Jack Ritchie

 

Il caro prezzo della privacy
Marcos y Marcos


 

***

Non dirlo a tua madre
(da "Il caro prezzo della privacy")

Esamini gli attrezzi appoggiati al muro del capanno. Avrei dovuto prendere anche il piccone? Forse il terreno era troppo duro per poter scavare normalmente.
Cindy, mia figlia undicenne, sbucò dalla porta aperta.
Dannazione. Pensavo che fosse andata giù in paese a trovare la nonna e che non sarebbe tornata prima di tre quattro ore.
"Cosa stai cercando?"mi chiese.
"La pala".
"Perché?"
"Devo piantare gli asparagi, mi serve per scavare".
"Perché non usi la vanga?" suggerì Cindy. "E' più adatta per scavare. La pala serve per spalare".
Presi la vanga.
Cindy aggrottò le ciglia pensierosa.
"In effetti, per scavare va bene anche la pala appuntita. Si chiama pala triangolare. L' ho imparato agli Scout".
Presi anche la pala triangolare. "Pensavo che andassi a trovare la nona".
Alzò le spalle. ""E' lunga in bicicletta e oggi fa piuttosto caldo.
"La nonna rimarrà delusa se questa settimana non vai a trovarla neanche una volta". Spostai gli attrezzi in una mano e con l'altra estrassi qualche spicciolo dalla tasca. "Forse una bibita fresca ti aiuterà ad arrivare fino in paese. Ma non dirlo a tua madre" aggiunsi senza pensarci.
"Va bene" acconsentì raggiante. Era sul punto di andarsene, ma poi esitò. "Dov'è la mamma?"
"Al momento, non te lo so dire. So solo che è uscita".
"Perché non ha preso la macchina?"
"C'è qualche problema alla marmitta. E' passata a prenderla una amica".
Guardai Cindy montare in bicicletta e scendere a ruota libera il nostro vialetto fino alla strada. Frenò allo stop, come le era stato insegnato, poi proseguì a sinistra sulla strada principale verso il paese.
Raggiunsi l'automobile parcheggiata nel vialetto e ricontrollai la serratura del bagagliaio. Sì, era ancora chiusa. Aggeggio piuttosto ingannevole, quella serratura; talvolta funzionava a meraviglia, talvolta, invece, si apriva di scatto e lasciava il bagagliaio socchiuso di qualche centimetro.
Sistemai la pala, vanga e piccone sul sedile posteriore e sgattaiolai alla guida. Attraversai adagio il vialetto di ghiaia, mi diressi verso il giardino sul retro di casa e salii lentamente sulla collina in direzione dei boschi, circa un centinaio di metri più in alto.
Ero già salito fin lì e sapevo che vi era spazio appena sufficiente per addentrarsi una quindicina di metri nel boschetto.
Parcheggiai, scesi dall'auto e ispezionai il posto che avevo in mente.
Che dimensioni avrebbe dovuto avere questa fossa? Le fosse tradizionali che dimensioni hanno? Due metri per uno, profonde quasi due?
Pensai che due metri per uno suppergiù potessero bastare. Dopo tutto, non dovevo seppellire una bara.
Mi misi a scavare con la pala triangolare. Non sono molto portato per il lavoro fisico, quindi mi fermai spesso a riprendere fiato. Dopo circa quaranta minuti, mi accorsi che sul palmo delle mani cominciavano a formarsi delle vesciche. Questa proprio non ci voleva. Avevo calcolato almeno altre due ore di lavoro e non volevo certo dover combattere contro le vesciche.
Decisi di tornare a casa a cercare un paio di guanti da lavoro.
Uscito dal bosco, mi fermai un istante per riabituare gli occhi alla luce. Sì, da qui era possibile godere di una vista panoramica su tutto il paese. Si potevano distinguere i confini di ogni singolo edificio: il municipio, la banca, il supermercato con il parcheggio. I genitori di mia moglie Marian vivevano ancora in quella casa con il tetto verde a due passi dalla chiesa.
Da quanto tempo eravamo sposati Marian e io? Tredici anni? Qualcosa del genere.
Un matrimonio burrascoso? No, burrascoso era una parola troppo grossa - ma Marian aveva un bel caratterino, che spesso si faceva sentire.
Ritornai a casa e trovai ne seminterrato un paio di guanti da lavoro imbottiti.
Squillò il telefono proprio mentre stavo per uscire. Sollevai la cornetta.
"C'è Marian?" chiese una voce.
Era la signora Walzer, una vicina che viveva a neanche un chilometro da noi.
"No" risposi. "Mia moglie non è in casa".
"Potrebbe essere dai genitori?"
"Non mi ha detto dove sarebbe andata quando è uscita".
Pensai che avrebbe riappeso, e invece proseguì "Ha sentito l'ultima?"
"A che proposito?"
la signora Walzer assunse un tono leggermente stizzito. "Ma riguardo alla rapina in banca di questa mattina, ovviamente. C'erano due testimoni".
"Davvero? Credevo che ce ne fossero una decina, se non di più".
"Intendo dire che due persone hanno effettivamente visto il rapinatore a volto scoperto. Se lo immagina!"
Mi cadde un guanto. Lo raccolsi.
"Dopo aver rapinato la banca" continuò "è corso nel vicolo e si è tolto la maschera. Suppongo che trovasse troppo sospetto andare in giro mascherato".
"Chi son i testimoni?"
"Due forestieri. Erano qui solo di passaggio e si sono fermati per un boccone. Hanno visto l'uomo correre nel vicolo e togliersi la maschera: l'hanno visto bene in viso".
"E adesso dove sono?"
