni ricercatori universitari ricevono rilevanti somme di denaro da importanti ditte farmaceutiche, per articoli pubblicati su riviste scientifiche, nei quali vengono decantate le proprietà terapeutiche di nuovi psicofarmaci, prodotti dalle ditte stesse. L’aspetto più sconcertante di tale vicenda è che i veri autori di questi articoli non sarebbero, in realtà, i professori universitari che li hanno firmati, bensì gli uffici di propaganda delle stesse ditte produttrici degli psicofarmaci.

 “The Guardian” ha anche pubblicato una sorta di “tariffario” che viene abitualmente applicato, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, per remunerare i professori che organizzano i congressi e i simposi sponsorizzati dalle case farmaceutiche. Un autorevole rappresentante della ricerca scientifica negli Stati Uniti, il prof. Fuller Torrey, direttore della Stanley Foundation Research Programmes di Bethesda (Maryland), ha bollato, senza mezzi termini, questa degenerazione del costume nel mondo della ricerca accademica, definendola testualmente come “a high-class form of professional prostitution” (“una forma di prostituzione professionale ad alto livello”). 

Le rivelazioni del “Guardian“ hanno dato ulteriore materia di riflessione su un fenomeno che, in realtà, è ormai ben noto, per la sua diffusione e gravità, anche nel nostro paese, tanto da essere stato, a più riprese, dibattuto da diversi giornali e reti televisive. Non è un mistero per nessuno che, anche in Italia, i principali congressi delle Società scientifiche di Psichiatria, Psicopatologia, Neurologia, ecc., dipendenti dalle più importanti cattedre universitarie, sono sponsorizzati da potenti ditte afferenti alle multinazionali del farmaco e vengono celebrati in concomitanza con il lancio commerciale di nuove (e, talora, meno nuove) generazioni di psicofarmaci. 

È stato a più riprese segnalato come, al fine di agevolare la commercializzazione di taluni psicofarmaci (soprattutto antidepressivi e ansiolitici) si sia arrivati persino ad una sostanziale adulterazione del metodo di classificazione degli stati di sofferenza psichica, che vengono inquadrati secondo categorie grossolane, al fine di consentire una più ampia indicazione terapeutica per certi tipi di psicofarmaci. (A questo scopo, viene utilizzato soprattutto il Manuale DSM) È ben noto come categorie nosografiche fatiscenti (come le cosiddette “distimie”), siano state oggetto di congressi, simposi e tavole rotonde, dove venivano anche indicati, come terapie specifiche, farmaci prodotti dalle ditte che sponsorizzavano i simposi stessi.

Anche nei concorsi universitari è stato denunciato il pesante intervento delle case farmaceutiche, al fine di promuovere quei candidati che si dimostrino più favorevoli all’uso indiscriminato degli psicofarmaci. Molti si sono chiesti e si chiedono, tuttora, se il progresso tecnologico e psicofarmacologico debba essere necessariamente pagato al prezzo di una simile subordinazione del pensiero scientifico, della ricerca clinica e, soprattutto, della salute pubblica, al “business” della produzione industriale e del mercato planetario degli psicofarmaci. 

Per quanto notevoli vantaggi siano stati acquisiti, da parte dell’assistenza psichiatrica, con lo sviluppo della psicofarmacologia, è tuttavia indubbio che una diffusione indiscriminata e aspecifica, per scopi commerciali, dell’uso di molti psicofarmaci, rappresenti un serio pericolo per la salute dei cittadini. È il caso di chiedersi se le istituzioni che sono preposte alla tutela della salute pubblica e dell’etica professionale (come gli Ordini dei Medici, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Università, ecc.) abbiano mai dedicato sufficiente attenzione a questi inquietanti fenomeni che, ormai da diversi decenni, inquinano la ricerca scientifica e certamente non giovano alla credibilità dell’assistenza psichiatrica.

[G. Giacomo Giacomini: “Un articolo del Guardian / Come le ditte farmaceutiche influenzano la ricerca scientifica i concorsi universitari e l’assistenza psichiatrica”, Il Secolo XIX, 25 marzo 2002]

 

Ammissione in una università centro di eccellenza mondiale (25.III.2002)

 

<<LONDRA – Per chi ambisce a una prestigiosa laurea dell’università di Oxford, uno dei titoli di studio più ambiti del mondo, capace di aprire le porte ai massimi livelli di qualsiasi professione, da ieri c’è una bella – si fa per dire – notizia: la laurea è in vendita. Costa, circa, 487 mila euro. La rivelazione viene dal Sunday Times, che ha infiltrato un proprio giornalista negli austeri cortili medievali di Pembroke, uno dei college più antichi di Oxford. Fingendo di essere un banchiere inglese che lavora negli Stati Uniti, padre di un mediocre studente che sta per finire le superiori, l’ambizioso padre-reporter ha posto senza mezzi termini la fatidica domanda: “Se faccio una donazione, una donazione da 300 mila sterline, siete pronti a chiudere un occhio sui voti di mio figlio e ad ammetterlo a Oxford?”. La risposta del senior fellow di Pembroke, il reverendo John Platt, è stata: “Se mi promette di mantenere il massimo riserbo su questa conversazione, le rispondo che sì, molto probabilmente creeremo un posto in più per suo figlio. Abbiamo bisogno di quei fondi. Però le consiglierei di versarli non direttamente a suo nome, ma attraverso un trust anonimo, in modo da rendere difficile collegare il vostro nome ai soldi”.

 

La riservatezza è subito andata a farsi benedire. E lo scandalo è scoppiato. Anche se si è sempre sospettato che le generose donazioni potessero essere legate ad altrettanto generose promozioni, per Oxford questo è uno shock senza precedenti. Prima ancora che l’articolo fosse pubblicato, l’università ha aperto un’inchiesta sui metodi di selezione usati da Pembroke. Il vice rettore di Oxford, Colin Lucas, si è dichiarato “sconvolto da queste accuse. Tali azioni sono in contraddizione con tutti i principi sui quali sono basati i nostri criteri di ammissione”.

 

Permbroke è uno dei migliori tra i 39 college che compongono l’università di Oxford. Ma è anche uno dei meno ricchi. Fondato nel 1624, l’anno scorso ha incassato in donazioni “solo” un milione di euro. Un college come St. John ne ha incassati dieci volte tanto. Ma Pembroke sta raccogliendo fondi per ristrutturare una delle residenze degli studenti e mettere internet in ogni stanza: ha bisogno di soldi. Per averli, il college sembra pronto a qualche compromesso di troppo. (r.o.)>>

 

[“Oxford, bufera sull’università / ammissioni in cambio di donazioni”, la Repubblica, 25 marzo 2002, p. 16]

 

Compravendita di esami e altri abusi all’università di Bari (2.II.2005)

 

<<BARI – Il preside lancia l’allarme su un traffico di esami all’università di Bari: “duecento euro per un voto sul libretto. Aiutatemi a raccogliere le prove”. È bufera sulla facoltà di Economia. Il sospetto ha la voce più autorevole della facoltà, Carlo Cecchi che ha scritto una lettera riservata a tutti i suoi colleghi. “Caro collega, a ogni sessione di esami giungono voci, proteste e accuse generalizzate su esami venduti e favoritismi”, si legge nel documento protocollato con il numero “05 del 2005”.

 

Due pagine scritte al computer, datate 17 gennaio 2005, con le quali il numero uno di Economia  segnala agli insegnanti una serie di anomalie  e ammonisce tutti a “stare attenti”. Cecchi parla di “accuse generiche”. Ma è molto informato, il preside, perché nel documento cita “una sorta di tariffario” per favorire questo o quel candidato. “Corrono quotazioni da 150 a 200 euro. In questi casi e per questi importi è fin troppo evidente che il professore certamente non è colluso, ma che è inconsapevolmente al centro di un traffico posto in essere da sedicenti intermediari o da millantatori di credito”. La lettera, in questo caso, non fa riferimento a esami fondamentali, ma a prove che in genere non “hanno mai creato particolari problemi”.

 

È stata un’inchiesta interna, “sto tentando di acquisire prove senza far chiasso” dice Cecchi commentando la lettera. E nel frattempo chiede ai docenti di adottare ogni precauzione perché “non vi siano interferenze di alcun genere di persone estranee alla commissione esaminatrice, già  a partire dalla fase di organizzazione dell’esame”. Il riferimento probabilmente è per il personale non docente che lavora all’università e che durante gli esami entra ed esce dalle aule o addirittura si avvicina, con scuse banale, ai professori durante le interrogazioni. Cecchi spiega che la facoltà è sana e che anzi potrebbe essere vittima di venditori di frottole, di qualcuno che cerca di far quattrini sulla pelle degli studenti. Un dipendente ‘infedele’ forse, che per un pugno di euro sta facendo finire nella bufera una fetta dell’ateneo barese. Una ‘truffa’, insomma. “Ricordo il film La grande guerra di Monicelli – scrive il preside Cecchi – in cui il fante piantone, che aveva promesso un interessamento dietro compenso (Alberto Sordi), si avvicinava con aria ammiccante all’ufficiale addetto alla selezione per chidere se fosse stato possibile chiudere una finestra alle spalle di un soldato indicato (“quello spilungone là”, nella persona di Vittorio Gassman), che attendeva la risoluzione di un problema di ben diversa dimensione”.

 

Tra le aule d’esame di economia, insomma, si aggirerebbero come minimo dei millantatori. “Non ho le prove, lo ripeto sono mugugni nei corridoi – dice il preside – Ma le voci sono così insistenti che non potevo più ignorarle”. Di ben altre voci parlano gli studenti: “Un professore ti promuove all’esame se sei andato a ripetizioni private da un suo amico: bastano solo sei lezioni e 1500 euro”.

 

E così un uovo terremoto scuote l’ateneo barese, dopo l’arresto, nel settembre 2003, del responsabile dell’ufficio relazioni con il pubblico e di un segretario della facoltà di Scienze della comunicazione che consegnavano alle studentesse i test di ammissione alla facoltà in cambio di favori a luci rosse e dopo lo scandalo dei cardiologi  l’inchiesta del giugno 2004 che ha portato in cella il professor Paolo Rizzon e altri quattro “baroni”.>>

 

[Cristina Zagaria: “Bari, mercato di esami in facoltà”, la Repubblica, 2 febbraio 2005, pp. 1, 24.]

 

Compravendita di lauree in odontoiatria e scienze della formazione a Roma (14.XII.2004)

 

<<TORINO - Quarantuno perquisizioni sono state eseguite oggi in tutta Italia nell' ambito dell' inchiesta sull' acquisto di false lauree in odontoiatria e scienze della formazione. Tra gli indagati ci sono anche 15 docenti universitari, titolari di cattedra a Roma. L' inchiesta, coordinata dalla Procura di Torino, è stata condotta dai carabinieri del Nas di Cremona. Secondo quanto è stata riferito in una conferenza stampa, tenutasi presso il comando provinciale dei carabinieri di Torino, i provvedimenti di stamattina sono uno sviluppo del procedimento che nel luglio scorso aveva portato a 11 custodie cautelari in carcere.


