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Hollywood,
Hollywood!
1989
- Feltrinelli, pag.222
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Cosa
succede al più famoso dissacratore del "sogno americano"
quando un regista gli antidipa una bella somma per scrivere
una scneggiatura? Bene, dietro il consiglio del suo consulente
fiscale, Chinaski/Bukowski si compra una BMW nera e una casa.
Una moglie molto più giovane di lui ce l'ha già.
Sembrerebbe che anche il cantore e cronista degli emarginati
e dei disadattati d'America si sia integrato. E che proprio
come la maggior parte dei suoi lettori di vent'anni fa sia rientrato
- anzi entrato per la prima volta - nel sistema. Ma non è
detto...
***
l'inizio...
Di
lì a un paio di giorni telefono Pinchot. Disse che voleva
andare avanti con la sceneggiatura. Potevamo vederci giù
da lui?
Così ci facemmo spiegare la strada, salimmo nella Volks
e puntammo verso Marina del Rey. Territorio sconosciuto.
Arrivammo al porto e passammo accanto alle barche. Erano quasi
tutte a vela e c'era gente che trafficava sul ponte. Tutti con
addosso quei loro capi da barca esclusivi, berretti, cerate
scure. Quasi tutti, chissà come, erano evidentemente
riusciti a tirarsi fuori dal tritacarne quotidiano dell'esistenza.
Meglio, non erano mai rimasti presi nel tritacarne e non lo
sarebbero mai stati. Era questa la ricompensa per gli Eletti
nella terra degli uomini liberi. Dopo un po' mi sembrarono un
tantino assurdi. E, naturalmente, io non ero nemmeno nei loro
pensieri.
Svoltammo a destra, allontanandoci dalle banchine e attraversando
strade disposte in ordine alfabetico, dai nomi chic. Trovammo
la strada, svoltammo a sinistra, trovammo il numero, entrammo
nel vialetto. La spiaggia ci fu subito addosso; l'oceano era
abbastanza vicino da farsi vedere e abbastanza lontano da non
creare pericoli. La sabbia sembrava più pulita di qualsiasi
altra sabbia, l'acqua sembrava più azzurra, la brezza
più dolce.
"Guarda," dissi a Sarah, "abbiamo preso terra
nell'avamposto della morte. La mia anima rigetta."
"Vuoi smetterla di preoccuparti della tua anima?"
reagì Sarah.
Inutile chiudere la Volks, Ero l'unico capace di farla partire.
Arrivammo alla porta. Bussai.
Aprì un tipino alto snello delicato che spandeva odore
di senso artistico tutto intorno. Si capiva che era nato per
Creare, per Creare cose grandiose, libero da ogni impedimento…
[…]
***
frammenti...
"Quando
si è stati poveri per molto tempo si ha un certo rispetto
verso i soldi.
Non si ha la minima voglia di ritrovarsi in bolletta.
Questo vale per i santi e per gli sciocchi.
Uno dei miei successi nella vita è che, nonostante tutte
le follie che ho combinato, sono perfettamente normale: sono
io che ho scelto di fare quelle cose, non sono loro che hanno
scelto me."
***
la fine…
Passò
altro tempo.
"Ma dov'è la gente?" chiesi. "Forse non
viene nessuno!" "Arrivano."
E proprio in quel momento cominciarono ad arrivare vecchie auto
che giravano in circolo cercando un parcheggio. Un tipo scese
con una bottiglia di vino in un sacchetto di carta. "Gli
ubriaconi vengono a controllare se è realistico,"
risi. "Vedranno che lo è," disse la mia cara
moglie. "Come storico dell'alcool non ho concorrenti."
"Perché nessuno è vissuto a lungo come te.
Qual è il tuo segreto?"
"Mai saltare giù dal letto prima di mezzogiorno."
Sembrava che fossero entrati un bel po' di spettatori. Andammo
al cinema. Mi fermai davanti alla cassiera. "Due,"
dissi alla ragazza, "uno con riduzione per anziani."
Poi la maschera prese i biglietti, li strappò ed entrammo.
