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Cresciuto
in un'atmosfera soffocante e carica d'odio, illuminata soltanto
dalle presenze della nonna Caroline e dello zio Edouard, il
giovane Ferdinand narra le proprie esperienze familiari, scolastiche,
erotiche, di viaggio e di lavoro, sfogando in un racconto crudo,
incontenibile, allucinato, la cupa amarezza e il feroce risentimento
per l'indigenza in cui è stato costretto a vivere, per
le fatali incomprensioni, le ripetute umiliazioni, le percosse
e per lo stato di miseria morale e fisica in cui pare gettata,
insieme a lui, tutta l'umanità. Pubblicato nel 1936,
Morte a credito è il secondo grande romanzo di Celine,
che nelle sue pagine ricostruisce una sorta di antefatto al
suo libro d'esordio, il Viaggio
al termine della notte, ritornando alla
sua infanzia e adolescenza. Grazie soprattutto a una prosa dotata
di una sconvolgente carica espressiva e visionaria, brulicante
di ossessioni, oscenità e violenza, Morte a credito si
staglia nel panorama della letteratura novecentesca “come
un'opera straordinaria di ricognizione umana che non ha avuto
seguito, pur rimanendo, come realmente è, una delle proposte
più forti che il secolo abbia registrato sul suo libro
dei conti”.
***
l'inizio...
Eccoci qui, ancor soli. C'è un'inerzia,
in tutto questo, una pesantezza, una tristezza... Fra poco sarò
vecchio. E la sarà finita, una buona volta. Gente n'è
venuta tanta, in camera mia. Tutti han detto qualcosa. Mica
m'han detto un gran che. Se ne sono andati. Si son fatti vecchi,
miserabili e torpidi, ciascuno in un suo cantuccio di mondo.
Ieri alle otto la signora Berenge, la portinaia , è morta.
Si sta schiodando dalla notte un gran temporale. Quassù
in cima dove stiamo noi il casamento trema. Era una cara e gentile
e fedele amica. Domani la sotterreranno in Rue des Saules. Era
proprio vecchia, allo stremo della vecchiaia. Io gliel'avevo
detto fin dal primo giorno che s'era messa a tossire: "Non
si sdrai, soprattutto!
se ne resti a ceccia nel suo letto!"
Non ero affatto tranquillo. E infatti ecco qua
E infatti,
al diavolo
Mica l'ho praticata sempre, 'sta merda di medicina. Ora glielo
voglio proprio scrivere ch'è morta, la signora Berenge,
a tutti quelli che m'han conosciuto, che han conosciuto lei.
Ma dove saranno?
vorrei che il temporale facesse ancor più baccano, che
i tetti sprofondassero, che la primavera non ritornasse più,
che casa nostra sparisse.
lei lo sapeva, la signora Berenge, che tutti i dispiaceri arrivan
per lettera. Ma mica so più a chi scrivere
E' tutta
gente lontana
Si son cambiati l'anima per tradir meglio,
scordar meglio, parlar sempre d'altro
Vecchia signora Berenge, il suo cane strabico se lo prenderanno,
se lo porteranno via
Tutto il dolore delle lettere, da una ventina d'anni ormai,
s'è fermato da lei. Eccolo qui nel sentore della morte
recente, l'incredibile acre gusto
E' appena uscito dall'uovo
E' qui
Se la gironzola
Lui conosce noi, noi conosciamo
lui, adesso. Non se n'andrà mai più. Bisogna spengere
il fuoco nella guardiola.
ma a chi scrivere? Non ho più nessuno. Più un
anima che accolga dolcemente lo spirito gentile dei morti
che parli, dopo di ciò, con più dolcezza delle
cose
Animo, via, da soli!
sull'ultimo, la mia vecchia custode, lei non poteva più
dir nulla. Soffocava, mi tratteneva per una mano
E' entrato
il postino. L'ha vista morire. Un rantoletto. Tutto qui. Ne
venne da lei gente, una volta, per chieder di me. Se ne son
riandati via, lontano, molto lontano nella dimenticanza, a cercarsi
un'anima. Il postino s'è levato il berretto. Potrei dir
io tutto il mo fiele. So io. Lo farò più in là,
se non torneranno. Ora preferisco raccontar delle storielle.