Tutti i docenti indagati operavano a ''La Sapienza'' (facoltà di medicina e chirurgia) e ''Roma III'' (scienza della formazione). I carabinieri hanno acquisito della documentazione anche alla facoltà di medicina dell' ateneo di Catania. ''Le università – ha comunque precisato il colonnello Leopoldo De' Filippi, comandante del gruppo antisofisticazioni di Milano – non sono corresponsabili''. I professori, secondo quanto hanno appurato i militari, prendevano denaro o regali per confezionare - con la complicità di funzionari dell' ateneo - dei percorsi di laurea in favore degli aspiranti dottori: si falsificavano i verbali di esami mai avvenuti (chimica costava tremila euro, medicina legale quattromila) oppure si rivelavano ai candidati le risposte in anticipo; a volte, inoltre, allo studente veniva persino confezionata la tesi. Alcuni indagati, a titolo di compenso per il loro interessamento, ricevevano una sorta di stipendio mensile di mille euro, altri si accontentavano di mance o di viaggi-premio. Con questo sistema, che al futuro odontoiatra poteva costare fino a 400 milioni di vecchie lire, sarebbero stati conferiti a partire dal 1993 almeno sessanta titoli di dottore fittizi a persone residenti in ogni parte d'Italia, uno quali, come e' stato accertato, non aveva nemmeno il diploma di scuola media superiore. La maggior parte dei loro studi professionali è già stata chiusa dai carabinieri. Le indagini erano partite la scorsa estate e avevano portato all'arresto di Carmelo Langellotti, titolare della società di orientamento scolastico e universitario ''Gruppo Lange'' di Grugliasco (Torino) e di altre dieci persone. Il numero degli indagati, per entrambi i filoni di inchiesta, tocca quota novantanove. Il pm Anna Maria Baldelli procede per associazione per delinquere, corruzione aggravata, truffa, ricettazione, falso e millantato credito.>> 

 

[“Falsi docenti nel mirino, indagati 15 docenti”, Ansa, 14 dicembre 2004]

 

Nepotismo all’università di Bari (3.III.2005)


<<BARI - La stanza numero 24 è quella del professore Giovanni Tatarano, ordinario di Diritto privato. Suo figlio Marco insegna lì accanto, nella stanza numero 4. Sua figlia Maria Chiara riceve gli studenti proprio di fronte a papà, nella stanza numero 12. Tutta la famiglia in un corridoio. E non come quegli altri, che si sono sparpagliati invece su quattro piani e sopra cinque cattedre. Quegli altri che si chiamano Dell'Atti, tutti parenti, tutti docenti.


Ma mai tanti e mai tanto esimi come i Massari, nove tra fratelli e nipoti e cugini, probabilmente la tribù accademica più numerosa d'Italia. Benvenuti all'Università di Bari, benvenuti nella città dove in pochi intimi si spartiscono il sapere e il potere.


Buongiorno, dov'è la stanza del professore Girone? "Girone chi?", risponde spazientito il vecchio custode di Economia e Commercio. Girone Giovanni il Magnifico Rettore o Girone Raffaella che è sua figlia?, Girone Gianluca che è suo figlio o Girone Sallustio Giulia che è sua moglie? In ordine, stanza numero 3, stanza numero 26, stanza numero 58, stanza numero 13. E aggiunge, sempre più infastidito il custode: "Poi se vuole parlare con un altro parente stretto dei Girone, ci sarebbe pure il dottore Francesco Campobasso, associato di statistica, che è il marito della professoressa Raffaella, quinto piano, stanza numero 19".


E' cominciato così il nostro viaggio in quel labirinto che è l'Ateneo pugliese, concorsi pilotati, test truccati, esami comprati e venduti, tentate estorsioni e una Parentopoli che è ormai al di là del bene e del male. Lo scandalo sta dilagando. E a Bari, per la prima volta la razza barona trema. Sussurri, voci, grida. Si sta scoprendo un vero verminaio nell'Università dalle più antiche tradizioni delle Puglie. Facoltà dopo facoltà, dipartimento dopo dipartimento. E anche sotto la spinta di una valanga di anonimi.


Sono tanti i Corvi che volano nel cielo di Bari in queste settimane di paura. Raccontano di tutto e di tutti, spiegano in lunghe lettere (con tanto di allegati grafici e di alberi genealogici) come una mezza dozzina di clan accademici hanno allungato le mani sull'Università. "Arrivano ogni mattina sulle scrivanie dei sostituti con la posta prioritaria", confessa il procuratore aggiunto Marco Dinapoli, il magistrato che coordina le indagini sulla pubblica amministrazione. Denunce di combine nelle commissioni esaminatrici, nomi, cognomi, favori incrociati per piazzare di qua e di là consanguinei o amanti, fidanzati e generi. Ci sono inchieste aperte dappertutto. A Veterinaria e a Matematica, a Scienze delle Comunicazioni, a Cardiologia, a Ginecologia, a Genetica, al Politecnico. Ma è Economia e Commercio - dove il rettore Giovanni Girone è ordinario di Statistica - che è il cuore della razza barona barese, è in quell'edificio grigio a cinque piani il suq delle cattedre.


Sono tutte qui le grandi famiglie accademiche, tutte super rappresentate a cominciare da quella del Magnifico fino agli illustrissimi Massari, tre fratelli - Giansiro, Lamberto e Lanfranco - e poi un nugolo di figli ricercatori. Concorsi a regola d'arte, carte naturalmente sempre a posto come vuole la legge. Tanto a vincere sono soprattutto i parenti. Il preside della facoltà si chiama Carlo Cecchi e allarga sconsolato le braccia: "A me i professori me li regalano le commissioni aggiudicatrici dei concorsi: cosa posso fare io? Io non sono mai stato nelle commissioni di esami".


Senza vergogna e senza pudore una dozzina di clan accademici, anno dopo anno, si sono impadroniti dell'Ateneo. "E' come se ci fosse stata una competizione tra alcuni professori a chi riusciva a collocare più membri del proprio gruppo familiare", commenta Nicola Colaianni, ex magistrato di Cassazione, il docente di Diritto pubblico nominato dal senato accademico a presiedere una commissione d'inchiesta sui buchi neri dell'ateneo. La sua relazione finale l'altro ieri è finita dritta dritta alla procura della Repubblica.


Ci sono i clan ad Economia e Commercio e ci sono quelli al Policlinico, altro girone infernale della cultura universitaria pugliese. Clan e ancora clan, lo scambio di promesse per un posto di ricercatore o di associato, i figli e i nipoti tutti specializzandi, sempre gli stessi nomi che occupano le stesse cattedre: i Ponzio a Lingue, i Foti al Politecnico e via via tutti gli altri. Fino alle grandi famiglie dei "professori" del Policlinico. Quasi tutti hanno trovato un dottorato di ricerca o un incarico nella stessa clinica del padre o dello zio o del cugino. A Psichiatria. A Ortopedia. A Neurochirurgia. A Endocrinologia. A Chirurgia generale. Un elenco infinito. Con il 40 per cento circa dei figli dei primari nella stessa facoltà dei padri e, molto spesso, nella stessa struttura operativa. Con l'età dei "fortunati" parenti a volte molto sospetta, mediamente dieci anni più bassa di quella dei loro colleghi senza blasone.


Privilegi di casta e anche qualcosa di più. Come quell'holding che gestiva concorsi con il trucco a Cardiologia, il fondatore della scuola barese Paolo Rizzon arrestato per associazione a delinquere "finalizzata al falso e alla corruzione", secondo i giudici un componente di rango di una sorta di Cupola che "dirigeva" gli affari della cardiologia. E non solo in Puglia. O come il primario di Ginecologia e ostetricia Sergio Schonauer, indagato per avere votato una commissione che avrebbe dovuto giudicare suo figlio Luca per un posto di ricercatore nella sua stessa clinica. E' la prepotente "normalità" di questa Bari universitaria che si sente impunita, è l'intrigo alla luce del sole, l'omertà delle complicità estese.


Rettore, ma cos'è questa sua Università, una sola grande famiglia? Prima Giovanni Girone travolge con la sua mole un gruppo di giornalisti e si fa sfuggire un magnifico "vaff...", poi si scusa, minaccia la solita querela a chiunque parli o scriva dei suoi e degli altri parenti cattedratici, finalmente si placa e ci fa entrare nella sua stanza. Alle sue spalle due grandi foto, una di Padre Pio e l'altra di Aldo Moro. E alla fine Girone sospira: "I nomi non c'entrano, i concorsi o sono corretti o non sono corretti. E nel caso di mia moglie e dei miei figli è stato tutto regolarissimo: quel che conta è soltanto la produzione scientifica". Così parla il Magnifico rettore dell'Università di Bari, l'ateneo delle grandi tribù.>>


[Attilio Bolzoni: “Dopo concorsi pilota, esami venduti e test truccati, nel mirino dei magistrati ci sono ora decine di casi di nepotismo/ L'università affare di famiglia – A Bari mogli e figli in cattedra”, la Repubblica, 3 marzo 2005)]

 

Nepotismo alle facoltà di medicina e chirurgia a Roma (25.VI.2005)

 

<<Tra le dinastie accademiche negli atenei romani le facoltà di Medicina e Chirurgia meritano una menzione a parte. Che si tratti della Sapienza o di Tor Vergata, non cambia. sarà per vocazione al sapere o per tradizione ma in queste facoltà si ritrovano intere famiglie. Prendi per esempio la casata di Giovanni Dolci, professore ordinario, docente di Clinica Odontoiatrica e potente direttore del Dipartimento in Scienze Odontostomatologiche alla Sapienza. Marco Dolci, uno dei figli, è professore ordinario a Chieti in malattie odontostomatologiche, il cui settore disciplinare è indicato con al sigla “MED28”. L’università di Chieti non è quella di Roma, è vero, ma ci vuole poco per tornare negli atenei della capitale: Alessandro Dolci, altro figlio di Giovanni, è ricercatore a Tor Vergata. In cosa ricerca? Anche lui in “MED28”. In questo caso preciso due diverse famiglie accademiche incrociano i loro percorsi: al regolare concorso con due soli posti disponibili l’altro vincitore insieme ad Alessandro Dolci è Patrizio Bollero, anch’egli figlio di un padre a capo di un’importante struttura: Enrico Bollero è infatti il direttore generale del Policlinico di Tor Vergata.

 

Per rimanere nello stesso corso di laurea c’è anche la famiglia Sfasciotti: Marcello, il padre, professore ordinario di Odontoiatria oggi in pensione, e Gianluca, il figlio, professore associato, che lavora presso la clinica odontoiatrica dove lavorava il padre. Stessa cosa vale per i Ripari: Maurizio, il padre, ordinario alla Sapienza in malattie odontostomatologiche, Francesca, la figlia, è ricercatrice presso la stessa facoltà e sempre nello stesso settore.

