VEGLIE
DI PREGHIERA E TESTIMONIANZA PER LA PACE
*** PRESENTAZIONE ***
II Tempio della Pace, sorto a ricordo della pace
e come auspicio di pace per la città
e per il mondo, vuoi essere un luogo privilegiato
dove i passanti sono invitati a sostare,
a riflettere ed a pregare per la pace.
Per favorire questo, la comunità parrocchiale,
assieme a molte associazioni di volontariato,
propone, ogni 3° giovedì del mese, una veglia di
preghiera, di ascolto della Parola di Dio,
e delle testimonianze per la pace.
Per l' 11° ciclo, che si svolgerà da dicembre 2005
a maggio 2006, è stato scelto il tema conduttore:
"Non abbiate paura.."
Conflittualità nel nostro territorio
Tema emerso dalle considerazioni che:
* La "Paura dell'altro" è dominante nella nostra
società.
* Si riflette su alcune conflittualità, che rendono la vita
di tutti i giorni più faticosa.
* Si desidera coinvolgere i cittadini di Padova.
Il tempio è, inoltre, aperto ad ogni gruppo di preghiera
che volesse ritrovarsi qui a pregare ed a riflettere sulla pace.
Il consiglio
parrocchiale
II parroco don
Angelo Dal Santo

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PROGRAMMA :::...
Le veglie inizieranno
alle 20,45 e termineranno alle 22.30
Giovedi 15-12-2005 Non abbiate paura ... dello straniero
(immigrati: dal lavoro, alla casa, alla scuola)
Testimone: Edgar Serrano
Membro forum nazionale immigrazione
Giovedì 19-01-2006 Non abbiate paura ...di essere cittadini
responsabili
(ambiente ed istituzioni)
Testimone: Francesco
Jori
Inviato de "II Gazzettino"
Giovedì 16-02-2006 Non abbiate paura ... dei
figli che crescono
(anche se diversamente da come vorreste)
Testimoni:
Lucio e Berta Babolin
responsabili Ass. Maranathà di Cittadella
Giovedì 16-03-2006 Non abbiate paura ...di
essere Voi stessi
(conflitto e competizione nell'ambiente del lavoro)
Testimone:
Paolo Buratto
Direttore risorse umane della ditta ZF
Giovedì 20-04-2006 Non abbiate paura ...di
mettervi in gioco.
(solitudine, malattia, povertà)
Testimone:
Antonio Diella
Presidente nazionale Unitalsi
Giovedì 18-05-2006 Non abbiate paura ...di chi
vi inquieta,
(carcerati, emarginati, prostitute)
Testimoni:
Sergio Segio
Francesco Morelli
Appuntamenti a cura del Gruppo
Organizzatore Veglie:
sevemaster@virgilio.it
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2003 >>

L'ALBERO DEGLI AMICI

Ci
Sono
persone
nella nostra vita
che ci rendono felici 
per il semplice fatto di
averci incontrato. Alcune
camminano
al
nostro fianco; altre
le vediamo appena tra un passo
e l'altro. Tutte le chiamiamo amici
e ce ne sono di molti tipi. I primi sono
papa e mamma che ci mostrano cos'è
la vita. poi vengono i nostri figli 
con i quali dividiamo
il nostro spazio affinchè
possano fiorire come noi.
Ma
la Provvidenza ci fa incontrare
altri amici: a scuola, al gioco, sul lavoro,
in vacanza, di passaggio... Alcuni ci sono vicini,
foglie dello stesso ramo: sanno quando non stiamo bene, 
sanno cosa ci fa felici.
Altri sono distanti, stanno sulle
punte dei rami e ci sorridono tra una foglia
e l'altra solo quando soffia il vento... ma senza
di
loro la vita sarebbe più triste. Il
tempo
passa, l'estate se
ne va, l'autunno si avvicina e alcune foglie muoiono e cadono, ma
continuano a vivere con noi, alimentando le nostre radici con allegria.
Ti auguro, foglia del mio albero, pace e bene, oggi e sempre...
semplicemente
perché sei passata nella mia vita e mi hai dato qualcosa di te. 
Ciao e
Buone
Feste.
L'ALBERO DEGLI AMICI

