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Un
metro quadrato di Texas
Marcos y Marcos
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Le
regole del gioco
(da "Un metro quadrato di Texas")
E'
successo due anni fa, e oggi mi ritengo un uomo ricco. La mia
passeggiata quotidiana mi aveva condotto nel parco e fu lì
che sentii una disperata invocazione d'aiuto. Rivolsi l'attenzione
verso il fiume e mi accorsi che nell'acqua c'era una persona,
in gravi difficoltà, a quanto pareva.
Mi guardai attorno, in cerca di qualcuno più giovane
di me, magari in grado di effettuare un salvataggio, ma non
vidi nessuno. Non mi rimaneva altro da fare che togliermi il
giubbotto, sfilarmi in fretta le scarpe e tuffarmi in acqua.
Raggiunsi il tipo con poche bracciate. Era piccolo, leggero
e, tutto sommato, collaborava; non risultò difficile
trascinarlo a riva.
Non appena fummo sulla terraferma, si alzò, si scrollò
più come un cane che come un uomo e sogghignò
sfacciatamente.
"Non credi di essere un po' vecchio per queste cose?"
disse.
Già. "Tutto bene?"
Annuì e sembrava incontrasse qualche difficoltà
a trattenere una risatina di scherno.
"Bene bene, pare che tu mi abbia salvato la vita. Te ne
sono profondamente grato. Anzi, in virtù dei poteri a
me conferiti, ho la facoltà di concederti
"
fece una pausa per aumentare l'enfasi.
"
tre desideri!".
Lo guardai bene. Strano tipo. Non era facile stabilirne l'età,
anche se doveva aver vissuto su questa terra per un periodo
piuttosto lungo.
Sorrisi. Sì avevo capito. Alcuni produttori televisivi
dovevano aver pagato quest'uomo così buffo affinché
si gettasse in acqua, fingesse di annegare e venisse poi salvato
da un ignaro passante, a cui avrebbe chiesto in seguito di esprimere
tre desideri - tutto per il sollazzo del pubblico.
Gettai lo sguardo furtivamente a destra e a sinistra. Dove potevano
aver nascosto le telecamere?.
Avrebbe dovuto esserci un obiettivo da qualche parte, fra i
cespugli, fisso su di me proprio in quell'istante. E di certo
c'era anche un microfono nei paraggi.
Quanta gente stava guardando il programma?. Molti lo stavano
registrando, era più plausibile. Quale si aspettavano
che fosse, quelle persone, il mio primo desiderio? Quasi certamente
un'avida richiesta di denaro.
Non voglio fare una figuraccia, non voglio certo apparire così
banale. Meglio scegliere qualcosa che non c'entri col denaro.
Salute e felicità per il mondo, magari?. Sì, ecco.
Un po' impegnativo forse, ma dovrebbe mettermi piuttosto in
buona luce.
Tuttavia, per prima cosa decisi di dare un tocco umoristico
alla vicenda, così da dimostrare al pubblico che mi stava
guardando che non ero così stupido da abboccare a quell'offerta
dei tre desideri.
Mi sedetti sull'erba, cominciai a infilare le scarpe sui calzini
bagnati. "bene, per cominciare" dissi, sorridendo
benevolmente all'ometto, "mi piacerebbe essere asciutto".
Prima che potessi finire di allacciarmi le scarpe, mi resi conto
di ciò che stava accadendo. Ero asciutto. Completamente
asciutto.
Non credevo ai miei occhi. Stavo dormendo? Sognando? O era lontanamente
possibile che
Fissai l'omuncolo. "da quanto tempo fingi di stare annegando
e poi offri i tre desideri?".
" Mah, saranno più di cinquecento anni".
Provai con un'altra domanda. "supponiamo, e sottolineo
supponiamo, che io desideri un milione di dollari. Otterrei
davvero il denaro?".
"ma certamente".
