Indice delle domande di questa pagina

Come rispondere a chi afferma che Cristo era uno come tutti gli altri e quindi ciò che ha detto e fatto non ha quel valore divino che gli si attribuisce?

Sull'intima convinzione, che non tutti hanno, della continuazione dell'essere nell'aldilà 

Perchè pregare? E chi?, sono ascoltate le preghiere dell'uomo?

Sulla venerazione della "sacra sindone" 

Sui miracoli che, si dice, può compiere soltanto Dio: perchè taluni incontrano il miracolo e altri no?

L'insegnamento dei maestri può allontanare, come se fossero divenute secondarie, all'attualità e dalla cultura dell'ambiente in cui viviamo? 

Come è possibile per uno scrittore o un poeta, dopo aver letto i libri dei maestri, continuare a scrivere avendo la sensazione della inutilità di ciò che scrive? 

Cos'è l'ispirazione, non solo degli artisti e dei pensatori?

L'attore che deve entrare nello stato d'animo di personaggi anche diversissimi da lui, esprime forse un suo grado di coscienza?

Che differenza c'è tra cultura e conoscenza? 

Questa epoca, così ricca di stimoli che vengono anche dalla scienza e dalle tecnologie, è particolarmente fattiva per la formazione della coscienza individuale?   

Sul ruolo della dialettica: che valore ha, oggi, una scuola di pensiero come il "materialismo dialettico"?

Sulla polemica 

In che senso anche il dubbio, per quanto riguarda questo insegnamento, può essere utile e produttivo.

Sentirsi insufficienti: girare a vuoto su se stessi con la sensazione di sciupare la propria vita e quella di coloro che sono vicini, ma non riuscire a interrompere questo cerchio, e provarne disagio

Come curare la suggestionabilità dell'uomo? 

Tra le capacità paranormali quella di suggestionare attraverso la pratica dell'ipnotismo sembra oggi piuttosto diffusa. Pare addirittura che un buon ipnotizzatore possa far regredire i suoi pazienti fino alle vite precedenti.

Si può andare indietro lungo il "nastro del sentire"?

Dove nasce il meccanismo della suggestione di cui si serve l'ipnotizzare? E quale può essere l'utilità dell'ipnotismo?

Perchè conoscere l'insegnamento dei maestri non è sufficiente a far superare l'insoddisfazione, l'insicurezza e certi altri stati d'animo caratteristici dell'uomo? 

Come risolvere le ansie e i problemi quotidiani? 

La gioia, la felicità nel senso pieno, fisico e spirituale, è visibile intorno a una creatura?

Sul ruolo e le difficoltà dello psicoterapeuta 

Dove trovare la risposta ai propri problemi irrisolti?

Sulla tensione e sull'angoscia così diffuse oggi 

Sull'insegnamento evangelico della vite e dei tralci: i talenti spesi male 

Perchè è importante valutare bene le proprie forze quando si aiutano gli altri?

Quali esperienze principalmente sono tempo perduto, strade senza sbocco, in vista della meta di ogni uomo?

L'esperienza della droga

Pensare di farla finita: il suicidio

Al momento del trapasso, che differenza di condizione, di ambientazione nel piano astrale, c'è fra chi ha potuto conoscere e condividere questo insegnamento

e chi, invece, non ne ha saputo nulla durante la vita? 

L'individuo come vive, nel piano astrale, il suo desiderio o il suo sentire d'amore?

La realtà del piano astrale sta tutta in questa capacità di creazione dei nostri pensieri-desideri, o vie è qualcosa di più, una qualche forma di reale comunicazione con gli altri esseri? 

Nell'aldilà incontreremo veramente le persone care che ci hanno lasciato?

Su come i disincarnati vivono le prove e le sofferenze dei loro cari ancora in vita sul piano fisico

I nostri cari che ci hanno lasciato continuano ad aiutarci, a sentirci vicini, oppure c'è un distacco, un allontanamento? 

Se pensando a un caro trapassato, come per un appuntamento, si è subito insieme

L'amore per i propri cari può trattenere una entità trapassata dallo sciogliersi dai legami terreni? 

Se l'insegnamento è conosciuto da chi è in un'altra dimensione di esistenza. Quando l'uomo potrà provare questo concetto di realtà?

Sul più alto insegnamento morale dato dai maestri 

 Saluto a chi resta 

Come rispondere a chi afferma che Cristo era uno come tutti gli altri e quindi ciò che ha detto e fatto non ha il valore divino che gli si attribuisce?

Guardiamolo come uomo, semplicemente, non quale figlio di Dio, come si dice. E guardiamo quello che ha detto. Si può non riconoscergli un'intelligenza, se non altro nelle risposte? E' certamente qualcosa che va oltre il semplice discorrere umano.

Analizzandolo profondamente, ci si accorge che c'era in lui qualcosa di diverso, che non era un uomo comune.

Allora, prendiamo questa figura come simbolo della propria esistenza, come ideale del proprio vivere. Perchè no? Cosa si dovrebbe prendere come simbolo della propria esistenza e come ideale della propria vita? Forse la vita dei politici, o dei papi, o dei potenti? Per carità!

Prendiamo la vita di quest'uomo, che certamente è stata retta, che no si può dire che non sia stata retta, che non abbia fatto qualcosa in favore degli altri, per illuminarli, per farli uscire da quella forma sbagliata di religiosità; prendiamo quest'uomo per questo, anche se non vogliamo pensare che fosse un particolare figlio di Dio.

Io risponderei così.

 

Sull'intima convinzione, che non tutti hanno, della continuazione dell'essere nell'aldilà.

Che per taluni ci sia la sensazione, o addirittura la certezza, che esiste qualcosa al di là della materia così peritura, è un fatto del tutto individuale; alcuni ce l'hanno e altri no. Ad alcuni, per trovarla, basta avere una piccola, chiamiamola, prova, nel senso di esperienza e altri, invece, non si arrendono neppure davanti alle esperienze più eclatanti e di grande valore dimostrativo. Quindi è un fatto individuale. Ed è giusto che sia così individuale perchè, proprio nella rappresentazione psicologica della ricerca, del dubbio, del superare il dubbio, e poi ancora del dubbio che torna, sta tutto un significato ed una profonda esercitazione, che va a beneficio della coscienza di coloro che sono al centro di questo turbinio di pensieri e di timori.

Ora, vi sono uomini che affermano che Dio c'è perchè loro lo sentono. Come fanno a dire questo? E' una domanda che andrebbe posta a ciascuno di quelli che così credono e sentono. In qualche modo essi lo sanno, altrimenti non lo direbbero. ciò non toglie che in certi periodi possa sorgere anche in loro una sorta di maggiore titubanza o di minore certezza. Altri, invece, hanno costantemente questa certezza. 

Ognuno può trovarla in questa o in quella occasione, ma molto spesso è una questione di intimo sentire, più che di prova esteriore, e quindi ognuno può rispondere solo per sè: non esiste una risposta generale e valida per tutti. La risposta viene dall'intimo e, ripeto, spesso non ha niente a che vedere con le prove o con le esperienze che l'individuo credente può avere avuto.

La certezza nell'aldilà ha sempre un sapore e un valore personale. C'è chi la trova, e allora vuol dire che l'ideale per la sua evoluzione è avere questa fede o questa convinzione; c'è chi invece non la trova neppure se gli fossero messe sotto il naso tutte le prove possibili: ebbene, significa che deve vivere e macerarsi in questo dubbio, e soprattutto deve avere una condotta, quella che poi è, in base al fatto che non è certo che esista un aldilà e che la vita non finisca con la morte del corpo. Ognuno ha esattamente ciò che deve avere.

 

Perchè pregare? E chi? E poi, sono ascoltate le preghiere dell'uomo?

Veramente, conoscendo l'insegnamento dei maestri, vien fatto di porsi la domanda: "Perchè pregare?". Ecco: innanzi tutto il pregare deve intendersi come un mettersi in collegamento con il proprio sè superiore; se volete, con Dio, e siccome Dio è alla radice di ogni essere, è un collegarsi con il proprio vero essere.

A che scopo?, direte. Allo scopo di raggiungere l'unione di tutti i veicoli,  per esempio. 

Ma l'intenzione della preghiera deve esulare da ogni motivazione egoistica, deve essere un rivolgersi al Supremo affinchè siano aiutati gli altri. questaè la preghiera più bella, che non ha istanze egoistiche e personalistiche, ma che riguarda e impetra il bene di altri.

Certo, sapendo che esiste il karma, qualcuno può chiedersi che senso abbia pregare, quando una determinata creatura ha un karma per cui deve necessariamente essere addolorata. Ma questo non deve interessare a chi prega, il quale deve sentire la spinta altruistica di aiutare proprio quelli che ne hanno bisogno, che sono nel karma del dolore. Il fatto, poi, che gli altri ricevano o non ricevano questo suo aiuto, non ha alcuna importanza.

Anche un antico testo indiano, la Bhagavad Gita, insegna che l'uomo deve agire per l'agire in sè, senza aspettarsi il frutto dell'azione, quindi deve pregare avendo l'impulso e l'intenzione di aiutare gli altri, la spinta a far loro del bene: che poi questo bene arrivi o no, non ha alcuna importanza.

Quindi, pregare per mettersi in contatto col il proprio vero essere, con la vera natura di se stessi, al fine di raggiungere quell'unione armoniosa che è nell'ordine naturale delle cose, pregare per cercare di porgere un aiuto, possano o non possano riceverlo quelli a cui è amorosamente indirizzato.

Ora, domandarsi se le preghiere sono "ascoltate" fa ripensare al concetto di un Dio che sta lassù, che ha bisogno di essere pregato, e quando si prega bene e si ha la fortuna di trovare il suo lato debole, allora acconsente e accontenta. No, non è davvero così.

