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LA II  GUERRA MONDIALE

L' Europa in guerra

Mondializzazione del conflitto

La svolta del 1942-43

La vittoria alleata


 

 


Introduzione

La Seconda guerra mondiale fu combattuta dal 1° settembre 1939 all’8 maggio 1945 in Europa e dal 7 dicembre 1941 al 2 settembre 1945 in Asia.
Ebbe come principali contendenti da una parte Gran Bretagna e Francia, Stati Uniti d'America e Unione Sovietica, dall’altra parte; Germania, Italia e Giappone dall’altra. Le operazioni ebbero inizio nel 1939 con l'invasione della Polonia da parte della Germania nazista. In risposta all'aggressione Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania e il conflitto si estese fino a interessare molti paesi e aree geografiche del pianeta. Più che in qualsiasi altra guerra precedente, il coinvolgimento delle nazioni partecipanti fu totale e l'evento bellico interessò in modo drammaticamente massiccio anche le popolazioni civili. La sua conclusione segnò l'avvento di un nuovo ordine mondiale incentrato sulle due superpotenze vincitrici, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.

Lo scoppio della guerra: il fronte occidentale

La guerra lampo in Polonia

Il 1° settembre cominciarono i bombardamenti delle reti ferroviarie polacche. Dopo quattro giorni due gruppi armati, uno proveniente dalla Prussia orientale e un altro dalla Slesia, attraversarono le frontiere indirizzandosi verso Varsavia e Brest. La macchina bellica tedesca aveva sferrato il Blitzkrieg (guerra lampo), impiegando mezzi corazzati, aerei e fanteria autotrasportata. Tra l'8 e il 10 settembre i tedeschi avanzarono verso Varsavia. Il 17 l'Armata Rossa varcò il confine occupando la Polonia orientale. Il 20 settembre tutta la Polonia era nelle mani dei tedeschi e dei sovietici.
La guerra finnico-sovietica
Il 30 novembre 1939 l'Unione Sovietica dichiarò guerra alla Finlandia. I finlandesi, guidati dal maresciallo Mannerheim, opposero una strenua resistenza, che durò sino all'anno seguente. L'aggressione alla Finlandia fu condannata dall'opinione pubblica mondiale, ma nello stesso tempo offrì a Francia e Gran Bretagna il pretesto per impossessarsi di una delle principali fonti di rifornimento di metalli ferrosi della Germania occupando il porto norvegese di Narvik. L'ammiraglio tedesco Erich Raeder decise allora di invadere la Norvegia sbarcando simultaneamente in otto città portuali, da Narvik a Oslo. Le truppe avrebbero dovuto essere trasportate con navi da guerra. La Danimarca, che non rappresentava un problema militare, era utile per la vicinanza dei suoi aeroporti alla Norvegia. Temendo l'intervento di altre potenze a fianco della Finlandia, Stalin concluse la pace il 12 marzo 1940, assicurando all'URSS concessioni territoriali; la Finlandia rimaneva indipendente. Il 2 aprile Hitler ordinò di attaccare la Norvegia e la Danimarca. La Danimarca si arrese immediatamente. I norvegesi, appoggiati da 12.000 soldati britannici e francesi, resistettero nella zona tra Oslo e Trondheim fino al 3 maggio. A Narvik contrattaccarono, sostenuti dalla flotta britannica. Nella prima settimana di giugno i tedeschi furono obbligati a ritirarsi fino al confine svedese, ma le sconfitte militari in Francia obbligarono francesi e britannici a ritirare le loro truppe da Narvik.

I Paesi Bassi

Nella primavera del 1940 Hitler aveva impostato una nuova strategia per la campagna contro la Francia e i Paesi Bassi: scartato il piano che prevedeva l'invasione attraverso il Belgio, decise, secondo il piano ideato dal generale Erich von Manstein, di sferrare l'attacco nelle Ardenne, cogliendo di sorpresa il comando anglo-francese. Il 10 maggio forze aeree tedesche atterrarono in Belgio e in Olanda occupando aeroporti e nodi stradali. L'esercito olandese si arrese il 14 maggio, poche ore dopo il bombardamento di Rotterdam. Lo stesso giorno, l'esercito tedesco, comandato dal generale Gerd von Rundstedt, attraversò le Ardenne cogliendo alle spalle le armate britanniche e francesi.

La sconfitta della Francia

Il 26 maggio, inglesi e francesi furono respinti a Dunkerque e riuscirono a trovare scampo solo grazie a una gigantesca operazione di evacuazione della regione costiera, da cui ripiegarono drammaticamente per scampare alla cattura. Intanto Leopoldo III, re del Belgio, firmava la resa due giorni dopo. La linea Maginot era intatta, ma la manovra tedesca aveva spiazzato il comandante francese, generale Maxime Weygand, che non riuscì a difendere Parigi. Il 10 giugno il governo abbandonò la capitale; lo stesso giorno anche l'Italia dichiarò guerra alla Francia. Il 17 giugno il maresciallo francese Henri-Philippe Pétain chiese l'armistizio che, firmato il 22 giugno, assicurava ai tedeschi il controllo del Nord della Francia e della costa atlantica. Pétain stabilì a Vichy, nel Sud, un governo collaborazionista, che rimase fedele all'Asse sino alla fine della guerra.