 

Infine, passando da odontoiatria ad oculistica, c’è la famiglia Scuderi. Giuseppe Scuderi è noto oculista e professore ordinario presso la I Facoltà di Medicina, oggi in pensione. Nicolò Scuderi, uno dei suoi figli, è professore ordinario di Chirurgia Plastica, e Gianluca Scuderi, l’altro figlio, professore associato, sulle orme del padre, in malattie dell’apparato visivo, è stato chiamato dalla II facoltà di Medicina della Sapienza,. anche se nel budget della facoltà non era prevista la spesa per un nuovo posto da associato. Per l’occasione, il preside Frati, anche lui capostipite di un’importante dinastia accademica, in sede di consiglio di facoltà, il 25 gennaio 2005, ha consentito la chiamata trasferendo i fondi necessari per quel posto dalla I alla II facoltà.

 

Fin qui i parenti che sicuramente si sono fatti strada per merito, con regolari concorsi e ineccepibili percorsi accademici,. Per scovare una vicenda di nepotismo acclarato alla facoltà di Medicina, bisogna invece andare indietro nel tempo fino a un concorso da professore ordinario del 1988, viziato da falso e abuso di ufficio: quello vinto da Marco De Vincentis, figlio di Italo De Vincentis, Per capire quale paradosso comportava la convivenza di padre e figlio all’interno delle stesse aree accademiche basta leggere cosa scrisse Luigi Fiasconaro, Gip del tribunale di Roma che seguì il caso: “Un rilievo sconcertante sulla produzione scientifica dei tre figlioli – (De Vincentis non era infatti l’unico padre eccellente sotto indagine, cérano altri due docenti, ndr) – è costituito dalla constatazione che la maggior parte dei lavori sia stata effettuata negli istituti diretti dai rispettivi genitori, in collaborazione con aiuti e assistenti di questi ultimi. Le loro pubblicazioni riportano, infatti, il nominativo dei padri, a garanzie della qualità del lavoro stesso”.>>

 

[Marco Occhipinti: “Il feudo di medicina e chirurgia/ da padre in figlio le facoltà bottega”, la Repubblica, Roma-Cronaca, 25 giugno 2005, p. iii]

 

Presidente della Conferenza dei rettori italiani, indagato per aver favorito il figlio a un concorso, attacca la magistratura (25.II.2006)

 

<<FIRENZE – Piero Tosi, rettore dell’università di Siena e presidente della Conferenza dei rettori italiani (Crui), è stato sospeso per due mesi dalle sue funzioni con un provvedimento del gip di Siena che lo ha messo sotto indagine per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Il pm e il gip di Siena gli rimproverano irregolarità nella stipula della consulenza affidata all’ex direttore amministrativo dell’ateneo andato in pensione anticipata e poi messo sotto contratto per altri 5 anni, nel bando dei concorsi per primario di medicina legale e per associato di chirurgia plastica senza la necessaria delibera del Senato accademico, nel conferimento delle responsabilità dei dipartimenti dell’azienda ospedaliera. “Le presunte irregolarità su questi fatti – ha rivelato Tosi , che per primo ha dato notizia del provvedimento – vengono messe in relazione dalla magistratura, ipotizzando un generale disegno con un presunto interesse personale relativo a un concorso per ricercatore al quale ha partecipato mio figlio”. I fatti si sono svolti tra il 2002 e il 2004. Il provvedimento di sospensione è stato motivato per le esigenze cautelari del pericolo di reiterazione del reato e inquinamento delle prove.

 

Alla spiegazione delle contestazioni, il rettore di Siena ha accompagnato una dura presa di posizione. “Ritengo del tutto infondato il provvedimento – ha detto – Si è voluto colpire la mia persona e l’università di Siena nonché l’autonomia universitaria, giacché alcuni degli atti che mi si addebitano sono riferibili al rispetto dello stato giuridico degli universitari. Ho dedicato 12 anni della mia vita a questa università e gli ultimi 3 alla difesa delle università italiane”. Ieri sera il senato accademico di Siena ha approvato un documento di solidarietà al rettore – che poi è stato fatto proprio da un’assemblea spontanea di docenti, studenti e personale amministrativo – e si è poi autoconvocato in seduta permanente preannunciando che alla fine della riunione tutti i singoli membri del senato si sarebbero dimessi. Solidarietà a Tosi è arrivata dal consiglio di amministrazione della sua università, dal comitato di presidenza della conferenza dei rettori, da altri atenei e rettori, da Comune, Provincia e Ds di Siena, che definiscono “spettacolare” il provvedimento della magistratura.>>

 

[“‘Favorì il figlio al concorso’. Il gip sospende il capo dei rettori”, la Repubblica, 25 febbraio 2006, p. 29] 

 

 

ALTRI ABUSI DI POTERE

Ordinario di farmacologia taglieggia ricercatori (29.VI.2004)

 

<<GENOVA - Un docente universitario è stato arrestato dalla Finanza con l'accusa di concussione: ha costretto i ricercatori del suo dipartimento a versargli una parte dello stipendio. Protagonista della vicenda è il professor Gennaro Schettini, di 54 anni, ordinario di farmacologia e direttore del dipartimento di neuroscienze (Cba) dell'università di Genova, noto per i suoi studi sull'Alzheimer e sui tumori.


Schettini è stato arrestato nel suo studio al dipartimento di neuroscienze. Nell' inchiesta sono indagate anche la moglie e le due figlie del docente universitario, ora rinchiuso nel carcere di Marassi.

 

Gli investigatori hanno preso in esame gli ultimi due anni di attività del professor Schettini, verificando i movimenti dei suoi conti bancari. Il docente collaborava con vari istituti di ricerca cittadini: le indagini proseguono per accertare quanto il professore abbia effettivamente incassato dai ricercatori che proponeva per la nomina.


Secondo l'accusa, il professore pretendeva una sorta di "pizzo" sui compensi dei ricercatori, che poteva arrivare anche ad oltre la metà dello stipendio. Il nuovo rettore dell'Università di Genova, professor Gaetano Bignardi, è stato informato dagli inquirenti dell'arresto.>>

 

[la Repubblica, “Genova, il professor Schettini assumeva e poi "taglieggiava" i giovani studiosi. Arrestato per concussione / Docente universitario in manette chiedeva il pizzo ai ricercatori”, 29 giugno 2004]

 

 

Docenti universitari in politica (1.XII.2005)

 

<<Luciano Modica, ex rettore a Pisa e ora senatore ds, le ha definite “università  ad personam”. Sono l’Iit di Genova, ideato da Giulio Tremonti, l’Imt di Lucca, caro a Marcello Pera, e l’Istituto di Scienze umane di Firenze, diretto dallo storico Aldo Schiavone (area di sinistra ma firmatario dell’appello di docenti non ostili alla riforma Moratti), per i quali nell’emendamento alla Finanziaria sono previsti cospicui finanziamenti: in vista delle elezioni “qualche regaluccio a yesmen e potentati non si nega mai”, scrive Modica su l’Unità toscana. Per l’ex rettore i soldi preludono alla trasformazione degli istituti in “nuove università”. Il timore è che due scuole d’eccellenza come la Normale e Sant’Anna di Pisa possano soffrire in futuro la concorrenza dei nuovi atenei. Nel mirino è soprattutto l’Imt di Lucca, nato da appena un anno, al quale sono stati concessi tre milioni di euro. “Uno scandalo per fare un favore a Pera”, accusa il sindaco di Pisa, Paolo Fontanelli.>>

 

[M. La.: “Scuole di eccellenza / Tutto ciò non è Normale”, l’Espresso, 1 dicembre 2005, p. 15]

 

 

Un licenziamento totalmente illegale (9.I.2006)

 

<<Esiste un caso, unico, nel nostro paese di un ricercatore universitario operante presso il Policlinico della più grande università d’Europa, La Sapienza, che è stato licenziato dal Rettore per scarso rendimento appellandosi al Testo Unico degli impiegati civili dello Stato.

 

Peccato che il Testo Unico non si applichi ai ricercatori (come dovrebbe essere noto anche al Rettore)!

 

Peccato che nessun organo collegiale dell’università La Sapienza, come è invece previsto, si sia espresso al riguardo!

 

Peccato che gli unici pareri espressi (Consiglio Universitario Nazionale e al termine di due ispezioni ministeriali) si siano dichiarati contrari!

 

Ma non è finita.

 

Il Ministro, che dovrebbe tutelare (o almeno non colpire) per il bene dell’università le professionalità che vi operano e che dovrebbe rispettare e far rispettare le leggi vigenti (comprese quelle che prevedono la collegialità delle decisioni che un sistema autonomo quale un Ateneo deve garantire):

 

  • non è intervenuto per bloccare il licenziamento;
  • si è costituito in giudizio davanti al Consiglio di Stato presso cui pende il ricorso del ricercatore medico a favore del provvedimento del Rettore;
  • si è rifiutato di dare risposta ad una interpellanza parlamentare presentata alla Camera dei Deputati.

 

Che continui una situazione nella quale le regole sono negate e che il Ministro ed il Rettore non intervengano per ripristinare il diritto rappresenta è un fatto che consideriamo inaccettabile.

 

Roma, 9 gennaio 2006 >>

 

[“Un ricercatore licenziato sulla base di norme inesistenti!”, Comunicato stampa di Enrico Panini, Segretario generale Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil , www.flcgil.it/home/modules/news/article.php?storyid=983 ]

 

Licenziamento dopo mobbing: la testimonianza del “caso unico” di cui sopra (31.I.2006)

 

<<E pensare che le premesse per una brillante carriera accademica c’erano tutte: da anni studente interno, laureato con lode nel 1965 – relatore il prof. Stefanini – e nello stesso anno nominato assistente volontario presso l’istituto di Patologia Chirurgica, oggi seconda Clinica Chirurgica del Policlinico Umberto I. Ma dopo anni che facevo gavetta qualcuno pensò che era il caso di far largo a dei giovani rampanti entrati dalla finestra in qualità di tecnici laureati. Laureati e rampanti solo sulla carta però, perché in realtà questi giovani tecnici sono entrati in organico con funzioni assistenziali per ragioni di necessità ed urgenza mai dimostrate.

 

Per quel che mi riguarda la conseguenza è stata l’emarginazione dall’attività chirurgica. Ho contestato le scelte arbitrarie del mio capo, con manifestazioni di protesta duramente represse dall’accademia: quasi quattro anni di sospensione cautelare dal servizio, procedimenti disciplinari poi annullati, ben sei le indagini ispettive richieste o disposte dal Ministero, tutte senza indicazioni di responsabilità.

