LA GRANDE GUERRA
Le cause del conflitto
Svolgimento del conflitto
Conseguenze immediate
|
|
L’attentato si Sarajevo scatena la guerra
L'evento scatenante della prima guerra mondiale fu l'uccisione a Sarajevo,
il 28 giugno 1914, dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono degli
Asburgo, in un attentato compiuto dallo studente Gravilo Princip. Un mese
dopo,
il 28 luglio, l’Austria dichiarò guerra alla Serbia, ritenuta
responsabile dell'attentato.
Scattano le alleanze
L'attacco alla Serbia fece subito scattare il meccanismo delle
alleanze: la Russia
mobilitò l'esercito in suo aiuto, seguita dalla
Francia. In seguito
all'invasione del Belgio e del Lussemburgo, attuata dalla
Germania per meglio
colpire la Francia, anche l'Inghilterra,
preoccupata dalla presenza tedesca sul canale de La Manica, dichiarò guerra
alla Germania. Alcuni giorni dopo si aggiunse anche il
Giappone, il cui
principale obiettivo era contrastare la presenza tedesca sul Pacifico. A
fianco dell'Austria e della Germania, scese infine in campo la
Turchia, che chiuse gli
Stretti al passaggio delle navi russe.
La guerra lampo diventa guerra di logoramento
La Germania, come anche tutto il mondo, era convinta che la guerra sarebbe
durata poco, perché il sistema economico mondiale non avrebbe potuto
sopportare un lungo periodo di interruzione degli scambi internazionali. I
travolgenti successi iniziali sembravano confermare la validità di questa
strategia. I tedeschi dilagarono infatti nella Francia settentrionale, fino
a giungere in prossimità di Parigi. Qui furono però fermati nella
battaglia della Marna
(5-12 settembre 1914).
Francesi e tedeschi iniziarono allora la costruzione delle trincee e la
guerra-lampo si trasformò in
guerra di logoramento. Gli eserciti si fronteggiavano lanciando
inutili offensive, lasciando la situazione bloccata per diversi mesi.
L’Italia in guerra
In un primo momento l’Italia si era dichiarata neutrale. La
Triplice
Alleanza, di cui faceva parte, non le imponeva
infatti di entrare in guerra, visto che Austria e Germania si configuravano
come paesi aggressori. Un intervento nel conflitto a fianco dell’Austria non sarebbe stato
oltremodo vantaggioso,
dato che gli interessi italiani in Trentino, nelle Venezie e nell’Adriatico
erano in conflitto con quelli austriaci. I rapporti con l’Austria si
erano, negli ultimi tempi, deteriorati, a causa proprio della questione delle
terre irredente.
Allo scoppio del conflitto di
erano delineate in Italia due correnti di opinione: gli
interventisti e i
neutralisti.
Interventisti furono i
nazionalisti, che
consideravano la guerra uno strumento per consolidare la potenza dell'Italia
sul piano internazionale; i
sindacalisti rivoluzionari,
che auspicavano che il conflitto potesse determinare la fine dello Stato
liberale e gli
irredentisti, che nella
guerra contro l'Austria vedevano la possibilità di completare il
Risorgimento.
I
neutralisti comprendevano
i
giolittiani, i
quali ritenevano che l'Italia non fosse pronta, sia economicamente che
militarmente, ad affrontare un conflitto; i socialisti,
convinti che la guerra fosse contraria agli interessi del proletariato, e
i
cattolici,
contrari al conflitto per motivi umanitari e religiosi. Il neutralismo fu poi
soprannominato “neutralismo a termine”, in quanto, una volta entrata in
guerra l’Italia, essi andarono al fronte a combattere.
Dopo il fallimento delle trattative con l'Austria, per ottenere
le terre del Trentino. dell'Alto Adige e della Venezia Giulia, l'Italia i
strinse accordi segreti con l’Intesa (Patto di
Londra, 26 aprile 1915) che prevedevano, in caso di
vittoria, l’annessione delle terre irredente e i territori dell’Istria (escluso Fiume) e della Dalmazia.
L'entrata in guerra dell'Italia, il
24 maggio 1915, costrinse
l'Austria ad aprire un nuovo fronte nelle regioni orientali delle Alpi dove
il comandante delle truppe italiane, Luigi
Cadorna, tentò di sfondare,
senza successo, le linee austriache lungo il fiume Isonzo.
La situazione di stallo durò fino al maggio del 1916, quando l'Austria
decise di dare inizio alla “spedizione punitiva” contro l’ex alleato,
colpevole di tradimento.
