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l'inizio...
E ‘ la prima volta in vita mia che viaggio su un treno.
Ormai sono seduto qui, su questo sedile, da quasi un paio d’ore,
forse anche tre. Dal finestrino non posso vedere niente perché
adesso è buio, ma quando il treno è partito il
sole stava giusto per tramontare e si vedevano i fianchi delle
colline con l’erba tutta ingiallita sparsa di foglie rosse
e brune.
Viv via che mi allontano sempre di più da casa mi pare
di star meglio. Il tremito che mi correva su e giù per
le gambe è quasi cessato e adesso i piedi me li sento
di nuovo, mentre prima mi pareva di non averli più, come
se si fossero staccati dal corpo, tanto erano gelati. E non
ho neppure più tanta paura.
***
[…]
In principio mi sentivo in colpa perché mi pareva che
non fosse giusto provare quella specie di repulsione per la
propria madre, ma poi ho riflettuto e mi sono detto che quella
non era più mia madre. Era un’estranea, che faceva
fatica a riconoscermi e mi spaventava. Non somigliava neppure
a mia madre. Sapevo bene com’era mia madre. Mi ricordavo
bene la donna che mi metteva a letto quand’ero bambino,
che aveva ballato con me alla festa giù in fabbrica e
che mi era rimasta accanto quando mio padre era andato in guerra.
Mi ricordavo bene la donna che aveva continuato a guardare il
treno che si era portato via papà anche dopo che era
scomparso dietro la curva. Ma questa non era la stessa persona.
Questa era una donna con la quale avevo paura di stare in casa
da solo. Adesso poi non mi parlava neanche più. Stava
lì seduta a fissarmi e mi faceva paura. E sapevo come
andavano le cose in città. Era passato un bel po’
di tempo dalla sera del mio diploma, quando avevamo chiesto
a Flora di badare alla mamma. Da allora tutti sapevano in che
stato era. Sulle prime erano stati molto gentili con me e quando
avevano capito che non mi andava di parlarne non mi avevano
più chiesto niente. Però io sapevo come la pensavano.
Il tempo per occuparsi dei fatti altrui lo trovavano sempre.
E si sentivano sempre in dovere di complottare per mettere qualcuno
al bando. Come quella volta che hanno preso di mira una donna
che aveva prestato la sua macchina a un uomo di colore e le
hanno detto che si sarebbe trovata molto meglio su nel Nord,
dove tutti erano grandi amici dei neri, e quella volta che avevano
costretto i reduci che si erano portati una moglie dall’Europa
a trasferirsi nella capitale. Chi non si comportava come tutti
gli altri doveva andarsene dalla città. Ecco perché
erano tutti così simili, e pensavano, dicevano, approvavano
e disapprovavano le stesse cose. Quando qualcuno cominciava
a disapprovare qualcosa, ed era la persona giusta, tutti gli
altri lo imitavano e cominciavano a guardar male chi
non faceva come loro. A scuola ci raccomandavano di pensare
con la nostra testa, ma nella nostra città era impossibile.
Ciascuno doveva pensare come aveva sempre pensato suo padre,
il che voleva dire pensarla come tutti gli altri.
Era evidente cosa pensavano della mamma. Lei non aveva più
nessuno in città che potesse prendere le sue parti, così
quello che aveva raccontato Flora era diventato sempre più
spaventoso. Sapevo che Flora era di nuovo grande amica del pastore
e anzi dirigeva la scuola domenicale per adulti. E quando il
pastore si metteva in testa qualcosa non ce n’era per
nessuno. Salvo che nel caso di Bobbie Lee Taylor, riusciva sempre
a ottenere quello che voleva. Se decideva di mandar via qualcuno
dalla città, quello doveva andarsene, specialmente se
non era iscritto nei registri della chiesa.
Erano il pastore e i suoi amici che decidevano chi doveva essere
mandato negli istituti di assistenza dello Stato, come per esempio
il manicomio e l’ospizio dei poveri. Ogni anno il pastore
faceva rinchiudere all’ospizio almeno un paio di vecchi,
anche se loro non volevano. Tutti infatti dicevano che una volta
là dentro si moriva subito, e anche se si trattava di
persone vecchissime, non volevano morire, e piangevano quando
il pastoreveniva a prenderli per accompagnarli al treno. Quelli
che non protestavano ce li portava lui stesso con la sua macchina,
ma erano dei poveracci che si fidavano di lui ed erano convinti
che fosse l’uomo buono che diceva di essere, oppure erano
sordi e non capivano bene che cosa gli stava succedendo. C’era
una vecchia in città che non riusciva più a camminare
e neppure a parlare. Un giorno mentre tornavo dal lavoro ho
visto il pastore portarla fuori dalla casa decrepita dove viveva
e caricarla sulla sua macchina. La vecchia non era in grado
di muoversi, né di parlare, né niente, ma i suoi
occhi erano la cosa più straziante che avessi mai visto
in vita mia. Quando sono passato accanto alla macchina mi ha
rivolto uno sguardo terrorizzato, come un coniglio selvatico
quando si sente preso in trappola e capisce di non avere scampo.
Non so perché l’ho fatto, ma quando la macchina
del pastore è partita sono rimasto là fermo e
l’ho guardata allontanarsi giù per la strada con
la vecchia a bordo. Immagino che adesso sia ancora là,
all’ospizio dei poveri.
***
la fine..
Spero di scendere in qualche città, una vera città,
voglio dire. Ho sempre desiderato vederne una e poi so che nelle
grandi città è più facile trovare lavoro
e la gente non ti fa un mucchio di domande come succede da noi,
nella nostra valle.Forse a quest’ora saranno già
lassù, a casa. La moglie del pastore avrà di certo
mandato qualcuno in giro a cercarlo, ma adesso che sono così
lontano non ho più tanta paura .
Voglio scrivere una lettera a zia Mae. Appena scopro dove mi
trovo mi cerco un lavoro e magari metto via un po’ di
soldi e vado a Nashville a cercarla. Immagino che tutti penseranno
che sono già là, che sono andato da lei.
Adesso che il sole è abbastanza alto, più alto
di quegli alberi piatti, vedo che anche qui il cielo è
limpido e azzurro, proprio come era ieri laggiù, nella
mia valle.
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