John Fante - LETTERE

06/01/1934

Caro signor Mencken,

Sono proprio disperato. C’è qualcosa di cui vorrei alleggerirmi il petto. Riguarda mio padre. Nella mia stima direi che era un tipo fantastico. Me le suonava di santa ragione un paio di volte la settimana e io lo rispettavo moltissimo. Non c’è mai stata una volta in cui sia venuto da me per chiedermi un consiglio, e questa cosa mi faceva restare male, ma in ultima analisi mi rendeva ancora più orgoglioso di lui. Ora è cambiato. E’ finito. Mi si torcono le budella quando ci penso. John FanteVede, il mio vecchio voleva e essere un cantante quando era piccolo, ma era povero e non ne ha avuto la possibilità. Ha dovuto lavorare come un cane da quando aveva dodici anni, e ciò ha amareggiato tutta la sua vita. Da molti punti di vista lo ha reso un bruto.
L’ultima volta che l’ho visto ne sono quasi morto. Tutta la sua vitalità si era spenta. Ha solo cinquantatrè anni, ma quel suo preoccuparsi durante la depressione ha lasciato un segno profondo sulla sua vitalità. E’ tornato ad essere un dannato ragazzino. se ne va in giro a fumare il sigaro e fa lo spaccone parlando di me. Cristo. Lo odio. Non era mai stato così. Aveva sempre ragione, ecco perché lo amavo. Ora invece è cambiato. Ero a casa, e lui stava aggiustando la falciatrice. Stavo seduto sui gradini a guardarlo. Non riusciva a farla funzionare. Mi ha chiamato e mi ha detto: “ Puoi darci un’occhiata?”
Il mio vecchio non lo capirà mai, ma mi ha ucciso quando l’ha detto. Sono quasi svenuto. Maledizione, sono quasi scoppiato a piangere. Non doveva chiedermi un consiglio. Maledetto stupido! Doveva bluffare. C’è anche dell’altro. Avevo delle camicie nuove e lui ne voleva una. Gli ho detto di prendersela. L’imbecille! Quel maledetto ignorante accecato ha insistito che gliela scegliessi io! E questa cosa mi sta uccidendo. Non riesco a dormire, penso a quest’uomo che è mio padre e che sta invecchiando. Lui non lo sa, il vecchio bastardo, ma io lo amerei mille volte di più se continuasse a pensare che non sono il peggior idiota sulla terra, invece di un personaggio emergente della letteratura.
Si siede nella veranda con una copia del “Mercuri” in mano e legge i miei racconti. Tutto il giorno. Figlio di puttana! Se lo tiene vicino perché gli occhi non sono più quelli di una volta, li strizza e legge piano, piano, piano. Quell’uomo non ha mai letto nulla fino a un anno fa. Oh, merda! Ogni tanto ridacchia. Va in giro per la città e chiede alla gente chi sia Johnnie. Che devo fare? Si porta un elenco dei miei racconti pubblicati. Si vanta e si rivanta. Io crollo e piango come un bambino quando ci penso. Perché lo deve fare? Perché non può continuare ad essere mio padre? Perché devo essere io a marcare il passo? Perché non può essere uomo ed ergersi e dire che suo figlio è un sfottuto idiota bastardo, che sarebbe la verità? Aggiunge delle note in fondo alle lettere di mia madre che dicono:” Scrivi al tuo papà. Vuole avere tue notizzzie”. E le firma con un bellissimo svolazzo: NICK FANTE. Oh, diavolo. Non capirebbe mai, mai, mai come mi sento. Quel vecchio sciocco ha persino cambiato le sue abitudini. Ha abbandonato i liquori forti. Resta a casa la sera. Va a messa la domenica. Dannazione, Mencken, non sa come mi sento. Non può credere quanto rispetto e amore avessi per quell ’uomo, pensavo che fosse grande, e ora guardatelo, un fottuto frequentatore di messe.
Adoravo sentire quel tipo che sacramentava, e lo faceva come un soldato. Si buttava nelle risse e tornava a casa con un occhio nero e la camicia strappata, ora invece è tutto finito. Ha abbandonato tutto. ha cessato di esistere. Si preoccupa per me; in modo aperto, voglio dire. Ha letto sul giornale del terremoto, e quella notte non è riuscito a dormire. Tre anni fa lo avrebbe fatto. Tre anni fa si sarebbe comportato da uomo. A Capodanno mi manda un telegramma per l’alluvione. “ Stai bene? Facci sapere”. E io tutto il tempo a letto con una femmina, tutti e due ubriachi fradici di Planters Punch! Ciò che mi ferisce e torna a ferirmi è che senza di me è perso. Non è che non li voglia bene, perché la mia pietà è centomila volte più forte del mio amore. Ma perché non può fingere? Dopo tutto, anch’io sono poco più di un bambinetto. Perché non può aspettare altri dieci anni? Perché mi deve dare la responsabilità della sua idealizzazione e delle sue aspettative ? Non lo sopporto. Sono troppo consapevole dei miei limiti. Non so nemmeno per idea ciò che pensa che io sia. Non è possibile aspettarselo da me. Avere un padre che venera un uomo che ha solo venticinque anni è troppo. Spacca tutto.
Così tutti i vecchi che incontro per la strada sono mio padre. Ogni vecchio mi fa stringere lo stomaco, sento una pietà incontrollata che mi lascia perso. Voglio prendere quei vecchioni fra le mie braccia e dargli delle pacche sulle spalle e dirgli di smetterla di scherzare, che sono soltanto ragazzini, che il mondo ha ancora terrore di loro. Allo stesso tempo vorrei che ognuno di loro morisse, perché mi sembra che solo pochi uomini si sappiano impadronire della sottile arte di invecchiare.
Tutto ciò probabilmente è stato molto noioso per lei, signor Mencken. Ma sentivo che era meglio se me ne liberavo. Mi ha dato fastidio per mesi. Ci sono pochi uomini che capiscono ciò che ho provato a buttare giù qui. Sono prontissimi a dire che sono stupido, o che sono sentimentale e che ho paura di affrontare i fatti. Diavolo! Non ho paura di nulla. Una cosa così mi lascia freddo però. Sono molto sensibile riguardo a ciò. L’unica cosa che si può fare, più o meno, è di parlarne a qualcun altro,e questa volta sono troppo infelice per cercare di farne un racconto, anche se un giorno lo farò.

In confidenza
John Fante
255 So.Bunker Hill #23
Los Angeles

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