Però rivolgere pensieri di aiuto ad altri, oppure per cercare di essere illuminati, è sempre una cosa che fa indirizzare l'uomo in senso favorevole alla corrente della vita. Mi spiego: se tu preghi per capire una certa situazione, per capire come ti devi comportare, qual è la strada migliore, vuol dire che hai l'intenzione di seguire la strada migliore, di arrivare a un chiarimento, a una comprensione. Già il solo fatto di avere questa intenzione ti muove in quel senso, se invece non preghi proprio perchè non vuoi capire, non vuoi sapere, chiaramente vai contro la corrente dell'evoluzione, della vita. In questo senso, una preghiera detta per comprendere non può che essere "ascoltata".

 

Sulla venerazione della "sacra sindone".

I nostri maestri hanno testimoniato l'autenticità della sindone.

Quanto ad amarla e venerarla, lascio a voi: se pensate che bisognerebbe addirittura venerare il Cristo come "il Creatore", e non venerarne il corpo, perchè ciò che veramente conta è ciò che il Cristo ha detto, ciò che ha fatto, il suo esempio, il suo messaggio, il significato della sua venuta, non il suo corpo; quindi, figuriamoci amare e venerare un lenzuolo che ha avvolto un corpo, è vero?

Non bisogna soffermarsi su queste forme di feticismo, ma cercare sempre di raggiungere la realtà delle cose, la realtà delle persone.

Questo è giusto.

 

Sui miracoli che, si dice, può compiere soltanto Dio: perchè taluni incontrano il miracolo e altri no?

Sarebbe veramente un Dio (o una vergine, o una madonna, o un santo) piuttosto curioso quello che a taluno facesse il miracolo e ad altri no. Perchè lui sè e l'altro no? Perchè chi gode del cosiddetto "miracolo", e in modo per la verità del tutto secondo natura, è solo colui che trova dentro di sè - attraverso la fede, attraverso la convinzione che quel miracolo possa avvenire e avverrà - quella particolare tensione, chiamatela magica se volete, capace di mettere in azione le risorse nascoste nell'uomo, grazie alle quali può ottenere l'effetto sanatore, o comunque quell'effetto che ha un carattere di straordinarietà e che viene così chiamato "miracolo".

Questi miracoli che accadono e che sono spiegati con l'intervento diretto di Dio, il quale sanerebbe l'infermità di talune persone, mostrano un lato molto debole. 

Non si capisce, ad esempio, se è vero che Dio interviene direttamente a ricostituire gli organi malati e a ristabilire l'equilibrio salutare, non si capisce perchè mai Dio non faccia ricrescere un braccio. questa è una osservazione già fatta nei secoli passati. Se non vado errato fu proprio Voltaire, con i suoi sarcasmi, a fare un'osservazione di questo genere, poi ripresa da altri, naturalmente non per plagiare, ma perchè ognuno, in buona fede, traeva le dovute conclusioni da certi presupposti. E il presupposto è che se è la divinità che interviene nel miracolo in maniera così diretta, come certe religioni vogliono far credere, non si vede quale difficoltà vi sia per l'onnipotenza divina nel far ricrescere un arto amputato, ad esempio.

Il discorso è ben diverso e molto più complesso. Innanzitutto bisogna tener presente che avviene sempre quello che deve avvenire, e che quando una creatura ha un karma che deve durare tutta la sua vita, non c'è barba di miracolo che possa interromperlo. E quali sono i karma che debbono durare tutta la vita? Sono quelli che la forza naturale di risanamento, che è in ogni corpo, in ogni veicolo, non può sanare. 

Mentre si può guarire da uno squilibrio ormonale, o ematico, e via dicendo, non si può invece far ricrescere un arto amputato. E quindi il karma che dura tutta una vita prenderà la configurazione del tipo che non può essere sanato con le risorse naturali dell'organismo. Ecco, il discorso va visto da questo punto di vista.

C'è poi l'altra prospettiva, quella del cosiddetto miracolo che in effetti avviene, che è una cosa diversa: non è un intervento diretto di Dio che, ad un certo punto per una ragione non vorrei dire capricciosa, ma considerando l'uno più meritevole dell'altro, interviene e guarisce miracolosamente una certa creatura dalla sua infermità.

No, il miracolo non va visto così, ma va visto proprio, come dicevo all'inizio, come una forza reattiva dell'individuo. Come c'è una forza di reazione e di recupero nell'organismo, che può insorgere e funzionare anche inconsciamente, senza cioè che l'individuo l'abbia messa in moto, c'è anche un'altra forza di reazione e di recupero a livello psichico. questa però, nella quasi totalità dei casi, ha bisogno di un'esca, di un innesco; e allora dalla forma psichica influisce somaticamente sul corpo fisico.

Quando un individuo, per una qualche ragione, mette in moto questa forza psichica, essa passa dalla psiche al fisico, ed ecco che si hanno le guarigioni cosiddette miracolose; le quali, ripeto, non possono mai andare oltre le possibilità di recupero naturali del corpo fisico. Se un arto è stato amputato, non vi sarà mai l'evenienza che questo arto ricresca.

Potete dire: "Ma alla lucertola può ricrescere la coda mozzata!". Questo fa parte di una costituzione naturale diversa. Anche l'individuo biologico lucertola ha altre cose che non possono essere rigenerate; ad esempio, se le tagli la testa, la testa non si ricostituisce. Quindi anche lì ci sono dei limiti naturali.

 

L'insegnamento dei maestri può allontanare, come se fossero divenute secondarie, dall'attualità e dalla cultura dell'ambiente in cui viviamo?

Guai tenerle in disparte! Anzi, il messaggio dei maestri vi deve stimolare ad entrare ancora di più nel vivo delle questioni, ad entrare in contatto con tutti gli aspetti della società, con le sue varie forme di pensiero e di espressione, con le sue ideologie, proprio a prendere parte, a fare dei raffronti il più possibile imparziali, a considerare ogni discorso ideologico in sè, esaminandolo logicamente in tutte le sue implicazioni, in tutte le sue prospettive e poi ad inserirlo nel discorso dei maestri, così da poter valutare quale sia attualmente il movimento del pensiero dell'uomo, in quale direzione si muova, e verso quale meta porti gli uomini. Sono cose che vanno senz'altro fatte.

I maestri stimolano proprio a vivere, a non ritirarsi dal mondo, a prendere coscienza di tutti i problemi della società e a farlo individualmente, senza lasciarsi suggestionare e condizionare, per esempio, dai mezzi d'informazione, i quali, come ben sapete, propinano ad arte certe notizie per indirizzare l'attenzione, e magari la reazione degli uomini, in un senso o nell'altro. Fanno un po' come i prestigiatori che richiamano l'attenzione del pubblico da una parte, verso una mano, mentre con l'altra mano fanno il trucco del gioco che stanno eseguendo.

Sono un po' così queste fonti d'informazione, piuttosto addomesticate, truccate, che cercano di distogliere l'attenzione degli uomini da certi problemi che, in quel momento, non si può e non si vuole affrontare: perchè, anche se sono problemi sentiti, e anche se il risolverli porterebbe degli enormi vantaggi per tutti, essi vanno tuttavia a contrastare con certi interessi e con certi poteri che sono contrari...

Quindi è bene seguire tutto quello che accade nella società e nel mondo, sempre cercando di avere il discernimento necessario, in modo da distrarsi dalle opinioni volute, indotte ad arte dalle fonti di informazione, cercando invece di capire bene, fino in fondo, come stiano veramente le cose.

I maestri dicono di interessarsi, di non delegare mai, di cercare di avere sempre delle opinioni proprie, personali, non suggerite da chi ha il potere di fare questo.

Come è possibile per uno scrittore o un poeta, dopo aver letto i libri dei maestri, continuare a scrivere avendo la sensazione della inutilità di ciò che scrive?

Questo stato d'animo è comprensibile, ma quello che c'è di bello è che, quando voi condividete la verità che essi portano, quella verità diventa vostra. Allora, chi fosse portato a scrivere potrebbe tranquillamente prendere spunto dalle verità che i maestri ci illustrano e, a sua volta, divulgarle, introdurle in un racconto o raccoglierle come riflessioni facendole proprie, presentandole come tali. Non vi è nessun pericolo di plagio, ma anzi è proprio ciò che essi vogliono; quindi non trattenetevi dal fare queste cose.

E' molto più importante che la verità sia divulgata, sia fatta conoscere agli altri e, se il tacere la fonte, la provenienza di questi insegnamenti, serve a farli accettare agli altri, se presentarli attraverso una nuova forma può farli conoscere a più persone, tutto questo giustifica ampiamente il fatto di proporre come proprie le verità che non si sono trovate in se stessi, ma che si sono ascoltate.

E questo perchè, amo ripeterlo, più una verità è condivisa e creduta, e più è fatta propria a tutti gli effetti. La verità non è di nessuno ed è di tutti.

 

Cos'è l'ispirazione, non solo degli artisti e dei pensatori?

L'ispirazione non è che un momento di particolare tensione interiore. L'artista lo sente e dice: "In questo momento mi manca l'ispirazione",intendendo appunto che gli manca quel particolare stato interiore, quella particolare tensione in forza della quale l'artista, come si dice, crea. Quando questo stato interiore manca, l'artista è un uomo come gli altri, non è un'artista, è un uomo comune, e allora non crea.

Questa tensione, generalmente non è costante, proprio perchè è difficilissimo raggiungerla nel proprio intimo. La si può' facilitare mediante opportune tecniche, ma in genere l'artista non conosce queste tecniche e allora deve starsene a quanto gli viene naturalmente. E viene naturalmente quando ha avuto un periodo esattamente opposto. 

Voi sapete dei famosi cicli, che esistono anche nell'intimo di ogni uomo: ad un determinato ciclo, per esempio di depressione, può' seguire un ciclo di euforia, o viceversa. Così a un periodo di stati creativa, può seguire un periodo di creatività; ed è allora che l'artista sente di avere tutta la sua vena creativa, è preso da una sorta di febbre e cerca di tradurre l'ispirazione in atto, prima che sia possibile, prima che gli passi e non l'abbia più. L'artista, per esempio lo scrittore, sa benissimo che l'ispirazione gli può dettare delle idee meravigliose, ma, se lascia passare il tempo, quelle idee non lo soddisfano più, rimangono fredde , non gli dicono più niente. Non è quindi, solo una questione di idee, di progetto, di che cosa fare, ma è proprio questione di tradurre tutto questo in atto.