" Tanto, prima o poi salterebbe fuori che questi soldi
sono registrati. O magari falsi? O rubati? Insomma, potrei andare
incontro a grane di ogni tipo. Ho la sensazione che chiunque
abbia ricevuto in dono tre desideri da un personaggio così
buffo abbia peggiorato la sua condizione".
Non riuscì a trattenere una risata. "Quando esprimi
i tuoi desideri, è bene che tu sia preciso. Molto preciso.
Altrimenti potrebbero nascere sottili malintesi. Ora, qual è
il secondo desiderio?"
"Ci sto pensando" dissi un po' bruscamente "ci
sto pensando".
Alzò le spalle. "Prenditi tutto il tempo che vuoi.
Starò con te finchè non avrai espresso i tre desideri.
Sai com'è, le regole del gioco".
Cominciai a camminare. Un po' prendevo tempo, un po' speravo
che qualcuno gridasse che ero fuori dall'inquadratura.
Nessuno lo fece.
Con un balzo lo strano ometto mi fu vicino. Mi chiedevo cosa
potesse pensare un tizio, passando da quelle parti, vedendoci.
L'ometto sogghignò. "Nessun altro a parte te può
vedermi. Anche se c'è qualcuno intorno a noi, tu sei
solo".
Andai dritto verso casa. L'omuncolo non rimase per nulla colpito
dalle dimensioni dell'appartamento, né dell'arredamento.
"Pensa soltanto a cosa potresti fare con un paio di milioni
di dollari" disse.
Mi guardò mentre appendevo il giubbotto. "Che ne
dici della giovinezza? Perché non desiderare la giovinezza?
Non vorresti tornare giovane?" Tornare giovane?
Era una bella tentazione. Ma fino a che punto sarei tornato
giovane? Mi avrebbe tramutato in un neonato? Un orfano? Sarei
stato malaticcio? O tanto sgradevole che nessuno mi avrebbe
mai adottato? O sarei stato adottato dalle persone sbagliate?
Mi sarebbe mancata la giusta attenzione da parte dei genitori?
Sarei diventato un giovane delinquente, crescendo? Questo mi
avrebbe condotto verso crimini più seri? Chiuso in prigione
per il resto dei miei giorni?
Cominciava a girarmi la testa. Quante varianti spiacevoli! Se
desideravo davvero la giovinezza, dovevo estremamente essere
preciso riguardo a ciò che volevo. Una minima svista
o un'omissione e mi sarei ritrovato in una situazione disastrosa.
"dimmi" domandai con cautela "è mai riuscito,
qualcuno, a essere più furbo di te nella scelta dei desideri?"
Sorrise a stento, scrutando il mio televisore. L'accese.
"Non funziona" dissi.
Poggiò una mano sull'apparecchio. "Potrebbe essere
un filo che non fa contatto. Se solo dessi un colpetto
"
"Vorrei che fosse così facile, ma il tubo catodico
è
"
Colpì con decisione un lato del televisore. Un'immagine
chiara e perfetta apparve all'improvviso sullo schermo.
Lui ridacchiò. "E adesso, qual è il tuo terzo
desiderio?"
Chiusi gli occhi. Avevo appena sprecato la mia seconda opportunità.
Ero stato tratto in inganno, del resto. Non mi rimaneva che
una sola possibilità. Aprii gli occhi. "Solo un
momento. Prima di andare avanti, lascia che sia io a stabilire
una regola fra noi. Non voglio che il terzo desiderio esca dalla
mia bocca in un momento di distrazione o che si avveri solo
perché ho farfugliato qualcosa nel sonno. Quando lo esprimerò,
sarà in maniera del tutto formale e come si conviene.
Dirò: "Io, Andrei H. Meeker , nel pieno delle mie
facoltà mentali e del mio stanco corpo, qui adesso, vorrei
che
" e riempirò lo spazio vuoto".
Fu subito d'accordo. "Molto bene. E qual è il tuo
terzo desiderio?"
