COMITATO OVEST MELEGNANO |
IL PARCO DELLE NOCI e la sua storia
Quello che è adesso il Parco delle Noci, una cinquantina di anni fa era campagna che faceva parte dell’Industria Chimica SARONIO. La gente di Melegnano distingueva in due parti il territorio occupato della Saronio: da una parte la “chimica”, dall’altra l’”agricula”. Le industrie chimiche infatti dovevano godere di molto spazio per disinquinare l’aria dagli odori dei prodotti chimici e per far passare la canalina di scarico delle scorie. Le canaline andavano a finire in comune di Cerro al Lambro, che del resto confina, una volta attraversata la via per Landriano, col Parco delle Noci. Per arrivare al lavoro nella fabbrica Saronio, gli operai che venivano da centro di Melegnano non potevano usufruire del sottopassaggio perché non c’era; prima c’era il passaggio a livello con le sbarre e prima ancora delle sbarre c’erano “i cancei”. Infatti quando nel 1962 fu costruita la linea ferroviaria a difendere i binari furono messi 4 cancelli: due dalla parte di via Zuavi e due dalla parte di Via Origoni che porta alla strada per S. Angelo e alla via per Carpiano da cui deve passare, chi arriva dal centro di Melegnano, per giungere al Parco delle Noci; ancora oggi gli anziani parlano della zona che sta oltre la ferrovia come del sito “de là dei cancei”. L’industria Chimica SARONIO lasciò la zona intorno al 1966 e pian piano nacque un nuovo quartiere residenziale detto “CIPES” che è l’insieme di 8 palazzine sorte a destra di una nuova via alberata: Via Togliatti. A sinistra di via Togliatti fu costruito un insieme di 31 abitazioni che si chiamava “residenza Barbara” ma che fin dall’inizio della sua costruzione fu chiamato “i villet”, le villette. Nel 1974 le villette e le palazzine del CIPES furono pronte ad accogliere i nuovi abitanti; i bambini del nuovo quartiere andavano a scuola in via Cadorna e col loro arrivo le aule non bastarono più, molte ne dovettero essere cercate in altri edifici: per esempio all’asilo Trombini. Dietro il CIPES rimase libero dalle costruzioni un bel pezzo di terreno che sembrò a tutti il paradiso terrestre; i bambini nuovi arrivati trovarono in quell’area verde, spazio per i loro giochi, per le passeggiate, i pic-nic. La campagna era attraversata da una stradina che da via per Carpiano arrivava a via per Landriano; era costeggiata da un fossetto e da filari di Noci; era il viale delle Noci. A sinistra, un grande prato, incolto ma verde, dove i bambini giocavano anche a pallone (qualcuno aveva provveduto a mettere delle porte da calcio). Nella recinzione del CIPES c’era perfino un cancello che immetteva direttamente nel prato….più comodo di così! E c’erano alberi, nati qua e là e cespugli, piantati, come i noci del viale, dai Saronio. Di tutto quel verde sono rimasti due alberi; un Pioppo e un Salice che i bambini che visitano il Parco delle Noci notano subito perché si vede che sono molto più vecchi degli altri. Ma il Pioppo più amato era proprio lungo il sentiero che ora porta al laghetto: era un pioppo bianco, di circa 40 anni, i ragazzi dopo aver giocato e giocato, si sdraiavano alla sua ombra lo chiamavano “l’albero del riposo”, la “quercia grande” anche se quercia non era. Gli abitanti del nuovo quartiere sapevano di poter contare su quello spazio per i loro bambini perché ciò che li aveva attirati in quella zona nuova di Melegnano era, oltre alla possibilità di far giocare liberamente i loro bambini, anche il progetto di un centro sportivo di cui in Comune era esposto il plastico. La piscina che è ora in fondo al quartiere Giardino doveva sorgere al CIPES, dov’è ora il Parco delle Noci: perché il centro sportivo non sorse mai? Perché le Ferrovie dello Stato avevano deciso fin dagli inizi degli anni ’70 di far passare la linea da Alta Velocità Milano-Bologna. Quando lo seppero, gli abitanti del CIPES protestarono: si scrissero lettere, si formarono cortei per le vie di Melegnano e dal Comune alla casa del Sindaco (che allora era l’architetto Danova), ma nessuno poté farci niente e pian piano iniziarono i lavori per costruire la massicciata che ora sovrasta il laghetto delle anatre. Durante gli scavi furono trovate scorie di molti prodotti chimici della Saronio: i lavori furono fermati, il terreno inquinato fu rimosso; dopo alcuni anni il lavoro riprese ma il cantiere aveva rovinato pian piano tutta l’area verde: i prati erano quasi scomparsi; nessuno ci giocava più e i bambini non cercavano più l’ombra amica dell’albero del riposo. Ogni giorno le ruspe toglievano terreno ai piedi degli alberi; gli operai accendevano fuochi, finché anche la “quercia grande” si indebolì e cadde forse schiantata da un fulmine. Si era agli inizi degli anni ’80; la perdita di quell’albero fu un triste segnale per i bambini del CIPES, uno di essi di nome Matteo, scrisse questa poesia che fu pubblicata anche dal “Melegnanese” assieme ad un bel disegno di Vittorio, un altro ragazzo del quartiere, lo stesso che ha decorato le pareti del sottopasso F.S..