Se fosse semplicemente questione di idee, l'artista potrebbe inviare al giorno successivo, perchè ormai l'idea l'ha avuta. E invece non è così, perchè è qualcosa di più che l'idea. L'idea, diciamo, è il substrato, a cui si aggiunge proprio la realizzazione pratica. Ed è la traduzione di quell'idea in concretezza ciò in cui consiste la vera opera d'arte. 

L'idea può essere geniale in sè, ma se non è tradotta praticamente, in quel certo modo, non è un'opera d'arte; ed è proprio questa traduzione che viene sempre e soltanto nel periodo di ispirazione.

Quindi l'ispirazione è qualcosa che va oltre il corpo mentale

Qualcosa che avvolge tutto l'individuo e che riguarda proprio il suo sentire; e non riguarda solo il sentire ma anche la possibilità di tradurre visibilmente, in maniera percettibile agli altri, questo sentire. E questo vale non solo per l'arte e per l'artista, ma per ogni forma di intuizione e per ognuno che abbia quella intuizione che deve poi essere tradotta in atto.

L'attore, che deve entrare nello stato d'animo di personaggi anche diversissimi da lui, esprime forse un suo grado di coscienza?

E' chiaro che l'immedesimazione riguarda il sentire in senso lato. 

Un certo sentire di coscienza uno ce l'ha e non ce l'ha; non lo si può nè aumentare nè diminuire. Parliamo allora del sentire in senso lato; l'attore può, immedesimandosi in una parte, provare ad esempio l'odio, per poterlo meglio esprimere; o, esprimendolo, sentirlo proprio dentro di sè. Perchè questo? Perchè l'abilità dell'attore è una specie di, chiamamola, medianità: è cioè la possibilità di ricostruire in sè questo sentire in senso lato che normalmente l'uomo prova quando è in una situazione vera, non simulata, e quando entra in gioco anche  la parte di coscienza costituita che ha. 

Un uomo che ha una certa coscienza posto in una data situazione, può avvertire le avvisaglie dell'odio, può avere anche quel certo risentimento che è l'odio, perï la sua coscienza, se l'ha costituita, a un certo punto lo frena e lo riconduce a uno stato d'animo che più gli si addice, che più si confà alla sua evoluzione. Mentre cosa farebbe l'attore anche se fosse estramamente evoluto, quando è sulla scena? 

Il suo senso dell'odio scapperebbe fuori da tutti i pori della sua pelle e il suo sentire di coscienza non interverrebbe, proprio perchè dentro di sè, egli comprenderebbe che è una finzione scenica, per cui si troverebbe a odiare sulla scena molto più di quanto sarebbe capace di fare nella vita reale. E questo proprio per una abilità dell'attore, per una sorta di medianità: quella di immedesimarsi in un personaggio e viverlo, di vivere il personaggio come riesce a capire che sia, o  che debba essere; e questo indipendentemente dalla sua personale evoluzione.

Non credi di scandalizzare nessuno facendo questo esempio: se sulla scena un personaggio che debba odiare, odierebbe moltissimo; in che modo? 

Unicamente, lasciando i suoi veicoli (mentale, astrale e fisico, per quel che occorre) liberi, disimpegnati dal suo sentire di coscienza. Perchè, dove sta l'odio nell'uomo!, se è di odio che in questo momento dobbiamo paralare, per capire: l'odio sta proprio nei veicoli grossolani, nel sentire in senso lato. E poi - io dico ancora una volta - il sentire di coscienza che, se c'è, governa, trattiene, stempera, riabbassa l'odio e il risentimento. Quindi, basta lasciare andare liberi i veicoli inferiori ed ecco l'odio, il risentimento, eccetera. 

Quando questo fosse possibile, immediatamente la coscienza sospenderebbe la sua funzione di controllo, e apparentemente quell'essere sembrerebbe tornato indietro nell'evoluzione.

E quindi proprio una abilità, un talento dell'attore quello di poter far vivere o rivivere un personaggio indipendetemente dalla sua evoluzione, dell'evoluzione dell'attore, intendo; il talento di poter scindere il suo sentire di coscienza dal governo che a suoi veicoli e quindi ricreare, rimanifestare un sentire in senso lato che l'attore, come persona, normalmente non avrebbe mai, perchè la sua evoluzione glielo impedirebbe.

Tutto questo parlando di un attore evoluto, naturalmente.

 

Che differenza c'è tra cultura e conoscenza?

In fondo la cultura è  conoscenza. Una cultura che in qualche modo esulasse dalla conoscenza non mi sembra produttiva in alcun senso. E credo che questa concezione sia condivisa da molti. La cultura, da sola, non può modificare l'individuo se l'individuo la fa diventare parte di sè e non l'adopera per migliorare se stesso.

Naturalmente, se la conoscenza diventa un freddo archivio di nozioni, uno sfoggio di erudizione, serve solo a crearsi un abito variopinto con cui pavoneggiarsi davanti a coloro che questa conoscenza non hanno; e questo, certo, non arricchisce l'individuo nel senso reale del termine. Quando invece la cultura non è adoperata non solo per conoscere, ma per capire, per comprendere, allora è di grandissima importanza.

Quante volte dichiarate che se sapeste la ragione per cui accadono le cose che vi accadono, sareste molto più tranquilli e vivreste meglio! Questo ci dà l'idea di quanto la conoscenza sia appagante, ma sempre quando è vissuta con trasporto, in modo produttivo, come arricchimento interiore.

ciò che ha portato avanti l'uomo, anche dal punto di vista spirituale, per certi temperamenti, è stata appunto la conoscenza; per altri è stato il senso mistico; in altre occasioni è stata un'esperienza diretta, ma ciò che in ogni caso può far risparmiare dolore e fatica è la conoscenza, quella conoscenza che è anticamera della comprensione, ossia del far diventare quella verità conosciuta parte di se stessi, e quindi coscienza.

E' vero, vi sono delle conoscenze che sembrerebbero sterili, ma niente veramente è sterile; tutte le nozioni e le conoscenze, se penetrate, se paragonate, se impiegate in modo produttivo, sono strumenti importantissimi dati all'uomo per portare non dico a un benessere materiale, ma proprio ad un arricchimento interiore, che è ben più importante di quello. Quindi ben venga la conoscenza, la cultura dell'uomo di oggi e dell'uomo futuro.

Questa epoca, così ricca di stimoli che vengono anche da la scienza e dalle tecnologie, è particolarmente fattiva per la formazione della coscienza individuale?

Ogni civiltà trasfonde e imprime certi stimoli ai suoi figli.

Chiaramente, anche la tecnologia e il progresso della scienza inviano agli abitanti di questa civiltà, degli stimoli necessari alla loro evoluzione, questo è certo; ma non si deve fare l'errore di credere che altre civiltà, che non hanno conosciuto la scienza e la tecnologia come questa vostra, siano state più povere di stimoli per la formazione della coscienza individuale. La vita che voi vivete, forse così caotica, così specializzata, così bella anche per le comodità (o schiavitù, se considerate da un altro punto di vista) che vi offre, vi dà una gamma molteplice di stimoli per lo sviluppo della vostra coscienza individuale, ma ricordatevi che tutte le civiltà hanno avuto molte forme di stimoli e tutte erano adatte, erano le migliori che vi potessero essere per i figli di quelle civiltà.

 

Sul ruolo della dialettica: che valore ha, oggi, una scuola di pensiero come il "materialismo dialettico"?

La dialettica mi è sempre piaciuta, devo dire la verità; ed ho anche potuto vedere che quando si ha questa capacità dialettica, più che acquisirla, è qualcosa che si trova in sè come strumento: credo senz'altro che possa essere motore del sentire. E in questo un esempio lo danno proprio i maestri, con il loro dialogare con voi, che è un rapporto basato in prima istanza sulla dialettica e dalla dialettica; cosa c'è dietro lo potete immaginare: c'è una forza tale per cui, anche appena due parole o un accenno, trascinano le creature. 

Quando le creature odono le parole dei maestri vengono colpite, catturate, in un primo momento, proprio dalla loro dialettica: questa è la prima porta che viene aperta. Quando poi si ha la possibilità di assistere alle comunicazioni, si instaura un rapporto più stretto, più diretto, e allora direi che il fluire è totale.

Quanto al cosiddetto "materialismo dialettico" lo accetterei solo per la parte che rimane valida, e questo soprattutto per chi conosce l'insegnamento dei maestri; in che senso?

L'errore dell'uomo è sempre quello di creare una disciplina, una forma di cultura, e scartare tutto il resto; di concentrarsi su quello e dire: "questa è la chiave che può aprire tutte le porte". L'errore è di creare un sistema chiuso, ed è l'errore più grande. Invece bisogna sempre che ogni sistema sia aperto. Quando l'uomo segue un sistema o una disciplina non deve fare l'unico fondamento. L'unico perno di tutta la sua vita, ma deve confrontarlo e verificarlo continuamente con la vita, con quello che accade intorno a lui, con gli avvenimenti, gli eventi. Potendo fare questo, allora, fa un controllo dello strumento che ha in mano e può vederne i limiti e i pregi, accettando i pregi ed essendo consapevole dei limiti.

 

Sulla polemica.     

Nella mia ultima incarnazione ho fatto l'esperienza della polemica, proprio di quello che quasi brandiva un'arma per difendere le sue posizioni, e devo dire che ho sbagliato.

Voi sapete che ero medico. A quei tempi la medicina era ad una fase diversa dall'attuale, però fervevano molto vivamente le polemiche tra i sostenitori delle varie tesi, molto di più di quanto non fervano adesso. 

