Charles Bukowski

 

 

Hollywood, Hollywood!
1989 - Feltrinelli, pag.222

 

Cosa succede al più famoso dissacratore del "sogno americano" quando un regista gli antidipa una bella somma per scrivere una scneggiatura? Bene, dietro il consiglio del suo consulente fiscale, Chinaski/Bukowski si compra una BMW nera e una casa. Una moglie molto più giovane di lui ce l'ha già. Sembrerebbe che anche il cantore e cronista degli emarginati e dei disadattati d'America si sia integrato. E che proprio come la maggior parte dei suoi lettori di vent'anni fa sia rientrato - anzi entrato per la prima volta - nel sistema. Ma non è detto...

***

l'inizio...

Di lì a un paio di giorni telefono Pinchot. Disse che voleva andare avanti con la sceneggiatura. Potevamo vederci giù da lui?
Così ci facemmo spiegare la strada, salimmo nella Volks e puntammo verso Marina del Rey. Territorio sconosciuto.
Arrivammo al porto e passammo accanto alle barche. Erano quasi tutte a vela e c'era gente che trafficava sul ponte. Tutti con addosso quei loro capi da barca esclusivi, berretti, cerate scure. Quasi tutti, chissà come, erano evidentemente riusciti a tirarsi fuori dal tritacarne quotidiano dell'esistenza. Meglio, non erano mai rimasti presi nel tritacarne e non lo sarebbero mai stati. Era questa la ricompensa per gli Eletti nella terra degli uomini liberi. Dopo un po' mi sembrarono un tantino assurdi. E, naturalmente, io non ero nemmeno nei loro pensieri.
Svoltammo a destra, allontanandoci dalle banchine e attraversando strade disposte in ordine alfabetico, dai nomi chic. Trovammo la strada, svoltammo a sinistra, trovammo il numero, entrammo nel vialetto. La spiaggia ci fu subito addosso; l'oceano era abbastanza vicino da farsi vedere e abbastanza lontano da non creare pericoli. La sabbia sembrava più pulita di qualsiasi altra sabbia, l'acqua sembrava più azzurra, la brezza più dolce.
"Guarda," dissi a Sarah, "abbiamo preso terra nell'avamposto della morte. La mia anima rigetta."
"Vuoi smetterla di preoccuparti della tua anima?" reagì Sarah.
Inutile chiudere la Volks, Ero l'unico capace di farla partire. Arrivammo alla porta. Bussai.
Aprì un tipino alto snello delicato che spandeva odore di senso artistico tutto intorno. Si capiva che era nato per Creare, per Creare cose grandiose, libero da ogni impedimento… […]

***

frammenti...

"Quando si è stati poveri per molto tempo si ha un certo rispetto verso i soldi.
Non si ha la minima voglia di ritrovarsi in bolletta.
Questo vale per i santi e per gli sciocchi.
Uno dei miei successi nella vita è che, nonostante tutte le follie che ho combinato, sono perfettamente normale: sono io che ho scelto di fare quelle cose, non sono loro che hanno scelto me."