"Devo pensarci su ancora un po'".
Gioventù? Vivere la mia vita di nuovo?
Con lo stesso codice genetico? Gli stessi cromosomi? Davvero
vorrei rivivere la mia vita, se questa fosse poi essenzialmente
identica a quella che ho vissuto finora?
Non mi sarei mai sposato. La mia famiglia non si sarebbe curata
di me. Mi sarei recato tutti i giorni feriali in ufficio e ogni
giorno sarebbe stato uguale agli altri per i successivi trent'anni.
Sarei tornato a casa, nel mio appartamento, e avrei affrontato
i miei problemi scacchistici, o guardato la televisione, o letto
qualcosa.
L'omino, vicino al televisore, alzò lo sguardo.
"Ebbene?"
Sospirai. "Accadrà qualcosa di spaventoso dopo che
avrò espresso il mio terzo desiderio, non è vero?"
Lui mi guardò con aria innocente. "Qualcosa di spaventoso?
Quando ti ho fatto asciugare i vestiti, nulla di terribile è
accaduto".
"Sì, ma quelli erano desideri gettati al vento e
tu lo sai. Ora stai aspettando il terzo desiderio e hai intenzione
di frenare l'entusiasmo".
Trattenne un sorriso e tornò verso il televisore per
guardare una replica di I Love Lucy.
Ebbene
sì, ormai sono trascorsi due anni dal momento in cui
il buffo ometto è entrato nella mia vita. Si è
subito trasformato in un accanito divoratore di programmi televisivi,
un giocatore di scacchi competente e un allegro compagno per
le mie passeggiate.
Io non ho ancora espresso il mio terzo desiderio. E non ho nessuna
intenzione di farlo, ovviamente.
Dopotutto, adesso ho quello che è sempre mancato nella
mia vita.
Un buon amico.
***
Doppio
lavoro
(da "Un metro quadrato di Texas")
Ed Cervic si nascose dietro lo scaffale delle riviste e controllò
ancora una volta la sofisticata trentotto. Quasi gli scivolò
dalla mano umida mentre la rimetteva a posto.
Si spostò lentamente a sinistra e con lo sguardo esaminò
l'interno del drugstore di Larson.
Dieci minuti prima c'erano sei clienti. Adesso ne rimanevano
soltanto tre : la donna più anziana faceva capolino dallo
scaffale delle medicine, il giovane punk guardava l'espositore
delle pipi e la ragazza sui ventenni curiosava fra i biglietti
d'auguri.
Più Larson : alla cassa ,stava compilando un ordine.
Come avrebbe reagito? Si chiese. In modo isterico?Magari sarebbe
svenuto : era successo. O avrebbe tentato di fare l'eroe?
Impossibile prevederlo. Cervic si asciugò la mano destra
sui pantaloni.
Larson voltò lo sguardo verso di lui.
Cervic prese una rivista a caso e la aprì. Una di quelle
che parlano di automobili.
Automobili.
Sorrise sconsolato. Che bidone aveva beccato.
Aveva dovuto cambiare le cinghie di trasmissione dopo soli due
anni. Trecentosessanta bigliettoni. E il mese passato batteria
nuova e generatore in un colpo solo. Altri cinquantasei dollari.
Infine il dannato termostato.
Ed Cervic imprecò sommessamente.
E doveva ancora finire di pagarla. Aveva dovuto chiedere alla
banca un nuovo finanziamento dopo il guasto alla trasmissione.
Un inferno per il bilancio.
Come diavolo faceva la gente a tirare avanti con il proprio
stipendio?
La risposta era che non ce la facevano.Suo cognato,insegnante:
quel che guadagnava non bastava mai.La sera e nei fine settimana
guidava il taxi.E il vicino di Cervic; Charley.Lavorava in psta
dalle otto alle cinque.Poi serviva al bar.
Ed Cervic imprecò di nuovo.
