Indice delle domande di questa pagina
Come
rispondere a chi afferma che Cristo era uno
Sull'intima
convinzione, che non tutti hanno, della
Perchè
pregare? E chi?, sono ascoltate le preghiere
Sulla venerazione della "sacra sindone"
Sui
miracoli che, si dice, può compiere soltanto Dio:
L'insegnamento
dei maestri può allontanare, come se
Come
è possibile per uno scrittore o un poeta, dopo
Cos'è
l'ispirazione, non solo degli artisti e dei
L'attore
che deve entrare nello stato d'animo di
Che differenza c'è tra cultura e conoscenza?
Questa
epoca, così ricca di stimoli che vengono
Sul
ruolo della dialettica: che valore ha, oggi,
Sulla polemica
In
che senso anche il dubbio, per quanto riguarda
Sentirsi
insufficienti: girare a vuoto su se stessi
Come curare la suggestionabilità dell'uomo?
Tra
le capacità paranormali quella di suggestionare
Si
può andare indietro lungo il "nastro del
Dove
nasce il meccanismo della suggestione di cui si
Perchè
conoscere l'insegnamento dei maestri non è
Come risolvere le ansie e i problemi quotidiani?
La
gioia, la felicità nel senso pieno, fisico e
Sul ruolo e le difficoltà dello psicoterapeuta
Dove
trovare la risposta ai propri problemi
Sulla tensione e sull'angoscia così diffuse oggi
Sull'insegnamento
evangelico della vite e dei
Perchè
è importante valutare bene le proprie forze
Quali
esperienze principalmente sono tempo perduto,
L'esperienza della droga
Pensare di farla finita: il suicidio
Al
momento del trapasso, che differenza di condizione, di ambientazione nel piano
astrale, c'è fra chi
e
chi, invece, non ne ha saputo nulla durante la
L'individuo
come vive, nel piano astrale, il suo
La
realtà del piano astrale sta tutta in questa
Nell'aldilà
incontreremo veramente le persone care
Su
come i disincarnati vivono le prove e le
I
nostri cari che ci hanno lasciato continuano ad
Se
pensando a un caro trapassato, come per un
L'amore
per i propri cari può trattenere una entità
Se
l'insegnamento è conosciuto da chi è in un'altra
Sul più alto insegnamento morale dato dai maestri
Saluto a chi resta
Come rispondere a chi afferma che Cristo era uno come tutti gli altri e quindi ciò che ha detto e fatto non ha il valore divino che gli si attribuisce? Guardiamolo come uomo, semplicemente, non quale
figlio di Dio, come si dice. E guardiamo quello che ha detto. Si può non
riconoscergli un'intelligenza, se non altro nelle risposte? E' certamente
qualcosa che va oltre il semplice discorrere umano. Analizzandolo profondamente, ci si accorge che
c'era in lui qualcosa di diverso, che non era un uomo comune. Allora, prendiamo
questa figura come simbolo
della propria esistenza, come ideale del proprio vivere. Perchè no? Cosa si
dovrebbe prendere come simbolo della propria esistenza e come ideale della
propria vita? Forse la vita dei politici, o dei papi, o dei potenti? Per carità! Prendiamo la vita di
quest'uomo, che certamente è stata retta, che no si può dire che non sia stata retta, che non abbia fatto
qualcosa in favore degli altri, per illuminarli, per farli uscire da quella forma sbagliata di
religiosità; prendiamo quest'uomo per questo, anche se non
vogliamo pensare che fosse un particolare figlio di Dio. Io risponderei
così. Sull'intima convinzione, che non tutti hanno, della continuazione dell'essere nell'aldilà. Che per taluni ci sia la sensazione, o
addirittura la certezza, che esiste qualcosa al di là della materia così peritura,
è un fatto del tutto individuale; alcuni ce l'hanno e altri no. Ad
alcuni, per trovarla, basta avere una piccola, chiamiamola, prova, nel senso di
esperienza e altri, invece, non si arrendono neppure davanti alle esperienze più
eclatanti e di grande valore dimostrativo. Quindi è un fatto individuale.
Ed è giusto che sia così individuale perchè, proprio nella rappresentazione
psicologica della ricerca, del dubbio, del superare il dubbio, e poi ancora del
dubbio che torna, sta Ora, vi sono uomini che affermano che Dio c'è perchè loro lo sentono. Come fanno a dire questo? E' una domanda che andrebbe posta a ciascuno di quelli che così credono e sentono. In qualche modo essi lo sanno, altrimenti non lo direbbero. ciò non toglie che in certi periodi possa sorgere anche in loro una sorta di maggiore titubanza o di minore certezza. Altri, invece, hanno costantemente questa certezza. Ognuno può trovarla in
questa o in
quella occasione, ma molto spesso è una questione di intimo
sentire, più che di prova esteriore, e quindi ognuno può rispondere solo per sè: non esiste una risposta generale e valida per tutti. La risposta viene
dall'intimo e, ripeto, spesso non ha niente a che vedere con le prove o con le
esperienze che l'individuo credente può avere avuto. La certezza
nell'aldilà ha sempre un sapore e un
valore personale. C'è chi la trova, e allora vuol dire che l'ideale per la sua
evoluzione è avere questa fede o questa convinzione; c'è chi invece non la
trova neppure se gli fossero messe sotto il naso tutte le prove possibili:
ebbene, significa che deve vivere e macerarsi in questo dubbio, e soprattutto
deve avere una condotta, quella che poi è, in base al fatto che non è certo che
esista un aldilà e che la vita non finisca con la morte del corpo. Ognuno ha
esattamente ciò che deve avere. Perchè pregare? E chi? E poi, sono ascoltate le preghiere dell'uomo? Veramente, conoscendo l'insegnamento dei
maestri, vien fatto di porsi la domanda: "Perchè pregare?". Ecco:
innanzi tutto il pregare deve intendersi come un mettersi in collegamento con
il proprio sè superiore; se volete, con Dio, e siccome Dio è alla radice di
ogni essere, è un collegarsi con il proprio vero essere. A che scopo?, direte. Allo scopo di raggiungere l'unione di tutti i veicoli, per esempio. Ma l'intenzione della preghiera
deve esulare Certo, sapendo che esiste il karma, qualcuno
può chiedersi che senso abbia pregare, quando una determinata creatura ha un karma
per cui deve necessariamente essere addolorata. Ma questo non deve interessare
a chi prega, il quale deve sentire la spinta altruistica di aiutare proprio quelli
che ne hanno bisogno, che sono nel karma del dolore. Il fatto, poi, che
gli altri ricevano o non ricevano questo suo aiuto, non ha alcuna importanza. Anche un antico testo indiano, la Bhagavad Gita,
insegna che l'uomo deve agire per l'agire in sè, senza aspettarsi il frutto
dell'azione, quindi deve pregare avendo l'impulso e l'intenzione di aiutare gli
altri, la spinta a far loro del bene: che poi questo bene arrivi o no, non ha
alcuna importanza. Quindi, pregare per mettersi in contatto col il
proprio vero essere, con la vera natura di se stessi, al fine di raggiungere quell'unione armoniosa che
è nell'ordine naturale delle cose, pregare per
cercare di porgere un aiuto, possano o non possano riceverlo quelli a cui è amorosamente indirizzato. Ora, domandarsi se le preghiere sono
"ascoltate" fa ripensare al concetto di un Dio che sta lassù, che ha
bisogno di essere pregato, e quando si prega bene e si ha la fortuna di trovare
il suo lato debole, allora acconsente e accontenta. No, non è davvero così. Però rivolgere pensieri di aiuto ad altri,
oppure per cercare di essere illuminati, è sempre una cosa che fa indirizzare
l'uomo in senso favorevole alla corrente della vita. Mi spiego: se tu preghi
per capire una certa situazione, per capire come ti devi comportare, qual è la
strada migliore, vuol dire che hai l'intenzione di seguire la strada migliore,
di arrivare a un chiarimento, a una comprensione. Già il solo fatto di avere
questa intenzione ti muove in
quel senso, se invece non preghi proprio perchè
non vuoi capire, non vuoi sapere, chiaramente vai contro la corrente
dell'evoluzione, della vita. In questo senso, una preghiera detta per
comprendere non può che essere "ascoltata". Sulla venerazione della "sacra
sindone". I nostri maestri hanno testimoniato
l'autenticità della sindone. Quanto ad amarla e venerarla, lascio a voi: se
pensate che bisognerebbe addirittura venerare il Cristo come "il
Creatore", e non venerarne il corpo, perchè ciò che veramente conta è ciò che
il Non bisogna soffermarsi su
queste forme di
feticismo, ma cercare sempre di raggiungere la realtà delle cose, la realtà
delle persone. Questo
è giusto. Sui miracoli che, si dice, può compiere soltanto Dio: perchè taluni incontrano il miracolo e altri no? Sarebbe veramente un Dio (o una vergine, o una
madonna, o un santo) piuttosto curioso quello che a taluno facesse il miracolo
e ad altri no. Perchè lui sè e l'altro no? Perchè chi gode del cosiddetto
"miracolo", e in modo per la verità del tutto secondo natura, è solo
colui che trova dentro di sè - attraverso la fede, attraverso la convinzione
che quel miracolo possa avvenire e avverrà - quella particolare tensione,
chiamatela magica se volete, capace di mettere in azione le risorse nascoste
nell'uomo, grazie alle quali può ottenere l'effetto sanatore, o comunque quell'effetto che ha un carattere di
straordinarietà e che viene così chiamato
"miracolo". Questi miracoli che accadono e che sono spiegati con l'intervento diretto di Dio, il quale sanerebbe l'infermità di talune persone, mostrano un lato molto debole.
Non si capisce, ad esempio, se è vero
che Dio interviene direttamente a ricostituire gli organi malati e a
ristabilire l'equilibrio salutare, non si capisce perchè mai Dio non faccia
ricrescere un braccio. questa è una osservazione già fatta nei secoli passati.
