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Il segno racconta...
Hanno detto di lui... Commento di Giorgio Segato.          22/11/2002 Lista delle opere qui presenti



 IL SEGNO RACCONTA ...


Ascensione Era ormai davvero opportuno, indispensabile, ordinare una mostra antologica di Francesco Lucianetti in un adeguato spazio pubblico.

 Ci aiuta a conoscere compiutamente la sua poliedrica personalità d'artista e a dare sistemazione alla Villa Capra detta La Rotondavarietà e alla quantità sorprendenti del suo lavoro.

E' un architetto "creativo", che si occupa di architettura progettata, di restauri, ma anche di elaborazione d'immagine, di comunicazione visiva.

In questo campo specifico si mostra particolarmente ricco di pulsioni araldiche e narrative, che, con versatilità a vasto raggio, esprime in una ricerca estetica che spazia dalla grafica alla pittura, dalla scultura alla medaglistica, dall'illustrazione dei libri alle vetrate decorative.

Villa PisaniCaratteristica fondamentale del suo stile è l'esaltazione del "segno" come "fil rouge" di racconti che intessono, in trame ed orditi di grande efficacia comunicativa, "storie", eventi, memorie di luoghi con risentimenti intimi, partecipazione culturale e psicologica, non di rado attenta, innamorata adesione al tema, in particolare quando esso riguardi la navigazione, reale o fantasma, o la lettura storica e monumentale della città di Padova, dove non è nato, ma alla quale è profondamente, emotivamente legato (ci vive dal 1951).

Al segno, in grafica, in scultura, in pittura, così come Terrorenella progettazione, Lucianetti affida l'esplicarsi dei suoi sogni (di oggi, quelli di adulto, ma anche di quelli di ieri, dell'infanzia, dell'adolescenza, Baba-yagaalimentati dalla visionarietà di lettere e soprattutto, credo io, da quella dei "fumetti").

Proprio la tipologia della composizione e del segno, a mio avviso, confermano lo slittamento onirico e, insieme, il riferimento alla narrazione grafica fortemente sintetica, araldica dei "giornaletti", tanto invisi ai genitori negli anni cinquanta, quanto e forte anche più di quanto non sia stata la televisione negli anni settanta e ottanta e i videogiochi negli anni novanta.

L'accusa era sempre quella di distrarre da una lettura sempre Carnevalepiù meditata e più prensile, immaginante.

Se è vero che i testi erano ridotti al minimo essenziale, si trascurava la forza suggestiva del segno, la capacità coinvolgente di gesti selezionati in funzione di una certa teatralità, il fascino delle ambientazioni e, in alcuni casi, del colore.

In Lucianetti quella fascinazione ha prodotto una sollecitazione di creatività, un desiderio di continuare, di raccontare e di raccontarsi tramite il segno, nel segno.

Il Cristo degli abissiLa scelta degli studi di architettura e il ostante interesse per la grafica d'arte sono evidentemente significativi di una vocazione e di una decisione di indirizzo professionale assunte con sicurezza e passione autentica, e che l'intento della sua grafica sia scopertamente narrativo lo dimostra anche l'invenzione dei "polittici" dove ciascuna scena in riquadro L'Horto de i semplicipartecipa a comporre un'unica scena complessiva (ora le mura di Padova, ora i canali, l'orto botanico, le piazze, il palazzo municipale).

Il segno è corsivo, immediato e preciso, ricco di espansioni che non hanno semplicemente valore di arricchimento decorativo, ma funzione suggestiva di dilatazioni segniche, di metamorfosi, di vitalità del gesto grafico come tratto energetico che fiorisce nello spazio, lo disegna, lo Abbandonocompone in andamenti armonici.

Emblema di questa armonia ricercata in uno spazio/tempo parallelo, narrazione onirica e Il velofantascientifica, ma più di avventura favolistica proiettata in un tempo altro, è la donna, la figura, il corpo femminile come incarnazione di sogno, di desiderio, di passione avventurosa, eroica, di capacità di generazione e rigenerazione, e dunque risposta "magica" (la maga, le regine, l'incantatrice) ai turbamenti, alle inquietudini, alle accensioni emotive, alle aspirazioni "onnipotenti" di un'adolescenza fortemente sognante e desiderante, la cui prorompente forza ispirativa Lucianetti ha Il Bucintoroconservato intatta in sé.

Altro emblema è il vascello volante, Terzo Millenniola nave a vela che solca mari e cieli come astronave fantasma, materia ectoplasmica che si muove nello spazio aereo liquido o solido indifferentemente, trasportando nella dimensione della visione febbrile (febbricitante a volte) dei prodigi onirici.

Certamente Lucianetti sente lo spazio del foglio (o dei fogli) come campo di energia, di assorbimento e sommovimento sensoriale, di diretta comunicazione tra segno e sogno, tra fantastico e psichico, tra visionario e reale e si abbandona al Villa Foscari-Negrelliracconto grafico come diretta traduzione dell'immaginario.

Un sapiente esercizio di abilità maturata in stamperie d'arte, come quella del Busato a Vicenza, gli ha consentito di adattare alle proprie esigenze espressive e cromatiche la tecnica di realizzazione grafica, intervenendo direttamente sulle lastre ricavate dagli originali creati su pellicola per modulare segni e colori.
L'incontro con Ezzelino10
Particolarmente interessanti risultano i "cicli" di opere dedicate alle ville del Brenta, all'interpretazione dantesca, alla figura di Erasmo da Narni detto il Gattamelata e a quella di S. Antonio, realizzate con grande sensibilità di documentazione e di interpretazione storica e ambientale.

L'impegno più recente, quello in campo medaglistico (che però vanta già altre una quindicina d'anni di attività) ci offre ulteriori sorprese: da una medaglistica di tradizione numismatica, impostata graficamente come soggetto e lettering, Lucianetti è passato ad interpretazioni sempre più libere, più
Gli Eremitaniplastiche ed architettoniche, ottenendo esiti davvero sorprendenti, e ancora una volta innovativi, con le medaglie dedicate al sistema delle piazze padovane e poi Giotto e a Donatello e ancora più con quelle di Santa Sofia e della Basilica degli Eremitani di recentissima fusione.

Sono opere coraggiose, che arricchiscono l'esperienza della medaglia come percezione di una spazialità eloquente e narrativa, in espansione tra dritto e rovescio, con soluzioni che appartengono propriamente alla sensibilità, alla cultura visiva e tecnica (si vedano le "costruzioni" dei modelli)
Il Prato della Valle dell'architetto, molto più che di uno scultore o di un plasticatore. 

Lucianetti sorprende davvero, animato com'è da un profondo rispetto e amore per la città e da infaticabile energia di applicazione, di studio, di manipolazione e di sperimentazione rivolta sempre a sollecitare nella visione una ricca percezione, una più complessa problematicizzazione della forma e dello spazio e, dunque, una comunicazione estetica via via più doviziosa di particolari, significativa e coinvolgente.

Padova, 22 novembre 2002            Giorgio Segato





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