 

Solo nel  1989, dopo ben 24 anni di precariato, sono riuscito a conseguire il titolo di ricercatore confermato, grazie all’intervento del Ministero che ha posto fine ad un concorso durato 7 anni. Ma la conquista del posto di ruolo non ha mutato la situazione di sostanziale emarginazione dall’attività istituzionale e quindi ho deciso di autosospendermi da ogni attività, dichiarandomi provocatoriamente e pubblicamente “retribuito non occupato”.

 

Nella veste di “combattente”de La Sapienza ho iniziato una lotta ultradecennale alle istituzioni via via chiamate in causa e coinvolte nella vicenda: da una parte ho fatto oltre 200 denunce alla Procura della Repubblica, e sono state tutte archiviate, e molti esposti a vari Ministeri (Università, Sanità, Funzione Pubblica, Giustizia) tutti senza risposta; dall’altra ci sono state numerosissime denunce e processi nei miei confronti a seguito delle mie manifestazioni di protesta. Divenuto scomodo e ingestibile il mio caso, su iniziativa del preside della facoltà prof. Frati, è stato risolto dal rettore prof. D’Ascenzo con un inedito licenziamento per scarso rendimento e relativo pensionamento anticipato. A questa mossa ho risposto con una serie di ricorsi, l’ultimo dei quali è ancora pendente davanti al Consiglio di Stato. ma credo che l’esito sia scontato e per me infausto. Infatti, incredibilmente, nonostante due indagini ispettive e l’autorevole parere del Consiglio Universitario Nazionale sulla non applicabilità al personale docente universitario della normativa degli impiegati civili (ex dpr 3/57), il ministro Moratti si è costituita in giudizio davanti al Consiglio di Stato in favore de La Sapienza, peraltro senza dare risposta a ben due interrogazioni parlamentari sull’argomento.

 

Altrettanto incredibilmente, pur di non indagare sulle responsabilità de La sapienza, la mia denuncia di aver percepito uno stipendio per quattro anni dichiaratamente senza fare nulla, veniva archiviata dalla Corte dei Conti, e l’esposto nei confronti del magistrato è rimasto senza una conclusione. Recentemente la richiesta di incontro del presidente dell’ordine e del presidente della federazione nazionale intervenuti in mio favore è stata ignorata dall’attuale Rettore prof. Guarini. ma le autorità accademiche de La sapienza non si facciano illusioni: non accetterò mai l’ignominia di essere il primo e unico docente universitario licenziato per scarso rendimento, invero vittima del mobbing di stato. Mai.

 

Prof. Romano Di Salvo – Studente/combattente de La Sapienza>>

 

[Romano Di Salvo: “Quel medico scomodo licenziato per scarso rendimento”, Liberazione, 31 gennaio 2006, p. 8.]

 

 

QUALITÀ INTELLETTUALE

 

Rita Levi Montalcini, premio Nobel, sponsorizza un farmaco letale (10.XI.2002)

 

<<In questo viaggio nel mondo della vivisezione, o sperimentazione animale che dir si voglia, abbiamo solo marginalmente accennato alle obiezioni etiche che pur ci dobbiamo porre quando “usiamo” gli animali a fini scientifici. Abbiamo evitato, come ha potuto osservare chi ci ha seguito, fotografie sconvolgenti, narrazioni raccapriccianti, perché il nostro scopo non era quello di metterla sul piano del pietismo nei confronti delle cavie. Ci siamo misurati su di un terreno rigorosamente scientifico cercando di dimostrare che talvolta questa sperimentazione “salvavita” è falsa per meri interessi di bottega ed è quasi sempre fuorviante perché i dati, estrapolati dalle cavie, non sono applicabili all’uomo. Gli animali vengono prevalentemente utilizzati in laboratorio come “modelli”: mediante manipolazione genetica, interventi chirurgici o iniezione di sostanze estranee e i ricercatori producono in essi malattie che dovrebbero costituire un modello delle condizioni patologiche umane. Questo è il vero peccato originale che ci ha lasciato in eredità il positivismo scientifico dei secoli scorsi. Anche un profano si rende conto delle enormi differenze che esistono tra un ratto, un cane ed un uomo. Il procedimento attuale è questo. Prendiamo un cane o un ratto che, in natura non soffrono di infarto. Gli causiamo l’infarto con mezzi artificiali e gli inoculiamo sostanze che pensiamo possano curare l’infarto di un uomo che soffre di nevrosi, ipertensione, obesità, fuma, beve e non dorme (situazioni difficilmente riscontrabili in topi e cani). Follia, signori miei, anzi business, soldi a palate per ricercatori, istituti “scientifici”, industrie farmaceutiche, baroni universitari alla caccia di punteggi e sovvenzioni, allevamenti di animali da laboratorio.

 

Se dovessi fare un elenco dei danni provocati all’umanità da questo tipo di ricerca non mi basterebbero tutte le pagine del giornale per un mese di fila. Mi limiterò a riportare che il General Accounting Office statunitense ha passato in rassegna 198 nuovi farmaci dei 209 commercializzati tra il 1976 e il 1985 e ha trovato che, per il 52 per cento, essi presentavano "gravi rischi emersi dopo l'approvazione" e non previsti dai test sugli animali o su prove limitate, effettuate su esseri umani. Questi rischi sono stati definiti come reazioni avverse, che potevano portare al ricovero in ospedale, a invalidità o addirittura a morte. Come risultato, i farmaci suddetti hanno dovuto essere corredati da nuove istruzioni o ritirati dal commercio. E, naturalmente, non è possibile stimare quanti farmaci, potenzialmente utili, siano stati abbandonati sulla base di test fuorvianti.

 

C’è una storia però che vi voglio raccontare, perché tutta italiana e perché implica un farmaco ben noto che molti di voi hanno utilizzato. Il Cronassial. Francesco Della Valle, gestore della Fidia, piccola azienda farmaceutica di Abano (Padova) ottiene da Duilio Poggiolini (questo nome vi è noto?) la registrazione di un farmaco spacciato come miracoloso, il Cronassial. Pubblicizzato come curativo delle “neuropatie periferiche di natura dismetabolica o di altra origine anche decorrenti con manifestazioni infettive tossiche o traumatiche causate da malattie generali” il Cronassial trova in Rita Levi Montalcini uno dei suoi più autorevoli sostenitori. I rapporti tra il premio Nobel e la Fidia di Della Valle si fanno talmente stretti che “La scienziata – dichiararono a Espansione i ricercatori della Fidia – segue le indagini di laboratorio e ne esamina i risultati”, mentre il materiale promozionale dell’azienda rimarca il madrinaggio dell’illustre scienziata, che assurge, nei fatti se non nelle intenzioni, a capofila dei garanti scientifici della Fidia. Il marketing aggressivo di Della Valle induce i medici a prescriverlo come cura di tutti i mali. Il Cronassial diventa uno dei 10 farmaci più venduti in Italia con fatturati da capogiro. La casa farmaceutica tedesca “Dr . Madaus”  entra in rapporti con la Fidia e tenta di introdurre sul mercato tedesco il farmaco miracoloso. Nel 1983 l’Ufficio di Sanità tedesco nega il permesso perché il medicinale (un estratto di cervello di bovino e sale) non risponde alla qualità delle buone regole farmaceutiche e c’è il sospetto che provochi effetti dannosi. Dopo avere assoldato un team aggressivo di avvocati la Dr. Madaus piega l’Istituto di Sanità. Nel 1986 in Germania arriva il Kronosial, ma due anni dopo Il Prof. Peter Berlit, neurologo di Mannheim, dà la notizia che cinque pazienti curati con il Kronosial risultano affetti dalla sindrome di Guillain BarrèStrohl, una gravissima e spesso letale malattia neurologica. Mentre negli altri paesi o si rifiuta il farmaco o lo si ritira cosa avviene in Italia ? Solo dopo diversi anni si proibisce ai medici generali di prescrivere la confezione da 100 mg (sic), poi si ritiene necessaria la ricetta dello specialista per utilizzarlo, poi il ministro Costa lo sospende, mentre il Consiglio Superiore di Sanità lo riabilita, assieme ai suoi simili, Biosinax, Sygen, Megan Sinassial e Sincronal. In Inghilterra intanto si verificano 17 casi (tre mortali) di danni imputabili al farmaco. Poi, scoppia il dramma “ mucca pazza “ (il Cronassial è prodotto con cervello bovino).

 

Decine di migliaia di persone in Italia sono “state curate” con questo estratto di cervello bovino, per il quale finalmente, dopo anni giunge il requiem definitivo che si porta dietro il funerale della Fidia. Nel 1990 io stesso sono stato sottoposto ad una terapia mediante un ciclo di venti iniezioni. Il farmaco si chiamava Cronassial. La sindrome di CreutzfeldtJacob (mucca pazza) nell’uomo ha un’incubazione lunghissima. Aspetto e spero che non succeda. Le cavie sono solo cani, gatti e topi o anche uomini, come voi e come me? Come mai la Fidia nel 1989 invia una lettera a persone sane affinché si sottopongano a pagamento (1.200.000 lire) per la sperimentazione di un nuovo farmaco, l’AGF2 che dovrebbe contrastare gli effetti dell’ictus cerebrale, ma che non si può escludere abbia conseguenze negative ed effetti indesiderati, nonostante la precedente sperimentazione sugli animali? La morale che si ottiene da questa storia vera è che la sperimentazione animale non serve a nulla e che le vere cavie siamo noi. L’industria farmaceutica, come qualsiasi industria siderurgica, mira al profitto. Noi però non dovremmo essere bulloni, in balìa di uomini senza scrupoli e di controllori spesso conniventi. Se siamo bulloni noi, pensate a come possano essere considerati cani e ratti. Segatura, granelli di sabbia la cui vita viene soffiata via sul palmo d’una mano, come i frammenti di un fiore rinsecchito che rotola sul marmo di una tomba dimenticata. Bisogna cambiare strada, ma è necessario trovare uomini che abbiano coraggio, merce rara, oggi più di ieri.>>

 

[Oscar Grazioli [medico veterinario e giornalista]: “Quando la cavia è l’uomo”, Libero, 10 novembre 2002; sul sito:

 http://www.anmvi.it/anmvioggi/scheletro_articolo_liberoscar.php?codarticololiberoscar=45

si trova il ciclo di articoli da cui questo è tratto.]

 

La Levi Montalcini intervistata su vivisezione e Cronassial (22.X.2004)

 

<<C’è qualcuno che recentemente ha denunciato gli abusi nella sperimentazione animale. È il premio Nobel Rita Levi Montalcini, destando stupore sulle pagine di alcuni giornali.