Se non vado errato fu proprio Voltaire, con i suoi sarcasmi, a fare
un'osservazione di questo genere, poi ripresa da altri, naturalmente non per
plagiare, ma perchè ognuno, in buona fede, traeva le dovute conclusioni da
certi presupposti. E il presupposto è che se è la divinità che interviene nel
miracolo in maniera così diretta, come certe religioni vogliono far credere,
non si vede quale difficoltà vi sia per l'onnipotenza divina nel far ricrescere
un arto amputato, ad esempio. Il discorso è ben diverso e molto più complesso. Innanzitutto bisogna tener presente che avviene sempre quello che deve avvenire, e che quando una creatura ha un karma che deve durare tutta la sua vita, non c'è barba di miracolo che possa interromperlo. E quali sono i karma che debbono durare tutta la vita? Sono quelli che la forza naturale di risanamento, che è in ogni corpo, in ogni veicolo, non può sanare. Mentre si può guarire da
uno squilibrio ormonale, o ematico, e via dicendo, non si può invece far
ricrescere un arto amputato. E quindi il karma che dura tutta una vita prenderà C'è poi l'altra prospettiva,
quella del
cosiddetto miracolo che in effetti avviene, che è una cosa diversa: non è un
intervento diretto di Dio che, ad un certo punto per una ragione non vorrei
dire capricciosa, ma considerando l'uno più meritevole dell'altro, interviene e
guarisce miracolosamente una certa creatura dalla sua infermità. No, il miracolo non va visto
così, ma va visto
proprio, come dicevo all'inizio, come una forza reattiva dell'individuo. Come c'è una forza di reazione e di recupero nell'organismo, che
può insorgere e
funzionare anche inconsciamente, senza cioè che l'individuo l'abbia messa in
moto, c'è anche un'altra forza di reazione e di recupero a livello psichico.
questa però, nella quasi
totalità dei casi, ha bisogno di un'esca, di un
innesco; e allora dalla forma psichica influisce somaticamente sul corpo
fisico. Quando un individuo, per una qualche ragione,
mette in moto questa forza psichica, essa passa dalla psiche al fisico, ed ecco
che si hanno le guarigioni cosiddette miracolose; le quali, ripeto, non possono
mai andare oltre le possibilità di recupero naturali del corpo fisico. Se un
arto è stato amputato, non vi sarà mai l'evenienza che questo arto ricresca. Potete dire: "Ma alla lucertola
può ricrescere la coda mozzata!". Questo fa parte di una costituzione naturale
diversa. Anche l'individuo biologico lucertola ha altre cose che non possono
essere rigenerate; ad esempio, se le tagli la testa, la testa non si
ricostituisce. Quindi anche lì ci sono dei limiti naturali. L'insegnamento dei maestri può allontanare, come se fossero divenute secondarie, dall'attualità e dalla cultura dell'ambiente in cui viviamo? Guai tenerle in disparte! Anzi, il messaggio dei
maestri vi deve stimolare ad entrare ancora di più nel vivo delle questioni, ad
entrare in contatto con tutti gli aspetti della società, con le sue varie forme
di pensiero e di espressione, con le sue ideologie, proprio a prendere parte, a
fare dei raffronti il più possibile imparziali, a considerare ogni discorso
ideologico in sè, esaminandolo logicamente in tutte le sue implicazioni, in
tutte le sue prospettive e poi ad inserirlo nel discorso dei maestri, così da
poter valutare quale sia attualmente il movimento del pensiero dell'uomo, in
quale I maestri stimolano proprio a vivere, a non
ritirarsi dal mondo, a prendere coscienza di tutti i problemi della società e a
farlo individualmente, senza lasciarsi suggestionare e condizionare, per
esempio, dai mezzi d'informazione, i quali, come ben sapete, propinano ad arte
certe notizie per indirizzare l'attenzione, e magari la reazione degli uomini,
in un senso o nell'altro. Fanno un po' come i prestigiatori che richiamano
l'attenzione del pubblico da una parte, verso una mano, mentre con l'altra mano
fanno il trucco del gioco che stanno eseguendo. Sono un po'
così queste fonti d'informazione,
piuttosto addomesticate, truccate, che cercano di distogliere l'attenzione
degli uomini da certi problemi che, in quel momento, non si può e non si vuole
affrontare: perchè, anche se sono problemi sentiti, e anche se il risolverli
porterebbe degli enormi vantaggi per tutti, essi vanno tuttavia a contrastare
con certi interessi e con certi poteri che sono contrari... Quindi
è bene seguire tutto quello che accade
nella società e nel mondo, sempre cercando di avere il discernimento
necessario, in modo da distrarsi dalle opinioni volute, indotte ad arte dalle
fonti di informazione, cercando invece di capire bene, fino in fondo, come
stiano veramente le cose. I maestri dicono di interessarsi, di non
delegare mai, di cercare di avere sempre delle opinioni proprie, personali, non
suggerite da chi ha il potere di fare questo. Come
è possibile per uno scrittore o un poeta,
dopo aver letto i libri dei maestri, continuare a scrivere avendo la sensazione
della inutilità di ciò che scrive? Questo
stato d'animo è comprensibile, ma quello che c'è di bello è che, quando voi condividete la
verità che essi portano, quella verità diventa vostra. Allora, chi fosse portato a scrivere potrebbe
tranquillamente prendere spunto dalle verità che i maestri ci illustrano e, a
sua volta, divulgarle, introdurle in un racconto o raccoglierle come
riflessioni facendole proprie, presentandole come tali. Non vi è nessun
pericolo di plagio, ma anzi è proprio ciò che essi vogliono; quindi non
trattenetevi dal fare queste cose. E' molto
più importante che la verità sia
divulgata, sia fatta conoscere agli altri e, se il tacere la fonte, la
provenienza di questi insegnamenti, serve a farli accettare agli altri, se
presentarli attraverso una nuova forma può farli conoscere a più persone, tutto
E
questo perchè, amo ripeterlo, più una verità è condivisa e creduta, e più è
fatta propria a tutti gli effetti. La verità non è di nessuno ed è di tutti. Cos'è l'ispirazione, non solo degli artisti e dei pensatori? L'ispirazione non
è che un momento di
particolare tensione interiore. L'artista lo sente e dice: "In questo momento
mi manca l'ispirazione",intendendo appunto che gli manca quel particolare
stato interiore, quella particolare tensione in forza della quale l'artista,
come si dice, crea. Quando questo stato interiore manca, l'artista è un uomo
come gli altri, non è un'artista, è un uomo comune, e allora non crea. Questa tensione, generalmente non è costante, proprio perchè è difficilissimo raggiungerla nel proprio intimo. La si può' facilitare mediante opportune tecniche, ma in genere l'artista non conosce queste tecniche e allora deve starsene a quanto gli viene naturalmente. E viene naturalmente quando ha avuto un periodo esattamente opposto. Voi sapete dei
famosi cicli, che esistono anche nell'intimo di ogni uomo: ad un determinato
ciclo, per esempio di depressione, può' seguire un ciclo di euforia, o
viceversa. Così a un periodo di stati creativa, può seguire un periodo di
creatività; ed è allora che l'artista sente di avere tutta la sua vena
creativa, è preso da una sorta di febbre e cerca di tradurre l'ispirazione in
atto, prima che sia possibile, prima che gli passi e non l'abbia più.
L'artista, per esempio lo scrittore, sa benissimo che l'ispirazione gli può dettare delle idee meravigliose, ma, se lascia passare il tempo,
quelle idee
non lo soddisfano più, rimangono fredde , non gli dicono più niente. Non è quindi, solo una
questione di idee, di progetto, di che cosa fare, ma è proprio questione di tradurre tutto
questo in atto. Se fosse semplicemente questione di idee, l'artista potrebbe inviare al giorno successivo, perchè ormai l'idea l'ha avuta. E invece non è così, perchè è qualcosa di più che l'idea. L'idea, diciamo, è il substrato, a cui si aggiunge proprio la realizzazione pratica. Ed è la traduzione di quell'idea in concretezza ciò in cui consiste la vera opera d'arte. L'idea può essere geniale in sè, ma se non è tradotta praticamente, in
quel certo modo, non è un'opera d'arte; ed è proprio questa traduzione che
viene sempre e soltanto nel periodo di ispirazione. Quindi l'ispirazione
è qualcosa che va oltre il
corpo mentale Qualcosa che avvolge tutto l'individuo e che
riguarda proprio il suo sentire; e non riguarda solo il sentire ma anche la
possibilità di tradurre visibilmente, in maniera percettibile agli altri, questo
sentire. E questo vale non solo per l'arte e per l'artista, ma per ogni
forma di intuizione e per ognuno che abbia quella intuizione che deve poi
essere tradotta in atto. L'attore, che deve entrare nello stato d'animo
di personaggi anche diversissimi da lui, esprime forse un suo grado di
coscienza? E' chiaro che l'immedesimazione riguarda il sentire in senso lato. Un certo sentire di coscienza uno ce l'ha e non ce l'ha; non lo si può nè aumentare nè diminuire. Parliamo allora del sentire in senso lato; l'attore può, immedesimandosi in una parte, provare ad esempio l'odio, per poterlo meglio esprimere; o, esprimendolo, sentirlo proprio dentro di sè. Perchè questo? Perchè l'abilità dell'attore è una specie di, chiamamola, medianità: è cioè la possibilità di ricostruire in sè questo sentire in senso lato che normalmente l'uomo prova quando è in una situazione vera, non simulata, e quando entra in gioco anche la parte di coscienza costituita che ha. Un uomo che ha una certa coscienza posto in una data situazione, può avvertire le avvisaglie dell'odio, può avere anche quel certo risentimento che è l'odio, perï la sua coscienza, se l'ha costituita, a un certo punto lo frena e lo riconduce a uno stato d'animo che più gli si addice, che più si confà alla sua evoluzione. Mentre cosa farebbe l'attore anche se fosse estramamente evoluto, quando è sulla scena? Il suo
senso dell'odio scapperebbe fuori da tutti i pori della sua pelle e il suo
sentire di coscienza non interverrebbe, Non credi di scandalizzare nessuno facendo questo esempio: se sulla scena un personaggio che debba odiare, odierebbe moltissimo; in che modo? Unicamente, lasciando i suoi veicoli (mentale, astrale e fisico, per quel che occorre) liberi, disimpegnati dal suo sentire di coscienza. Perchè, dove sta l'odio nell'uomo!, se è di odio che in questo momento dobbiamo paralare, per capire: l'odio sta proprio nei veicoli grossolani, nel sentire in senso lato. E poi - io dico ancora una volta - il sentire di coscienza che, se c'è, governa, trattiene, stempera, riabbassa l'odio e il risentimento. Quindi, basta lasciare andare liberi i veicoli inferiori ed ecco l'odio, il risentimento, eccetera. Quando questo fosse possibile,
immediatamente la coscienza sospenderebbe la sua funzione di controllo, e
apparentemente quell'essere sembrerebbe tornato indietro nell'evoluzione. E quindi proprio una
abilità, un talento
dell'attore quello di poter far vivere o rivivere un personaggio
indipendetemente dalla sua evoluzione, dell'evoluzione dell'attore, intendo; il
talento di poter scindere il suo sentire di coscienza dal governo che a suoi
veicoli e quindi ricreare, rimanifestare un sentire in senso lato che l'attore,
come persona, normalmente non avrebbe mai, perchè la sua evoluzione glielo
impedirebbe. Tutto
questo parlando di un attore evoluto,
naturalmente. Che differenza c'è tra cultura e conoscenza? In fondo la cultura
è conoscenza. Una cultura che in qualche modo esulasse dalla
conoscenza non mi sembra produttiva in alcun senso. E credo che questa
concezione sia condivisa da molti. La cultura, da sola, non
può modificare
l'individuo se l'individuo la fa diventare parte di sè e non l'adopera per
migliorare se stesso. Naturalmente, se la conoscenza diventa un freddo
archivio di nozioni, uno sfoggio di erudizione, serve solo a crearsi un abito
variopinto con cui pavoneggiarsi davanti a coloro che questa conoscenza non
hanno; e questo, certo, non arricchisce l'individuo nel senso reale del
termine. Quando invece la cultura non è adoperata non Quante volte dichiarate che se sapeste la
ragione per cui accadono le cose che vi accadono, sareste molto più tranquilli e vivreste meglio!