Stavano proiettando i prossimamente a tutto volume. Trovammo
due posti laterali un po' indietro e aspettammo. Dovevano esserci
un centinaio di spettatori.
Poi, all'ultimo momento, due giovani, maschio e femmina, tra
i venti e i trent'anni, alti e snelli, si misero a sedere davanti
a noi.
I prossimamente finirono ed ecco La danza di Jim Beam. Apparvero
i titoli di testa. Poi cominciò il film. L'avevo visto
sul video 3 o 4 volte e lo ricordavo piuttosto bene. Ah, era
la storia della mia vita. Chi altro poteva buttargli giù
in gola quelle cose? Ma in realtà, l'intenzione era quella
di fare un film centrato su di me, volevo solo mostrare la vita
strana e disperata di certi ubriaconi, e io ero quello che conoscevo
meglio.
Altri ottimi bevitori mi avevano preceduto. Eugene O'Neill,
Faulkner, Hemingway, Jack London. L'alcol scioglieva i tasti
della macchina per scrivere, gli dava un po' di luce e di azzardo.
La proiezione continuava.
"Credi che qualcuno sappia che siamo qui?" chiese
Sarah. "No, io ho l'aria di uno qualsiasi."
"Ti secca?"
"Si, non mi va di aver l'aria di uno qualsiasi."
Il giovanotto alto e snello davanti a noi si voltò e
disse, "Per favore, vorrei guardare il film."
"Mi spiace."
La proiezione continuava. All'improvviso apparve qualcosa di
indecente e la ragazza davanti sussultò e disse, "Oh
no."
"Va tutto bene, Darlene," disse il suo lungo accompagnatore.
Darlene superò la scena ma poi ne venne un'altra, semplice,
dove una donna al bar si vanta di saper fare i migliori lavori
di bocca in città. La battuta è, "In questa
città nessuna ci sa fare con l'ingoio come me!"
Darlene si coprì il viso e disse: "Non ci posso
credere..."
"Va tutto bene, tesoro," disse il suo accompagnatore
maschio.
Darlene continuò a tener la faccia coperta per tutto
il film però né lei né il boy friend se
ne andarono.
Il film finì e la gente si allontanò piano dai
posti. Aspettammo. Be', di film peggiori ne avevo visti un sacco,
specialmente negli anni trenta.
Sarah e io ci alzammo e ci avviammo nel corridoio verso l'uscita.
Andammo alla macchina e ci mettemmo a sedere guardando la gente
che se ne andava. Tirai giù i finestrini e fumammo qualcosa.
Poi una vecchia macchina ci passò davanti lentamente.
Al volante c'era un uomo. Ci vide e cominciò ad agitare
le mani. Aveva un sorriso folle in faccia. Restituii il saluto,
poi lo vidi scomparire.
"Ti ha riconosciuto," disse Sarah.
"Si, era strano."
"Già."
Ci avviammo verso casa proprio come se fossimo andati a vedere
un film qualsiasi.
Arrivati a casa aprii un'altra bottiglia di rosso buono. Il
sangue degli dei.
C'era il notiziario alla tv. Notizie cattive.
Rimanemmo a bere guardando la tv finché non arrivo Johnny
Carson. Eccolo lì, vestito alla perfezione. Con una mano
continuava a toccarsi il nodo della cravatta, inconsciamente
preoccupato del suo aspetto. Attaccò il suo monologo,
mentre si sentiva fuori campo la risata finta di Ed. Una risata
che rendeva.
"E adesso cosa farai?" chiese Sarah.
"A proposito di che?"
"Voglio dire, il film è proprio finito."
"Oh, si."
"Cosa farai?"
"Ci sono sempre i cavalli."
"A parte i cavalli."
"Oh, diavolo, scriverò un romanzo su di me che faccio
la sceneggiatura e sul film."
"Certo, sono sicura che ce la fai a scriverlo."
"Credo di farcela."
"E come lo chiamerai?"
"Hollywood."
"Hollywood?"
"Si...”
Eccolo qui.
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