 

RITA LEVI MONTALCINI

Non sono animalista. Sono per il controllo e la dignità dell’animale. Tanto è che giovane, ancora adolescente, ho rifiutato qualunque esperimento che potesse comportare sofferenza al cucciolo, poniamo. Quindi io ho mai cambiato, sono sempre stata per il rispetto dell’animale, ho rifiutato la carriera di sperimentazione che non accettavo. Quando io ero in America ho visto tagliare le corde vocali agli animali domestici per non sentir le loro urla. Questo è atroce: non soltanto si fa soffrire l’animale ma gli si impedisce di dimostrarlo. Ho fatto un esperimento su un primate, un piccolo, e si è ribellato, era semplicemente un’iniezione innocua, ma la sofferenza che io vedevo mi ha impedito di lavorare anche a livello dei primati subumani.

AUTRICE
Serve o non serve allo scienziato?

RITA LEVI MONTALCINI

Si, Oddio bisogna che sia controllata, purtroppo non possiamo farne a meno, però lo si deve fare con il massimo rispetto dell’animale stesso e senza farlo soffrire.>>

[...]

<<Qui fanno test di tossicità sulle scimmie, qui sui cani beagles e lo stress, dicono tutti gli esperti, cambia i risultati. Allora quali certezze usciranno da questi laboratori? E vale per tutti dato che, per i farmaci, dopo i test animali vengono quelli sull’uomo. Il cronassial è un farmaco che adesso non si usa più. Veniva venduto come la panacea per i problemi neurologici. Ma è stato ritirato dal commercio dopo qualche morto e quando si è capito che poteva provocare effetti devastanti su fegato e muscoli. La professoressa Rita Levi Montalcini ha collaborato con l’azienda produttrice.

 

RITA LEVI MONTALCINI

Certo il Cronassial l’ho conosciuto ai suoi tempi.

AUTRICE
E perché la sperimentazione ha dato risultati che poi non erano?

RITA LEVI MONTALCINI

A chi, dove e quando?

AUTRICE
Beh, è stato messo in commercio e poi ritirato perché produceva effetti collaterali molto gravi?

RITA LEVI MONTALCINI

Non mi risulta. Non commento su cose che non conosco! Non mi fate tutte queste domande perché trovo un po’ perdita di tempo.

AUTRICE
Ma esistono dei farmaci che sono stati sperimentati sugli animali e poi sull’uomo hanno dato risultati completamente diversi.

RITA LEVI MONTALCINI

No, non mi risulta! Io ritengo che l’esperimento sull’animale è valido, naturalmente con il controllo. Scusi: ma sono domande che non mi vanno tanto.>>

 

[Chiara Baldassari, Giovanna Boursier: "Uomini e topi", venerdì 22 ottobre 2004 ore 21:00 - Rai 3, http://www.report.rai.it/2liv.asp?s=208 ]

 

Ricerca biomedica e capacità di cura (2004)

 

<<[...] nelle facoltà di medicina, dove l’arruolamento dei docenti avviene esclusivamente sulla base della produzione scientifica senza che venga tenuto conto dell’attività assistenziale, che si acquista frequentando assiduamente le corsie e le sale operatorie. Ciò ha fatto sì che, in molti casi, a dirigere reparti di medicina e chirurgia siano stati chiamati docenti che non hanno mai visitato un malato o eseguito un intervento chirurgico.>>

 

[Francesco Sorrentino: “In medicina siamo tutti professori”, Università Oggi, n. 38, 2004]

 

 

Lauree ad honorem: un campione di motociclismo dottore in... “Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni” a Urbino (31.V.2005)


<<Il Doctor, ora è davvero dottore: dopo il cantante Vasco Rossi un altro mito dei giovani e non solo ha ricevuto una laurea honoris causa in comunicazione: il campione di motociclismo Valentino Rossi, da Tavullia. Un titolo che gli mancava. Benché uno dei suoi nomignoli sia proprio "il dottore", Valentino Rossi "dottore" non lo è mai diventato, malgrado una laurea fosse sotto sotto il sogno di mamma Stefania.


A colmare questa lacuna ci ha pensato la facoltà di Sociologia dell'Università di Urbino Carlo Bo, che proprio questa mattina ha conferito al pluricampione la laurea honoris causa in Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni. Il tutto in una standing ovation organizzata nell'Aula Magna dell'Istituto.

Giacca a righe, maglietta, jeans e scarpe da ginnastica, il neo dottore ha esordito con un... 'Sono abbastanza emozionato, come sto? La laurea mi rende felicissimo, e soprattutto rende felice mia mamma, che ormai si era arresa..."


"Sono molto contento" ha aggiunto il padre Graziano "responsabile" della passione per la velocità trasmessa al figlio. "Sono stato la causa della sua "dipartita" dalla scuola ed è stata una grande responsabilità portare avanti questo figlio" nel mondo delle corse. Oggi la laurea ad honoris [sic!] "cancella questa preoccupazione definitivamente. Valentino, ha preso questa cosa con l'importanza che ha: vuol dire che ha capito che la città, che la gente gli riconosce grandi meriti".

 

Immancabile qualche luccicone agli occhi della madre, che ha raccontato di essersi arrabbiata con Valentino studente solo una volta, quando prese insufficiente in terza media. Nel parterre anche il cantante Lucio Dalla in veste di professore della facoltà. "Valentino - ha detto - è una grande comunicatore e comunicare è un dono della natura ma anche un dono acquisito".


"Certo che io ho faticato per prendere la laurea: ho dovuto vincere sei mondiali!". Incorreggibile Valentino Rossi, che anche da neo dottore non si smentisce e usa l' ironia per sdrammatizzare le situazioni emotivamente più forti.

 

In una conferenza stampa al termine della cerimonia per il conferimento della laurea ad honoris [sic!] in comunicazione ("la prima in Italia in questo argomento", tiene a precisare il rettore di Urbino Giovanni Bogliolo), Valentino si è prestato di buon grado alle domande dei giornalisti che volevano sapere di lui come studente e della sua carica comunicativa. "A scuola - racconta il campione che è arrivato a fare due anni di liceo linguistico a Pesaro, prima di dedicarsi anima e corpo alle corse - la materia che mi piaceva di più era l' italiano, ma anche in matematica non andavo poi così male. Come studente mi ricordo soprattutto l' esame di quinta elementare, perchè alla vigilia mi ruppi il braccio sinistro, e per me che sono mancino fu un disastro".


"C'è sempre una grande pressione prima di un esame - divaga - e anche oggi l'ho sentita, più che alla partenza di un Gran Premio". Qualcuno gli fa poi notare che le sue 'zingarate' con l'amico Uccio sono diventate la cifra di uno stile da sublime comunicatore, che l'ha portato alla laurea.


"Quello è il bello - ribatte - che le cose pensate al bar la sera abbiano avuto tanto successo tra la gente. Forse il segreto è nelle cose vere, fatte per ridere". E la Tv? Come gestisce la sua immagine, l'icona mediatica Valentino Rossi? "Ho pochissimo tempo per me e quando ne ho non ho voglia di fare niente. In televisione non trovo tanti programmi dove poter andare, fare bella figura e soprattutto divertirmi. A me piacciono i Simpson, ma non mi hanno ancora invitato!".


"Nella mia professione - continua - è facile il rischio di sovraesposizione. La gente si stanca, mi stancherei anche io a vedermi sempre lì". Prima di andare via, Valentino si assesta sulla spalla la fascia arancione da neo laureato: "Mi tengo questo colore - se ne esce con un' ultima fulminante battuta - dopo che il magnifico rettore mi ha detto che il giallo è il colore dei cornuti".>>

 

[“Su proposta della facoltà di sociologia dell'Università di Urbino, / Rossi è laureato in "Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni"/ Laurea honoris causa a Rossi / Il 'Doctor' diventa dottore, la Repubblica, 31 maggio 2005]

 

Alta velocità e manuali universitari (10.XI.2005)

 

<<La scorsa primavera, la ex commissaria europea ai trasporti, ora coordinatrice europea della Torino-Lione, la signora Loyola De Palacio, il ministro Lunardi e la presidente della regioen Piemonte, Mercedes Bresso, proclamarono a gran voce la sostenibilità del tracciato della Torino-Lione. Mi ha particolarmente stupito la posizione di Mercedes Bresso che, oltre a possedere una forte personalità politica, è mia collega in quanto insegnate [sic] universitaria, economista specializzata in valutazione di impatto ambientale. Se dovessimo utilizzare e applicare i metodi esposti in un manuale sulla valutazione di impatto ambientale redatto dai professori Mercedes Bresso, Alberico Zappetella e Rossana Russo – Analisi dei progetti e valutazione d’impatto ambientale, pubblicato da Franco Angeli nel 1985, 1988 e 1990. con intervento di Paul Tomlinson nel 1988 e di Tomlinson e Gamba nel 1990, una vera bibbia per chi si occupa del settore – il progetto della Tav in Val di Susa non avrebbe ragione d’esistere, o sarebbe inesorabilmente da affossare sulla base della sequenza: insostenibilità dei costi, irreversibilità di alcuni impatti ambientali, negazione della partecipazione da parte della popolazione. Spero che l’atteggiamento della Presidenza della regione Piemonte non sia un indiretto assenso alla proposta bipartisan di Lunardi, il quale, il 5 novembre scorso, in occasione di un incontro a Verona dei ministri dei trasporti dell’Unione europea, ha chiesto all’opposizione una decisa adesione ai programmi infrastrutturali del governo. Alta velocità Torino-Lione e Ponte sullo Stretto di Messina compresi.>>

 

[Virginio Bettini, professore di analisi e valutazioni ambientali all’università di Venezia: “La scienza dà ragione alla Val di Susa”, il manifesto, 10 novembre 2005, p. 6.]

 

Lauree ad honorem: la Levi Montalcini dottore... in “Comunicazione Multimediale” a Perugia (4.II.2006)

 

<<Sabato 4 febbraio alle ore 11,30 l’Università degli Studi di Perugia conferirà la Laurea magistrale honoris causa in Comunicazione Multimediale al Premio Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini.

 

La solenne cerimonia nel latino cinquecentesco, presieduta dal Magnifico Rettore professore Francesco Bistoni, si svolgerà nell’Aula Magna dell’Ateneo.

 

La laurea honoris causa, proposta dal ‘Promotore’ professore Francesco Di Pilla e approvata dal Consiglio di Facoltà di Lettere e filosofia e dal Senato Accademico dell’Ateneo, viene conferita alla scienziata Rita Levi Montalcini “per l’impegno costante con cui da anni ha divulgato i valori della conoscenza scientifica, per la sua attività di sostegno ad un uso etico della Scienza, per la sua efficace dedizione alla causa della Bioetica”.

 

Rita Levi Montalcini, nata a Torino nel 1909, si è laureata in Medicina e Chirurgia nel 1936.

 

Fin dai primi anni universitari si dedica agli studi sul sistema nervoso.

 

Nel 1947 si trasferisce in America alla Washington University di Saint Louis, dove diventa docente di Neurobiologia.

 

Per trent’anni vive negli Stati Uniti dedicandosi alla ricerca: in questo periodo scopre ed identifica una proteina, il fattore di crescita delle cellule nervose (Nerve Growth Factor, noto con l'acronimo NGF), che ne regola lo sviluppo e la differenziazione. Scoperta questa che le valse poi, nel 1986, il Premio Nobel per la Medicina.