Questo ci dà l'idea di quanto la conoscenza sia appagante,
ma sempre quando è vissuta con trasporto, in modo produttivo, come
arricchimento interiore. ciò che
ha portato avanti l'uomo, anche dal
punto di vista spirituale, per certi temperamenti, è stata appunto la
conoscenza; per altri è stato il senso mistico; in altre occasioni è stata
un'esperienza diretta, ma ciò che in ogni caso può far risparmiare dolore e
fatica è la conoscenza, quella conoscenza che è anticamera della comprensione,
ossia del far diventare quella verità conosciuta parte di se stessi, e quindi
coscienza. E' vero, vi sono delle conoscenze che
sembrerebbero sterili, ma niente veramente è sterile; tutte le nozioni e le
conoscenze, se penetrate, se paragonate, se impiegate in modo produttivo, sono
strumenti importantissimi dati all'uomo per portare non dico a un benessere
materiale, ma proprio ad un arricchimento interiore, che è ben più importante
di quello. Quindi ben venga la conoscenza, la cultura dell'uomo di oggi e
dell'uomo futuro.
Questa
epoca,
così ricca di stimoli che vengono
anche da la scienza e dalle tecnologie, è particolarmente fattiva per la
formazione della coscienza individuale? Ogni
civiltà trasfonde e imprime certi stimoli
ai suoi figli. Chiaramente, anche la
tecnologia e il
progresso della scienza inviano agli abitanti di questa civiltà, degli stimoli
necessari alla loro evoluzione, questo è certo; ma non si deve fare l'errore di
credere che altre civiltà, che non hanno conosciuto la scienza e la tecnologia Sul ruolo della dialettica: che valore ha, oggi, una scuola di pensiero come il "materialismo dialettico"? La dialettica mi è sempre piaciuta, devo dire la verità; ed ho anche potuto vedere che quando si ha questa capacità dialettica, più che acquisirla, è qualcosa che si trova in sè come strumento: credo senz'altro che possa essere motore del sentire. E in questo un esempio lo danno proprio i maestri, con il loro dialogare con voi, che è un rapporto basato in prima istanza sulla dialettica e dalla dialettica; cosa c'è dietro lo potete immaginare: c'è una forza tale per cui, anche appena due parole o un accenno, trascinano le creature. Quando le creature odono le parole dei maestri vengono
colpite, catturate, in un primo momento, proprio dalla loro dialettica: questa
è
la prima porta che viene aperta. Quando poi si ha la possibilità di assistere
alle comunicazioni, si instaura un rapporto più stretto, più diretto, e allora
direi che il fluire è totale. Quanto al cosiddetto "materialismo
dialettico" lo accetterei solo per la parte che rimane valida, e questo soprattutto per chi conosce l'insegnamento dei maestri; in che senso? L'errore dell'uomo
è sempre quello di creare una
disciplina, una forma di cultura, e scartare tutto il resto; di concentrarsi su quello
e dire: "questa è la chiave che può aprire tutte le porte".
L'errore è di creare un sistema chiuso, ed è l'errore più grande. Invece
bisogna sempre che ogni sistema sia aperto. Quando l'uomo segue un sistema o
una disciplina non deve fare l'unico fondamento. L'unico perno di tutta la sua
vita, ma deve confrontarlo e verificarlo continuamente con la vita, con quello che accade intorno
a lui, con gli avvenimenti, gli eventi. Potendo fare
questo, allora,
fa un controllo Sulla polemica. Nella mia ultima incarnazione ho fatto
l'esperienza della polemica, proprio di quello che quasi brandiva un'arma per
difendere le sue posizioni, e devo dire che ho sbagliato. Voi sapete che ero medico. A quei tempi la medicina era ad una fase diversa dall'attuale, però fervevano molto vivamente le polemiche tra i sostenitori delle varie tesi, molto di più di quanto non fervano adesso. Ecco io ho commesso l'errore di sostenere certe mie
affermazioni, le quali a onor del vero avevano un certo fondamento, con troppa
intransigenza; e ne è nata una polemica che ha finito con lo sciupare i
rapporti con i miei colleghi e, quel che è ben più grave, ha finito col fermare
la ricerca scientifica, perchè ha radicalizzato i vari propugnatori delle varie
tesi, li ha irrigiditi ciascuno sulla propria posizione, di modo che non è stata
più possibile la collaborazione. Allora, se posso dare un consiglio, direi di
presentare le proprie opinioni o le proprie teorie non in maniera categorica,
non in maniera chiusa, non in maniera che non possa essere discussa ed
elaborata anche da altri, ma è sempre aperti ad ogni possibile obiezioni. questo
è molto importante perchè prima di tutto non crea polemiche violente, e
soprattutto non radicalizza le varie posizioni, non le coagula, non le
immobilizza; e rende possibile invece una collaborazione, la quale non può che
portare a una verifica e ad un ampliamento di certe opinioni o teorie. Ma anche al di
là di queste considerazioni, la
polemica che ha sempre in sè un'esasperazione, non è l'atteggiamento giusto da
tenere. Anche se si ha ragione, come è
bello mostrarsi a chi ha torto quasi chiedendo scusa; e sapeste come è costruttivo!, come si costruisce nell'altro! E' proprio un fatto di rapporti tra gli uomini.
E' importantissimo quando si è vittima di una qualche ingiustizia di un qualche
sopruso, non chiudersi completamente in se stessi, non rompere del tutto i
rapporti, lasciare la possibilità di mantenere ancora un minimo di relazione.
E' qualcosa che veramente va oltre la meschinità di certi uomini. E' qualcosa
che eleva, non c'è dubbio. Vi prego di non prendere
quello che vi ho detto
come la predica di un vecchio moralista: è qualcosa che ha valore pratico nella
vita, e se seguirete questo consiglio vi accorgerete quanto sia importante, e
quali effetti sortisce. In che senso anche il dubbio, per quanto riguarda questo insegnamento, può essere utile e produttivo? Il dubbio
può essere necessario proprio per
rispondere a coloro che fanno delle domande dubitative, alle quali sai
rispondere perchè riguardano dubbi che tu stesso hai avuto e superato. Se
invece questo superamento c'è, se la comprensione, l'acquisizione e
condivisione sono tali che tu non hai dubbi perchè tutto è chiaro in te, allora
il dubbio sarebbe superfluo. Per chi ha dubbi, e è bene che li discuta, che li mediti e li superi, e questo torna a suo vantaggio in un confronto con gli altri; sarebbe assurdo parlare di cose tanto belle e poi, magari non saper rispondere alla semplice domanda di qualcuno; e si devono sempre ringraziare coloro che fanno domande sull'insegnamento, semplici o complesse che siano, perchè esercitano il vostro stesso senso critico, la vostra stessa logica, e vi aiutano a chiarire anche il dubbio che si cela in voi. Occorre essere sempre
aperti ai dubbi degli altri, non arroccarsi su posizioni rigide, non ricusare a
priori le obiezioni che possono essere fatte. Vi possono essere obiezioni che
non stanno in piedi, illogiche, e vi sono altre obiezioni intelligenti, alle
quali uno non ha pensato, che non si è neppure lontanamente posto e che invece
meritano di essere valutate, esaminate e poi superate. A chi vi pone
queste obiezioni non dovete altro
che della gratitudine, in quanto cioè servito a chiarirvi davanti a voi
stessi, a rafforzarvi nelle vostre stesse convinzioni. Quindi mai arroccarsi su
posizioni rigide nei confronti delle obiezioni che vengono fatte di qualunque
genere e importanza siano. Importante è avere chiarezza di idee dentro di sè, e
questa che si raggiunge proprio suscitando in se stessi il dubbio prima ancora
che siano gli altri a suscitarlo. Ognuno che muove una critica merita di essere ascoltato; sta poi a voi vedere se c'è intelligenza in questa critica e rispondere con altrettanta intelligenza, se la vostra chiarezza è tale da permettervelo. Vi sono delle
cose alle quali voi potreste facilmente opporre una replica sul piano della
logica, ma ad un certo punto subentra la convinzione personale, tale che il
"no!" di un contraddittore è e rimane valido quanto il vostro
"si!" per quell'atteggiamento interiore, che va oltre la logica, che
una persona ha nei confronti di una verità sentita tale intimamente e che gli
fa dire: "Si, io sento che è vera!". In tutta onestà ad una obiezione
logica se ne può contrapporre un'altra altrettanto logica, perï non c'è niente
che possa Sentirsi insufficienti: girare a vuoto su se
stessi con la sensazione di sciupare la propria vita e quella di coloro che
sono vicini, ma non riuscire a interrompere questo cerchio, e provarne disagio. E' importante
questa sensazione, ma deve essere
vista da una prospettiva diversa, perchè è positivo avere questo pensiero che
significa una ricerca di perfezione, una ricerca di un modo migliore di agire e
di essere nei confronti degli altri. Bisogna accettarsi
così, proprio da questo punto di vista, stando perï attenti a non cadere nell'eccesso opposto, cioè in una
ricerca di perfezionismo esasperato che finisce col distruggere; perchè se io
penso di fare una cosa e voglio farla nel miglior modo possibile, allora sono
nel giusto, ma se invece comincio a dire: non faccio questa cosa perchè non la
farei bene e questo mi deprime e mi impedisce di agire, allora sono
nell'errore. E' certamente un bene non essere soddisfatti di
se stessi, di come si è, perchè questa sensazione è uno stimolo a migliorare,
ma in questo stato d'animo cercare sempre di trovare la forza per dare il
meglio di voi stessi e non invece restare frenati e impediti nell'agire. Come curare la suggestionabilità dell'uomo? L'estrema
suggestionabilità dell'individuo deve
essere motivo di riflessione; deve suggerirvi un modo di agire che sia lontano
dal lasciarvi travolgere. E' un meccanismo sottile, quello dell'autosuggestione, che talvolta finisce col distruggere; e quando lo si deve
affrontare, molto difficilmente si trova la forza di frenarlo. E' dunque un
meccanismo che va frenato subito, all'inizio, prima che si metta in moto, perchè quando si
è messo in moto è molto difficile fermarlo. Bisogna che ciascuno rifletta: ogni volta che
dice, per esempio, "non sto bene", non vada subito avanti col
pensiero, dando per scontato che veramente sia ammalato, ma dica che non si
sente bene perchè, probabilmente, deve fare qualcosa o sopportare una
situazione che non gli è gradita. Allora, il suo malessere discende da questo,
e non da altro, da una malattia del suo corpo. Perciò quando è così, cerchi di
svagarsi, cerchi di fare qualcosa che invece fa volentieri; e poi affronterà,
con più serenità e più forza, quella situazione che lo turba e lo affanna. Cercate sempre di sottrarvi alle influenze, alle
suggestioni che la vostra mancanza di sicurezza accentua e vi propone.
