Jack Ritchie

 

 

Un metro quadrato di Texas
Marcos y Marcos

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Le regole del gioco
(da "Un metro quadrato di Texas")

E' successo due anni fa, e oggi mi ritengo un uomo ricco. La mia passeggiata quotidiana mi aveva condotto nel parco e fu lì che sentii una disperata invocazione d'aiuto. Rivolsi l'attenzione verso il fiume e mi accorsi che nell'acqua c'era una persona, in gravi difficoltà, a quanto pareva.
Mi guardai attorno, in cerca di qualcuno più giovane di me, magari in grado di effettuare un salvataggio, ma non vidi nessuno. Non mi rimaneva altro da fare che togliermi il giubbotto, sfilarmi in fretta le scarpe e tuffarmi in acqua.
Raggiunsi il tipo con poche bracciate. Era piccolo, leggero e, tutto sommato, collaborava; non risultò difficile trascinarlo a riva.
Non appena fummo sulla terraferma, si alzò, si scrollò più come un cane che come un uomo e sogghignò sfacciatamente.
"Non credi di essere un po' vecchio per queste cose?" disse.
Già. "Tutto bene?"
Annuì e sembrava incontrasse qualche difficoltà a trattenere una risatina di scherno.
"Bene bene, pare che tu mi abbia salvato la vita. Te ne sono profondamente grato. Anzi, in virtù dei poteri a me conferiti, ho la facoltà di concederti …"
fece una pausa per aumentare l'enfasi.
" … tre desideri!".
Lo guardai bene. Strano tipo. Non era facile stabilirne l'età, anche se doveva aver vissuto su questa terra per un periodo piuttosto lungo.
Sorrisi. Sì avevo capito. Alcuni produttori televisivi dovevano aver pagato quest'uomo così buffo affinché si gettasse in acqua, fingesse di annegare e venisse poi salvato da un ignaro passante, a cui avrebbe chiesto in seguito di esprimere tre desideri - tutto per il sollazzo del pubblico.
Gettai lo sguardo furtivamente a destra e a sinistra. Dove potevano aver nascosto le telecamere?.
Avrebbe dovuto esserci un obiettivo da qualche parte, fra i cespugli, fisso su di me proprio in quell'istante. E di certo c'era anche un microfono nei paraggi.
Quanta gente stava guardando il programma?. Molti lo stavano registrando, era più plausibile. Quale si aspettavano che fosse, quelle persone, il mio primo desiderio? Quasi certamente un'avida richiesta di denaro.
Non voglio fare una figuraccia, non voglio certo apparire così banale. Meglio scegliere qualcosa che non c'entri col denaro. Salute e felicità per il mondo, magari?. Sì, ecco. Un po' impegnativo forse, ma dovrebbe mettermi piuttosto in buona luce.
Tuttavia, per prima cosa decisi di dare un tocco umoristico alla vicenda, così da dimostrare al pubblico che mi stava guardando che non ero così stupido da abboccare a quell'offerta dei tre desideri.
Mi sedetti sull'erba, cominciai a infilare le scarpe sui calzini bagnati. "bene, per cominciare" dissi, sorridendo benevolmente all'ometto, "mi piacerebbe essere asciutto".
Prima che potessi finire di allacciarmi le scarpe, mi resi conto di ciò che stava accadendo. Ero asciutto. Completamente asciutto.
Non credevo ai miei occhi. Stavo dormendo? Sognando? O era lontanamente possibile che …
Fissai l'omuncolo. "da quanto tempo fingi di stare annegando e poi offri i tre desideri?".
" Mah, saranno più di cinquecento anni".
Provai con un'altra domanda. "supponiamo, e sottolineo supponiamo, che io desideri un milione di dollari. Otterrei davvero il denaro?".
"ma certamente".
" Tanto, prima o poi salterebbe fuori che questi soldi sono registrati. O magari falsi? O rubati? Insomma, potrei andare incontro a grane di ogni tipo. Ho la sensazione che chiunque abbia ricevuto in dono tre desideri da un personaggio così buffo abbia peggiorato la sua condizione".
Non riuscì a trattenere una risata. "Quando esprimi i tuoi desideri, è bene che tu sia preciso. Molto preciso. Altrimenti potrebbero nascere sottili malintesi. Ora, qual è il secondo desiderio?"
"Ci sto pensando" dissi un po' bruscamente "ci sto pensando".