Ci mancava solo quel maledetto termostato! Fino ad allora era
riuscito a cavarsela. Scrutò il negozio.
La vecchia signora era andata via. Bene.Ma il punk e la ragazza
erano ancora lì.
Larson era al telefono. Guardò verso Cervic. Cervic mise
a posto la rivista sullo scaffale e sfilò un quotidiano
dall'espositore.Le dita lasciarono segni umidi agli angoli del
giornale non appena sfogliò la pagina della cronaca locale.
Lesse di nuovo l'articolo. Drugstore. Sempre drugstore.
Perché no ? Cervic pensò. Perché rischiare
sul nuovo quando si ha qualcosa di facile a tiro?
Le labbra si contrassero un po' mentre leggeva la descrizione.
Le testimonianze concordavano. Altezza media. Corporatura media.
Capelli castani. Sui trent'anni. Si era coperto il viso con
un fazzoletto al momento di afferrare la pistola.
Sette drugstore fino ad allora.
Sempre nella stessa zona. Sempre fra le cinque e mezza e le
sei e mezza di pomeriggio.
Ed Cervic sorrise appena.
Probabilmente ha un lavoro e non può staccare prima delle
cinque. Forse è un povero zotico che non sa amministrare
lo stipendio. Probabilmente ha giusto il tempo di rapinare un
negozio prima di prendere il metrò per tornare a casa.
Cervic diede un occhiata all'orologio a muro.
Le sei e un quarto.
Doveva essere a casa verso le sei e mezza. Madge l'aspettava
per cena.
Osservò di nuovo il negozio. Anche il giovane punk se
ne era andato. Restava solo la ragazza. Larson la aspettava
alla cassa.
La porta principale si aprì con un leggero sibilo e Cervic
si irrigidì alla vista dell'uniforme blu.
Dannazione, pensò. Dannazione.
Certamente una recluta. Uno di quei giovani piuttosto in gamba.
Di quelli che possono rovinare tutto.
Cervic voltò una pagina del giornale. Trasse un respiro
profondo e attese,
Il piedipiatti lo scrutò per qualche secondo, poi si
diresse verso la porta. Uscì.
Ed Cervic tirò un sospiro.
La ragazza prese una busta di carta sottile con i biglietti
d'auguri e in un lampo fu in strada.
Nel negozio rimanevano solo lui e Larson.
Sei e venticinque. Sistemò il quotidiano sullo scaffale.
Sentì il cuore battere più forte. Il fazzoletto
Il capitano Harrison era compiaciuto. - Ci siamo appostati in
dodici negozi del quartiere prevedendo che avrebbe colpito in
uno di quelli. Alla fine si scopre che è solo un babbeo
incapace di far quadrare il bilancio familiare-.
Larson si versò da bere da una bottiglia.
- Quando è entrato con il fazzoletto sul viso, sono quasi
svenuto-.
- E tu, hai avuto qualche problema?- chiese Harrison.
Ed Cervic scosse la testa. -No, capitano. Credo di aver avuto
paura quanto lui, ma appena ho gridato ha buttato la pistola
-.
Harrison sogghignò. - Ricordo come ero nervoso al mio
primo appostamento, Ed. Ma ci fai l'abitudine dopo un paio di
volte -.
Cervic sollevò di nuovo lo sguardo verso l'orologio.
Tutto ciò gli stava facendo perdere tempo. Forse avrebbe
dovuto chiamare Madge per dirle che saltava la cena.
Non ne sarebbe stata felice, ma lui doveva essere da Mario,
al distributore, prima delle nove.
Se mai Harrison l'avesse scoperto, Ed Cervic avrebbe rischiato
la cacciata dal corpo di polizia. Riempire taniche di benzina
e lavare parabrezza non è esattamente ciò che
un poliziotto dovrebbe fare fuori servizio, ma dannazione, oggi
come oggi devi avere un doppio lavoro per far quadrare i conti.
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