Charles Bukowski

 

 

Niente canzoni d'amore
1990 - Da Septuagenarian Stew: stories & poems - Mondadori, pag.221

Può capitare a tutti una nottataccia: hai alle spalle un lavoro faticoso e cretino, in TV non c'è niente, sei solo, e che fai? O vai al solito bar, o ti lasci tentare da annunci che promettono, per telefono oppure a domicilio, sesso sicuro (e a volte nemmeno quello). Se c'è qualcosa di veramente sicuro in queste ultime storie di ordinaria follia è che la vita, di notte o di giorno, appare sempre come una beffarda presa in giro dei nostri desideri. Può succedere che la scommessa sia vincente come che non lo sia: qualcuno può scoprirsi capace di volare, qualcun altro di uccidere; un attore famoso sperimenta l'insensatezza del successo, un barbone si mette per mezz'ora a capo di un'armata di vinti speranzosi... Sempre e comunque in ogni nuova storia di Charles Bukowski ritroviamo quelle squallide realtà legate alla sua figura di bevitore incallito, di frequentatore del mondo delle corse e dei cavalli, della boxe, del baseball, rifleso mostruoso della vita di certe città americane.

 

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***

Camus

Larry si svegliò, uscì dalle lenzuola stropicciate e andò alla finestra ce dava ad est. Vide i tetti dei garage e gli alberi con i rami spogli. I postumi da sbronza erano più o meno quelli soliti; andò in bagno per pisciare, lo fece, passò al lavandino per lavarsi le mani, quindi si buttò l'acqua sul viso. Poi si guardò: guardò il proprio viso allo specchio e non lo trovò affatto incantevole. Fece scorrere l'acqua del bagno, pensando: il problema della storia dell'uomo è che non porta da nessuna parte se non verso la morte sicura dell'individuo, e questa è una cosa brutta e monotona, una semplice questione di nettezza urbana.
Hog, il suo gatto, entrò nella stanza. Hog lo fissava, semplicemente, voleva il suo cibo per gatti. Quell'animale, pensò Larry, è solo uno stomaco ambulante e se voglio prendere un aereo per tornare un paio di settimane all'est o gli devo trovare un posto, a questo stronzo, o gli devo sparare. Magari se voglio davvero tornare all'est è segno che mi dovrei sparare io; ma non mi va di spararmi. Troppa gente è stata ammazzata così, io voglio una cosa più individuale. Pillole, forse? No, le pillole sono troppo blasè, anche quando portano alla morte.
Larry controllò di nuovo il suo viso allo specchio. Barba? No.
Larry riuscì ad arrivare in tempo per la lezione delle undici.
Eccole là, quelle ragazzine, la promessa che non durava mai, queste stupende decorazioni di un momento, così luminose e fresche. Gli piacevano. E i maschi andavano bene quasi quanto le ragazze. Man mano che i decenni se ne andavano ragazzi e ragazze diventavano quasi la stessa cosa. I ragazzi avevano una grazia che quelli dei suoi tempi non avevano avuto mai. E sembravano anche più gentili. Una cosa che sembrava mancargli era il coraggio, ma poteva anche essere che il loro fosse un coraggio più sublime, nascosto. La Generazione Atomica aveva messo al mondo una ben strana banda di gente, e Larry aveva deciso da tempo che giudicarli era solo uno scudo protettivo per nascondere le proprie insufficienze.
Larry li guardò da dietro la cattedra. La cattedra, simbolo di potere.
"Beh, andate tutti a cacare…"disse.
Qualcuno di loro rise.
"Io a cacare ci sono già andato" disse un qualche tipo brillante.
"E ti sei pulito?" chiese Larry.
"Probabilmente non abbastanza" rispose il tipo brillante.
"Risposta adatta quasi per tutto" suggerì Larry.
"Ehi", disse un ciccione con una tuta gialla seduto nelle ultime file, "lei parla solo di cacare. Pensavo che questo fosse un corso di Letteratura Contemporanea. E' per questo che la pagano?"
"a maggior parte della gente è terribilmente incompetente da un punto di vista professionale. Io pure, forse. Non ne sono del tutto sicuro. Una cosa invece di cui sono proprio sicuro è che sono in grado di prenderti a calci in culo. Non che sia importante, ma in qualche modo mi tranquillizza…"
Il ragazzino con la tuta gialla saltò su e disse: "La sfido a dimostrarlo!".
"OK", disse Larry "andiamo".
La classe uscì lentamente all'aperto. Aspettarono tutti Larry e il ragazzo. Formarono un circolo sotto la quercia accanto alla biblioteca. Arrivarono i campioni. Larry si tolse il soprabito e lo gettò per terra. Il ciccione con la tuta fece un profondo respiro e si gonfiò tutto. Faceva pensare a parecchie migliaia di ranocchie. Poi partì alla carica.
Larry lo colpì con un jab mentre avanzava, e poi gli affondò un destro nello stomaco. Il ciccione emise un leggero peto, e indietreggiò.