La battaglia d’Inghilterra

La Gran Bretagna, ora sotto la guida del primo ministro Winston Churchill, succeduto a Chamberlain, era rimasta sola ad affrontare la Germania. Nell'estate del 1940 l'aviazione tedesca avviò l'offensiva aerea nel tentativo di annientare la Royal Air Force, scatenando la battaglia d'Inghilterra. Nell'agosto iniziarono i bombardamenti dei porti e degli aeroporti inglesi e, nel mese di settembre, quello di Londra. L'aviazione e la popolazione civile inglesi non cedettero e Hitler dovette rinunciare all'invasione. Fu la prima sconfitta tedesca.

L’Italia in guerra

Fin dal 1939 Mussolini aveva assistito con preoccupazione alla crescente spinta espansionistica dell'alleato tedesco, che rischiava sia di mettere l'Italia in una posizione del tutto marginale nel futuro ordine europeo e mondiale, sia di far naufragare un insieme di obiettivi strategici, per quanto confusamente concepiti, che spaziavano dai Balcani agli oceani. Era maturata nel Duce la convinzione che l'Italia dovesse prepararsi a combattere una guerra parallela a quella dei tedeschi, in aree geograficamente circoscritte, al fine di trarre il massimo vantaggio al tavolo della pace. Il momento di dichiarare guerra si avvicinava man mano che la Germania travolgeva le linee avversarie e si espandeva in Europa, a est come a ovest. Era tuttavia palese l'inadeguatezza dell'esercito italiano ad assumere un ruolo militare pari a quello tedesco. Perciò era giocoforza puntare a operazioni di guerra di breve durata, in punti marginali del conflitto, confidando nella resa dell'Inghilterra, fatto questo che nell'estate del 1940 poteva apparire probabile. Il 10 giugno 1940 Mussolini annunciò con enfasi l'entrata in guerra dell'Italia contro la Francia e l'Inghilterra. Quindi fece muovere le truppe sul versante alpino, tra il Moncenisio e il mar Ligure, per invadere da sud la Francia, già messa in ginocchio dalla ben più possente invasione tedesca. Poco addestrati e male equipaggiati i soldati italiani avanzarono con estrema lentezza attraverso le Alpi. Anche sulla costa le operazioni procedettero a rilento al punto che, al momento dell'armistizio (24 giugno), le forze italiane non si erano spinte oltre Mentone. Si trattava di un magro bottino, che non legittimava le richieste avanzate da Mussolini a Hitler, ben più consistenti.

L’Africa e i Balcani

Nel settembre del 1940 Mussolini ordinò di attaccare l'Egitto, importante base britannica, ma fu respinto dagli inglesi che occuparono parte della Libia, colonia italiana. In ottobre il Duce decise di attaccare la Grecia, senza preventiva comunicazione all'alleato tedesco che ne venne informato quando le operazioni erano già in corso. Anche in questo caso l'Italia si metteva sulla scia della Germania, che aveva deciso di proteggere militarmente i pozzi petroliferi della Romania, per sfruttarne la forza d'urto e ristabilire un più equilibrato rapporto militare. L'attacco partì dall'Albania e anche in questa circostanza l'impreparazione risultò lampante. Dopo due settimane i greci erano in grado di controbattere, mentre gli inglesi impedivano l'utilizzo della flotta silurando tre corazzate nel porto di Taranto. All'inizio del 1941 il fronte era di fatto bloccato in un conflitto di posizione che non lasciava presagire sviluppi favorevoli all'Italia. Fu a quel punto che Hitler cominciò a prefiggersi la conquista tedesca della Grecia.Anche sul fronte dell'Africa settentrionale le controffensive inglesi avevano costretto le truppe italiane a ritirarsi precipitosamente, fino al limite occidentale del golfo della Sirte. Nel mese di febbraio del 1941 Hitler assegnò al feldmaresciallo Erwin Rommel il comando delle truppe tedesche (Afrikakorps) nell'Africa settentrionale, con lo scopo di aiutare gli alleati italiani. Tra i mesi di marzo e aprile Rommel riuscì a respingere gli inglesi, varcando il confine egiziano. Hitler preparò quindi l'attacco alla Grecia: sottoscrisse trattati di alleanza con Romania e Ungheria nel novembre 1940 e con la Bulgaria nel marzo 1941. La Iugoslavia, che non aveva accettato di allearsi con la Germania, fu invasa. Le operazioni ebbero inizio il 6 aprile: Belgrado, pesantemente bombardata, fu occupata il 13 aprile e il giorno dopo l'esercito iugoslavo si arrese. Subito iniziò la resistenza, a opera dei partigiani etnici e dei partigiani comunisti guidati da Tito, che continuò per tutta la durata della guerra. Le forze italiane intervennero a fianco dei tedeschi, penetrando in territorio iugoslavo da Trieste e occupando la Slovenia, la Dalmazia e il Montenegro, fino a ricongiungersi con i contingenti provenienti dall'Albania. La Croazia, costituita in stato autonomo, divenne paese satellite dell'Italia, a cui fu annessa la Slovenia (maggio 1941).
In Grecia, Salonicco fu costretta alla resa il 9 aprile; anche le divisioni greche, che avevano occupato quasi un terzo dell'Albania, si arresero il 22 aprile. Il 27 aprile le truppe tedesche occuparono Atene: il re e il governo fuggirono a Creta, che tuttavia fu conquistata il mese dopo.

 

 

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