Alzò le spalle. "Prenditi tutto il tempo che vuoi. Starò con te finchè non avrai espresso i tre desideri. Sai com'è, le regole del gioco".
Cominciai a camminare. Un po' prendevo tempo, un po' speravo che qualcuno gridasse che ero fuori dall'inquadratura.
Nessuno lo fece.
Con un balzo lo strano ometto mi fu vicino. Mi chiedevo cosa potesse pensare un tizio, passando da quelle parti, vedendoci. L'ometto sogghignò. "Nessun altro a parte te può vedermi. Anche se c'è qualcuno intorno a noi, tu sei solo".
Andai dritto verso casa. L'omuncolo non rimase per nulla colpito dalle dimensioni dell'appartamento, né dell'arredamento.
"Pensa soltanto a cosa potresti fare con un paio di milioni di dollari" disse.
Mi guardò mentre appendevo il giubbotto. "Che ne dici della giovinezza? Perché non desiderare la giovinezza? Non vorresti tornare giovane?" Tornare giovane?
Era una bella tentazione. Ma fino a che punto sarei tornato giovane? Mi avrebbe tramutato in un neonato? Un orfano? Sarei stato malaticcio? O tanto sgradevole che nessuno mi avrebbe mai adottato? O sarei stato adottato dalle persone sbagliate? Mi sarebbe mancata la giusta attenzione da parte dei genitori? Sarei diventato un giovane delinquente, crescendo? Questo mi avrebbe condotto verso crimini più seri? Chiuso in prigione per il resto dei miei giorni?
Cominciava a girarmi la testa. Quante varianti spiacevoli! Se desideravo davvero la giovinezza, dovevo estremamente essere preciso riguardo a ciò che volevo. Una minima svista o un'omissione e mi sarei ritrovato in una situazione disastrosa. "dimmi" domandai con cautela "è mai riuscito, qualcuno, a essere più furbo di te nella scelta dei desideri?"
Sorrise a stento, scrutando il mio televisore. L'accese.
"Non funziona" dissi.
Poggiò una mano sull'apparecchio. "Potrebbe essere un filo che non fa contatto. Se solo dessi un colpetto …"
"Vorrei che fosse così facile, ma il tubo catodico è …"
Colpì con decisione un lato del televisore. Un'immagine chiara e perfetta apparve all'improvviso sullo schermo.
Lui ridacchiò. "E adesso, qual è il tuo terzo desiderio?"
Chiusi gli occhi. Avevo appena sprecato la mia seconda opportunità. Ero stato tratto in inganno, del resto. Non mi rimaneva che una sola possibilità. Aprii gli occhi. "Solo un momento. Prima di andare avanti, lascia che sia io a stabilire una regola fra noi. Non voglio che il terzo desiderio esca dalla mia bocca in un momento di distrazione o che si avveri solo perché ho farfugliato qualcosa nel sonno. Quando lo esprimerò, sarà in maniera del tutto formale e come si conviene. Dirò: "Io, Andrei H. Meeker , nel pieno delle mie facoltà mentali e del mio stanco corpo, qui adesso, vorrei che …" e riempirò lo spazio vuoto".
Fu subito d'accordo. "Molto bene. E qual è il tuo terzo desiderio?"
"Devo pensarci su ancora un po'".
Gioventù? Vivere la mia vita di nuovo?
Con lo stesso codice genetico? Gli stessi cromosomi? Davvero vorrei rivivere la mia vita, se questa fosse poi essenzialmente identica a quella che ho vissuto finora?
Non mi sarei mai sposato. La mia famiglia non si sarebbe curata di me. Mi sarei recato tutti i giorni feriali in ufficio e ogni giorno sarebbe stato uguale agli altri per i successivi trent'anni. Sarei tornato a casa, nel mio appartamento, e avrei affrontato i miei problemi scacchistici, o guardato la televisione, o letto qualcosa.
L'omino, vicino al televisore, alzò lo sguardo.
"Ebbene?"
Sospirai. "Accadrà qualcosa di spaventoso dopo che avrò espresso il mio terzo desiderio, non è vero?"
Lui mi guardò con aria innocente. "Qualcosa di spaventoso? Quando ti ho fatto asciugare i vestiti, nulla di terribile è accaduto".
"Sì, ma quelli erano desideri gettati al vento e tu lo sai. Ora stai aspettando il terzo desiderio e hai intenzione di frenare l'entusiasmo".
Trattenne un sorriso e tornò verso il televisore per guardare una replica di I Love Lucy.