Ricordate: siete Il male che
può venirvi, può venirvi solo se vi
lasciate trascinare, se "volete" ricevere questo male; può venirvi
dai vostri simili, ma non dall'ambiente nel quale esistete. E anche quel male è
permesso perchè voi comprendiate qualcosa, colmiate una vostra deficienza,
aggiungiate un tassello alla vostra coscienza individuale. Noi siamo sempre con voi: facciamo parte di
quell'ambiente che vi avvolge d'amore e che vuole che voi troviate la coscienza
di voi stessi, che non abbiate più paura, che non vi lasciate più suggestionare, che diventiate degli individui responsabili. Se amate i vostri
simili, trovate il modo di essere loro utili, anche con la sola parola; e
quando avete trovato questo, vi rafforzate, perchè cercando di essere utili
agli altri finite anche con l'essere più forti per voi stessi.
Tra le
capacità paranormali quella di suggestionare attraverso la pratica dell'ipnotismo sembra oggi piuttosto
diffusa. Pare addirittura che un buon ipnotizzatore possa far regredire i suoi
pazienti fino alle vite precedenti. Si può andare indietro lungo il
"nastro del sentire"? La domanda contiene un'espressione molto giusta:
un buon ipnotizzatore. Sottolineo questo perchè oggigiorno, come vi sono molte
persone che credono di sentire, di avere delle sensazioni, dei poteri
paranormali (e magari se li costruiscono col desiderio), allo stesso modo vi
sono delle persone che dicono di poter praticare l'ipnotismo, di saper
ipnotizzare, mentre non hanno nessuna disposizione; e talvolta riescono a
mettere in stato ipnotico degli elementi non per loro capacita, ma per
l'estrema disposizione di questi elementi ad essere suggestionati. Il vero ipnotizzatore, colui che veramente ha
questa possibilità di influire su un uomo, e anche sugli animali, e si metterli
in stato ipnotico, deve riuscire se non con tutti - perchè non tutti sono
soggetti che si lasciano ipnotizzare - almeno con una buona percentuale di
coloro che si sottopongono all'ipnosi; e questi non devono essere scelti solo
tra quei soggetti estremamente disponibili e suscettibili di essere
suggestionati, perchè in caso contrario non si può parlare di ipnosi, ma di
autoipnosi. Stabilito che il primo punto essenziale
è che vi
sia questo buon ipnotista, si deve poi avere il soggetto che abbia la possibilità di regredire,
perchè in linea generale si può dire che tutti
possono risalire alle precedenti incarnazioni, perï è anche vero che affiorano Questo perchè c'è talvolta una sorta di rifiuto a ricordare precedenti
incarnazioni, specie le ultime in ordine di tempo; e se queste sono state
angosciose, se sono state particolarmente dolorose, allora questo rifiuto si fa più
forte e talora anche un buon ipnotizzatore deve faticare non poco per
rompere questa resistenza. Per riassumere: punto primo ed essenziale per coloro che praticano l'ipnotismo, avere la capacità di suggestionare; punto secondo, altrettanto importante anche se in sottordine, il soggetto adatto e sensibile. C'è poi, anche se di minor rilievo, la questione della sintonia tra
il soggetto attivo e quello passivo. L'ipnotismo
è una disciplina piuttosto complessa
e non sempre realizza i suoi scopi; chi pratica l'ipnoterapia sa bene quanto
aleatori siano i risultati, e questo dipende dal fatto che lo stesso stato
ipnotico è spesso aleatorio, ed è tale proprio perchè molte volte non sono
soddisfatti i due fattori principali dell'ipnotizzatore e del soggetto da
ipnotizzare. Quando
però
c'è un buon ipnotizzatore e un
soggetto ricettivo, allora si possono veramente fare delle cose sensazionali,
financo risalire alle vite antecedenti con una grande ricchezza di particolari
e, magari se la vita non è molto lontana nel tempo, ottenere una serie di prove
che possono confermare la cosiddetta teoria della reincarnazione e quindi della
sopravvivenza dell'anima. Taluni vogliono
altresì spiegare questa esperienza con l'attivazione di poteri di veggenza nel soggetto in stato
ipnotico, il quale diventerebbe un chiaroveggente che può conoscere certi
particolari della vita di un uomo vissuto magari cento anni fa e così far
credere a un caso di reincarnazione, mentre si tratterebbe di veggenza. Ma
queste sono quelle spiegazioni che non
spiegano niente e sono più complicate di quella che in effetti è la verità,
semplice, chiara, limpida, lineare, di un essere che è trapassato e che poi
torna a vivere in un corpo nuovo. Dove nasce il meccanismo della suggestione di cui si serve l'ipnotizzatore? E quale può essere l'utilità dell'ipnotismo? Il meccanismo della suggestione nasce nella
sfera psichica e quindi, soprattutto, nel corpo mentale. Ora, molti tra coloro
che praticano l'ipnotismo credono di avere delle facoltà di ipnotizzatori,
mentre invece non le hanno affatto, perï ottengono qualche risultato; e altri,
invece, sanno bene di non averle, ma pensano di riuscire comunque a dimostrarle
al soggetto, sapendo proprio che l'ipnotismo si basa tutto sulla suggestione,
sull'autosuggestione; e Tutti siamo un po' suggestionabili; come dicono
i maestri: "Le fatture, le malie, sono fatte molto meglio da uno psicologo
che da uno stregone". Lo psicologo comincia a seminare il dubbio "tu
stai male..." oppure "da domani tu starai meglio..." ed è convinto di poter a sua volta convincere il paziente;
questi vuole credere
nello psicologo, in quello che gli dice - è un meccanismo piuttosto semplice
perchè, una volta avviata, la psiche del soggetto fa tutto da sè - e così il
soggetto si autosuggestiona, in una direzione o nell'altra, e va avanti da
solo. E' una sorta di magia naturale. In teoria la si potrebbe fare da soli, senza l'apporto di una figura
esterna come lo psicologo, ma sapendo questo, è già svelato il meccanismo, e
allora la psiche non casca più in questa specie di piccolo inganno benevolo. Il vero ipnotismo,
comunque, non rimane mai nel
dubbio, perchè il vero sonno ipnotico ha delle caratteristiche che si
riconoscono, per cui si svela subito quella complicità, che a colte si crea,
tra il falso ipnotizzatore e il soggetto che, per attirare l'attenzione su di sè, fa credere di essere veramente in stato ipnotico e risponde ai comandi
dell'ipnotizzatore, così da diventare anche lui interessante agli occhi dei
presenti. Il campo del paranormale
è purtroppo molto
inquinato proprio da tutto questo desiderio di voler apparire, di voler essere
per forza, anche se non si è ciò che si vorrebbe essere. E' proprio questo modo
di fare che crea molti dubbi, molti aspetti che lasciano perplessi e che quindi
vanno a discapito dei fatti realmente paranormali, i quali sono molto più rari
di quanto si creda. Per la verità, di buoni ipnotizzatori ve ne sono, ma spesso chi ha realmente questa facoltà finisce per sfruttarla dando spettacolo, ed ecco che questo uso diventa poco raccomandabile, diventa inutile, questa facoltà perde il suo valore se usata in quelle dimostrazioni da avanspettacolo, proprio non serve allo scopo per cui è data come dote a chi ce l'ha, e lo scopo è eminentemente terapeutico. Vi posso assicurare che, per tutta una serie di disturbi di origine cosiddetta nervosa, l'ipnoterapia sarebbe molto, molto efficace, e potrebbe essere molto utile nella psicanalisi. Perchè conoscere l'insegnamento dei maestri non
è sufficiente a far superare l'insoddisfazione, l'insicurezza e certi altri
stati d'animo caratteristici dell'uomo? Non
c'è da pensare che semplicemente leggendo o
concentrandosi E' giusto meditare l'insegnamento dei maestri,
cercare di approfondirlo, e cercare soprattutto di usarlo come un mezzo, uno
strumento per aiutare prima se stessi e poi per meglio aiutare gli altri, o
perlomeno non essere loro di peso; ma soprattutto bisogna interpretare
l'insegnamento dei maestri per riuscire a capire se stessi, e non come un mezzo
per consolare le proprie afflizioni, e tenere presente che questa comprensione
di sè, questa trasformazione, la realizzazione del proprio equilibrio, non si può
raggiungere ipso facto, ma ha bisogno di una certa maturazione, ha bisogno
di procedere per tappe e per gradi, e soprattutto deve essere perseguita equilibratamente. Come risolvere le ansie e i problemi quotidiani? Liberate le vostre menti dai pensieri che vi
assalgono e non vi lasciano. Spesso, quando siete assaliti da una
preoccupazione e non sapete come risolvere il problema che ne è all'origine, vi
arrovellate su questo e non lasciate che la vostra mente inconscia elabori quel problema, portate sempre e continuamente il problema nella vostra
consapevolezza, cercandolo, girandolo, affrontandolo da ogni lato. Vi accanite
cercando la soluzione, e più vi accanite più vi stancate, più impedite alle
facoltà della vostra mente di risolvere quel problema. Allora, accettate un consiglio: lasciate
quel vostro problema, non permettete che vi assilli e vi tolga ogni altro interesse.
