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“Mi sentivo dentro un'odiosa miscela
di violenza, aggressività, lussuria, sadismo, bisogno
d'alcol. Ma sentivo anche che il mio cuore si induriva. Ogni
giorno di più, sempre di più. Era quello che volevo:
riuscire ad avere un cuore di pietra”. Così parla
il protagonista di Carne di cane. Vuole distacco, solitudine
e silenzio interiore. Cerca di allontanarsi, di sfuggire allo
strazio e alla follia quotidiana di una vita sull'orlo dell'abisso.
Ma intorno a lui tutto rimbomba come un uragano tropicale insaziabile
e vorace che logora e macera.
Carne di cane è autobiografico e ha una forma provocatoriamente
sobria. Come nei suoi libri precedenti, qui lo scrittore cubano
si esibisce in uno strip-tease mentre sorride cinicamente e
si prende gioco di tutto e di tutti.
Con questo volume si conclude il Ciclo di “Avana Centro”
composto da cinque libri e cominciato nel 1998 con la Trilogia
sporca dell'Avana, il libro che lo ha lanciato sulla scena internazionale
come uno scrittore di caratura mondiale, pubblicato in più
di quindici paesi.
***
Non sopporto Shakespeare
Alla fine mi sono
deciso e ho cominciato a mettere ordine nella mia biblioteca.
Lo faccio ogni quattro o cinque anni. Avevo calcolato che avrei
potuto eliminare molti dei libri e restare con tremila esemplari.
O anche meno. Se avessero un valore, magari potrei lasciare
solo i dizionari e una ventina di libri. Per tutto il resto
non vale la pena. Forse l'anno prossimo prendo il coraggio a
due mani e li faccio sparire tutti. Penso che ogni giorno mi
avvicino sempre più al mio punto di saturazione.
Ho formato una grande pila di libri di fronte alla porta d'ingresso,
sul pianerottolo della scala. Li regalerò un po' alla
volta. Sto ormai per finire. Saranno le undici del mattino.
E’ arrivata una signora. Bionda, molto magra, occhi azzurri,
educata e sorridente. Deve essere americana. Con suo marito.
Anche lui il tipico americano. Avranno poco più di sessant'anni
ma ben portati. Mi è venuto da pensare a un cavallo e
a una giumenta del Kentucky. Begli esemplari purosangue. Sono
saliti su per le scale sudando e sbuffando, e ora si presentano.
Si è presentata lei, in spagnolo. Lui mi ha dato soltanto
una stretta di mano, bruscamente, e mi ha detto: "Hi".
- Buon giorno. Il mio nome è Margaret Gifford. Lui è
Thomas. Siamo del Sud Dakota. Rapid City, e...-.
-Prego,
entrate e rinfrescatevi. Riprendete fiato-.
Offro loro dell'acqua. Parliamo delle solite cose: l'ascensore
sempre rotto e gli insopportabili otto piani, il buio claustrofobico
della scala, il caldo e l'umidità.
Sono affascinati dal paesaggio e dalla vista sul mare della
terrazza. E stupiti da tutto il resto. Dall'alto sembra una
città bombardata. Margaret mi dice:
-Ci scusiamo per l'intrusione, ma abbiamo fatto una vacanza
a Montego Bay e non ho resistito alla tentazione di fare un
salto all'Avana. Ehm... beh, sarò sincera. In verità
avevo programmato tutto. Io ho vissuto qui gli anni migliori
della mia vita.
-Qui all'Avana?-.
-Here, here. In questa penthouse. Tanto tempo fa. Dal 1953 al
1957-.
Ormai non sono più penthouses. Ora sono doghouses-.
-Oh, sorry. E’ tutto in rovina. Questo era un edificio
elegante... che è successo? Non capisco- .
Io si che capisco. Capisco fin troppo. E sto zitto.
La signora fruga dentro la sua borsa e tira fuori una busta
gialla con vecchie foto in bianco e nero. Vi appare una ragazza
sorridente, bella e felice. Veste come le modelle di Lana Lobells.