Ecco io ho commesso l'errore di sostenere certe mie affermazioni, le quali a onor del vero avevano un certo fondamento, con troppa intransigenza; e ne è nata una polemica che ha finito con lo sciupare i rapporti con i miei colleghi e, quel che è ben più grave, ha finito col fermare la ricerca scientifica, perchè ha radicalizzato i vari propugnatori delle varie tesi, li ha irrigiditi ciascuno sulla propria posizione, di modo che non è stata più possibile la collaborazione.

Allora, se posso dare un consiglio, direi di presentare le proprie opinioni o le proprie teorie non in maniera categorica, non in maniera chiusa, non in maniera che non possa essere discussa ed elaborata anche da altri, ma è sempre aperti ad ogni possibile obiezioni. questo è molto importante perchè prima di tutto non crea polemiche violente, e soprattutto non radicalizza le varie posizioni, non le coagula, non le immobilizza; e rende possibile invece una collaborazione, la quale non può che portare a una verifica e ad un ampliamento di certe opinioni o teorie.

Ma anche al di là di queste considerazioni, la polemica che ha sempre in sè un'esasperazione, non è l'atteggiamento giusto da tenere.  Anche se si ha ragione, come è bello mostrarsi a chi ha torto quasi chiedendo scusa; e sapeste come è costruttivo!, come si costruisce nell'altro!

E' proprio un fatto di rapporti tra gli uomini. E' importantissimo quando si è vittima di una qualche ingiustizia di un qualche sopruso, non chiudersi completamente in se stessi, non rompere del tutto i rapporti, lasciare la possibilità di mantenere ancora un minimo di relazione. E' qualcosa che veramente va oltre la meschinità di certi uomini. E' qualcosa che eleva, non c'è dubbio.

Vi prego di non prendere quello che vi ho detto come la predica di un vecchio moralista: è qualcosa che ha valore pratico nella vita, e se seguirete questo consiglio vi accorgerete quanto sia importante, e quali effetti sortisce.  

   

In che senso anche il dubbio, per quanto riguarda questo insegnamento, può essere utile e produttivo?

Il dubbio può essere necessario proprio per rispondere a coloro che fanno delle domande dubitative, alle quali sai rispondere perchè riguardano dubbi che tu stesso hai avuto e superato. Se invece questo superamento c'è, se la comprensione, l'acquisizione e condivisione sono tali che tu non hai dubbi perchè tutto è chiaro in te, allora il dubbio sarebbe superfluo.

Per chi ha dubbi, e è bene che li discuta, che li mediti e li superi, e questo torna a suo vantaggio in un confronto con gli altri; sarebbe assurdo parlare di cose tanto belle e poi, magari non saper rispondere alla semplice domanda di qualcuno; e si devono sempre ringraziare coloro che fanno domande sull'insegnamento, semplici o complesse che siano, perchè esercitano il vostro stesso senso critico, la vostra stessa logica, e vi aiutano a chiarire anche il dubbio che si cela in voi. 

Occorre essere sempre aperti ai dubbi degli altri, non arroccarsi su posizioni rigide, non ricusare a priori le obiezioni che possono essere fatte. Vi possono essere obiezioni che non stanno in piedi, illogiche, e vi sono altre obiezioni intelligenti, alle quali uno non ha pensato, che non si è neppure lontanamente posto e che invece meritano di essere valutate, esaminate e poi superate.

A chi vi pone queste obiezioni non dovete altro che della gratitudine, in quanto cioè servito a chiarirvi davanti a voi stessi, a rafforzarvi nelle vostre stesse convinzioni. Quindi mai arroccarsi su posizioni rigide nei confronti delle obiezioni che vengono fatte di qualunque genere e importanza siano. Importante è avere chiarezza di idee dentro di sè, e questa che si raggiunge proprio suscitando in se stessi il dubbio prima ancora che siano gli altri a suscitarlo.

Ognuno che muove una critica  merita di essere ascoltato; sta poi a voi vedere se c'è intelligenza in questa critica e rispondere con altrettanta intelligenza, se la vostra chiarezza è tale da permettervelo. 

Vi sono delle cose alle quali voi potreste facilmente opporre una replica sul piano della logica, ma ad un certo punto subentra la convinzione personale, tale che il "no!" di un contraddittore è e rimane valido quanto il vostro "si!" per quell'atteggiamento interiore, che va oltre la logica, che una persona ha nei confronti di una verità sentita tale intimamente e che gli fa dire: "Si, io sento che è vera!". In tutta onestà ad una obiezione logica se ne può contrapporre un'altra altrettanto logica, perï non c'è niente che possa far dire "è vera la mia verità" o "è vera la tua". Ognuno sente vera la sua e così continua a credere.

 

Sentirsi insufficienti: girare a vuoto su se stessi con la sensazione di sciupare la propria vita e quella di coloro che sono vicini, ma non riuscire a interrompere questo cerchio, e provarne disagio.

E' importante questa sensazione, ma deve essere vista da una prospettiva diversa, perchè è positivo avere questo pensiero che significa una ricerca di perfezione, una ricerca di un modo migliore di agire e di essere nei confronti degli altri.

Bisogna accettarsi così, proprio da questo punto di vista, stando perï attenti a non cadere nell'eccesso opposto, cioè in una ricerca di perfezionismo esasperato che finisce col distruggere; perchè se io penso di fare una cosa e voglio farla nel miglior modo possibile, allora sono nel giusto, ma se invece comincio a dire: non faccio questa cosa perchè non la farei bene e questo mi deprime e mi impedisce di agire, allora sono nell'errore.

E' certamente un bene non essere soddisfatti di se stessi, di come si è, perchè questa sensazione è uno stimolo a migliorare, ma in questo stato d'animo cercare sempre di trovare la forza per dare il meglio di voi stessi e non invece restare frenati e impediti nell'agire.

 

Come curare la suggestionabilità dell'uomo?

L'estrema suggestionabilità dell'individuo deve essere motivo di riflessione; deve suggerirvi un modo di agire che sia lontano dal lasciarvi travolgere. E' un meccanismo sottile, quello dell'autosuggestione, che talvolta finisce col distruggere; e quando lo si deve affrontare, molto difficilmente si trova la forza di frenarlo. E' dunque un meccanismo che va frenato subito, all'inizio, prima che si metta in moto, perchè quando si è messo in moto è molto difficile fermarlo.

Bisogna che ciascuno rifletta: ogni volta che dice, per esempio, "non sto bene", non vada subito avanti col pensiero, dando per scontato che veramente sia ammalato, ma dica che non si sente bene perchè, probabilmente, deve fare qualcosa o sopportare una situazione che non gli è gradita. Allora, il suo malessere discende da questo, e non da altro, da una malattia del suo corpo. Perciò quando è così, cerchi di svagarsi, cerchi di fare qualcosa che invece fa volentieri; e poi affronterà, con più serenità e più forza, quella situazione che lo turba e lo affanna.

Cercate sempre di sottrarvi alle influenze, alle suggestioni che la vostra mancanza di sicurezza accentua e vi propone. Ricordate: siete in un ambiente che vi alimenta d'amore, che vuole il vostro bene, il vostro sviluppo, non la vostra fine, non la vostra distruzione.

Il male che può venirvi, può venirvi solo se vi lasciate trascinare, se "volete" ricevere questo male; può venirvi dai vostri simili, ma non dall'ambiente nel quale esistete. E anche quel male è permesso perchè voi comprendiate qualcosa, colmiate una vostra deficienza, aggiungiate un tassello alla vostra coscienza individuale.

Noi siamo sempre con voi: facciamo parte di quell'ambiente che vi avvolge d'amore e che vuole che voi troviate la coscienza di voi stessi, che non abbiate più paura, che non vi lasciate più suggestionare, che diventiate degli individui responsabili. Se amate i vostri simili, trovate il modo di essere loro utili, anche con la sola parola; e quando avete trovato questo, vi rafforzate, perchè cercando di essere utili agli altri finite anche con l'essere più forti per voi stessi.

 

Tra le capacità paranormali quella di suggestionare attraverso la pratica dell'ipnotismo sembra oggi piuttosto diffusa. Pare addirittura che un buon ipnotizzatore possa far regredire i suoi pazienti fino alle vite precedenti. Si può andare indietro lungo il "nastro del sentire"?

La domanda contiene un'espressione molto giusta: un buon ipnotizzatore. Sottolineo questo perchè oggigiorno, come vi sono molte persone che credono di sentire, di avere delle sensazioni, dei poteri paranormali (e magari se li costruiscono col desiderio), allo stesso modo vi sono delle persone che dicono di poter praticare l'ipnotismo, di saper ipnotizzare, mentre non hanno nessuna disposizione; e talvolta riescono a mettere in stato ipnotico degli elementi non per loro capacita, ma per l'estrema disposizione di questi elementi ad essere suggestionati.

Il vero ipnotizzatore, colui che veramente ha questa possibilità di influire su un uomo, e anche sugli animali, e si metterli in stato ipnotico, deve riuscire se non con tutti - perchè non tutti sono soggetti che si lasciano ipnotizzare - almeno con una buona percentuale di coloro che si sottopongono all'ipnosi; e questi non devono essere scelti solo tra quei soggetti estremamente disponibili e suscettibili di essere suggestionati, perchè in caso contrario non si può parlare di ipnosi, ma di autoipnosi.

Stabilito che il primo punto essenziale è che vi sia questo buon ipnotista, si deve poi avere il soggetto che abbia la possibilità di regredire, perchè in linea generale si può dire che tutti possono risalire alle precedenti incarnazioni, perï è anche vero che affiorano più facilmente in certe persone piuttosto che in altre. 

Questo perchè c'è talvolta una sorta di rifiuto a ricordare precedenti incarnazioni, specie le ultime in ordine di tempo; e se queste sono state angosciose, se sono state particolarmente dolorose, allora questo rifiuto si fa più forte e talora anche un buon ipnotizzatore deve faticare non poco per rompere questa resistenza.