Ne racconterò di tali che quelli torneranno apposta,
per accopparmi, dai quattro venti. Allora la sarà finita
e ne sarò arcicontento.
***
frammenti..
- Li credi malati, tu?... Uno geme... un altro
rutta... quello barcolla... questo è pieno di pustole...
Vuoi vuotar la sala d'aspetto? Istantaneamente?... anche di
quelli che s'accaniscono ad espettorare fino a farsi schiattare
il petto? Proponi una botta di cinema!... un aperitivo gratis,
sbattuto in faccia!... vedrai quanti ne resteranno... Se vengono
a cercarti, e soprattutto perché si scocciano. Mica ne
vedi uno la vigilia d'una festa... Ai disgraziati, ricorda quel
che ti dico, manta un'occupazione, mica la salute... Voglion
semplicemente che tu li distragga, che tu li metta di buon umore,
che tu li interessi coi loro rutti... i bra gaz... i loro scricchiolii...
che tu gli scopra delle flatuosità... Belle febbriciattole...
dei borborigmi... degli inediti!... Che tu ti dilunghi... che
tu t'appassioni... Per questo hai la tua laurea... Ah! divertirsi
con la propria morte mentre uno sta fabbricandosela, ecco tutto
l'Uomo, Ferdinand! Se li tengon cari, quelli, i loro scoli,
le loro sifilidi, i loro tubercoli. Ne han bisogno! E della
vescica piena di bave, del retto in fiamme, di tutto questo
mica gl'importa nulla! Ma se ti darai da fare, se saprai interessarli,
aspetteranno te per morire, è il tuo guiderdone! Ti verranno
a scovare fino all'ultimo. -
Quando un po' di pioggia riappariva dietro le ciminiere delle
officine elettriche: - Ferdinand! - m'annunziava, - ecco i malati
di sciatica!... Se oggi non ne arrivan dieci, restituisco il
mio papiero al Magnifico! - E quando la fuliggine s'abbatteva
su di noi dall'Est, ch'è il versante più secco,
su dai forni Bitrounelle, lui se ne schiacciava un grumoletto
sul naso: - Possa pigliarlo nello stoppino! tu mi capisci! Se
stanotte i pleuritici non sputeranno sangue! Mondo maiale! Mi
sveglieranno ancora venti volte una dietro l'altra -.
[…]
- Gustin, - gli feci, - tu mica sei sempre stato così
rincoglionito come oggi, abbrutito dalle circostanze, il mestiere,
il bere, le sottomissioni più funeste... Te la senti,
per un momentino, di tornare alla poesia?... di fare un salterello
di cuore e di minchia alla lettura d'un'epopea, tragica certo,
ma nobile... sfavillante!... Te ne credi capace?... -
***
Con Nonna Caroline mica imparavo troppo alla
svelta. Tuttavia, un bel giorno, riuscii a contare fino a cento,
e perfino a legger meglio di lei. Ero pronto per le addizioni.
Stavan riaprendosi le scuole.
Scegliemmo le Comunali, in Rue des Jeaneurs, a due passi da
casa nostra, dopo il Carrefour des Francs-Bourgeois, con un
portone cupo cupo.
Seguimmo un lungo corridoio, s'arrivò nell'aula. Dava
su un cortiletto, e poi su un muro così alto, così
elevato da parare il blu del cielo. Perché non ci mettessimo
a guardar per aria, c'era inoltre una tettoia di lamiera per
la ricreazione. Dovevarno interessarci soltanto ai compiti e
non disturbare il maestro. Lo conobbi appena, quel tipo lì,
ne ricordo soltanto gli occhiali, la lunga bacchetta, i polsini
sulla cattedra.