Non permettete che non vi dia tregua, ma accantonatelo, affidatelo alla parte
inconscia della vostra mente, sè che essa possa elaborarlo e, quando nuovamente
lo prenderete in esame, la parte cosciente possa suggerirvi la soluzione
migliore. Quello
che io vedo in voi è il soffermarvi si
problemi, ed affrontarli a testa bassa, senza un attimo di tregua, volendoli
risolvere subito, ad ogni costo. Anche se è un problema che riguarda il vostro
stato interiore, l'intimo del vostro essere, può darsi che il trascorrere dei
giorni segni un cambiamento di questo vostro intimo ed un mutarsi, quindi,
degli aspetti del problema. Se poi è un problema d'ordine materiale, non serve
volerlo risolvere ad ogni genere, deprimendosi, ma lasciate che il tempo lo
decanti, lo mostri in tutti i suoi aspetti, che al momento possono sfuggirvi, e
quindi affidatelo alla parte inconscia della vostra mente, sicchè, volta a
volta che questi aspetti si mostrano e meglio si visualizzano, voi possiate
meglio abbracciare tutto il problema, e meglio risolverlo, tranquillamente,
serenamente. Molto spesso,
quelle che sono soluzioni
inaspettate possono giungere da un momento all'altro; e quelle soluzioni che
credete non vi siano, perchè non le vedete, vengono senza neppure darvi il
preavviso. Perciò, cercate sempre di mantenere la vostra psiche distesa: non
sovraffollatela, non sovraccaricatela, non sforzatela, ma lasciate che lavori
in una giusta tensione. Quando non siete nelle condizioni psichiche adatte per
risolvere quel problema che vi assilla, ponetevi prima nelle condizioni giuste.
Calma! Non lasciatevi trasportare dai vostri problemi, ma siate voi quelli che
li dominano, li affrontano; non siate pessimisti, nel senso di darvi per vinti
e concludere che questi problemi non possono essere risolti. Molto spesso la soluzione viene. Ma, se viene,
viene sempre più facilmente nella tranquillità interiore, non nell'agitazione,
in quel fermento che non fa altro che mettervi fuori strada, non fa altro che
portarvi lontano da un terreno dove, invece, i problemi possono trovare la
giusta fine. La gioia, la felicità nel senso pieno, fisico e spirituale, è visibile intorno a una creatura E' visibilissima, veramente. Vi sono anche
quei
filamenti che fanno parte dell'aura: nella persona triste sono tutti appassiti,
sono giù, mentre nella gioia sono tutti tesi, come un fiore che fosse tutto
aperto, turgido, bello. Lo stesso è nell'aura delle persone, e questo va
naturalmente a loro vantaggio, aumenta il loro benessere. Se una persona si sente male e comincia a
rattristarsi, fa un'azione a catena: si chiude alla possibilità di ricevere
aiuto da chicchessia e la sua tristezza aumenta, e più la tristezza aumenta
peggio si sente. Mentre se una persona riesce ad essere serena, a far finta di
nulla, è veramente questo il primo rimedio. Non soffermarsi, Sul ruolo e le difficoltà dello psicoterapeuta. Il campo
è molto sfuggente, perchè riguarda la
psiche dell'uomo, e ogni uomo ha una psiche diversa, specialmente perchè una
esperienza simile può essere vissuta in centomila modi differenti, non solo
perchè ha sempre qualche risvolto diverso ( non esiste una esperienza
identica), ma proprio perchè il soggetto dell'esperienza ha sempre una
evoluzione diversa da quella degli altri e, quindi, una maniera diversa di
accogliere o di respingere quell'esperienza. Pensate, per esempio, a quanti modi e con quanti
risvolti diversi può essere vissuta un'esperienza terribile come quella di
essere violentati dal proprio padre. Non si possono definire delle regole generali
che valgano per tutti. Possono esserci solo delle indicazioni di massima, ma lo
psicoterapeuta deve essere così bravo da entrare nell'anima della persona che
sta curando, deve riuscire a capire anche qualcosa della sua evoluzione, deve
intuire tutti quegli aspetti nascosti che sfuggono perfino all'interessato, e
deve saper frugare nel suo subcosciente, in tutti i suoi ricordi, le sue
angosce, i suoi problemi. Certo è una cosa molto difficile, lo capisco; ma questo
non deve scoraggiare. Il fatto di non trovare la sicurezza in un
determinato corollario di regole, che possano indirizzare agevolmente in questo lavoro, deve essere anzi un motivo in
più per dare allo psicoterapeuta la coscienza
di se stesso, per dare fiducia a se stesso. C'è una cosa importante: non basta dire a una
persona che è vittima dei fantasmi della sua mente. Quando questo essere
vittima dei fantasmi della sua mente ha assunto un aspetto patologico, ciò
significa che la persona ne
è vittima da molto tempo e ormai si è creato un
vizio psicologico tale per cui dirle "tu sei vittima dei tuoi fantasmi
mentali" non è sufficiente. Ormai la sua psiche, magari suo malgrado,
agisce in quella determinata condizione e direzione. E'
come uno che avesse preso il difetto,
camminando, di mettere male un piede; non basta dirgli "guarda che metti
male un piede", quando la sua abitudine è proprio quella di metterlo male.
Prima di riuscire a rimetterlo, pur consapevole di quello che fa, nella
posizione corretta, deve essere percorso a ritroso tutto il lavoro che ha fatto
per giungere a quella situazione patologica. Non basta far presente
all'interessato che lui si trova in quella determinata condizione, Cosa dicono, del resto, i maestri?:
"Conoscete voi stessi, fate un'analisi del vostro intimo e vedrete che
siete e quanto siete egoisti". Che fate voi, allora? Vi mettete lè, quelli
animati da buona volontà cominciano a passare in rassegna la giornata
trascorsa, si guardano, fanno una introspezione, e dicono "sè, in quel caso sono stato effettivamente egoista, perchè mi sono comportato così e così...". Ma
questo non significa che hanno superato l'egoismo; quante
volte dovranno analizzare se stessi e riscoprirsi egoisti! tante, tantissime volte.