Per riassumere: punto primo ed essenziale per coloro che praticano l'ipnotismo, avere la capacità di suggestionare; punto secondo, altrettanto importante anche se in sottordine, il soggetto adatto e sensibile. 

C'è poi, anche se di minor rilievo, la questione della sintonia tra il soggetto attivo e quello passivo.

L'ipnotismo è una disciplina piuttosto complessa e non sempre realizza i suoi scopi; chi pratica l'ipnoterapia sa bene quanto aleatori siano i risultati, e questo dipende dal fatto che lo stesso stato ipnotico è spesso aleatorio, ed è tale proprio perchè molte volte non sono soddisfatti i due fattori principali dell'ipnotizzatore e del soggetto da ipnotizzare.

Quando però c'è un buon ipnotizzatore e un soggetto ricettivo, allora si possono veramente fare delle cose sensazionali, financo risalire alle vite antecedenti con una grande ricchezza di particolari e, magari se la vita non è molto lontana nel tempo, ottenere una serie di prove che possono confermare la cosiddetta teoria della reincarnazione e quindi della sopravvivenza dell'anima.

Taluni vogliono altresì spiegare questa esperienza con l'attivazione di poteri di veggenza nel soggetto in stato ipnotico, il quale diventerebbe un chiaroveggente che può conoscere certi particolari della vita di un uomo vissuto magari cento anni fa e così far credere a un caso di reincarnazione, mentre si tratterebbe di veggenza.

Ma queste sono quelle spiegazioni che non spiegano niente e sono più complicate di quella che in effetti è la verità, semplice, chiara, limpida, lineare, di un essere che è trapassato e che poi torna a vivere in un corpo nuovo.

 

Dove nasce il meccanismo della suggestione di cui si serve l'ipnotizzatore? E quale può essere l'utilità dell'ipnotismo?

Il meccanismo della suggestione nasce nella sfera psichica e quindi, soprattutto, nel corpo mentale. Ora, molti tra coloro che praticano l'ipnotismo credono di avere delle facoltà di ipnotizzatori, mentre invece non le hanno affatto, perï ottengono qualche risultato; e altri, invece, sanno bene di non averle, ma pensano di riuscire comunque a dimostrarle al soggetto, sapendo proprio che l'ipnotismo si basa tutto sulla suggestione, sull'autosuggestione; e allora operano lo stress, naturalmente a scopo benefico, taumaturgico.

Tutti siamo un po' suggestionabili; come dicono i maestri: "Le fatture, le malie, sono fatte molto meglio da uno psicologo che da uno stregone". Lo psicologo comincia a seminare il dubbio "tu stai male..." oppure "da domani tu starai meglio..." ed è convinto di poter a sua volta convincere il paziente; questi vuole credere nello psicologo, in quello che gli dice - è un meccanismo piuttosto semplice perchè, una volta avviata, la psiche del soggetto fa tutto da sè - e così il soggetto si autosuggestiona, in una direzione o nell'altra, e va avanti da solo. E' una sorta di magia naturale. In teoria la si potrebbe

fare da soli, senza l'apporto di una figura esterna come lo psicologo, ma sapendo questo, è già svelato il meccanismo, e allora la psiche non casca più in questa specie di piccolo inganno benevolo.

Il vero ipnotismo, comunque, non rimane mai nel dubbio, perchè il vero sonno ipnotico ha delle caratteristiche che si riconoscono, per cui si svela subito quella complicità, che a colte si crea, tra il falso ipnotizzatore e il soggetto che, per attirare l'attenzione su di sè, fa credere di essere veramente in stato ipnotico e risponde ai comandi dell'ipnotizzatore, così da diventare anche lui interessante agli occhi dei presenti.

Il campo del paranormale è purtroppo molto inquinato proprio da tutto questo desiderio di voler apparire, di voler essere per forza, anche se non si è ciò che si vorrebbe essere. E' proprio questo modo di fare che crea molti dubbi, molti aspetti che lasciano perplessi e che quindi vanno a discapito dei fatti realmente paranormali, i quali sono molto più rari di quanto si creda.

Per la verità, di buoni ipnotizzatori ve ne sono, ma spesso chi ha realmente questa facoltà finisce per sfruttarla dando spettacolo, ed ecco che questo uso diventa poco raccomandabile, diventa inutile, questa facoltà perde il suo valore se usata in quelle dimostrazioni da avanspettacolo, proprio non serve allo scopo per cui è data come dote a chi ce l'ha, e lo scopo è eminentemente terapeutico. Vi posso assicurare che, per tutta una serie di disturbi di origine cosiddetta nervosa, l'ipnoterapia sarebbe molto, molto efficace, e potrebbe essere molto utile nella psicanalisi.

 

Perchè conoscere l'insegnamento dei maestri non è sufficiente a far superare l'insoddisfazione, l'insicurezza e certi altri stati d'animo caratteristici dell'uomo?

Non c'è da pensare che semplicemente leggendo o concentrandosi in modo caparbio su quello che è stato detto dai maestri, si possa superare questa insoddisfazione, questa insicurezza che ha l'uomo. Perchè questa insicurezza ha radici profonde nell'intimo dell'essere, e non può essere superata facilmente da una semplice meditazione di quanto i maestri hanno detto. Per esempio, il lavoro che suggerisce il maestro Claudio, che porta a superare l'io, è descritto con poche parole in poche pagine, ed allora potrebbe sembrare che leggendole e applicandosi per poco tempo l'uomo potesse raggiungere questo superamento del proprio io; ma non è così, perchè ciò che conta è la costanza nell'applicazione di quanto il maestro Claudio ha detto sul "conosci te stesso". E questo vale per tutto quanto è detto dalle guide. Non bisogna cadere nell'errore di credere che le parole dei maestri siano una sorta di panacea universale che in poco tempo possa togliere l'uomo da tutti i suoi impicci.

E' giusto meditare l'insegnamento dei maestri, cercare di approfondirlo, e cercare soprattutto di usarlo come un mezzo, uno strumento per aiutare prima se stessi e poi per meglio aiutare gli altri, o perlomeno non essere loro di peso; ma soprattutto bisogna interpretare l'insegnamento dei maestri per riuscire a capire se stessi, e non come un mezzo per consolare le proprie afflizioni, e tenere presente che questa comprensione di sè, questa trasformazione, la realizzazione del proprio equilibrio, non si può raggiungere ipso facto, ma ha bisogno di una certa maturazione, ha bisogno di procedere per tappe e per gradi, e soprattutto deve essere perseguita equilibratamente.

 

Come risolvere le ansie e i problemi quotidiani?

Liberate le vostre menti dai pensieri che vi assalgono e non vi lasciano. Spesso, quando siete assaliti da una preoccupazione e non sapete come risolvere il problema che ne è all'origine, vi arrovellate su questo e non lasciate che la vostra mente inconscia elabori quel problema, portate sempre e continuamente il problema nella vostra consapevolezza, cercandolo, girandolo, affrontandolo da ogni lato. Vi accanite cercando la soluzione, e più vi accanite più vi stancate, più impedite alle facoltà della vostra mente di risolvere quel problema.

Allora, accettate un consiglio: lasciate quel vostro problema, non permettete che vi assilli e vi tolga ogni altro interesse. Non permettete che non vi dia tregua, ma accantonatelo, affidatelo alla parte inconscia della vostra mente, sè che essa possa elaborarlo e, quando nuovamente lo prenderete in esame, la parte cosciente possa suggerirvi la soluzione migliore.

Quello che io vedo in voi è il soffermarvi si problemi, ed affrontarli a testa bassa, senza un attimo di tregua, volendoli risolvere subito, ad ogni costo. Anche se è un problema che riguarda il vostro stato interiore, l'intimo del vostro essere, può darsi che il trascorrere dei giorni segni un cambiamento di questo vostro intimo ed un mutarsi, quindi, degli aspetti del problema. Se poi è un problema d'ordine materiale, non serve volerlo risolvere ad ogni genere, deprimendosi, ma lasciate che il tempo lo decanti, lo mostri in tutti i suoi aspetti, che al momento possono sfuggirvi, e quindi affidatelo alla parte inconscia della vostra mente, sicchè, volta a volta che questi aspetti si mostrano e meglio si visualizzano, voi possiate meglio abbracciare tutto il problema, e meglio risolverlo, tranquillamente, serenamente.

Molto spesso, quelle che sono soluzioni inaspettate possono giungere da un momento all'altro; e quelle soluzioni che credete non vi siano, perchè non le vedete, vengono senza neppure darvi il preavviso. Perciò, cercate sempre di mantenere la vostra psiche distesa: non sovraffollatela, non sovraccaricatela, non sforzatela, ma lasciate che lavori in una giusta tensione. Quando non siete nelle condizioni psichiche adatte per risolvere quel problema che vi assilla, ponetevi prima nelle condizioni giuste. Calma! Non lasciatevi trasportare dai vostri problemi, ma siate voi quelli che li dominano, li affrontano; non siate pessimisti, nel senso di darvi per vinti e concludere che questi problemi non possono essere risolti.

Molto spesso la soluzione viene. Ma, se viene, viene sempre più facilmente nella tranquillità interiore, non nell'agitazione, in quel fermento che non fa altro che mettervi fuori strada, non fa altro che portarvi lontano da un terreno dove, invece, i problemi possono trovare la giusta fine.

 

La gioia, la felicità nel senso pieno, fisico e spirituale, è visibile intorno a una creatura

E' visibilissima, veramente. Vi sono anche quei filamenti che fanno parte dell'aura: nella persona triste sono tutti appassiti, sono giù, mentre nella gioia sono tutti tesi, come un fiore che fosse tutto aperto, turgido, bello. Lo stesso è nell'aura delle persone, e questo va naturalmente a loro vantaggio, aumenta il loro benessere.