Allora il ciccione cominciò a muoversi in circolo.
Si mossero in circolo tutti e due. Tutti e due, sempre in circolo.
"Forza", incitò qualcuno degli spettatori. "Diamoci dentro!"
Larry invitò il ciccione ad avvicinarsi: "Vieni che ti faccio a pezzi!"
"Vecchio coglione", disse il ciccione " ti spacco il culo a calci!"
Continuarono a muoversi in circolo. Alcuni studenti tornarono in classe a prendere la loro roba. Altri se ne andarono da qualche altra parte.
Larry e il ragazzo si ritrovarono soli, e continuarono a muoversi in circolo.
Il ciccione disse: "La farò licenziare da mio padre!".
"Non riusciremo a fare a botte sul serio", disse Larry, "abbiamo troppa paura tutti e due".
Larry si voltò e tornò in classe. Quando ci arrivò una metà della classe, più o meno, lo aspettava.
Il ciccione entrò e si andò a sedere dietro, al suo posto.
Larry lo guardò. "Farai molta fatica a prendere un voto alto da me".
"Lo sapevo già", disse il ragazzo "per quello ci vuole la fica, stretta e giovane".
"E non una volta sola", completò Larry.
Larry passò in rassegna quanto era rimasto della classe.
"Ora, se c'è qualcun altro che vuole farsi spaccare il culo, è pregato di alzarsi in piedi!".
Un ragazzo si alzò in piedi. Poi un altro. Poco dopo furono tutti in piedi. Poi si alzò una delle ragazze. Poi un'altra. Ben presto furono in piedi tutti quanti.
"Va bene", disse Larry "adesso a sedere. O potrei bocciarla tutta quanta, questa classe del cazzo".
Si sedettero.
"Il potere distrugge", disse loro Larry, "e la sua mancanza crea un mondo di disadattati. Ma vi do una dia di uscita. Non vi boccerò se c'è qualcuno di voi che sa dirmi il nome di un gran bello scrittore. Il suo nome letto all'incontrario, è "s-u-m-a-c".
"Smack", disse un qualche furbone.
"No, quello è Kcams, grande poeta e ladro di cavalli ungherese del diciannovesimo secolo. Bene, ora sarete tutti quanti bocciati. Che ne pensate?"
"E lei che ne pensa di Capote?" chiese qualcuno.
"Non ci penso mai".
"Di Mailer?"
"Penso alle sue mogli".
"Dio?"
"Io sto particolarmente attento a non pensare a Dio".
"Se lei sta particolarmente attento a non farlo", disse qualcuno "vuol dire che sta sempre a pensarci".
"Intendi", chiese Larry "che se non scopo significa che sto sempre a scopare?"
Poi la campana, che suonava per tutti.
Non sembravano nemmeno venti minuti, pensò Larry. Niente come un po' di sano esercizio fisicoper far passare il tempo.
"Mercoledì, alla prossima lezione, se ci sarò", disse Larry agli studenti prima che se ne andassero "voglio che ognuno di voi mi porti un elaborato sul tema: "Chi ha scritto il nostro inno nazionale, e perché?"".
Loro se ne andarono, borbottando cose irrispettose, tipo: "E questo cosa c'entra con la Letteratura Contemporanea?".
Poi non rimase nessuno, a parte una ragazza che si avvicinò alla cattedra di Larry.
Aveva uno splendido aspetto nella luce del meriggio che passava atraverso il vestito sottile. Lui rimase seduto. Sentì il suo fianco strofinarglisi contro la spalla sinistra.
"Lei mi piace, Jensen", disse, chiamandolo per cognome "non so bene come dirlo, può sembrare strano…"
"Coraggio, stringi forte le cosce e buttati".
"Beh, ora ho capito perché il suo corso è il più seguito in tutto il campus. E' energico, pieno di immagini, divertente, ha un'anima…"
"Anima, è di quello che abbiamo bisogno. Grazie…"
"Denise".
"Grazie, Denise".
Lei premette il fianco contro di lui. "Questo per me è un po' più facile da dire: se mai lei avesse voglia di un po' di quella fica giovane e stretta di cui parla sempre…"
"Ma dici sul serio?" alzò lo sguardo verso di lei.
"Certo, per avere il massimo dei voti, dico davvero".
Larry continò a guardarla. "Gesù Cristo, ma secondo te io mi lascerei comprare così facilmente?"
"Sì", sorrise lei "basta che lei scriva il suo numero di telefono su quel taccuino che ha lì, strappi il foglio e lo dia a me. Al resto ci penso io…"
Larry prese la penna, scrisse il suo numero, lo fece scivolare verso il fianco di lei. La sua mano scese giù, raccolse il foglietto, lo ripiegò, e poi lei se ne andò
Larry si alzò e si mise il soprabito. Aveva una lezione alle due e poi la giornata era finita.
Una cosa di cui era ben ceto, comunque, era che avrebbe bocciato quello stronzo in tuta gialla. Era già qualcosa, no? Arthur Koestler e sua moglie che si suicidano insieme?
Uscì dalla classe e si trovò tra i prati del campus. Era ora di un pranzetto tranquillo al Blue Moon e di un paio di bicchieri. Un migli, più o meno, dall'università, ma ne valeva la pena. Un gran bel posto per rilassarsi.

 

 

 

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