Finchè un giorno,
improvvisamente, supereranno anche quell'aspetto del loro essere egoisti. Allo stesso modo, non basta svelare ad una
persona qual è il meccanismo della sua psiche, per cui egli è condotto e quasi
costretto a certi comportamenti, a certe angosce. Non basta. Bisogna anche che
quella creatura, aiutata
appunto dallo psicoterapeuta, faccia proprio della ginnastica psichica di
introspezione e di recupero, per cui, poco a poco, esca fuori da quel vizio, da quella
forma patologica che la fa star male. Dove trovare la risposta ai propri problemi irrisolti? Sovente ti osservo nella tua riflessione
quotidiana sulle vicende che ti accadono. Guardo i tuoi problemi, il tuo
desiderio, la tua volontà di evadere dai problemi che ti seguono in modo
assillante. Molto spesso
questa evasione si chiama desiderio
di lasciare tutto e di correre in terre lontane, dove pensi possa trovarsi il
rimedio ad ogni tua afflizione, il sollievo ad ogni tuo problema. Non incorrere in
questo errore, non porre
l'India o qualche altro lontano paese come la soluzione di ogni tua avversità,
di ogni tuo problema, di ogni tua angoscia, la soluzione è solo dentro te
stesso. Non occorre andare lontano per trovare ciò che puoi avere molto vicino,
tanto vicino che è alla portata della tua mano: dentro te stesso. E'
perfettamente inutile che cerchi lontano la soluzione ai tuoi problemi quando
da solo devi e puoi risolverli. Fruga dentro te stesso, non cercare in terre
lontane, dal tuo romanticismo fatte assurgere a sanatrici di ogni problema, ma
trova nell'intimo tuo la risposta a ciò che ti assilla. Non credere che altri possano, con
l'autorità
del loro insegnamento, sopperire a ciò che tu solo puoi e devi fare. Ricorda
che tu Sulla tensione e sull'angoscia
così diffuse
oggi. Vorrei farvi concentrare e convergere la vostra
attenzione sugli stati d'animo degli uomini d'oggi. Ognuno, anche se
apparentemente non ne ha motivo, molto spesso sente dentro di sè un'angoscia,
una sorta di tensione; e l'attribuisce a qualche avvenimento della sua vita,
credendo che sia in esso la ragione del suo angosciarsi o essere teso. Ma, al
di là di ciò, la ragione risiede nel momento particolare che la vostra umanità
sta vivendo. E voi, che tuffate le vostre antenne nell'atmosfera psichica, non
potete che cogliere questi segni di irrequietezza, tanto essa è agitata e
perturbata. Vostro malgrado, voi risentite dell'angoscia e
della tensione che sono in tutto il mondo, ma, principalmente, in certe zone,
in certe nazioni, fra certi popoli. Questo a dimostrazione che non siete solo
sullo stesso piano fisico, ma siete anche sullo stesso pianeta psichico. Ed è molto
più significativo il mondo psichico del mondo fisico. Tenetelo sempre presente: voi siete in un unico
ambiente con tutti gli uomini che sono incarnati sulla Terra; non condividete
solo il piano materiale, ma anche lo psichico. Tenetelo presente, e molti
fatti, molti movimenti del vostro animo vi risulteranno più chiari. Allora, non lasciatevi trascinare dagli impulsi
che dall'atmosfera psichica vengono a voi, che vostro malgrado captate. Cercate
di reagire ad essi; come nel panico dei corpi, non prendono il comando di se
stessi sono rovinati, così voi nel panico psichico, se non riuscite a
dominarvi, a sottrarvi, ne riporterete nocumento. Ma voi che sapete
queste cose dovete metterle a
frutto; dovete reagire, non lasciarvi trasportare. E questo non significa solo
un bene per voi, ma significa creare un punto fermo nel quale le ondate
dell'agitazione psichica si infrangono e si immobilizzano. Quindi non fate bene solo a voi stessi, ma anche
ad altri, perchè non contribuite a propagare quella reazione a catena che
normalmente, invece, dilaga. Sull'insegnamento evangelico della vita e dei tralci: i talenti spesi male. L'individuo che, dopo il trapasso, si accorge di
avere lasciato cadere delle occasioni per lui molto fruttuose, proprio per
cattiva volontà, sente un grandissimo dispiacere e vive tragicamente questo fatto. Più
volte vi è stato detto che poi, dopo il
trapasso, si va a vedere le cose più belle che si sono fatte, belle proprio nel
senso morale, come l'aiuto agli altri e via dicendo. Allora quanto!, invece,
scottano le cose meschine che si fanno nella vita. Voi direte: ma
questo margine di libertà
individuale è così ampio? No, non è molto ampio; perï questo margine di
libertà c'è. E se anche talvolta, tra il fare una cosa e il non farla la
libertà è relativa e la conseguenza molto limitata, tuttavia diventa molto importante la
scelta in un senso o nell'altro specialmente quando si rivive la propria ultima
incarnazione alla ricerca, dicevo, di cose buone. Naturalmente,
questo avviene ad un certo livello
di evoluzione; perchè, quando l'evoluzione è proprio all'inizio, l'individuo
non ha questa facoltà di rivedere chiaramente la sua vita proprio nelle
sfumature e di cogliere le cose errate, che poi non sarebbero errate per lui,
mentre lo sono per un individuo di maggiore evoluzione. E' un discorso molto complesso,
quello della
vite e dei tralci: riguarda, più che altro, le famose capacità che, una volta
acquisite, se non si impiegano non passano a quello che è il proprio patrimonio
interiore, mentre, se ben impiegate, possono, in una vita successiva o in vite
successive, essere fatte riaffiorare, e comunque danno all'individuo un
patrimonio di certe abilità. Quando una creatura ha certi talenti - talenti
dati dalle varie costruzioni dei suoi veicoli fisico, astrale e mentale - e
quindi potrebbe facilmente svolgere certe attività, ma non lo fa, nel senso che
non impiega questi suoi talenti, ecco che questa abilità non viene tramandata,
e quando poi dovrà fare qualcosa, per cui quella abilità gli sarebbe stata
molto utile, l'individuo dovrà faticare molto di più. Supponiamo, per esempio,
che un artista nasca con
certe sensibilità, quindi con un veicolo astrale particolare, con un veicolo
mentale particolare, sotto un determinato influsso astrologico, e E poniamo invece che, per una sua cattiva
volontà, oppure per un suo problema (perchè anzichè applicarsi a questo, si
applica ad altre cose che gli danno un diverso tipo di sensazioni, e così via)
egli non impieghi il suo talento. Allora, pur avendo in quella vita l'abilità,
la facilità di scrivere, o di dipingere, questa abilità non viene tramandata
nel suo intimo, nella sua coscienza; per cui, nelle vite successive, non avrà più
quella abilità, non la ritroverà in sè come, invece, comunemente si ritrova
quando se ne è fatto buon uso. Perchè è importante valutare bene le proprie forze quando si aiutano gli altri? Sarebbe assurdo
che l'uomo dimenticasse
completamente se stesso, che passasse su di sè per aiutare un altro, quando poi
non avesse questa forza. Ognuno deve valutare le proprie forze e poi, in
proporzione alle sue reali possibilità e capacità deve aiutare gli altri, anche
se questo aiuto va contro il suo piacere; e chiamatelo pure sacrificio, per
quanto la parola non mi piaccia, ma che sia perï limitato e rapportato sinceramente
alle proprie possibilità di resistenza. Come valutare le proprie forze
è un discorso che
va visto individualmente. Certo, uno non deve dire che non ha forza, che si
sente debole, che non ce la fa, a giustificazione di ciò che in quel momento non
vuole fare, o non gli va di fare. Ma tutto questo fa parte dell'autoanalisi,
della sincerità con se stessi, del conoscere se stessi, senza di che l'uomo non
saprà mai perchè agisce. Almeno in teoria,
dunque, la cosa è molto
chiara: prima di tutto, non violentare se stessi, così, gratuitamente, per
nessuna ragione; poi, si è autorizzati a far forza su di sè ed autocontrollarsi
quando il non farlo danneggerebbe gli altri; quando infine ci si accinge a fare
qualcosa, prima valutare sempre le proprie forze in maniera che l'aiuto non si
trasformi in un crollo, in un disastro. Quali esperienze principalmente sono tempo
perduto, strade senza sbocco, in vista della meta di ogni uomo? L'esperienza
della droga. Tra le esperienze dell'individuo che concludono
nel far capire che ha perduto tempo, che ha sciupato un'occasione (esperienze,
si è detto però, sempre positive poichè niente è negativo in assoluto) Coloro che in qualunque modo, per esempio coloro che si drogano e così fuggono la realtà, evadendo la realtà, chiaramente fanno un tipo di esperienza che li condurrà a concludere di aver sciupato una occasione. Proprio la droga è un'esperienza terribile perchè
dopo, nel piano astrale, quando la creatura si renderà conto di aver rinunciato
alla vita, di aver evaso la realtà, proverà certo una forma di rimorso,
anche se c'è la consolazione che, in fondo, tutte le esperienze sono
costruttive, anche la più negativa. Ma resta il fatto che nell'economia
dell'essere si è trattato di un'esperienza molto dispendiosa in rapporto al
risultato e alla comprensione che ha recato con sè. Pensare di farla finita: il suicidio. (Quella che segue
è una breve comunicazione di
un giovane da poco trapassato - alla seduta erano presenti alcuni suoi amici
che l'hanno subito riconosciuto. Ho ritenuto di poter inserire questa
testimonianza
così fresca ed immediata, anche nell'espressione linguistica, perchè bene lega con i modi di
Francois, e perchè offre un elemento di
riflessione su un argomento spesso dibattuto nella cerchia fiorentina: quello del suicidio. Tengo a precisare che la voce del giovane era gioiosa e il suo
fare allegro, e che la sensazione generale dei presenti è stata che il giovane
si rivolgesse loro con grande serenità e affetto. N.d.A.).
Alberto!... Sono venuto a salutarvi. E poi,
perchè avevo voglia di parlare di tutti i pensieri che ho avuto, e di tutte le
riflessioni che ho fatto. Io non sono tanto bravo a parlare... insomma, mi
piglierete come sono. Volevo dire che io... sono trapassato giovane, e nel
momento proprio che ero felice. Tutta la mia vita è stata molto felice,
spensierata; amavo, proprio, la vita; allora ero in un momento, proprio, che la
felicità mi traboccava da tutte le parti. Mi sarei dovuto sposare; tutto m'andava bene
e... è successo: sono trapassato. E, naturalmente, quando ho capito che ero
morto, la disperazione è stata grossa. Molto grossa. E poi, piano piano,
attraverso quelle entità che sapete, che conoscete anche voi, particolarmente
Alan, ho capito la ragione... la ragione. Sapete perchè E poi ho capito
questo abbandono della vita
ultima, proprio nel pieno della felicità: è stato perchè, in quell'altra vita,
m'ero ammazzato. E m'ero ammazzato proprio per una ragione che non mi doveva
fare ammazzare: non ne valeva la pena. E
così ho capito che la vita è una cosa
meravigliosa; meravigliosa anche quando non tutto va bene; e che bisogna amare
la vita anche quando è faticoso vivere. Magari, quando si ha qualche infermità,
quando siamo impediti in qualche maniera, allora si hanno delle volte dei
pensieri... di levarsi dal mondo, perchè siamo stufi. Invece no; la vita è una
cosa importante, e se anche ci sembra lè per lè... è invece importantissima. Direte: come mai questo ci è venuto a fare questo discorso? A parte il fatto che nei momenti di dispiacere, io credo che tutti abbiate pensato di farla finita, vero?, con quel pensiero almeno; ma poi, proprio perchè quando voi siete in difficoltà, e avete questo pensiero è un pochino come se ammazzaste una particina piccina di voi stessi. Sicchè non dovete avere questi pensieri; non li dovete avere. E allora, quando vi vengono, sapete icchè vu' dovete fare?!: pigliare un martello e dare una martellata su... un dito: fate meglio!, date retta a me, vu' fate meglio, che avere questi pensieri balzani. Grazie d'essermi stati ad ascoltare. A presto. Al momento del trapasso, che