Se una persona si sente male e comincia a rattristarsi, fa un'azione a catena: si chiude alla possibilità di ricevere aiuto da chicchessia e la sua tristezza aumenta, e più la tristezza aumenta peggio si sente. Mentre se una persona riesce ad essere serena, a far finta di nulla, è veramente questo il primo rimedio. Non soffermarsi, non impaurirsi della malattia o di qualunque cosa che possa causare preoccupazione o tristezza, cercare di reagire: questo è l'atteggiamento giusto. Colui che affronta le cose con spirito gioioso e sereno è aiutato al cinquanta per cento dalla sua stessa serenità.

 

Sul ruolo e le difficoltà dello psicoterapeuta.

Il campo è molto sfuggente, perchè riguarda la psiche dell'uomo, e ogni uomo ha una psiche diversa, specialmente perchè una esperienza simile può essere vissuta in centomila modi differenti, non solo perchè ha sempre qualche risvolto diverso ( non esiste una esperienza identica), ma proprio perchè il soggetto dell'esperienza ha sempre una evoluzione diversa da quella degli altri e, quindi, una maniera diversa di accogliere o di respingere quell'esperienza.

Pensate, per esempio, a quanti modi e con quanti risvolti diversi può essere vissuta un'esperienza terribile come quella di essere violentati dal proprio padre.

Non si possono definire delle regole generali che valgano per tutti. Possono esserci solo delle indicazioni di massima, ma lo psicoterapeuta deve essere così bravo da entrare nell'anima della persona che sta curando, deve riuscire a capire anche qualcosa della sua evoluzione, deve intuire tutti quegli aspetti nascosti che sfuggono perfino all'interessato, e deve saper frugare nel suo subcosciente, in tutti i suoi ricordi, le sue angosce, i suoi problemi. Certo è una cosa molto difficile, lo capisco; ma questo non deve scoraggiare. Il fatto di non trovare la sicurezza in un determinato corollario di regole, che possano indirizzare agevolmente in questo lavoro, deve essere anzi un motivo in più per dare allo psicoterapeuta la coscienza di se stesso, per dare fiducia a se stesso.

C'è una cosa importante: non basta dire a una persona che è vittima dei fantasmi della sua mente. Quando questo essere vittima dei fantasmi della sua mente ha assunto un aspetto patologico, ciò significa che la persona ne è vittima da molto tempo e ormai si è creato un vizio psicologico tale per cui dirle "tu sei vittima dei tuoi fantasmi mentali" non è sufficiente. Ormai la sua psiche, magari suo malgrado, agisce in quella determinata condizione e direzione.

E' come uno che avesse preso il difetto, camminando, di mettere male un piede; non basta dirgli "guarda che metti male un piede", quando la sua abitudine è proprio quella di metterlo male. Prima di riuscire a rimetterlo, pur consapevole di quello che fa, nella posizione corretta, deve essere percorso a ritroso tutto il lavoro che ha fatto per giungere a quella situazione patologica. Non basta far presente all'interessato che lui si trova in quella determinata condizione, e non basta che lui per primo se sia convinto: c'è proprio il bisogno di una ginnastica di ordine psicologico per farlo uscire da quella situazione. L'errore, in altre parole, è quello di credere che, una volta scoperto un certo gioco della psiche, basti dichiarare questa scoperta per correggerlo.

Cosa dicono, del resto, i maestri?: "Conoscete voi stessi, fate un'analisi del vostro intimo e vedrete che siete e quanto siete egoisti". Che fate voi, allora? Vi mettete lè, quelli animati da buona volontà cominciano a passare in rassegna la giornata trascorsa, si guardano, fanno una introspezione, e dicono "sè, in quel caso sono stato effettivamente egoista, perchè mi sono comportato così e così...". Ma questo non significa che hanno superato l'egoismo; quante volte dovranno analizzare se stessi e riscoprirsi egoisti!

tante, tantissime volte. Finchè un giorno, improvvisamente, supereranno anche quell'aspetto del loro essere egoisti.

Allo stesso modo, non basta svelare ad una persona qual è il meccanismo della sua psiche, per cui egli è condotto e quasi costretto a certi comportamenti, a certe angosce. Non basta.

Bisogna anche che quella creatura, aiutata appunto dallo psicoterapeuta, faccia proprio della ginnastica psichica di introspezione e di recupero, per cui, poco a poco, esca fuori da quel vizio, da quella forma patologica che la fa star male.

 

Dove trovare la risposta ai propri problemi irrisolti?

Sovente ti osservo nella tua riflessione quotidiana sulle vicende che ti accadono. Guardo i tuoi problemi, il tuo desiderio, la tua volontà di evadere dai problemi che ti seguono in modo assillante.

Molto spesso questa evasione si chiama desiderio di lasciare tutto e di correre in terre lontane, dove pensi possa trovarsi il rimedio ad ogni tua afflizione, il sollievo ad ogni tuo problema.

Non incorrere in questo errore, non porre l'India o qualche altro lontano paese come la soluzione di ogni tua avversità, di ogni tuo problema, di ogni tua angoscia, la soluzione è solo dentro te stesso. Non occorre andare lontano per trovare ciò che puoi avere molto vicino, tanto vicino che è alla portata della tua mano: dentro te stesso. E' perfettamente inutile che cerchi lontano la soluzione ai tuoi problemi quando da solo devi e puoi risolverli.

Fruga dentro te stesso, non cercare in terre lontane, dal tuo romanticismo fatte assurgere a sanatrici di ogni problema, ma trova nell'intimo tuo la risposta a ciò che ti assilla.

Non credere che altri possano, con l'autorità del loro insegnamento, sopperire a ciò che tu solo puoi e devi fare. Ricorda che tu sei l'artefice della tua vita e che ogni problema, per quanto complesso possa essere, deve essere affrontato con semplicità. E devi affrontare tutto quanto sta di fronte a te, con calma, cominciando da poco e da vicino. Da poco e da vicino. Sappi trovare nel tuo cuore la risposta ai tuoi problemi, perchè nessun altro può dare ciò che da te e solo da te può e deve venire.

Sulla tensione e sull'angoscia così diffuse oggi.

Vorrei farvi concentrare e convergere la vostra attenzione sugli stati d'animo degli uomini d'oggi. Ognuno, anche se apparentemente non ne ha motivo, molto spesso sente dentro di sè un'angoscia, una sorta di tensione; e l'attribuisce a qualche avvenimento della sua vita, credendo che sia in esso la ragione del suo angosciarsi o essere teso. Ma, al di là di ciò, la ragione risiede nel momento particolare che la vostra umanità sta vivendo. E voi, che tuffate le vostre antenne nell'atmosfera psichica, non potete che cogliere questi segni di irrequietezza, tanto essa è agitata e perturbata.

Vostro malgrado, voi risentite dell'angoscia e della tensione che sono in tutto il mondo, ma, principalmente, in certe zone, in certe nazioni, fra certi popoli. Questo a dimostrazione che non siete solo sullo stesso piano fisico, ma siete anche sullo stesso pianeta psichico. Ed è molto più significativo il mondo psichico del mondo fisico.

Tenetelo sempre presente: voi siete in un unico ambiente con tutti gli uomini che sono incarnati sulla Terra; non condividete solo il piano materiale, ma anche lo psichico. Tenetelo presente, e molti fatti, molti movimenti del vostro animo vi risulteranno più chiari.

Allora, non lasciatevi trascinare dagli impulsi che dall'atmosfera psichica vengono a voi, che vostro malgrado captate. Cercate di reagire ad essi; come nel panico dei corpi, non prendono il comando di se stessi sono rovinati, così voi nel panico psichico, se non riuscite a dominarvi, a sottrarvi, ne riporterete nocumento.

Ma voi che sapete queste cose dovete metterle a frutto; dovete reagire, non lasciarvi trasportare. E questo non significa solo un bene per voi, ma significa creare un punto fermo nel quale le ondate dell'agitazione psichica si infrangono e si immobilizzano.

Quindi non fate bene solo a voi stessi, ma anche ad altri, perchè non contribuite a propagare quella reazione a catena che normalmente, invece, dilaga.

 

Sull'insegnamento evangelico della vita e dei tralci: i talenti spesi male.

L'individuo che, dopo il trapasso, si accorge di avere lasciato cadere delle occasioni per lui molto fruttuose, proprio per cattiva volontà, sente un grandissimo dispiacere e vive tragicamente questo fatto.

Più volte vi è stato detto che poi, dopo il trapasso, si va a vedere le cose più belle che si sono fatte, belle proprio nel senso morale, come l'aiuto agli altri e via dicendo. Allora quanto!, invece, scottano le cose meschine che si fanno nella vita.

Voi direte: ma questo margine di libertà individuale è così ampio? No, non è molto ampio; perï questo margine di libertà c'è. E se anche talvolta, tra il fare una cosa e il non farla la libertà è relativa e la conseguenza molto limitata, tuttavia diventa molto importante la scelta in un senso o nell'altro specialmente quando si rivive la propria ultima incarnazione alla ricerca, dicevo, di cose buone.

Naturalmente, questo avviene ad un certo livello di evoluzione; perchè, quando l'evoluzione è proprio all'inizio, l'individuo non ha questa facoltà di rivedere chiaramente la sua vita proprio nelle sfumature e di cogliere le cose errate, che poi non sarebbero errate per lui, mentre lo sono per un individuo di maggiore evoluzione.

E' un discorso molto complesso, quello della vite e dei tralci: riguarda, più che altro, le famose capacità che, una volta acquisite, se non si impiegano non passano a quello che è il proprio patrimonio interiore, mentre, se ben impiegate, possono, in una vita successiva o in vite successive, essere fatte riaffiorare, e comunque danno all'individuo un patrimonio di certe abilità.

Quando una creatura ha certi talenti - talenti dati dalle varie costruzioni dei suoi veicoli fisico, astrale e mentale - e quindi potrebbe facilmente svolgere certe attività, ma non lo fa, nel senso che non impiega questi suoi talenti, ecco che questa abilità non viene tramandata, e quando poi dovrà fare qualcosa, per cui quella abilità gli sarebbe stata molto utile, l'individuo dovrà faticare molto di più.