Gonne ampie e pieghettate. Bluse blanche e vaporose, con laccetti
e ricami nel mezzo. Collane di perle bianche di plastica che
si vendevano nei Ten Cent di Woolworth.
-Questa ragazza sono io- .
-E molto carina- .
-Oh, grazie. Sono stati anni bellissimi. Ho imparato lo spagnolo.
Qui ho conosciuto il mio primo amore, il mio primo lavoro. Certamente
i miei anni migliori- .
- Io invece qui ho vissuto i miei anni peggiori. Ma forse anche
i migliori- .
-Da quanto tempo vive qui?- .
-Dall'86. Sono quindici anni- .
-Troppo tempo. Io qui ci ho vissuto solo quattro anni. Meravigiosi!-
.
-E i peggiori?- .
-Oh, meglio non ricordarli- .
-Mi racconti- .
-Cominciarono quando tornai a Rapid City. Me ne pentirò
sempre. Non me ne sarei mai dovuta andare via da qui. Fu come...
abbandonare il paradiso... A ...- .
Mi sembra un po' turbata. Ha rivolto lo sguardo verso il mare.
Ha messo a posto le foto. Si è lisciata i capelli.
-Prendete un caffè?- .
-Oh no. Troppo disturbo- .
-Non è un disturbo- .
Ho preparato il caffè. Thomas non l'ha voluto. Ha bevuto
solo acqua minerale da una bottiglia che teneva nello zaino.
Margaret non si sforza minimamente di tradurre per il marito.
Lui ha tirato fuori una macchina fotografica e ci ha scattato
delle foto. Ne ha fatte anche al paesaggio. Intanto, io e Margaret
abbiamo parlato ancora un po'.
-Nelle tre penthouses vivevamo solo noi americani. Senza bambini
né cani- .
-Lo so. L'ultima americana è morta pochi anni fa- .
-E’ un posto bellissimo. Non ho mai più vissuto
in un luogo così bello- .
-Si,
è un privilegio- .
-Lei ha conosciuto un'americana qui?- .
-No, no- .
Non voglio scendere nei particolari. Acqua in bocca, non si
sa mai. Però so tutto. Uno degli americani suoi vicini
finì in carcere con una lunga condanna di venti anni
per una faccenda molto brutta. L'altra visse gli ultimi anni
della sua vita nel terrore, chiusa in casa, con inferriate e
lucchetti. Non ho mai saputo se era davvero un'agente comunista
internazionale, perseguitata dall'Fbi, come mi disse lei stessa
una volta. Oppure se - secondo altre versioni - era una nazista
che aveva lavorato in un campo di concentramento tedesco. Ugualmente
perseguitata, ricercata e minacciata di morte. Alla fine morì
in modo atroce. Due vite sofferte e terribili. Conosco tutta
la storia. Ma non è ancora il momento di scrivere di
quei due americani. Non ho la vocazione del kamikaze. Forse
Margaret ha fatto in tempo a salvarsi, ma neanche se ne rende
conto. Ci siamo guardati e ci siamo scambiati un sorriso in
silenzio. Non c'è stato altro da aggiungere. Margaret
si è scusata e ha fatto per andarsene. Sulla porta, ha
dato un'occhiata alla pila di libri. C'era un volume di Shakespeare
in cima. Lo ha preso e mi ha chiesto:
-E butta via anche questo?- .
-Si. Non sopporto Shakespeare.
-Oh, ma lei è un eretico- .
-Al cento per cento- .
Ha sorriso dolcemente; mi sembrava proprio una donna affascinante.
Il mondo è pieno di donne affascinanti. Appaiono sempre.
Ha appoggiato il libro sugli altri e hanno cominciato a scendere
le scale con attenzione. Hanno ripetuto qualche frase di cortesia
e di congedo. Anch'io ho detto un paio di frasi cortesi e ho
chiuso la porta.
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