I lavori per costruire la nuova ferrovia proseguivano; lo spazio dove ora c’è il Parco delle Noci diventò il cantiere principale per tutto il tratto ferroviario; anche perché erano stati costruiti due edifici: uno era l’ufficio delle ferrovie, l’altro un capanno per le prove del cemento armato e il ricovero degli attrezzi. Quando finalmente il cantiere fu tolto, rimase il caos: pietre, lastroni di cemento, pezzi di ferro, tubi e materiale di ogni genere invadevano il prato, il fossetto, il viale delle noci. E il degrado andò avanti: la gente veniva anche da fuori Melegnano a buttare rifiuti d’ogni genere. A poco a poco nel fossetto non corse più acqua, i noci morirono o s’ammalarono, il prato diventò un immondezzaio, le pecore che si fermavano li brucavano gli ultimi alberelli, gli ultimi cespugli spontanei e le piantine che alcuni abitanti avevano cercato di far crescere. La costruzione adibita ad uffici delle F.S. rimase vuota a lungo: doveva diventare la scuola materna del quartiere; ma ormai di bambini ne nascevano pochi, quelli arrivati nel ’74 erano ormai cresciuti e con loro era cresciuto l’amore per l’ambiente, la nostalgia per quello spazio verde che sembrava perduto. Venne l’emergenza Albanesi e la costruzione più grande diventò casa di accoglienza; finita l’emergenza si ritornò a parlare di fare dell’edificio una “scuola verde”, ma nel frattempo erano nate altre esigenze, come quella di creare una casa alloggio per anziani. Il comune decise infine di realizzare alcuni alloggi popolari, quelli che oggi si trovano a destra dell’ingresso del Parco delle Noci. Nel frattempo si pensava a che fare dell’area che sorgeva fra le palazzine Cipes e la massicciata della ferrovia; negli anni ’80 era uscita una legge, la legge Tognoli, che aiutava a costruire parcheggi nei territori comunali; anche su quel terreno potevano essere fatti parcheggi e strade per raggiungerli. Ma alcuni abitanti della zona si rivolsero al WWF e ad Italia Nostra (un’altra associazione che difende l’ambiente) e chiesero aiuto per impedire che la zona fosse cementificata. Con l’aiuto delle associazioni, il contributo del Comune e del suo Assessorato all’Ecologia, si ottenne che la zona fosse recintata e protetta, che il fabbricato/deposito degli attrezzi fosse adibito a luogo di studi, di incontri per la difesa dell’ambiente; quella piccola costruzione, ora attrezzata, resa gradevole, frequentata dai bambini delle scuole, non solo di Melegnano, si chiamò auletta verde, prima, più propriamente “Centro visite” poi. Quello che tutti conoscono come “Parco delle Noci” è ora una realtà del nostro Comune il cui vero nome è “Oasi Naturale Urbana”, la strada per ottenerla è evidenziata dall’elenco che segue steso con il contributo dell’Ufficio Ecologia del Comune:
Sequenza cronologico amministrativa del Parco delle Noci
(Per i contenuti un sentito ringraziamento all'Amministrazione Comunale e al compianto Don Cesare Amelli) |