Supponiamo, per esempio, che un artista nasca con certe sensibilità, quindi con un veicolo astrale particolare, con un veicolo mentale particolare, sotto un determinato influsso astrologico, e via dicendo; e sia posto in un ambiente nel quale può, o attraverso la privazione o attraverso la gratificazione, svolgere la sua attività artistica.

E poniamo invece che, per una sua cattiva volontà, oppure per un suo problema (perchè anzichè applicarsi a questo, si applica ad altre cose che gli danno un diverso tipo di sensazioni, e così via) egli non impieghi il suo talento. Allora, pur avendo in quella vita l'abilità, la facilità di scrivere, o di dipingere, questa abilità non viene tramandata nel suo intimo, nella sua coscienza; per cui, nelle vite successive, non avrà più quella abilità, non la ritroverà in sè come, invece, comunemente si ritrova quando se ne è fatto buon uso.

 

Perchè è importante valutare bene le proprie forze quando si aiutano gli altri?

Sarebbe assurdo che l'uomo dimenticasse completamente se stesso, che passasse su di sè per aiutare un altro, quando poi non avesse questa forza. Ognuno deve valutare le proprie forze e poi, in proporzione alle sue reali possibilità e capacità deve aiutare gli altri, anche se questo aiuto va contro il suo piacere; e chiamatelo pure sacrificio, per quanto la parola non mi piaccia, ma che sia perï limitato e rapportato sinceramente alle proprie possibilità di resistenza.

Come valutare le proprie forze è un discorso che va visto individualmente. Certo, uno non deve dire che non ha forza, che si sente debole, che non ce la fa, a giustificazione di ciò che in quel momento non vuole fare, o non gli va di fare. Ma tutto questo fa parte dell'autoanalisi, della sincerità con se stessi, del conoscere se stessi, senza di che l'uomo non saprà mai perchè agisce.

Almeno in teoria, dunque, la cosa è molto chiara: prima di tutto, non violentare se stessi, così, gratuitamente, per nessuna ragione; poi, si è autorizzati a far forza su di sè ed autocontrollarsi quando il non farlo danneggerebbe gli altri; quando infine ci si accinge a fare qualcosa, prima valutare sempre le proprie forze in maniera che l'aiuto non si trasformi in un crollo, in un disastro.

 

Quali esperienze principalmente sono tempo perduto, strade senza sbocco, in vista della meta di ogni uomo? L'esperienza della droga.

Tra le esperienze dell'individuo che concludono nel far capire che ha perduto tempo, che ha sciupato un'occasione (esperienze, si è detto però, sempre positive poichè niente è negativo in assoluto) vi sono quelle di chi rifiuta la vita. L'affermazione dell'Apocalisse: "Oh, se tu fossi stato freddo o caldo, ma poichè sei stato tiepido comincerei col vomitarti dalla mia bocca!", è diretta proprio a coloro che rifiutano, che non vivono. 

Coloro che in qualunque modo, per esempio coloro che si drogano e così fuggono la realtà, evadendo la realtà, chiaramente fanno un tipo di esperienza che li condurrà a concludere di aver sciupato una occasione. 

Proprio la droga è un'esperienza terribile perchè dopo, nel piano astrale, quando la creatura si renderà conto di aver rinunciato alla vita, di aver evaso la realtà, proverà certo una forma di rimorso, anche se c'è la consolazione che, in fondo, tutte le esperienze sono costruttive, anche la più negativa. Ma resta il fatto che nell'economia dell'essere si è trattato di un'esperienza molto dispendiosa in rapporto al risultato e alla comprensione che ha recato con sè.

 

Pensare di farla finita: il suicidio.

(Quella che segue è una breve comunicazione di un giovane da poco trapassato - alla seduta erano presenti alcuni suoi amici che l'hanno subito riconosciuto. Ho ritenuto di poter inserire questa testimonianza così fresca ed immediata, anche nell'espressione linguistica, perchè bene lega con i modi di Francois, e perchè offre un elemento di riflessione su un argomento spesso dibattuto nella cerchia fiorentina: quello del suicidio. Tengo a precisare che la voce del giovane era gioiosa e il suo fare allegro, e che la sensazione generale dei presenti è stata che il giovane si rivolgesse loro con grande serenità e affetto. N.d.A.).

 

Alberto!... Sono venuto a salutarvi. E poi, perchè avevo voglia di parlare di tutti i pensieri che ho avuto, e di tutte le riflessioni che ho fatto. Io non sono tanto bravo a parlare... insomma, mi piglierete come sono. Volevo dire che io... sono trapassato giovane, e nel momento proprio che ero felice. Tutta la mia vita è stata molto felice, spensierata; amavo, proprio, la vita; allora ero in un momento, proprio, che la felicità mi traboccava da tutte le parti.

Mi sarei dovuto sposare; tutto m'andava bene e... è successo: sono trapassato. E, naturalmente, quando ho capito che ero morto, la disperazione è stata grossa. Molto grossa. E poi, piano piano, attraverso quelle entità che sapete, che conoscete anche voi, particolarmente Alan, ho capito la ragione... la ragione. Sapete perchè Alan? L'avevo conosciuto in India, in un'altra vita. S'era stati molto amici. E allora, così, lui m'è venuto incontro e m'ha aiutato.

E poi ho capito questo abbandono della vita ultima, proprio nel pieno della felicità: è stato perchè, in quell'altra vita, m'ero ammazzato. E m'ero ammazzato proprio per una ragione che non mi doveva fare ammazzare: non ne valeva la pena.

E così ho capito che la vita è una cosa meravigliosa; meravigliosa anche quando non tutto va bene; e che bisogna amare la vita anche quando è faticoso vivere. Magari, quando si ha qualche infermità, quando siamo impediti in qualche maniera, allora si hanno delle volte dei pensieri... di levarsi dal mondo, perchè siamo stufi. Invece no; la vita è una cosa importante, e se anche ci sembra lè per lè... è invece importantissima.

Direte: come mai questo ci è venuto a fare questo discorso? A parte il fatto che nei momenti di dispiacere, io credo che tutti abbiate pensato di farla finita, vero?, con quel pensiero  almeno; ma poi, proprio perchè quando voi siete in difficoltà, e avete questo pensiero è un pochino come se ammazzaste una particina piccina di voi stessi. Sicchè non dovete avere questi pensieri; non li dovete avere. E allora, quando vi vengono, sapete icchè vu' dovete fare?!: pigliare un martello e dare una martellata su... un dito: fate meglio!, date retta a me, vu' fate meglio, che avere questi pensieri balzani. Grazie d'essermi stati ad ascoltare. A presto.

 

Al momento del trapasso, che differenza di condizione, di ambientazione nel piano astrale, c'è fra chi ha potuto conoscere e condividere questo insegnamento e chi, invece, non ne ha saputo nulla durante la vita?

La differenza è enorme, e posso dire perchè constato continuamente che cosa succede. Intanto, chi sa qual è il meccanismo dell'ambiente astrale comincia subito col vedere certe cose, e a domandarsi: "Ma queste cose sono create da me, oppure esistono realmente e sono al di fuori della mia creazione soggettiva?". E già questo è qualcosa che accelera l'evoluzione dopo il trapasso.

Vi sono delle entità che rimangono completamente assoggettate a quel meccanismo del sogno che trasforma l'ambiente astrale in realtà vivente e palpitante; e quindi, rimanendo affascinate dallo spettacolo che esse stesse si creano, in un certo senso ritardano la loro evoluzione, ossia rendono la permanenza nel piano astrale più lunga di quello che forse sarebbe necessario.

Mentre chi conosce questo insegnamento sa come sia cagionevole la materia astrale, come sia facile che essa si trasformi sotto l'impulso del desiderio in immagini viventi e palpitanti; e quindi resta meno assoggettato a questo spettacolo perchè ha in sè il dubbio che quelle figurazioni non siano reali, ma siano - come infatti sono - prodotte da lui stesso; e quindi si desta a poco a poco, si sottrae a questo gioco fino a vedere non più solo quello che è dentro di sè, ma anche quello che gli è intorno. E questo è molto importante.

Aggiungo che chi non sa niente, per esempio, si trova nel piano astrale e ignora completamente l'esistenza dei piani ancora superiori, crede che quello sia lo stato naturale e comune di tutti coloro che hanno lasciato la terra; e questo ritarda lo stimolo a proseguire la sua naturale evoluzione.

C'è poi il discorso che qualcuno può essere trapassato senza essersene accorto, e non è trascurabile il lavoro necessario a capire che si è trapassati: lo capisce più facilmente chi conosce questi insegnamenti piuttosto di chi li ignora e non crede nell'aldilà. Chi non crede nell'aldilà, per esempio, non avrà mai il dubbio di essere trapassato, perchè si vede vivo e così reale che si immagina ancora in terra. Mentre chi sa che esiste l'aldilà, e come esiste, può dallo stesso ambiente che lo circonda, con colori e luminosità diversi, avere il dubbio di essere trapassato senza accorgersene, e questo dubbio avvia tutto un processo che lo porta a capire e a cogliere anche l'aiuto di coloro che vogliono aiutarlo. Anche questo è molto importante.

Dopo di che, il sapere che esistono altri piani, che anche il piano astrale deve essere lasciato mediante una morte indolore e liberatrice, dà una maggiore tranquillità, dà benessere e beatitudine alla creatura trapassata. Sapere aiuta sempre, in ogni caso.

 

L'individuo come vive, nel piano astrale, il suo desiderio o il suo sentire d'amore?

Tutto dipende dall'evoluzione e dalla preparazione. Anche la parte onirica, la prima dopo il trapasso, ha un'estensione, un'ampiezza che dipendono dall'evoluzione e dalla preparazione della creatura. Quello che può costruire con la materia del piano astrale è qualcosa che parte  dal suo desiderio: ad esempio, qualcuno che ha desiderio di essere amato, nel piano astrale sente di essere amato. 