"Lo sceriffo li ha condotti nel capoluogo. Dovranno guardare le fotografie dei delinquenti. Le chiamano foto segnaletiche. Ma supponiamo che il rapinatore non abbia precedenti penali?"
"In tal caso, immagino che non troveranno la sua foto negli archivi".
Sospirò. "E' scappato con 50,000 dollari".
Per essere precisi, erano 48,280.
Quando la signora Walzer riappese, tornai sulla collina e ripresi a scavare. I guanti mi alleviarono notevolmente il dolore alle mani.
Come si fa a spendere 48,280 dollari? Si può viaggiare, naturalmente, se non si è eccessivamente carichi di responsabilità. O forse trasferirsi definitivamente -abbandonare le proprie radici - cercare un posticino dove spendere al sicuro un bel po' di denaro senza attirare troppo l'attenzione?
No. Non la vedevo così.
Mi sembrava più saggio, più intelligente, rimanere dove si è e spendere il denaro con giudizio. Per la felicità e il carattere di qualcuno, aggiungere anche solo tre o quattromila dollari extra all'anno al proprio reddito, una cifra che passa del tutto inosservata, fa una differenza incredibile.
Decisi di smettere di scavare a circa un metro e mezzo di profondità.
Mi sembrava già abbastanza.
Raggiunsi il bagagliaio dell'auto e girai la chiave nella serratura. Fu difficoltoso come sempre, ma alla fine riuscii ad aprirla.
Osservai il corpo con disgusto. Si prospettava più complicato di quanto mi aspettassi. Il rigor mortis sembrava già avanzato, il cadavere era mezzo incastrato in quello spazio ristretto.
Erano quasi le quattro quando finii di ricoprire la fossa. Spianai il terreno sovrastante e lo coprii con delle foglie. Nessuno avrebbe potuto distinguerlo da qualunque altro punto del bosco.
Riposi gli attrezzi nel bagagliaio e uscii dalla boscaglia. Ripresi la strada verso il nostro vialetto.
Una volta a casa, mi lavai e mi cambiai d'abito. Avevo appena terminato quando Cindy rincasò.
"La mamma è già a casa?"
"No".
"Sapevi che due testimoni oculari hanno proprio visto il rapinatore a volto scoperto?"
"Sì, l'ho sentito dire".
"Lo sceriffo li ha portati nella capitale oggi pomeriggio per guardare le foto segnaletiche e loro hanno identificato il rapinatore".
La fissai un istante.
"Hanno riconosciuto un tizio di nome Tony Brannigan. Mi ricordo il cognome perché c'è una Polly Brannigan nella mia classe, ma non è parente. Nella fedina penale quello ha una lista di arresti lunga così". E ne indicò con le mani la lunghezza. "Hai scavato la buca per gli asparagi?"
"Ci ho ripensato".
"Che cosa c'è per cena?"
"Non ne ho la minima idea".
"Ma io ho fame".
Sospirai. "Va bene. Ci sono dei biscotti al cioccolato in uno degli armadietti in cucina".
Sorrise. "Ma non dirlo a tua madre!"
Prese i biscotti e salì in camera ad ascoltare quei dischi assordanti di rock and roll.
Vidi una berlina azzurra fermarsi ai piedi del nostro vialetto. Andai in cucina e preparai delle bibite.dopo circa un minuto, sentii aprire la porta. Mia moglie Marian entrò in cucina. "Fatto?"
"Sì" risposi. "Fatto".
Si tolse il soprabito. "Non è come se l'avessimo ucciso noi".
"No".
Quella mattina alle dieci e mezza, Marian e io eravamo al supermercato a fare la spesa, quando sentimmo le sirene della polizia accorrere per la rapina in banca.
Insieme ad altre centinaia di persone, ci fermammo a guardare gli agenti di polizia locale e federale schierarsi in tutto il quartiere alla ricerca del ladro.
Dopo un po', sistemammo la spesa sul sedile posteriore dell'auto e tornammo a casa.
Nel nostro vialetto, quando aprii il bagagliaio per scaricare la canna per annaffiare appena acquistata, ci trovammo di fronte al corpo dell uomo di cui sapevo solo ora il nome, Tony Brannigan - e alla borsa con i 48,280 dollari accanto a lui.
Evidentemente, scappando dalla banca, Brannigan aveva svoltato nel parcheggio del supermercato. Vedendo il nostro bagagliaio leggermente aperto, ci si era infilato in un momento di disperazione e aveva e l'aveva richiuso. Forse intendeva rimanervi tranquillamente nascosto fino a quando non gli sarebbe capitata l'occasione di venir fuori sano e salvo; ma Marian e io avevamo preso l'auto ed eravamo usciti dal parcheggio; Brannigan, ancora rannicchiato nel bagagliaio, era morto.
Infarto, soffocamento, monossido di carbonio?
Pensai soprattutto a quest'ultimo. In quanto il viso del rapinatore era di un rosso piuttosto acceso.
"E' probabile che il denaro sia assicurato" disse Marian. "Voglio dire, non danneggiamo nessuno se ce lo teniamo, vero?"
"No".
Sorseggiò a bibita che le porsi. "Ho promesso a mia madre che sarei passata a sistemarle i capelli".
La ammonii. "Ma ricordati che questo è il nostro piccolo segreto. Tuo e mio. Non dirlo a tua madre".
Sospirò. "Lo so, ma le ho sempre detto tutto e mi sentirò terribilmente in colpo".
La accompagnai in auto da sua madre e poi passai all'officina di Len.
Una marmitta difettosa può essere fatale, soprattutto se si viaggia nel bagagliaio.

 

 

 

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