PACE
che cosa posso fare?
Se credi che un sorriso e' piu' forte di un'arma,
allora
la Pace verra'
Se credi che la differenza e' una ricchezza, non un pericolo,
allora
la Pace verra'
Se sai guardare gli altri con uno squardo d'amore,
allora
la Pace verra'
Se sai gioire del bene e della felicita' altrui,
allora
la Pace verra'
Se sai ascoltare lo sfortunato che ti racconta le sue disgrazie
e ti fa perdere del tuo tempo,
allora
la Pace verra'
Se sai accettare la critica senza ritorcerla,
allora
la Pace verra'
Se sai accogliere un parere differente dal tuo,
allora
la Pace verra'
Se sei convinto che la contemplazione è accogliere di essere
amati
da Dio
e per amore, lottare con fermezza contro ogni ingiustizia e
menzogna,
allora
la Pace verra'
Se sai dare un pezzo di pane al povero chiedendogli perdono
allora
la Pace verra'
Se sei convinto che il perdono va piu' lontano della vendetta,
allora
la Pace verra'
(Anonimo)

Commento
Papa Giovanni Paolo II (11/12/2002)
RICORDATI SIGNORE DEL TUO POPOLO CHE T'INVOCA IN TEMPO
DI
FAME E DI GUERRA
Dopo aver letto il Cantico di
Ger
14,17-21 lasciamoci condurre nella riflessione dal commento del Papa
Giovanni
Paolo II presentato all'udienza di mercoledì 11 dicembre 2002.
1. È un canto amaro e sofferto quello che il profeta Geremia,
dal suo
orizzonte storico, fa salire fino al cielo (14,17-21)... Il contesto da
cui
sorge questa lamentazione è rappresentato da un flagello che
spesso
colpisce la terra del Vicino Oriente: la siccità. Ma a questo
dramma
naturale il profeta ne intreccia un altro non meno terrificante, la
tragedia
della guerra: «Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di
spada;
se percorro la città, ecco gli orrori della fame» (v. 18).
La
descrizione è purtroppo tragicamente attuale in tante regioni
del
nostro pianeta.
2. Geremia entra in scena col volto rigato di lacrime: il suo è
un
pianto ininterrotto per «la figlia del suo popolo»,
cioè
per Gerusalemme... Il profeta partecipa intimamente alla
«calamità»
e alla «ferita mortale» del suo popolo (v. 17). Spesso le
sue
parole sono segnate dal dolore e dalle lacrime, perché Israele
non
si lascia coinvolgere nel messaggio misterioso che la sofferenza porta
con
sé. In un'altra pagina Geremia esclama: «Se voi non
ascolterete,
io piangerò in segreto dinanzi alla vostra superbia; il mio
occhio
si scioglierà in lacrime, perché sarà deportato il
gregge
del Signore» (13,17).
3. Il motivo dell'invocazione lacerante del profeta è da
cercare, come
si diceva, in due eventi tragici: la spada e la fame, cioè la
guerra
e la carestia (cfr Ger 14,18). Siamo, dunque, in una situazione storica
travagliata
ed è significativo il ritratto del profeta e del sacerdote, i
custodi
della Parola del Signore, i quali «si aggirano per il paese e non
sanno
che cosa fare» (ibid.).
La seconda parte del Cantico (cfr vv. 19-21) non è più un
lamento
individuale, alla prima persona singolare, ma una supplica collettiva
rivolta
a Dio: «Perché ci hai colpito, e non c'è rimedio
per noi?»
(v. 19). Oltre alla spada e alla fame, c'è, infatti, una
tragedia
maggiore, quella del silenzio di Dio, che non si rivela più e
sembra
essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dell'agire
dell'umanità.
Le domande a Lui rivolte si fanno perciò tese ed esplicite in
senso
tipicamente religioso: «Hai forse rigettato completamente Giuda,
oppure
ti sei disgustato di Sion?» (v.19). Ormai ci si sente soli e
abbandonati,