Mi ci accompagnò la Nonna stessa per otto giorni, il
nono mi sentii male. Mi riportò a casa la custode a metà
del pomeriggio...
Giunto in bottega, non la finivo più di vomitare. Mi
sentivo per tutto il corpo tali vampe di febbre... delle caldane
così forti, che manco mi pareva più d'esser io.
Sarebbe stato perfino piacevole, se non avessi vomitato tanto.
Mia madre, lì per lì, non nascose i suoi sospetti,
cominciò col dire che m'ero rimpinzato di croccanti...
Non eran di mio gusto... Mi scongiurava di trattenermi, di sforzarmi
a vomitar di meno. C'era pieno di gentc, in bottega. Temeva
che, accompagnandomi al cesso, le grattassero qualche pizzo.
Il male andò peggiorando. Rigettai una catinellata piena.
La testa comincio a bollirmi.
***
L'accompagno... Robert fila al suo appuntamento...
Appena entrati, lei chiude la porta, spranga tutto, mette per
giunta i due lucchetti... Mi precede, passa in camera sua...
Mi fa cenno d'entrare anch'io... M'avvicino... Mi chiedo che
sta succedendo... Lei si mette a farmi il solletico... Mi soffia
sul naso... -Ah! Ah!- mi fa. La eccita, questo... Anch'io la
palpeggio un pocoletto...
-Ah! il porcaccioncello, a quanto sembra guardi dai buchi, eh?...
Prova un po' a dirmi che non e vero...-.
[Con una sola mano mi massaggia la patta...]
- Andrò a dirlo a mamma tua, io. Uhi lala! il porcelloncino!...
Il maialoncino mio!...-
Arrota i denti, dal piacere... Si contorce... M'abbranca...
Mi rifila una bella linguatona in bocca, un bacioccone da galeotta...
io vedo tutte le stelle del firmamento... Mi schiaffa a sedere
accanto a lei sul letto... Si arrovescia... [Alza di colpo le
sottane...]
[-Tocca! Tocca qui, dunque!- mi fa...
Le metto la mano tra le cosce...
-Dai!- insiste lei... -Dai! coccolone...! Più a fondo!
forza...] Chiamami Louison! La tua Louison! mio piccolo sporcaccioncino!
Chiamami così, su!
- Si, Louison!-... fo...
Lei si risolleva, torna ad abbracciarmi. [Si toglie tutto...
corpetto... busto... camicetta... Allora, ecco, la vedo tutta
nuda... Il pube cosi voluminoso... si spande ovunque... E’
troppo...] Mi rovescia lo stomaco, però... M'agguanta
per gli orecchi... [mi costringe a curvarmi, a abbassarmi fino
alla fica... Mi torce forte... Mi mette il naso dentro... E’
rosso, sbava, cola, ne ho pieni gli occhi... Mi fa leccare...
Si dimena sotto la lingua... Sgocciola... E come un muso di
cane...
-Dai amor mio!... Vai più a fondo!-]
Mi strapazza, mi rivoltola... [Scivolo nella marmellata... Non
oso annusare troppo...] Ho paura di farle male... [Si] scuote
come un prugno...
- Mordi un po', mio bel cagnaccino!... Mordi qui! Su!- mi stimola...
Se ne fotte, lei, dei miei crampi di vomito! Lancia dei gridolini,
come un grillo... [Cova la merda e l'uovo lì nel fondo
in cui mi immergo...] Il colletto mi strozza... la celluloide...
[Lei mi estrae dalle macerie...] Risalgo alla luce...
[...][-Ti inculerò piccolo miserabile!...-
mi fa sbarazzina. Mi caccia due dita nel culo] Mi costringe,
è la festa!... La troiona non la smetterà più,
date le condizioni in cui è tornata a casa!...
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