L'attacco a Verdun
Contemporaneamente un imponente attacco tedesco veniva
sferrato contro la fortezza di Verdun, in Francia. La battaglia si risolse
in una terribile carneficina; gli alleati riuscirono comunque a difendere la
città e passarono all'offensiva sul fiume Somme, dove furono per la prima
volta impiegati i carri armati.
Nel frattempo erano entrati in guerra il
Portogallo e la
Romania, a fianco degli
Alleati, e la
Bulgaria, a fianco degli
Imperi centrali.
La guerra navale
L'Inghilterra, sfruttando la propria superiorità
navale, aveva sottoposto la Germania a un rigoroso blocco marittimo,
attaccando i convogli che le portavano i rifornimenti. Nel tentativo di
spezzare il blocco inglese, la Germania decise allora di dare il via alla
guerra sottomarina.
Nel
maggio del 1915, un sottomarino tedesco affondò il
transatlantico inglese Lusitania, sul quale erano imbarcati numerosi
cittadini americani. In seguito alle rimostranze degli Stati Uniti, gli
attacchi dei sommergibili tedeschi vennero sospesi e ripresero solo agli
inizi del 1917. Quando tre mercantili statunitensi vennero affondati dai
tedeschi, il presidente americano Woodrow
Wilson
indusse il Congresso a dichiarare guerra agli
Imperi Centrali.
Il ritiro della Russia viene compensato
dall'entrata in guerra degli Stati Uniti
L'intervento americano assicurò un crescente afflusso
di armi e rifornimenti agli Alleati e riequilibrò le forze in campo proprio
mentre si sfaldava il fronte orientale per il crollo della Russia, sconvolta
dalla rivoluzione.
L'esempio degli Stati Uniti fu seguito dalla
Grecia, che scese in
guerra a fianco degli Alleati.
Il 1917 fu l'anno cruciale del conflitto; tutte le nazioni belligeranti
conobbero forti tensioni interne che diedero vita a una crescente
opposizione pacifista, diffusa anche presso le forze armate. In Russia la
tensione si trasformò in una vera rivolta; gli operai e i soldati di
Pietroburgo insorsero (rivoluzione di febbraio)
e costrinsero lo zar
Nicola II
ad abdicare. Proclamata la
Repubblica,
il potere passò a un governo provvisorio che,
sostenuto dalla borghesia russa, decise di proseguire la guerra.
Il malessere generale sfociò allora in una seconda rivolta, questa volta
diretta contro il governo provvisorio (rivoluzione
di ottobre). I bolscevichi, guidati da
Lenin, si impadronirono
del potere e instaurarono un governo rivoluzionario. Venne proclamata la
fine immediata del conflitto con gli Imperi Centrali. Dopo pochi mesi
la Russia, sottoscrivendo la pace di Brest-Litvosk
(marzo 1918), uscì dalla prima guerra mondiale.
La fine del conflitto
Il ritiro dalla guerra della Russia, nel 1917, in seguito alla
rivoluzione d'ottobre, permise alle forze austriache
e tedesche di sfondare le linee di resistenza italiane a
Caporetto, il 20 ottobre
1917. L’esercito italiano fu costretto ad arretrare e si palesò il pericolo
che le truppe nemiche potessero dilagare nella Pianura Padana. Fu in queste
circostanze che venne allora nominato un
governo di unità nazionale, presieduto da
Vittorio Emanuele Orleando.
Il generale
Cadorna, accusato di inettitudine, fu sostituito dal generale Armando
Diaz, il quale rinforzò
l'esercito con una nuova leva e seppe stabilire un rapporto più aperto con le truppe,
promettendo vantaggi e distribuzioni di terre.
Il fronte italiano, attestatosi sulla linea del
Monte Grappa e del
Piave, riuscì a contenere
la pressione nemica.
Anche il fronte anglo-francese resistette agli attacchi, mentre truppe e
armamenti americani sbarcavano sempre più numerosi in Francia. Questo
permise agli Alleati di passare alla controffensiva, costringendo i Tedeschi
a ritirarsi al di là del Reno.
Esattamente un anno dopo la disfatta di Caporetto, l’esercito italiano
riuscì finalemte a piegare gli austriaci a
Vittorio Veneto.
Il 4 novembre 1918 l’Austria fu costretta a firmare l’armistizio con
l'Italia. Qualche giorno dopo anche la Germania
dovette chiedere la pace. |