privi di pace, di salvezza, di speranza. Il popolo, lasciato a se
stesso,
si trova come sperduto e invaso dal terrore.
Non è forse questa solitudine esistenziale la sorgente profonda
di
tanta insoddisfazione, che cogliamo anche ai giorni nostri? Tanta
insicurezza
e tante reazioni sconsiderate hanno la loro origine nell'aver
abbandonato
Dio, roccia di salvezza.
4. A questo punto ecco la svolta: il popolo ritoma a Dio e gli rivolge
un'intensa
preghiera. Riconosce innanzitutto il proprio peccato con una breve ma
sentita
confessione della colpa: «Riconosciamo, Signore, la nostra
iniquità...
abbiamo peccato contro di te» (v. 20). Il silenzio di Dio era,
dunque,
provocato dal rifiuto dell'uomo. Se il popolo si converte e ritorna al
Signore,
anche Dio si mostrerà disponibile ad andargli incontro per
abbracciarlo.
Alla fine il profeta usa due parole fondamentali: il
«ricordo»
e l'«alleanza» (v. 21). Dio viene invitato dal suo popolo a
«ricordarsi»,
cioè a riprendere il filo della sua benevolenza generosa,
manifestata
tante volte nel passato con interventi decisivi per salvare Israele.
Dio è
invitato a ricordarsi che egli si è legato al suo popolo
attraverso
un'alleanza di fedeltà e di amore. Proprio per questa alleanza
il
popolo può confidare che il Signore interverrà a
liberarlo e
a salvarlo. L'impegno da lui assunto, l'onore del suo
«nome»,
il fatto della sua presenza nel tempio, «il trono della sua
gloria»,
spingono Dio - dopo il giudizio per il peccato e il silenzio - ad
essere di
nuovo vicino al suo popolo per ridargli vita, pace e gioia.
Insieme con gli Israeliti, anche noi possiamo dunque essere certi che
il Signore
non ci abbandona per sempre ma, dopo ogni prova purificatrice, egli
ritoma
a far «brillare il suo volto su di noi, a esserci propizio... e a
concederci
pace», come si dice nella benedizione sacerdotale riferita nel
libro
dei Numeri (6,25-26).
5. A conclusione, possiamo accostare alla supplica di Geremia una
commovente
esortazione rivolta ai cristiani di Cartagine da san Cipriano, Vescovo
di
quella città nel terzo secolo. In tempo di persecuzione, san
Cipriano
esorta i suoi fedeli a implorare il Signore....: «Imploriamo il
Signore,
- dice san Cipriano - sinceri e concordi, senza mai cessare di chiedere
e
fiduciosi di ottenere. Imploriamolo gemendo e piangendo, come è
giusto
che implorino coloro che sono posti tra sventurati che piangono e altri
che
temono le sventure, tra i molti prostrati dal massacro e i pochi che
restano
in piedi. Chiediamo che ci venga presto restituita la pace, che ci si
dia
aiuto nei nostri nascondigli e nei pericoli, che si adempia quello che
il
Signore si degna di mostrare ai suoi servi: la restaurazione della sua
Chiesa,
la sicurezza della nostra salute etema, il sereno dopo la pioggia, la
luce
dopo le tenebre, la quiete della bonaccia dopo le tempeste e i turbini,
l'aiuto
pietoso del suo amore di padre, le grandezze a noi note della divina
maestà».

LA LUCE GUARDO' IN BASSO...
La Luce guardo' in basso
E vide le tenebre.
"La' voglio andare",
disse la Luce.
La Pace guardo' in basso
E vide la guerra,
"La' voglio andare",
disse la Pace.
L'Amore guardo' in basso
E vide l'odio,
"La' voglio andare",
disse l'Amore.
Cosi' apparve la Luce e risplendette.
Cosi' apparve la Pace e offri' riposo.
Cosi' apparve l'Amore e porto' vita.
E il verbo si fece carne e
Venne ad abitare
In mezzo a noi.
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