John Fante

 

 

Sogni di Bunker Hill
1982 - Marcos y Marcos, pag.168

 

sogni di bunker hillGiovane e bellicoso figlio di immigrati italiani, Arturo Bandini è uno scrittore a caccia di lavoro e di fama a Hollywood.
Un suo racconto, appena pubblicato su una rivista, colpisce la fantasia di un noto agente letterario, che gli affida la revisione di un orribile manoscritto della ricca e bella Jennifer Lovelace.
La sua carriera parrebbe in rapida ascesa, anche un ricco produttore cinematografico lo ingaggia, offrendogli somme spropositate... per non scrivere un bel nulla.
Arturo si sente uno scrittore in gabbia, i suoi tentativi di sedurre Jennifer vanno a rotoli, e l'ambiente di Hollywood si rivela del tutto infido e poco stimolante.
Perfino l'incontro con uno dei suoi miti, il grande scrittore Sinclair Lewis, si traduce in una delusione cocente.
Che fare? Bandini reagisce nello stile a lui consono: viaggi, fughe, sodalizi temporanei e clamorose rotture, corteggiamenti più o meno maldestri, perfino un'improbabile storia con la padrona dell'albergo dove alloggia...

 

***

l'inizio...

Il primo impatto con il successo non fu per nulla memorabile. Facevo l'aiuto cameriere alla tavola calda di Marx. L'anno era il 1934. Il luogo, l'incrocio fra la terza e Hill, Los Angeles. Avevo ventun anni, e per me il mondo era delimitato a ovest da Bunker Hill, a est da Los Angeles Street, a sud da Pershing Square e a nord da Civic Center. Ero un aiuto cameriere veramente unico, con grande verve e molto stile vista la professione, e sebbene fossi terribilmente sottopagato ( un dollaro al giorno più i pasti ), attiravo una considerevole attenzione quando scivolavo fischiettando di tavolo in tavolo con un vassoio in equilibrio su una mano, strappando sorrisi ai miei clienti.
Oltre all'abilità di cameriere, avevo anche altro da offrire ai miei avventori, poiché ero uno scrittore. La notizia si seppe un giorno, dopo che un fotografo ubriaco del Los Angeles Times si fu seduto al bar e mi ebbe fatto qualche scatto mentre servivo una cliente che mi guardava con ammirazione. Il giorno dopo c'era un servizio speciale allegato alla fotografia del Times. Parlava della battaglia e del successo del giovane Arturo Bandini, un ragazzo del Colorado, ambizioso e gran lavoratore, che si era aperto un varco nel difficile mondo dell'editoria con la vendita del suo primo racconto a The American Phoenis, diretto, naturalmente, dal più celebre personaggio della letteratura, nientemeno che Heinrich Muller. Buon vecchio Muller!Quanto amavo quell'uomo! In verità, i miei primi sforzi letterari erano stati delle lettere nelle quali gli chiedevo un parere , gli mandavo tracce di racconti che avrei potuto scrivere, e infine proprio racconti, molti racconti, un racconto a settimana, fino a che anche Heinrich Muller, orso del modo letterario, tigre nella tana, sembrò arrendersi e si degnò di mandarmi una lettera di due righe, e poi un' altra lettera di quattro righe, e infine una lettera di due pagine con ventiquattro righe e poi, meraviglia delle meraviglie, un assegno di centocinquanta dollari , a saldo del mio primo lavoro accettato.


 

 

il prossimo libro è Aspetta primavera, Bandini

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