***

la fine…

Passò altro tempo.
"Ma dov'è la gente?" chiesi. "Forse non viene nessuno!" "Arrivano."
E proprio in quel momento cominciarono ad arrivare vecchie auto che giravano in circolo cercando un parcheggio. Un tipo scese con una bottiglia di vino in un sacchetto di carta. "Gli ubriaconi vengono a controllare se è realistico," risi. "Vedranno che lo è," disse la mia cara moglie. "Come storico dell'alcool non ho concorrenti."
"Perché nessuno è vissuto a lungo come te. Qual è il tuo segreto?"
"Mai saltare giù dal letto prima di mezzogiorno."
Sembrava che fossero entrati un bel po' di spettatori. Andammo al cinema. Mi fermai davanti alla cassiera. "Due," dissi alla ragazza, "uno con riduzione per anziani."
Poi la maschera prese i biglietti, li strappò ed entrammo. Stavano proiettando i prossimamente a tutto volume. Trovammo due posti laterali un po' indietro e aspettammo. Dovevano esserci un centinaio di spettatori.
Poi, all'ultimo momento, due giovani, maschio e femmina, tra i venti e i trent'anni, alti e snelli, si misero a sedere davanti a noi.
I prossimamente finirono ed ecco La danza di Jim Beam. Apparvero i titoli di testa. Poi cominciò il film. L'avevo visto sul video 3 o 4 volte e lo ricordavo piuttosto bene. Ah, era la storia della mia vita. Chi altro poteva buttargli giù in gola quelle cose? Ma in realtà, l'intenzione era quella di fare un film centrato su di me, volevo solo mostrare la vita strana e disperata di certi ubriaconi, e io ero quello che conoscevo meglio.
Altri ottimi bevitori mi avevano preceduto. Eugene O'Neill, Faulkner, Hemingway, Jack London. L'alcol scioglieva i tasti della macchina per scrivere, gli dava un po' di luce e di azzardo.
La proiezione continuava.
"Credi che qualcuno sappia che siamo qui?" chiese Sarah. "No, io ho l'aria di uno qualsiasi."
"Ti secca?"
"Si, non mi va di aver l'aria di uno qualsiasi."
Il giovanotto alto e snello davanti a noi si voltò e disse, "Per favore, vorrei guardare il film."
"Mi spiace."
La proiezione continuava. All'improvviso apparve qualcosa di indecente e la ragazza davanti sussultò e disse, "Oh no."
"Va tutto bene, Darlene," disse il suo lungo accompagnatore. Darlene superò la scena ma poi ne venne un'altra, semplice, dove una donna al bar si vanta di saper fare i migliori lavori di bocca in città. La battuta è, "In questa città nessuna ci sa fare con l'ingoio come me!"
Darlene si coprì il viso e disse: "Non ci posso credere..."
"Va tutto bene, tesoro," disse il suo accompagnatore maschio.
Darlene continuò a tener la faccia coperta per tutto il film però né lei né il boy friend se ne andarono.
Il film finì e la gente si allontanò piano dai posti. Aspettammo. Be', di film peggiori ne avevo visti un sacco, specialmente negli anni trenta.
Sarah e io ci alzammo e ci avviammo nel corridoio verso l'uscita. Andammo alla macchina e ci mettemmo a sedere guardando la gente che se ne andava. Tirai giù i finestrini e fumammo qualcosa.
Poi una vecchia macchina ci passò davanti lentamente. Al volante c'era un uomo. Ci vide e cominciò ad agitare le mani. Aveva un sorriso folle in faccia. Restituii il saluto, poi lo vidi scomparire.
"Ti ha riconosciuto," disse Sarah.
"Si, era strano."
"Già."
Ci avviammo verso casa proprio come se fossimo andati a vedere un film qualsiasi.
Arrivati a casa aprii un'altra bottiglia di rosso buono. Il sangue degli dei.
C'era il notiziario alla tv. Notizie cattive.
Rimanemmo a bere guardando la tv finché non arrivo Johnny Carson. Eccolo lì, vestito alla perfezione. Con una mano continuava a toccarsi il nodo della cravatta, inconsciamente preoccupato del suo aspetto. Attaccò il suo monologo, mentre si sentiva fuori campo la risata finta di Ed. Una risata che rendeva.
"E adesso cosa farai?" chiese Sarah.
"A proposito di che?"
"Voglio dire, il film è proprio finito."
"Oh, si."
"Cosa farai?"
"Ci sono sempre i cavalli."
"A parte i cavalli."
"Oh, diavolo, scriverò un romanzo su di me che faccio la sceneggiatura e sul film."
"Certo, sono sicura che ce la fai a scriverlo."
"Credo di farcela."
"E come lo chiamerai?"
"Hollywood."
"Hollywood?"
"Si...”
Eccolo qui.

 

 

il prossimo libro è Pulp

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