 

Componente del CNR e membro delle più prestigiose accademie scientifiche nazionali ed internazionali, è Presidente onorario dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla ed è impegnata nel campo sociale attraverso una sua fondazione.

 

Nel 2001 è stata nominata Senatore a vita.>>

 

[“Laurea Honoris Causa al Premio Nobel Rita Levi Montalcini - Sabato 4 febbraio nell’Aula Magna dell’Università di Perugia”, 

www.unipg.it/contenuti/newstory/laurea_montalcini ]

 

 

<<(ANSA) - PERUGIA, 4 FEB - Il premio Nobel Rita Levi Montalcini ha ricevuto la laurea honoris causa in comunicazione multimediale all'università di Perugia. La 'lectio doctoralis' della Montalcini ha affrontato il tema dei 'Nuovi magellani nell'era digitale', incentrata sul riconosciuto ruolo del principio cognitivo. Presieduta dal rettore dell'ateneo perugino, Francesco Bistoni, la cerimonia si è svolta secondo un antico rituale in latino del XVI secolo davanti ad un pubblico di oltre 500 persone.>>

 

[“Laurea honoris causa a Montalcini / Ateneo Perugia, riconoscimento in comunicazione multimediale”,

http://magazine.libero.it/internetlife/generali/ne.php?id=6996305.

 

Un esempio molto significativo della reticente (e fuorviante) “comunicazione multimediale” della prof.ssa Levi Montalcini è riportato qui. Per il caso Cronassial e le reazioni avverse causate da farmaci considerati ‘sicuri’ sulla base di esperimenti su animali vedi qui.]

 

 

ANALISI

 

La gerarchia universitaria e l’irrilevanza della didattica per la carriera (12.II.1994)

 

<<Tutti i vari articoli sui mali dell’università apparsi nelle ultime settimane su Repubblica, a parte quello più sfumato del Ministro Colombo del 18/1, propongono, grosso modo, la stessa terapia: una gerarchizzazione dell’istituzione, demandandone la reggenza ad una ristretta oligarchia. Sembra a tutti sfuggire che proprio questa è già la situazione di fatto, da secoli, ma attuale ancora adesso, nonostante varie leggi abbiano tentato negli anni 70 e 80, di modificare una struttura ritenuta non congrua ad uno stato moderno. A questa struttura fortemente oligarchica spesso danno una mano i burocrati, con interpretazioni quantomeno singolari. Ben vengano i giudizi di merito e quella corrispondenza, auspicata dal Ministro, tra capacità e responsabilità, tra impegno e trattamento economico. Ma chi giudica chi? Nelle società dinamiche, essere giudicante e giudicato sono due facce dello stesso mestiere, mentre in una struttura gerarchica come la nostra, che alcuni vorrebbero addirittura rinforzare, chi arriva a giudicare non viene più sottoposto a giudizio. E, guarda caso, i più convinti assertori della necessità di giudicare (gli altri) appartengono a quella fascia di professori che attualmente è, e forse vorrebbe essere anche in futuro, al di sopra dei giudizi.

 

Tutti poi dichiarano, a parole, che le prestazioni didattiche vanno incentivate. Non ho però mai visto concretarsi un chiaro impegno per un avanzamento di carriera di chi, pur continuando il suo impegno scientifico, preferisce profondere la parte migliore di sé nell’insegnamento, mentre la legge premia chi ha fatto la scelta opposta. Perché questa dissimmetria? Dedicarsi all’insegnamento oggi, significa lavorare per la gloria, a carriera bloccata.

 

Sul reclutamento dei docenti si potrebbero scrivere volumi. Ma anche il Ministro, incredibilmente, confonde gli avanzamenti ope legis con i giudizi di idoneità. I primi non verificano nulla (ma sono solitamente proposti soltanto per categorie di persone che hanno già superato varie verifiche), i secondi garantiscono per l’appunto l’idoneità alla funzione, spesso assai meglio dei mega-concorsi, in cui l’idoneità è a numero chiuso, per cui chi sarebbe anche idoneo ma non vince per l’esiguità del numero dei posti, non ha neppure riconosciuta ufficialmente la sua idoneità.>>

 

[Prof. Carlo Minnaja, Int. Akademie der Wissenschaften – Padova; la Repubblica, 12 febbraio 1994, Lettere]  

 

Come fare carriera nell’università: istruzioni dagli U.S.A. (11.XII.1995)

 

<<Prendete un giovane intellettuale creativo ed entusiasta; dategli un posto di lavoro assolutamente sicuro e non troppo oneroso, nessuna restrizione sul tipo di progetti che può perseguire e un contatto costante con centinaia di studenti, a cui è in grado di insegnare quel che vuole. Il risultato è un accademico all’inizio della carriera: da un certo punto di vista, un prezioso investimento fatto dalla società per mantenere aperta la possibilità di rinnovarsi, di sperimentare, di crescere. da un altro punto di vista, una mina vagante, un pericolo da cui proteggersi con estrema cautela. Sfortunatamente per le possibilità di rinnovarsi e crescere (e per i giovani intellettuali creativi ed entusiasti), il secondo punto di vista è di gran lunga il più popolare, a tutte le latitudini di cui sono a conoscenza, ed è foriero di massicce dosi di controllo sulle magnifiche sorti e progressive di aulici studiosi e pensatori.

 

Siccome il controllo (perlopiù) è di natura non politica ma sociale, le sue forme si adeguano alle generali strategie di socializzazione. In Italia la socializzazione avviene mediante l’inserimento in un clan familiare, con tutti i ricatti economici e sentimentali del caso; dunque non c’è da stupirsi che il meccanismo più comune di reclutamento accademico sia la cooptazione dei propri figli e nipoti intellettuali, quando non direttamente di figli naturali, cugini di vario grado e partner più o meno legittimi. In America invece la socializzazione avviene secondo il modello della piccola comunità di pionieri, sradicati dal loro ambiente originario, concordi nei valori e inclini alla collaborazione e al buon vicinato; dunque ogni università si premura di inserire i candidati in siffatte comunità (dipartimentali) e sottoporli a un (lungo) periodo di apprendistato. L’operazione si svolge in due fasi: sei o sette anni per il dottorato e altrettanti prima di ottenere la mitica tenure (prima di passare in ruolo, diremmo noi). Solo una minima percentuale dei molti aspiranti arriva fino in fondo; gli altri vengono brutalmente fatti fuori. Chi volesse sapere come opera la selezione può documentarsi leggendo The Art and Politics of College Teaching, una guida pratica al successo accademico pubblicata dall’editore Lang (e dedicata alla seconda fase del processo, quella post-dottorato).

 

L’immagine disegnata da questo libro è di raro squallore. Al giovane Assistant Professor si consiglia di nion prendere posizione, di evitare ogni “causa” a mala pena controversa, di ignorare le divisioni interne del dipartimento e, se proprio è messo alle strette, di far finta di no capire. È importante sembrare un buon insegnante, ma solo sembrarlo perché ad appassionarcisi davvero si finisce per perdere tempo; conviene invece puntare su una combinazione di diplomazia e demagogia che permetta di accontentare gli studenti senza fatica. È anche più importante pubblicare, perché le università costano parecchio e si servono del prestigio dei professori per farsi belle a spese della concorrenza, ma attenzione: non investite energie in un libro prima della tenure, è un progetto che richiede troppo tempo. Molto meglio scrivere brevi saggi per le (mediocri) riviste accademiche, e meglio ancora se con la stessa striminzita idea di saggi se ne scrivono due o tre. La cosa più importante in assoluto, comunque, è andare d’accordo con tutti, perché saranno i colleghi a votare per la tenure: non d’amore e d’accordo (con l’amicizia non si sa mai come va a finire) ma abbastanza d’accordo, quanto basta per non essere percepiti come una minaccia.

 

Vent’anni di esperienza nel dipartimento di filosofia di un’università americana mi confermano che è tutto vero: che “il sistema” ha trovato anche qui un modo efficace per immunizzarsi contro il rischio di eventuali mine vaganti e trasformare coloro cui conferisce la pericolosa “libertà accademica” in patetici e imbelli capponi. Solo un pensiero mi conforta: che in gran parte quei “fortunati” erano inutili, che il rinnovamento intellettuale è sempre fatto da pochi e  che (forse)  alcuni pochi sapranno sfuggire alle fitte maglie di questa paranoica, soffocante rete di protezione.>>  

 

[Ermanno Bencivenga: “Il professore non deve pensare”, l’Unità, 11 dicembre 1995]

 

Docenti “ignoranti e corrotti”: sul discorso di Federico Zeri  (13.II.1998)

 

<<“Senatore, senatore una bella notizia: ho vinto la cattedra di Storia del diritto italiano!”. “Molto bene; così l’imparerete”. Fu questa la raggelante risposta di benedetto croce (che fu, non dimentichiamolo, ministro della Pubblica Istruzione nell’ultimo governo Giolitti) a un giulivo neoprofessore universitario. Uno dei tanti professori della cui preparazione Croce dubitava (“Non sono professori, – diceva – ‘fanno’ i professori”). Sessanta anni dopo quella fulminante battuta (si era nel 1928), Federico Zeri ha, con la consueta franchezza e onestà intellettuale, riaperto il problema all’Università di Bologna, ricevendo la laurea ad honorem. La numerosa folla che ha ascoltato la lucida analisi di Zeri intorno ai valori e alle straordinarie potenzialità culturali e formative dell’Università, ha applaudito quando il neo-laureato ha detto la verità sui docenti “ignoranti e corrotti”, sulla gestione mafiosa dei concorsi universitari, sullo sprezzante disinteresse nei confronti di coloro, senza i quali l’università non avrebbe ragione di esistere: gli studenti.