differenza di
condizione, di ambientazione nel piano astrale, c'è fra chi ha potuto
conoscere e condividere questo insegnamento e chi, invece, non ne ha saputo
nulla durante la vita? La differenza
è enorme, e posso dire perchè
constato continuamente che cosa succede. Intanto, chi sa qual è il meccanismo
dell'ambiente astrale comincia subito col vedere certe cose, e a domandarsi:
"Ma queste cose sono create da me, oppure esistono Vi sono delle
entità che rimangono completamente
assoggettate a quel meccanismo del sogno che trasforma l'ambiente astrale in
realtà vivente e palpitante; e quindi, rimanendo affascinate dallo spettacolo
che esse stesse si creano, in un certo senso ritardano la loro evoluzione,
ossia rendono la permanenza nel piano astrale più lunga di quello che forse
sarebbe necessario. Mentre chi conosce
questo insegnamento sa come
sia cagionevole la materia astrale, come sia facile che essa si trasformi sotto
l'impulso del desiderio in immagini viventi e palpitanti; e quindi resta meno
assoggettato a questo spettacolo perchè ha in sè il dubbio che quelle figurazioni non siano reali, ma siano - come infatti sono - prodotte da lui
stesso; e quindi si desta a poco a poco, si sottrae a questo gioco fino a
vedere non più solo quello che è dentro di sè, ma anche quello che gli è intorno. E
questo è molto importante. Aggiungo che chi non sa niente, per esempio, si
trova nel piano astrale e ignora completamente l'esistenza dei piani ancora
superiori, crede che quello sia lo stato naturale e comune di tutti coloro che
hanno lasciato la terra; e questo ritarda lo stimolo a proseguire la sua
naturale evoluzione. C'è poi il discorso che qualcuno
può essere
trapassato senza essersene accorto, e non è trascurabile il lavoro necessario a
capire che si è trapassati: lo capisce più facilmente chi conosce questi insegnamenti piuttosto di chi li ignora e non crede
nell'aldilà. Chi non crede nell'aldilà, per esempio, non avrà mai il dubbio di essere trapassato,
perchè si
vede vivo e così reale che si immagina ancora in terra. Mentre chi sa che
esiste l'aldilà, e come esiste, può dallo stesso ambiente che lo circonda, con
colori e luminosità diversi, avere il dubbio di essere trapassato senza
accorgersene, e questo dubbio avvia tutto un processo che lo porta a capire e a
cogliere anche l'aiuto di coloro che vogliono aiutarlo. Anche questo è molto
importante. Dopo di che, il sapere che esistono altri piani,
che anche il piano astrale deve essere lasciato mediante una morte indolore e L'individuo come vive, nel piano astrale, il suo desiderio o il suo sentire d'amore? Tutto dipende dall'evoluzione e dalla preparazione. Anche la parte onirica, la prima dopo il trapasso, ha un'estensione, un'ampiezza che dipendono dall'evoluzione e dalla preparazione della creatura. Quello che può costruire con la materia del piano astrale è qualcosa che parte dal suo desiderio: ad esempio, qualcuno che ha desiderio di essere amato, nel piano astrale sente di essere amato. Ma è difficile che una creatura di poca evoluzione abbia questo
desiderio. Generalmente gli individui dalla coscienza no ancora
sviluppata hanno un diverso tipo di desiderio: anche a loro fa piacere l'essere
amati, ma solo in funzione del vantaggio che possono trarre da coloro che li
amano. Il loro desiderio, poi, è soprattutto riferito a cose materiali. Quando una persona di una certa evoluzione si
trova nel piano astrale e sente questo amore che la avvolge, non è un suo
desiderio, è proprio qualcosa di reale, sè, perchè questo grande amore esiste,
avvolge realmente tutte le creature, è sempre. Allora, quando una persona di
una certa evoluzione si trova nel piano astrale, laddove i sensi sono più sottili, lo sente molto
più di quanto possa sentirlo quando è incarnata. Quindi anche il discorso della fase onirica va
sempre rapportato all'evoluzione di chi la sta vivendo. La
realtà del piano astrale sta tutta in questa capacità di creazione dei nostri pensieri-desideri, o vi
è qualcosa di più, una
qualche forma di reale comunicazione con gli altri esseri? Vi
è una realtà del piano astrale che è data
dalla funzione per la quale il piano astrale esiste. Voi sapete che vi sono
degli abitatori per così dire permanenti, quelli che abbiamo chiamato gli
"spiriti elementari"19, i quali hanno una loro forma propria, una
forma che Quando
un abitatore temporaneo, cioè una entità che è trapassata, ha lasciato il corpo
fisico e transita nel piano astrale, prima di abbandonarlo e giungere al piano
mentale (cosa che avviene quando questa entità si è ormai svincolata dai suoi
desideri, dalle sue fantasie, da certe necessità inappagate), ecco che riesce a
vedere queste forme degli abitanti permanenti del piano astrale. Quando abbiamo
lasciato quel momento di ripensamenti della vita fisica appena trascorsa e
cominciano a renderci conto di questo nuovo stato d'essere, a poco a poco non
abbiamo più desiderio di perderci nelle nostre fantasie che sono capaci di
creare forme tanto reali da sembrare vere; ed ecco, allora, che cominciano a
vedere gli "aiutatori astrali", i quali sono entità che ci aiutano ad
abbandonare il piano astrale. Questi
"aiutatori astrali" non sono
persone immaginarie, come quelle create dalla nostra fantasia e dal nostro
desiderio, ma sono entità che hanno proprio questa missione. Quindi quella
incomunicabilità che si può desumere da questa capacità di creazione del nostro
desiderio, e cioè il fatto di comunicare unicamente con creazioni della nostra
fantasia, assume un carattere diverso, perchè sul piano astrale questi abitatori permanenti sono reali e non sono nostre invenzioni fantasiose. Ma
ciò che veramente conta, in questo discorso
della incomunicabilità, è che in fondo, se anche vi fosse la più assoluta e più
vera incomunicabilità, non avrebbe
nessuna importanza. Mettiamo che tu incontri un insegnamento che
è stato attribuito al maestro Buddha, tanto per fare un esempio, e che tu abbia
da questo incontro una grandissima evoluzione interiore, una grandissima
corresponsione nel tuo intimo, e poi ad un tratto viene a sapere che quello non
era l'insegnamento del maestro Buddha. Cosa cambia dentro di te? Nulla, perchè
non è tanto importante l'autenticità di un insegnamento o, per tornare al
nostro discorso della incomunicabilità, che tu venga veramente a contatto con
una persona, ma è importante ciò che questo incontro fa nascere nell'intimo
tuo, quello che questo incontro produce dentro di te. Posso benissimo venire a contatto col maestro
Cristo in persona e non capire niente di quello che mi dice, per cui questo contatto Allora,
ciò che conta non è l'autenticità del
contatto, o che tu incontri il vero insegnamento di un grande maestro. E' dentro
di te la vera comunicazione, quella che muove le corde dell'intimo tuo. Nell'aldilà incontreremo veramente le persone care che ci hanno lasciato? E' una domanda che ritorna e che vi brucia, ma
io vi assicuro che questo incontro c'è nuovamente. In un primo momento della vita dopo il trapasso del corpo, c'è una sorta di esistenza completamente onirica che corrisponde al cosiddetto riposo dopo il trapasso. Non so, voi ci avete mai udito rispondere a chi ci domanda notizie di una persona che è trapassata da poco: "Sta dormendo"? Ora, non si deve pensare ad un sonno come voi lo conoscete e che siete abituati a sperimentare fisicamente. E' proprio un momento in cui la
creatura è ripiegata su se stessa e ripensa alle cose della sua ultima
incarnazione e delle altre incarnazioni che all'ultima sono legate per ragioni
di causa e di effetto. In quel momento la visione è prettamente onirica; il
trapassato non si accorge neppure della dimensione nella quale sta vivendo, non
vede neppure chi è lì vicino, non si interessa a cosa sta oggettivamente al di
fuori di se stesso. Poi questa fase viene trascesa. Quando il trapassato ha riflettuto abbastanza,
è riuscito a capire le esperienze che ha vissuto, le ragioni per le quali si sono
determinate certe esperienze, comincia a destarsi al mondo che è esteriore a
lui, ed entra allora in una fase meno soggettiva della precedente. In
quel momento c'è il rivedere reale, il rincontrarsi reale con le persone che ha amato. Può darsi benissimo che
durante la fase precedente di vita totalmente soggettiva, egli sogni, desideri,
e viva in maniera onirica certi incontri, ma questo non toglie che
successivamente,quando si è svegliato da quell'essere ripiegato su se stesso, questi
incontri li abbia reali. Su come i disincarnati vivono le prove e le
sofferenze dei loro cari ancora in vita sul piano fisico. Voi sapete che nel cosiddetto
(aldilà) avete
solo amici, vero? Amici che sono momentaneamente in stati di
coscienza diversi, non dico in luoghi diversi, badate bene, perchè lo spazio in
sè non Siamo sempre in seno al Padre, sempre siamo nel
medesimo piano: il piano della coscienza. Ed è solo la nostra consapevolezza
che ci gioca questo tiro curioso, che promuove questa illusione, che ci dà questo
miraggio di farci credere di essere in un piano della coscienza. Ora, proprio in
virtù di
questo legame di
amicizia e di amore che è sempre presente, a noi giungono come delle onde di
malinconia che voi emettete nei momenti in cui avete delle difficoltà nella
vostra vita, quando siete immersi nel dolore, onde che vengono però da noi
percepite in un modo che è differente dal vostro. la visione
che noi abbiamo della vostra
sofferenza è ben diversa, perchè sappiamo che tutto avviene per il vostro bene.
E' come se un vostro caro familiare dovesse subire un intervento, sottostare ad
una cura, avere una degenza in ospedale; voi sareste, sè, addolorati, perï
sapreste che attraverso quella sofferenza lui ritrova la salute e quindi, avendo
questa certezza, sopportereste bene
questo dispiacere. E lo stesso
è per noi quando vi vediamo così immersi in certe vostre esperienze che
vi danno tanta fatica, dolore e disperazione. Cerchiamo di infondervi coraggio, ma non sempre
possiamo dirvi: "Stai tranquillo, va tutto a buon fine!", altrimenti
altereremmo il senso della vostra esperienza. Perï, in cuor nostro, confidiamo
che possiate trovare la speranza e capire da voi il senso di quanto state
vivendo, e capire soprattutto che quella esperienza è quanto ci è necessario
per quel sommo bene che è la manifestazione in voi di un più ampio stato di
coscienza. I nostri cari che ci hanno lasciato continuano
ad aiutarci, a sentirci vicini, oppure c'è un distacco, un allontanamento? Il distacco
è solo per voi, perchè noi vi
vediamo, e quel legame d'amore che va oltre la vita, e ci unisce in maniera
indissolubile per tutte le vite che seguiranno, permette a colui che viene
nella nostra dimensione (parlo sempre per creature di media evoluzione) di
essere costantemente presente e sentire presso di sè le persone amate. C'è
proprio questo miracolo. Quando sono trapassato l'ultima volta, ho
lasciato delle persone che mi erano care. Io le vedevo, desiderando di vederle,
e quindi le vedevo. Sapevo che dovevano fare la loro strada e che non potevo pregavo di poterla allontanare da
quella prova. Finchè qualcuno mi spiegò che quello che era per lei un dolore si risolveva in
un grandissimo bene. Anche quando non desideravo di vedere le persone nella
loro esistenza terrena, che continuava sulla terra, io le avevo accanto a me.
