IL SEGNO RACCONTA ...
Era ormai davvero opportuno, indispensabile, ordinare
una mostra antologica di Francesco Lucianetti in un adeguato spazio pubblico.
Ci aiuta a conoscere compiutamente la sua poliedrica personalità
d'artista e a dare sistemazione alla varietà e alla quantità sorprendenti del
suo lavoro.
E' un architetto "creativo", che si occupa di architettura
progettata, di restauri, ma anche di elaborazione d'immagine, di comunicazione
visiva.
In questo campo specifico si mostra particolarmente ricco di pulsioni
araldiche e narrative, che, con versatilità a vasto raggio, esprime in una
ricerca estetica che spazia dalla grafica alla pittura, dalla scultura alla
medaglistica, dall'illustrazione dei libri alle vetrate
decorative.
Caratteristica fondamentale del suo stile è l'esaltazione del
"segno" come "fil rouge" di racconti che intessono, in trame ed orditi di grande
efficacia comunicativa, "storie", eventi, memorie di luoghi con risentimenti
intimi, partecipazione culturale e psicologica, non di rado attenta, innamorata
adesione al tema, in particolare quando esso riguardi la navigazione, reale o
fantasma, o la lettura storica e monumentale della città di Padova, dove non è
nato, ma alla quale è profondamente, emotivamente legato (ci vive dal
1951).
Al segno, in grafica, in scultura, in pittura, così come nella
progettazione, Lucianetti affida l'esplicarsi dei suoi sogni (di oggi, quelli di
adulto, ma anche di quelli di ieri, dell'infanzia, dell'adolescenza, alimentati
dalla visionarietà di lettere e soprattutto, credo io, da quella dei
"fumetti").
Proprio la tipologia della composizione e del segno, a mio
avviso, confermano lo slittamento onirico e, insieme, il riferimento alla
narrazione grafica fortemente sintetica, araldica dei "giornaletti", tanto
invisi ai genitori negli anni cinquanta, quanto e forte anche più di quanto non
sia stata la televisione negli anni settanta e ottanta e i videogiochi negli
anni novanta.
L'accusa era sempre quella di distrarre da una lettura
sempre più meditata e più prensile, immaginante.
Se è vero che i testi
erano ridotti al minimo essenziale, si trascurava la forza suggestiva del segno,
la capacità coinvolgente di gesti selezionati in funzione di una certa
teatralità, il fascino delle ambientazioni e, in alcuni casi, del
colore.
In Lucianetti quella fascinazione ha prodotto una sollecitazione
di creatività, un desiderio di continuare, di raccontare e di raccontarsi
tramite il segno, nel segno.
La scelta degli studi di architettura e il
ostante interesse per la grafica d'arte sono evidentemente significativi di una
vocazione e di una decisione di indirizzo professionale assunte con sicurezza e
passione autentica, e che l'intento della sua grafica sia scopertamente
narrativo lo dimostra anche l'invenzione dei "polittici" dove ciascuna scena in
riquadro partecipa a comporre un'unica scena complessiva (ora le mura di Padova,
ora i canali, l'orto botanico, le piazze, il palazzo municipale).
Il
segno è corsivo, immediato e preciso, ricco di espansioni che non hanno
semplicemente valore di arricchimento decorativo, ma funzione suggestiva di
dilatazioni segniche, di metamorfosi, di vitalità del gesto grafico come tratto
energetico che fiorisce nello spazio, lo disegna, lo compone in andamenti
armonici.
Emblema di questa armonia ricercata in uno spazio/tempo parallelo,
narrazione onirica e fantascientifica, ma più di avventura favolistica
proiettata in un tempo altro, è la donna, la figura, il corpo femminile come
incarnazione di sogno, di desiderio, di passione avventurosa, eroica, di
capacità di generazione e rigenerazione, e dunque risposta "magica" (la maga, le
regine, l'incantatrice) ai turbamenti, alle inquietudini, alle accensioni
emotive, alle aspirazioni "onnipotenti" di un'adolescenza fortemente sognante e
desiderante, la cui prorompente forza ispirativa Lucianetti ha conservato
intatta in sé.
Altro emblema è il vascello volante, la nave a vela che
solca mari e cieli come astronave fantasma, materia ectoplasmica che si muove
nello spazio aereo liquido o solido indifferentemente, trasportando nella
dimensione della visione febbrile (febbricitante a volte) dei prodigi onirici.
Certamente Lucianetti sente lo spazio del foglio (o dei fogli) come
campo di energia, di assorbimento e sommovimento sensoriale, di diretta
comunicazione tra segno e sogno, tra fantastico e psichico, tra visionario e
reale e si abbandona al racconto grafico come diretta traduzione
dell'immaginario.
Un sapiente esercizio di abilità maturata in stamperie
d'arte, come quella del Busato a Vicenza, gli ha consentito di adattare alle
proprie esigenze espressive e cromatiche la tecnica di realizzazione grafica,
intervenendo direttamente sulle lastre ricavate dagli originali creati su
pellicola per modulare segni e colori.
Particolarmente interessanti
risultano i "cicli" di opere dedicate alle ville del Brenta, all'interpretazione
dantesca, alla figura di Erasmo da Narni detto il Gattamelata e a quella di S.
Antonio, realizzate con grande sensibilità di documentazione e di
interpretazione storica e ambientale.
L'impegno più recente, quello in
campo medaglistico (che però vanta già altre una quindicina d'anni di attività)
ci offre ulteriori sorprese: da una medaglistica di tradizione numismatica,
impostata graficamente come soggetto e lettering, Lucianetti è passato ad
interpretazioni sempre più libere, più plastiche ed architettoniche, ottenendo
esiti davvero sorprendenti, e ancora una volta innovativi, con le medaglie
dedicate al sistema delle piazze padovane e poi Giotto e a Donatello e ancora
più con quelle di Santa Sofia e della Basilica degli Eremitani di recentissima
fusione.
Sono opere coraggiose, che arricchiscono l'esperienza della medaglia
come percezione di una spazialità eloquente e narrativa, in espansione tra
dritto e rovescio, con soluzioni che appartengono propriamente alla sensibilità,
alla cultura visiva e tecnica (si vedano le "costruzioni" dei modelli)
dell'architetto, molto più che di uno scultore o di un plasticatore.
Lucianetti sorprende davvero, animato com'è da un profondo rispetto e
amore per la città e da infaticabile energia di applicazione, di studio, di
manipolazione e di sperimentazione rivolta sempre a sollecitare nella visione
una ricca percezione, una più complessa problematicizzazione della forma e dello
spazio e, dunque, una comunicazione estetica via via più doviziosa di
particolari, significativa e coinvolgente.
Padova, 22 novembre 2002 Giorgio
Segato
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