 

I giornali hanno riportato brevemente, tra lo stupito e il divertito, il discorso di Zeri e i telegiornali (che hanno sprecato in questi giorni centinaia di ore sul bimbo nato senza cervello; e ancora non è finita) non se ne sono neanche accorti. Come se i problemi dell’università non siano il presente e il destino culturale dell’Italia. E invece il discorso di Zeri ha colto nel segno, e non è certo una risposta adeguata quella del ministro della Pubblica Istruzione (e dell’università) che siede ora nella poltrona che fu di Croce. “L’università italiana – ha replicato Luigi Berlinguer – è certamente migliore di quella disegnata da Zeri”. Infatti; basta però conoscere il rapporto esistente tra la parte migliore e la peggiore; sapere cioè se sia prevalente la prima o la seconda. Comunque Zeri ha detto la verità; quella verità che chi, con responsabilità e dignità del ruolo, è nella parte ‘migliore’ conosce bene, e da lungo tempo. Ecco quindi l’applauso liberatorio, e inedito, echeggiato tra le volte dell’aula magna dell’Ateneo di Bologna. Zeri ha suggerito la riforma morale e intellettuale dell’università cominciando dall’accertamento periodico del ‘merito’ di coloro che vi insegnano. Cosa c’è di strano, di divertente, di paradossale in questo suggerimento? Grandi e importanti università del mondo si comportano esattamente così. Zeri ha aggiunto che questa selezione del merito l’hanno sempre fatta e continuano a farla gli studenti. I quali hanno il fiuto, l’intelligenza di sapere da quali professori imparano e da quali (e quanti) non imparano nulla. Berlinguer ha commentato, in proposito, che con la nuova autonomia universitaria gli studenti daranno un giudizio sui loro professori. Ma questo, caro ministro, avviene già. La questione posta da Zeri è se il governo e l’amministrazione dell’Università saranno nelle condizioni istituzionali e formali di operare la selezione e l’accertamento dei meriti e della produttività scientifica e didattica dei docenti. Questo è il punto. Intanto non può passare come un episodio buffo il discorso di Zer. Né è accettabile il giudizio di uno dei presenti alla cerimonia di Bologna, Umberto Eco. Il quale, come spesso gli accade, ha buttato sullo scherzo una cosa seria, per poi attribuire alla “nota perfidia” di Zeri la sua giusta critica della ragione pratica universitaria, invitandolo a continuare ad essere un benemerito studioso d’arte e a non occuparsi di fatti che non lo riguardano. Perfidia significa, secondo il dizionario, “malvagità subdola e crudele”.

 

Se si è perfidi nell’immaginare e desiderare un’università meglio organizzata e capace veramente di preparare i giovani allo studio e alla ricerca, allora la malvagità è, come nel Satana carducciano, una “forza vindice della Ragione”. Comunque, si cominci a discutere veramente dell’autonomia universitaria. Non si tratta solo di risorse finanziarie e di servizi migliorati, ma di idee, di ideali e non di spiritose invenzioni.>>

 

[Lucio Villari: “Università senza idee”, la Repubblica, 13 febbraio 1998. La cerimonia e il discorso di Zeri si trovano, in formato video mpeg, in http://www.almanews.unibo.it/97_98/Html/Zeri.htm ]

 

I concorsi universitari: “rigidità delle procedure [...] temperata dalla generale inosservanza” (3.IV.2002)

 

<<Professore: eddeché? Purtroppo per noi, di medicina. E' questa la preoccupante conclusione alla quale spinge la testimonianza, ferocemente antiaccademica, di Eugenio Picano, medico, cardiologo, ricercatore a Pisa, presso l'Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Picano è l'autore di un libricino al vetriolo intitolato La dura vita del beato porco (Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2002, 138 pagine, € 9,00). Dove per "beato porco" si intende l'intellettuale di professione, in particolare il medico asceso alla gloria dell'Accademia. E le Accademie, come amava ricordare Federico Zeri, "sono covi di coglioni". Anche quelle deputate alla nostra salute. Su questo punto Picano non lascia adito a dubbi. Prendiamo ad esempio il capitolo dedicato alle riviste scientifiche.

 

“Il giovane studente le legge perché glielo ha ordinato il ricercatore con cui deve fare la tesi di laurea.


Il medico assunto legge le riviste scientifiche perché le trova insostituibili per facilitargli l'addormentamento nelle notti di guardia.


L'aiuto primario legge perché il concorso per diventare primario è vicino, e lui deve ristudiarsi tanti argomenti che aveva, come dire, un po' tralasciato negli ultimi vent'anni.


Il primario ogni tanto sfoglia, poco prima del turno in corsia, la rivista appena arrivata e poi subito la ripone, definitivamente, nella bella libreria dello studio.


Il caso più grave è quello del capo di Dipartimento o preside di Facoltà, o capo di Istituto, o rettore, il quale passa la sua giornata tra una riunione e l'altra, e, quando inciampa in una rivista, o fa finta di leggerla in una pausa delle riunioni per darsi un tono, o si limita a guardare le figure. Egli, infatti, non sa leggere (altrimenti non avrebbe fatto carriera), o, se pure un tempo sapeva leggere, l'ha ormai dimenticato da un pezzo.”

 

Ma come, obietterà l'ingenuo paziente, il mio "prof." non ha vinto un regolare concorso? Ebbene sì. "I meccanismi concorsuali - riconosce Picano - sono governati da regole ferree ed ipergarantiste, con tanto di estrazione a sorte dei commissari, presenza di rappresentanti sindacali, congrua numerosità della commissione". "La rigidità di tali procedure - aggiunge tuttavia il ricercatore del CNR - è però temperata dalla generale inosservanza".

 

Le cose, a quanto pare, vanno così:La meccanica dell'imbroglio - dice Picano - è di solito molto semplice, e poggia essenzialmente su un sistema omertoso: nel momento in cui si entra in una commissione, si accetta il principio di non vedere, non sentire, non parlare. Decide il capo della commissione, e gli altri dovranno fare da ‘yesmen’: sarà quindi lui a portare le tracce dei temi il giorno dell'esame (e certo solo i candidati di regime le avranno sapute in anticipo)...". Quanto alle prove orali, queste "dovranno comunque rispettare l'alchimia dei voti precedentemente formulata a tavolino.”

 

Come uno Zorro armato di penna - e non senza indulgere, talvolta, a un certo spirito goliardico - Picano segue tutto il cammino dei giovani ricercatori nell'Accademia medica nazionale, dalla produzione di lettera scientifica ai congressi, dalla carezza del Maestro all'attività di laboratorio.  

 

Molto spesso la qualità della ricerca la determina l'accesso ai fondi - e quindi a tecnologie complesse. Avete bisogno di topi per i vostri studi? Basta pagare e ve li mandane in belle scatole colorate, pulite e inodori - con caratteristiche genetiche uniformi, costanti e conosciute. Come si può leggere depliant pubblicitario di uno di questi topifici (la Camm Bred) "siamo in grado di fornirvi immediatamente animati di ogni peso, taglia, sesso. Possiamo fornirvi animali già gravidi...”

 

Ma non tutti possono permettersi il "topo firmato", spiega Picano.

 

“A Napoli e a Roma le università comprano anche normali ratti di chiavica. C'è gente che ci campa, i fornitori più rinomati spuntano anche due euro a topo. Nella patinata rivista scientifica, il "topo de noantri" - con oscuro albero genealogico, cresciuto tra le fogne di Trastevere, nutrito di squisiti rifiuti della suburra romana, catturato con rudimentali trappoloni al caciocavallo - finirà per diventare un punto su una retta di regressione, esattamente come il topo firmato, di purissimo pedigree, nutrito con estratti polivitaminici al sapore di formaggio, accoppiato con zoccole di sangue blu che quella stessa retta di regressione l'avevano iscritta nel proprio codice genetico.”

 

A questo punto si potrebbe esigere: fuori i nomi. Ma Picano si defila e sterza sull'autoironia. "Com'è ovvio - dice -, ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale. Il Professore in questione non è identificabile con una o più persone fisiche, ma con una categoria dello spirito. L'Autore - a sua volta Primo Ricercatore del Consiglio Nazionale delle ricerche e Direttore del glorioso laboratorio di Ecocardiografia dell'Istituto di Fisiologia Clinica di Pisa - ritiene, di sé, di avere tutti i requisiti umani, intellettuali e morali del Professore nato". Contento lui…>>

 

[Enrico Gatta: “Sotto il camice, niente”, Quotidiano Nazionale – Nazione – Resto del Carlino, 3 aprile 2002. Eugenio Picano è il ricercatore di cui si parla sopra.]

 

La finzione della valutazione della didattica da parte degli studenti  (4.VI.2004)

 

<<Gli studenti daranno le pagelle ai prof. La notizia sembra sensazionale e rivoluzionaria. Roba da far impallidire anche i più accaniti sessantottini, quelli che teorizzavano il 18 politico per tutti.

 

Ma siamo proprio sicuri dell’assoluta originalità del provvedimento? In realtà atenei come il Politecnico di Milano adottano da 15 anni un questionario di valutazione compilato dagli studenti. E all’Università Bocconi di Milano dal ’90 circolano schede di gradimento affidate agli studenti.

 

E allora che cosa c’è di nuovo? La vera novità è legata al fatto che, nei progetti del ministro Moratti, alla nuova pagella sarà legata anche una parte dei finanziamenti destinati agli atenei.

 

In poche parole, le pagelle serviranno alle università per accreditarsi agli occhi del ministero e dimostrare di meritare una percentuale dei finanziamenti pubblici.

 

A tal proposito però l’Udu (l’Unione degli universitari), una delle più grandi confederazioni nazionali di associazioni accademiche studentesche ha dato il suo parere sulle prossime novità: “La valutazione dell’operato dei docenti da parte degli studenti – fa sapere in un comunicato l’Udu – è già in vigore in virtù della legge 370 del ’99: sarebbe più opportuno legare in qualche modo gli esiti della valutazione alla carriera [e] agli incentivi dei docenti.

 

Inoltre – continua l’Udu – da anni si lamenta la scarsa efficacia della valutazione già in vigore dal ’99 a causa della mancata pubblicazione dei risultati e dell’impossibilità di dare effetto agli stessi. Però non riteniamo praticabile la proposta del ministro Moratti, poiché se saranno i nuclei di valutazione interni a ogni singolo ateneo, come finora è stato, a rielaborare gli esiti dei questionari di valutazione, non potranno essere autonomi nel proprio compito”.

 

Dal ministero invece fanno sapere che “i risultati periodici delle rilevazioni offriranno un quadro oggettivo della qualità dei servizi universitari in modo da consentire attraverso misure di sostegno, di incentivazione e di disincentivazione, di adottare concrete iniziative per il governo del sistema universitario.

 

E intanto da quest’anno tutte le 77 sedi universitarie italiane riceveranno un questionario di quindici voci che già per l’anno accademico 2004-2005 determinerà parte dei finanziamenti agli atenei. Il nuovo sistema prevede infatti che il 30% dei fondi sia assegnato sulla base degli iscritti, esclusi le matricole e i fuori-corso; un altro 30% sarà accreditato in base ai risultati (vedi pagella), ancora un 30% sarà erogato per meriti di ricerca scientifica sul conteggio dei ricercatori attivi e infine il rimanente 10% in base a criteri come la mobilità degli studenti, il sostegno ai disabili e così via.>>

 

[Isidoro Trovato: “E gli studenti daranno i voti ai professori”, Corriere Università – Corriere della Sera, 4 giugno 2004.]

 

Intellettuali universitari (19.XI.2005)

 

<<Fino a vent’anni fa il sodalizio tra cultura e politica si esprimeva attraverso il contributo di pensiero che gli intellettuali mettevano a disposizione dei partiti, in termini di analisi, di elaborazione di progetti, di proposte culturali, di formazione dei quadri. [...]