E' questo il miracolo dell'amore: si lascia una persona sulla terra, ancora
incarnata - e si sa che è là - eppure la si ha accanto, come se fosse già
disincarnata. E' un inizio di quella che i maestri chiamano la "comunione
del sentire" 20. In effetti noi siamo tutti nel piano akasico,
tutti, noi e voi. E' solo per un errore di trasposizione che voi credete di
essere nel piano fisico, dov'è il vostro corpo fisico; è lì che spostate la
vostra consapevolezza e lì credete di essere. Il fatto di avere dei sensi nel
piano fisico fa sè che a poco a poco vi identificate con il vostro corpo
fisico, e credete di essere nel piano fisico, ma noi siamo tutti assieme nel
piano akasico; anche coloro che hanno il corpo astrale, e credono di essere nel
piano astrale. Allora, se vuoi vedere i tuoi cari, che ami,
formuli il pensiero-desiderio e li vedi, li hai accanto, ci vivi insieme. E' così,
è il miracolo dell'amore. Se pensando a un caro trapassato, come per un
appuntamento, si è subito insieme. Senz'altro, anche se non
c'è nessuna
manifestazione esteriore. Direi di
più: voi con lo spirito siete sempre
insieme ai vostri cari, solo che la vostra consapevolezza non può darvene la
certezza. E perchè questo? Perchè la vostra consapevolezza si fonda, per
abitudine, soltanto sugli stimoli che vengono dal corpo fisico. Perciò voi
siete consapevoli solo delle cose che colpiscono i sensi fisici, ma se aveste
abituato la vostra consapevolezza ad andare oltre gli stimoli sensori ne conseguirebbe
che voi sareste consapevoli di altre cose che vengono da altri stimoli, per
esempio dai sensi del corpo astrale, e voi avreste insomma una finestra aperta
sul piano astrale, oppure sul piano mentale. Andando ancora oltre, fino al vostro spirito, fino
alla coscienza individuale, voi sareste consapevoli della vicinanza che c'è tra
voi L'amore per i propri cari può trattenere una entità trapassata dallo sciogliersi dai legami terreni? Quando una
entità è trattenuta dalle cose della
Terra, non è trattenuta dall'amore per i suoi cari, ma piuttosto dalle sue
passioni. Sempre il trattenere all'ambiente terreno
è derivato da una passione che ancora il disincarnato non ha superato nel piano
astrale. L'amore che una
entità ha verso i suoi cari in
nessun caso la può trattenere sulla terra, perchè l'amore è sempre positivo, e
anzi stimola le entità a proseguire la loro evoluzione. Ma questo non significa
che si sia dimenticato dei suoi cari, che non abbia più amore verso di loro: tutt'altro,
essendosi liberato dal fratello delle passioni, conserva ancora più accresciuto
l'amore per i suoi cari. Se l'insegnamento
è conosciuto da chi è in
un'altra dimensione di esistenza. quando l'uomo potrà provare questo concetto
di realtà? L'insegnamento dei maestri
è così affascinante,
per voi ed anche per me! Vedete, quando abbiamo raggiunto il concetto che la
realtà è un'altra rispetto a quella che appare, naturalmente da un diverso
punto di osservazione della realtà, noi ci mangiamo le mani e diciamo: "Ma
com'è possibile che quando ero incarnato non capissi una cosa così semplice! Ho
sempre pensato in quella maniera, ho sempre ritenuto che la realtà fosse quella
che credevo sulla base dei sensi, senza mai supporre o dubitare che potesse
essere diversa". Per esempio, la scienza
lo dice, ma gli uomini
non ci pensano mai, che in natura il colore non esiste; e tutti vivono quasi
identificando il colore con la vita: tutto è colore, tutto è colore! E invece,
se l'uomo non avesse - senza troppo entrare nel merito - certe particolari
particelle vedrebbe tutto in bianco e nero: perchè il colore, in sè, in natura,
come l'uomo lo vede, non esiste. Esistono solo delle frequenze luminose, le
quali vanno a toccare la retina, eccetera, sono trasmesse al cervello e si rivelano
nei colori che amate tanto e che credete siano sui fiori, mentre invece sono
solo nella vostra mente. Questo
l'uomo non lo pensa mai: vede un fiore
meraviglioso (oh, che bel rosso!) e crede che il fiore sia rosso; mentre non lo è
affatto, è solo che la luce toccando il fiore si modifica, modifica la Allora, quando siamo di qua, da
questo punto di
vista, da dove vi parlo, ci sembra strano che, mentre eravamo incarnati,
abbiamo dato tutto per scontato quello che vedevamo, senza nemmeno dubitare che
la realtà fosse, invece, estremamente diversa. Ecco perchè è affascinante,
dicevo, per me quanto per voi, parlare di queste cose, per indurvi a capire
quanto la realtà sia diversa. Se voi foste contenti della realtà come la vedete
e come la concepite, non avrei nessunissima voglia di aiutarvi a vedere quanto
invece è diversa; ma siccome voi stessi volete approfondire questo argomento,
allora approfondiamolo assieme, parliamone assieme. Almeno voi - io non ci sono riuscito - possiate
fare quel passetto per capire quanto diversa sia la realtà. Guardate, che gli scienziati studino la
realtà
con tutti i mezzi di indagine, tutto quello che volete, è una cosa
meravigliosa, ma alla fine si deve fare sempre i conti con i sensi dell'uomo.
Anche usando le macchine elettroniche più sofisticate, alla fine si deve sempre
riportare tutto a dei segnali, a delle notizie che l'uomo possa ricevere;
altrimenti rimane qualcosa di incomprensibile. Quindi, l'indagine scientifica, anche la
più sottile e perfezionata, conduce sempre, rapporta sempre la realtà all'uomo, in
qualche maniera, ai sensi dell'uomo, ed è quindi sempre una falsificazione
della realtà in sè. Bene dicevano i filosofi, i quali affermavano che la realtà, quale
è, è inconoscibile per l'uomo. Perchè la realtà che l'uomo può conoscere è
sempre un'apparenza: con gli strumenti più moderni e sofisticati
che voi potete concepire, non potete cogliere che un'apparenza, mentre la realtà
è quello che è, non ciò che appare. E siccome "quello che è" non lo si
può vedere con dei sensi, ma solo attraverso l'intuizione, attraverso l'identificazione
con l'oggetto della conoscenza, l'uomo in quanto tale non potrà mai conoscerlo.
Il suo metodo, il mezzo d'indagine si fonda fatalmente su ciò che appare,
sull'apparenza. E' quindi vero che la
realtà in sè l'uomo non potrà mai conoscerla, se non quando non sarà più uomo, quando
cioè disporrà di
un altro mezzo di contatto, che è appunto l'identificazione. Sul
più alto insegnamento morale dato dai
maestri. C'è ancora un altro discorso da fare, su
qual'è
l'insegnamento morale più alto che è stato dato dai maestri: "...Tu avrai
capito la vita non quando tu farai del bene, ma quando lo farai pur sapendo Voi sapete che
c'è chi agisce non per fare del
bene, ma per il guadagno e basta; quindi l'agire a beneficio degli altri non
per guadagnare, ma per portare loro sollievo e conforto, è già molto rispetto
invece a chi agisce per tutt'altra ragione. Ma andare oltre questo, addirittura,
all'agire per l'agire, senza tener conto di quelli che possono essere gli
effetti, senza neppure aspettarsi degli effetti; ma agire perchè si deve agire
bene, si deve fare bene, si devono aiutare gli altri: questo è l'ideale, anche
se comprendo che è cosa molto difficile. e agire non con distacco, con
freddezza, ma con amore, con trasporto, ben sapendo che se nella vostra
intenzione c'è questo aiutare gli altri, ben sapendo che se nella vostra
intenzione c'è questo aiutare gli altri, fare del bene agli altri, questa
vostra corrente di altruismo, d'impulso verso gli altri non
andrà certamente
perduta, ma si porrà in moto e trascinerà ancora, e su e su ancora, fino a
formare un ambiente psichico meraviglioso. Saluto a chi resta. Vi porto il saluto di tutti coloro che amate e
che sono nella dimensione dalla quale
vi parlo, particolarmente di coloro che di recente hanno lasciato il piano
fisico e con questo vi hanno lasciati nel dolore. Io vi prego di non pensarli con tristezza, ma
con gioia. Se veramente voi li amate, non potete che desiderare il loro bene, e
allora sappiate che per quanto crudele possa sembrarvi il fatto, il loro bene
era lasciare la loro vita fisica nel momento in cui l'hanno lasciata. Vi prego
di pensarli sempre vicini a voi, felici, non tristi per aver lasciato il mondo,
e non mai tristi per avervi lasciati, perchè loro non vi hanno lasciati; vi
vedono continuamente e, se li volete ancora più sereni, non dovete pensare alla
loro partenza con tristezza, ma dovete sentirli felici, sereni, gioiosi, pieni
di vita accanto a voi. Per
quella fede che vi ha condotto qui
ringraziate l'Altissimo, perchè nel vostro dolore, pure a voi necessario per il
vostro vero bene, voi avete trovato una voce che può dare un senso a quanto vi è
accaduto, che può accendere in voi la speranza che presto, quando ciò si
adempirà, voi ritroverete i vostri cari, più vivi, più felici, più immortali di
quando li avete conosciuti. Vi prego di portare
queste parole a coloro che
conoscete e che sono nelle vostre stesse condizioni. Non maledite la vita
perchè vi ha dato questo grande dolore. Un giorno capirete in pieno quanto
questa esperienza, pur amara, amarissima che sia stata, sia invece benefica per tutti
voi che l'avete vissuta: quel giorno penserete a questa tristezza quasi
dimenticando quanto sia stata crudele, quasi non ricordandola più, nella gioia
di avere scoperto il suo vero senso, il suo divino e meraviglioso significato.
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