Ebbene sì, ormai sono trascorsi due anni dal momento in cui il buffo ometto è entrato nella mia vita. Si è subito trasformato in un accanito divoratore di programmi televisivi, un giocatore di scacchi competente e un allegro compagno per le mie passeggiate.
Io non ho ancora espresso il mio terzo desiderio. E non ho nessuna intenzione di farlo, ovviamente.
Dopotutto, adesso ho quello che è sempre mancato nella mia vita.
Un buon amico.

 

***

 

Doppio lavoro
(da "Un metro quadrato di Texas")

Ed Cervic si nascose dietro lo scaffale delle riviste e controllò ancora una volta la sofisticata trentotto. Quasi gli scivolò dalla mano umida mentre la rimetteva a posto.
Si spostò lentamente a sinistra e con lo sguardo esaminò l'interno del drugstore di Larson.
Dieci minuti prima c'erano sei clienti. Adesso ne rimanevano soltanto tre : la donna più anziana faceva capolino dallo scaffale delle medicine, il giovane punk guardava l'espositore delle pipi e la ragazza sui ventenni curiosava fra i biglietti d'auguri.
Più Larson : alla cassa ,stava compilando un ordine.
Come avrebbe reagito? Si chiese. In modo isterico?Magari sarebbe svenuto : era successo. O avrebbe tentato di fare l'eroe?
Impossibile prevederlo. Cervic si asciugò la mano destra sui pantaloni.
Larson voltò lo sguardo verso di lui.
Cervic prese una rivista a caso e la aprì. Una di quelle che parlano di automobili.
Automobili.
Sorrise sconsolato. Che bidone aveva beccato.
Aveva dovuto cambiare le cinghie di trasmissione dopo soli due anni. Trecentosessanta bigliettoni. E il mese passato batteria nuova e generatore in un colpo solo. Altri cinquantasei dollari.
Infine il dannato termostato.
Ed Cervic imprecò sommessamente.
E doveva ancora finire di pagarla. Aveva dovuto chiedere alla banca un nuovo finanziamento dopo il guasto alla trasmissione. Un inferno per il bilancio.
Come diavolo faceva la gente a tirare avanti con il proprio stipendio?
La risposta era che non ce la facevano.Suo cognato,insegnante: quel che guadagnava non bastava mai.La sera e nei fine settimana guidava il taxi.E il vicino di Cervic; Charley.Lavorava in psta dalle otto alle cinque.Poi serviva al bar.
Ed Cervic imprecò di nuovo.
Ci mancava solo quel maledetto termostato! Fino ad allora era riuscito a cavarsela. Scrutò il negozio.
La vecchia signora era andata via. Bene.Ma il punk e la ragazza erano ancora lì.
Larson era al telefono. Guardò verso Cervic. Cervic mise a posto la rivista sullo scaffale e sfilò un quotidiano dall'espositore.Le dita lasciarono segni umidi agli angoli del giornale non appena sfogliò la pagina della cronaca locale.
Lesse di nuovo l'articolo. Drugstore. Sempre drugstore.
Perché no ? Cervic pensò. Perché rischiare sul nuovo quando si ha qualcosa di facile a tiro?
Le labbra si contrassero un po' mentre leggeva la descrizione. Le testimonianze concordavano. Altezza media. Corporatura media. Capelli castani. Sui trent'anni. Si era coperto il viso con un fazzoletto al momento di afferrare la pistola.
Sette drugstore fino ad allora.
Sempre nella stessa zona. Sempre fra le cinque e mezza e le sei e mezza di pomeriggio.
Ed Cervic sorrise appena.
Probabilmente ha un lavoro e non può staccare prima delle cinque. Forse è un povero zotico che non sa amministrare lo stipendio. Probabilmente ha giusto il tempo di rapinare un negozio prima di prendere il metrò per tornare a casa.
Cervic diede un occhiata all'orologio a muro.
Le sei e un quarto.
Doveva essere a casa verso le sei e mezza. Madge l'aspettava per cena.
Osservò di nuovo il negozio. Anche il giovane punk se ne era andato. Restava solo la ragazza. Larson la aspettava alla cassa.
La porta principale si aprì con un leggero sibilo e Cervic si irrigidì alla vista dell'uniforme blu.
Dannazione, pensò. Dannazione.
Certamente una recluta. Uno di quei giovani piuttosto in gamba. Di quelli che possono rovinare tutto.
Cervic voltò una pagina del giornale. Trasse un respiro profondo e attese,
Il piedipiatti lo scrutò per qualche secondo, poi si diresse verso la porta. Uscì.
Ed Cervic tirò un sospiro.
La ragazza prese una busta di carta sottile con i biglietti d'auguri e in un lampo fu in strada.
Nel negozio rimanevano solo lui e Larson.
Sei e venticinque. Sistemò il quotidiano sullo scaffale.
Sentì il cuore battere più forte. Il fazzoletto
Il capitano Harrison era compiaciuto. - Ci siamo appostati in dodici negozi del quartiere prevedendo che avrebbe colpito in uno di quelli. Alla fine si scopre che è solo un babbeo incapace di far quadrare il bilancio familiare-.
Larson si versò da bere da una bottiglia.
- Quando è entrato con il fazzoletto sul viso, sono quasi svenuto-.
- E tu, hai avuto qualche problema?- chiese Harrison.
Ed Cervic scosse la testa. -No, capitano. Credo di aver avuto paura quanto lui, ma appena ho gridato ha buttato la pistola -.
Harrison sogghignò. - Ricordo come ero nervoso al mio primo appostamento, Ed. Ma ci fai l'abitudine dopo un paio di volte -.
Cervic sollevò di nuovo lo sguardo verso l'orologio. Tutto ciò gli stava facendo perdere tempo. Forse avrebbe dovuto chiamare Madge per dirle che saltava la cena.
Non ne sarebbe stata felice, ma lui doveva essere da Mario, al distributore, prima delle nove.
Se mai Harrison l'avesse scoperto, Ed Cervic avrebbe rischiato la cacciata dal corpo di polizia. Riempire taniche di benzina e lavare parabrezza non è esattamente ciò che un poliziotto dovrebbe fare fuori servizio, ma dannazione, oggi come oggi devi avere un doppio lavoro per far quadrare i conti.

 

 

 

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