  

Ma oggi, come osserva Geremicca in una conversazione con Rosario Villari pubblicata nel numero in uscita [di Mezzogiorno Europa], i cosiddetti “intellettuali”(universitari in particolare) e professionisti accorrono sotto le insegne del potente locale di turno e si mettono a suo servizio per trarne incarichi, commissioni, benefici di carriera. Il rapporto tra intellettuali e politica si è modificato. Esso non è più paritario come una volta, ma è di vassallaggio. Un rapporto di sudditanza morale, degradante e umiliante, che, a mio giudizio, rivela la la scadente qualità di una certa intellighenzia ufficiale. [...]

 

La critica è facile, perché la subalternità degli “intellettuali”alle baronie politiche locali è sotto gli occhi di tutti. Sicché è perfino qualunquista ripetere le solite accuse. È la scoperta dell’acqua calda.

 

Nessuno ha detto, però, che, a ben vedere, il problema non sta tanto (o soltanto) nella politica o nella classe politica (che fa il proprio gioco), ma soprattutto nello scarso spessore dei cosiddetti “intellettuali ufficiali”. Purtroppo la società italiana (e napoletana in particolare) risente di una mentalità corporativa: si è qualcuno nel campo della cultura solo se si ha una qualifica accademica; la considerazione della gente si ottiene solo se si esibisce la titolarità di una cattedra con tanto di denominazione ufficiale. La figura dell’intellettuale libero, extraccademico e antiaccademico, qui non viene neanche considerata, come, a suo tempo, aveva lamentato anche Croce. Perciò se “intellettuali” sono solo quelli definiti “per tabulas” (cioè per la titolarità legale di una cattedra), il problema si sposta sulla qualità di costoro e sul grado di libertà di cui possono disporre (poca, in verità, perché molti di loro devono la carriera ai legami con la politica e non al merito). E qui casca l’asino (mai modo di dire fu più appropriato). I meccanismi di reclutamento e di selezione del ceto accademico, la prassi della cooptazione familiare e clientelare, le leggi di sanatoria di intere categorie di precari universitari e la loro immissione in ruolo (manco fossero stati dei netturbini da stabilizzare sui posti di lavoro) hanno provocato la più completa dequalificazione della categoria. Perciò non ci si deve meravigliare, poi, se costoro siano disposti ai compromessi più umilianti con i potenti locali.>>

 

[Massimo Scalfati: “Intellettuali in soccorso dei vincitori visti da sinistra e da destra”, la Repubblica – Napoli, 19 novembre 2005, pp. i, xv]  

 

 

La carriera universitaria è aperta al merito? (31.III.2006)

 

<<Candido o del porcile dell'Università italiana, è questo il titolo del libro fresco di stampa, pubblicato da Limina Edizioni, che racconta le dis-avventure di un “cervello senza padrino”. L’autore si cela sotto lo pseudonimo di Ernesto Parlachiaro, è un noto studioso di filologia e letteratura che ha voluto mettere nero su bianco il suo controverso rapporto con l’istituzione universitaria italiana.

 

[...]


Per quel che può dirmi senza far cadere il suo anonimato, signor Parlachiaro, potrebbe tracciare brevemente la sua autobiografia?

 

«Ho cinquant’anni. Insegno lettere nei licei da venticinque. Sono anche dottore di ricerca ed ho pubblicato, dagli inizi degli anni ottanta ad oggi, numerosi contributi di filologia e letteratura di riconosciuto valore scientifico presso riviste e collane di notevole prestigio. Scrivo inoltre testi scolastici.»


Candido o del porcile dell'Università italiana è scritto sotto forma di favola ma sembra nascondere una sorta di racconto autobiografico. Qual è la sua personale esperienza col mondo accademico?

 

«Il mio racconto-denuncia, per quanto letterariamente trasfigurato, è in buona parte autobiografico. La mia (desolante) esperienza del mondo accademico è cominciata circa 25 anni fa, quando, sotto la guida e l’incoraggiamento di un professore straordinario ma assai atipico, ho cominciato a fare ricerca e a pubblicare. Da allora, purtroppo, mentre ho avuto molti riconoscimenti e recensioni lusinghiere, anche all’estero, del mio cospicuo lavoro scientifico, tutte le porte di accesso alla docenza universitaria italiana, anche ai gradini più bassi, mi sono state sbarrate per mancanza di requisiti “clientelari”. Nella nostra università, infatti, e specialmente nelle facoltà umanistiche, c’è spazio oggi soltanto per pochissimi super-raccomandati dei baroni: figli e parenti in primo luogo, e poi qualche portaborse disposto a rinunciare ad ogni dignità. Questa almeno è stata la mia esperienza. Non so come funzionino le facoltà scientifiche, ma temo che le cose non stiano molto diversamente.»


Conosce personalmente qualche altro brillante studioso italiano emarginato dall'ostracismo del mondo accademico? Magari qualcuno che si è preso qualche rivincita all'estero.


«Nel mio settore ne conosco molti, tutti costretti a fermarsi (quando va bene) al dottorato di ricerca e poi a ripiegare sull’insegnamento medio. Purtroppo, per gli aspiranti ricercatori di talento nel campo degli studi umanistici non esiste – almeno a quanto mi risulta – il sogno americano. Questo è riservato solo agli scienziati, per ovvi motivi. Per altro la sempre maggiore scarsità di fondi per la ricerca colpisce particolarmente le facoltà umanistiche e ciò non fa altro che rafforzare, direi inevitabilmente, il nepotismo ed il clientelismo in queste facoltà, perché i posti sono sempre più esigui e la lotta per il loro accaparramento a favore degli affiliati alle singole “famiglie” è sempre più feroce.»


A parte le storie individuali, quale pensa che sia il danno più grave arrecato a quel che comunemente viene chiamato "sistema-paese" da un’istituzione universitaria basata sugli scambi clientelari?

 

«Il danno è gravissimo, per gli esclusi e per la società, ma purtroppo praticamente invisibile all’opinione pubblica. Il sistema universitario è infatti rigidamente corporativo e quasi impenetrabile dall’esterno. Questo favorisce il potere feudale dei “baroni” e consente loro qualsiasi manovra utile a conservarlo, nel più totale disprezzo di ogni regola e di ogni legalità sostanziale. Il risultato è che molti autentici “cervelli” vengono sacrificati e al loro posto, non di rado, siedono dei mediocri cooptati secondo criteri che non hanno nulla a che fare (se non accidentalmente) con il merito. Ma se questo danno è più apprezzabile nelle facoltà scientifiche per il noto fenomeno della “fuga dei cervelli” e la conseguente ricaduta economica negativa sulla società, esso è assai meno tangibile in quelle umanistiche, dove del ricercatore incapace e del “somaro in cattedra” non si accorge quasi nessuno, a parte qualche studente più esigente e sensibile, il quale tuttavia non ha né il coraggio né il potere di denunciare la cosa.»


Cosa l'ha spinta a scrivere questo libro? Si è solo "tolto una soddisfazione" o spera di poter contribuire a migliorare le cose?

 

«Mi sono tolto la soddisfazione di dire una verità ignorata dai più (studenti universitari compresi) o accettata, da molti che la conoscono, come ineluttabile. Non sono così ingenuo da pensare che il mio libro riuscirà a modificare un sistema così organizzato e saldo nella sua cronica patologia; tuttavia ritengo che esso possa spronare i nostri politici a porsi seriamente il problema di una riforma radicale delle regole del reclutamento universitario e non solo di esso; a progettare cioè una riforma che possa iniziare ad intaccare alla radice il potere totalmente arbitrario dei baroni e la struttura fondamentalmente ancora feudale della nostra università. Il problema del reclutamento, infatti, sarà risolto solo in un quadro di modernizzazione e di legalizzazione complessivo del sistema.»


Secondo la sua esperienza e le sue conoscenze, signor Parlachiaro, in Italia esiste qualche isola felice, dove le capacità e le competenze trovano il giusto riconoscimento, o le decine di atenei italiani sono tutti allineati e coperti?

 

«Se questa isola felice esiste io non l’ho mai neanche intravista. Certo ci sono università più avanzate, meglio organizzate, apparentemente più moderne di altre (parlo sempre del settore umanistico), ma in realtà ovunque ogni barone mette sulla cattedra solo i polli del proprio pollaio e, tra questi, prima degli altri, solo quelli in possesso dei requisiti extra-merito di cui sopra. Non esiste la minima possibilità, per giovani di talento privi di quei requisiti, di vincere un posto da ricercatore o da associato, per il semplice motivo che non viene consentito loro neanche di cimentarsi in un concorso regolare: la mia esperienza mi insegna che tutti i concorsi universitari sono infatti rigorosamente truccati, a tutti i livelli. Sarebbe, da questo punto di vista, paradossalmente più leale abolire i concorsi e legalizzare il privilegio dei baroni alla cooptazione. Ma se questo si facesse, allora bisognerebbe conseguentemente, a mio avviso, privatizzare le università. Cosa che personalmente non auspico, perché sarebbe un passo indietro, anziché una riforma.»


Infine signor Parlachiaro, uno sguardo al futuro. Vede qualche spiraglio di luce o nei prossimi anni sull'università italiana sarà ancora buio pesto?

 

«Personalmente sono ormai definitivamente fuori del mondo universitario e non saprei fare prognosi o suggerire ricette sicure per un malato così grave. Ritengo tuttavia che i tempi siano abbastanza maturi per una “universitopoli”, cioè per una tangentopoli universitaria. Credo insomma che una maggiore attenzione della magistratura verso le procedure di reclutamento e, più in generale, di gestione della nostra università potrebbe portare alla luce molte iniquità sommerse e dare una energica scossa all’ambiente. Tuttavia credo che l’iniziativa più importante debba venire soprattutto dal legislatore. L’attuale progetto di riforma (che io contesto sotto molti punti di vista, soprattutto per i pericoli di precarizzazione) ha quantomeno il piccolo merito di avviare procedure concorsuali nazionali per contrastare i “localismi”. Non basterà, evidentemente, perché si possono truccare anche concorsi nazionali se li si lascia comunque in mano ai baroni. Tuttavia questa è la direzione giusta: separare il più possibile il reclutamento dal suo contesto locale, cominciando già dal semplice dottorato o dall’assegno di ricerca. È infatti dai gradini più bassi che inizia la cooptazione clientelare di cui sopra; agire solo ai livelli più alti, quelli dei professori associati e degli ordinari, sarebbe inutile. Bisogna che lo stato metta i giovani ricercatori nelle condizioni di giocarsi il proprio futuro su di un piano di assoluta trasparenza e di effettiva parità. Cosa facile a dirsi, ma purtroppo, bisogna riconoscerlo, ancora oggi difficilissimo a farsi.»>>

 

[G. Rincicotti: <Intervista>, 31 marzo 2006, da http://www.unimagazine.it/modules.php?name=Unimagazine&file=articolo&sid=1399 ]

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