Ma è difficile che una creatura di poca evoluzione abbia questo desiderio. Generalmente gli individui dalla coscienza no ancora sviluppata hanno un diverso tipo di desiderio: anche a loro fa piacere l'essere amati, ma solo in funzione del vantaggio che possono trarre da coloro che li amano. Il loro desiderio, poi, è soprattutto riferito a cose materiali.

Quando una persona di una certa evoluzione si trova nel piano astrale e sente questo amore che la avvolge, non è un suo desiderio, è proprio qualcosa di reale, sè, perchè questo grande amore esiste, avvolge realmente tutte le creature, è sempre. Allora, quando una persona di una certa evoluzione si trova nel piano astrale, laddove i sensi sono più sottili, lo sente molto più di quanto possa sentirlo quando è incarnata.

Quindi anche il discorso della fase onirica va sempre rapportato all'evoluzione di chi la sta vivendo.

 

La realtà del piano astrale sta tutta in questa capacità di creazione dei nostri pensieri-desideri, o vi è qualcosa di più, una qualche forma di reale comunicazione con gli altri esseri?

Vi è una realtà del piano astrale che è data dalla funzione per la quale il piano astrale esiste. Voi sapete che vi sono degli abitatori per così dire permanenti, quelli che abbiamo chiamato gli "spiriti elementari"19, i quali hanno una loro forma propria, una forma che deriva dalla funzione che essi svolgono. 

Quando un abitatore temporaneo, cioè una entità che è trapassata, ha lasciato il corpo fisico e transita nel piano astrale, prima di abbandonarlo e giungere al piano mentale (cosa che avviene quando questa entità si è ormai svincolata dai suoi desideri, dalle sue fantasie, da certe necessità inappagate), ecco che riesce a vedere queste forme degli abitanti permanenti del piano astrale. Quando abbiamo lasciato quel momento di ripensamenti della vita fisica appena trascorsa e cominciano a renderci conto di questo nuovo stato d'essere, a poco a poco non abbiamo più desiderio di perderci nelle nostre fantasie che sono capaci di creare forme tanto reali da sembrare vere; ed ecco, allora, che cominciano a vedere gli "aiutatori astrali", i quali sono entità che ci aiutano ad abbandonare il piano astrale.

Questi "aiutatori astrali" non sono persone immaginarie, come quelle create dalla nostra fantasia e dal nostro desiderio, ma sono entità che hanno proprio questa missione. Quindi quella incomunicabilità che si può desumere da questa capacità di creazione del nostro desiderio, e cioè il fatto di comunicare unicamente con creazioni della nostra fantasia, assume un carattere diverso, perchè sul piano astrale questi abitatori permanenti sono reali e non sono nostre invenzioni fantasiose.

Ma ciò che veramente conta, in questo discorso della incomunicabilità, è che in fondo, se anche vi fosse la più assoluta e più vera incomunicabilità, non avrebbe  nessuna importanza.

Mettiamo che tu incontri un insegnamento che è stato attribuito al maestro Buddha, tanto per fare un esempio, e che tu abbia da questo incontro una grandissima evoluzione interiore, una grandissima corresponsione nel tuo intimo, e poi ad un tratto viene a sapere che quello non era l'insegnamento del maestro Buddha. Cosa cambia dentro di te? Nulla, perchè non è tanto importante l'autenticità di un insegnamento o, per tornare al nostro discorso della incomunicabilità, che tu venga veramente a contatto con una persona, ma è importante ciò che questo incontro fa nascere nell'intimo tuo, quello che questo incontro produce dentro di te.

Posso benissimo venire a contatto col maestro Cristo in persona e non capire niente di quello che mi dice, per cui questo contatto reale che ha tutti i crismi dell'autenticità non produce nulla in me, mentre quell'insegnamento che prima io credevo autentico e che si è poi dimostrato falso ha dato più frutti in me di tutti gli altri insegnamenti autentici.

Allora, ciò che conta non è l'autenticità del contatto, o che tu incontri il vero insegnamento di un grande maestro. E' dentro di te la vera comunicazione, quella che muove le corde dell'intimo tuo.

 

Nell'aldilà incontreremo veramente le persone care che ci hanno lasciato?

E' una domanda che ritorna e che vi brucia, ma io vi assicuro che questo incontro c'è nuovamente.

In un primo momento della vita dopo il trapasso del corpo, c'è una sorta di esistenza completamente onirica che corrisponde al cosiddetto riposo dopo il trapasso. Non so, voi ci avete mai udito rispondere a chi ci domanda notizie di una persona che è trapassata da poco: "Sta dormendo"? Ora, non si deve pensare ad un sonno come voi lo conoscete e che siete abituati a sperimentare fisicamente. 

E' proprio un momento in cui la creatura è ripiegata su se stessa e ripensa alle cose della sua ultima incarnazione e delle altre incarnazioni che all'ultima sono legate per ragioni di causa e di effetto. In quel momento la visione è prettamente onirica; il trapassato non si accorge neppure della dimensione nella quale sta vivendo, non vede neppure chi è lì vicino, non si interessa a cosa sta oggettivamente al di fuori di se stesso. Poi questa fase viene trascesa.

Quando il trapassato ha riflettuto abbastanza, è riuscito a capire le esperienze che ha vissuto, le ragioni per le quali si sono determinate certe esperienze, comincia a destarsi al mondo che è esteriore a lui, ed entra allora in una fase meno soggettiva della precedente.

In quel momento c'è il rivedere reale, il rincontrarsi reale con le persone che ha amato. Può darsi benissimo che durante la fase precedente di vita totalmente soggettiva, egli sogni, desideri, e viva in maniera onirica certi incontri, ma questo non toglie che successivamente,quando si è svegliato da quell'essere ripiegato su se stesso, questi incontri li abbia reali.

 

Su come i disincarnati vivono le prove e le sofferenze dei loro cari ancora in vita sul piano fisico.

Voi sapete che nel cosiddetto (aldilà) avete solo amici, vero?

Amici che sono momentaneamente in stati di coscienza diversi, non dico in luoghi diversi, badate bene, perchè lo spazio in sè non esiste; si tratta solo di stati di coscienza diversi; e questi stati di coscienza fanno sè che ci sentiamo in luoghi differenti - questo vale principalmente per voi -, ma così non è in realtà.

Siamo sempre in seno al Padre, sempre siamo nel medesimo piano: il piano della coscienza. Ed è solo la nostra consapevolezza che ci gioca questo tiro curioso, che promuove questa illusione, che ci dà questo miraggio di farci credere di essere in un piano della coscienza.

Ora, proprio in virtù di questo legame di amicizia e di amore che è sempre presente, a noi giungono come delle onde di malinconia che voi emettete nei momenti in cui avete delle difficoltà nella vostra vita, quando siete immersi nel dolore, onde che vengono però da noi percepite in un modo che è differente dal vostro.

la visione che noi abbiamo della vostra sofferenza è ben diversa, perchè sappiamo che tutto avviene per il vostro bene. E' come se un vostro caro familiare dovesse subire un intervento, sottostare ad una cura, avere una degenza in ospedale; voi sareste, sè, addolorati, perï sapreste che attraverso quella sofferenza lui ritrova la salute e quindi, avendo questa certezza, sopportereste bene questo dispiacere.

E lo stesso è per noi quando vi vediamo così immersi in certe  vostre esperienze che vi danno tanta fatica, dolore e disperazione.

Cerchiamo di infondervi coraggio, ma non sempre possiamo dirvi: "Stai tranquillo, va tutto a buon fine!", altrimenti altereremmo il senso della vostra esperienza. Perï, in cuor nostro, confidiamo che possiate trovare la speranza e capire da voi il senso di quanto state vivendo, e capire soprattutto che quella esperienza è quanto ci è necessario per quel sommo bene che è la manifestazione in voi di un più ampio stato di coscienza.

I nostri cari che ci hanno lasciato continuano ad aiutarci, a sentirci vicini, oppure c'è un distacco, un allontanamento?

Il distacco è solo per voi, perchè noi vi vediamo, e quel legame d'amore che va oltre la vita, e ci unisce in maniera indissolubile per tutte le vite che seguiranno, permette a colui che viene nella nostra dimensione (parlo sempre per creature di media evoluzione) di essere costantemente presente e sentire presso di sè le persone amate. C'è proprio questo miracolo.

Quando sono trapassato l'ultima volta, ho lasciato delle persone che mi erano care. Io le vedevo, desiderando di vederle, e quindi le vedevo. Sapevo che dovevano fare la loro strada e che non potevo cambiare il loro destino. Sapevo, per esempio, che una di loro avrebbe dovuto fare un'esperienza molto dolorosa, e allora

pregavo di poterla allontanare da quella prova. Finchè qualcuno mi spiegò che quello che era per lei un dolore si risolveva in un grandissimo bene. Anche quando non desideravo di vedere le persone nella loro esistenza terrena, che continuava sulla terra, io le avevo accanto a me. E' questo il miracolo dell'amore: si lascia una persona sulla terra, ancora incarnata - e si sa che è là - eppure la si ha accanto, come se fosse già disincarnata. E' un inizio di quella che i maestri chiamano la "comunione del sentire" 20.

In effetti noi siamo tutti nel piano akasico, tutti, noi e voi. E' solo per un errore di trasposizione che voi credete di essere nel piano fisico, dov'è il vostro corpo fisico; è lì che spostate la vostra consapevolezza e lì credete di essere. Il fatto di avere dei sensi nel piano fisico fa sè che a poco a poco vi identificate con il vostro corpo fisico, e credete di essere nel piano fisico, ma noi siamo tutti assieme nel piano akasico; anche coloro che hanno il corpo astrale, e credono di essere nel piano astrale.

Allora, se vuoi vedere i tuoi cari, che ami, formuli il pensiero-desiderio e li vedi, li hai accanto, ci vivi insieme. E' così, è il miracolo dell'amore.

Se pensando a un caro trapassato, come per un appuntamento, si è subito insieme.

Senz'altro, anche se non c'è nessuna manifestazione esteriore.

Direi di più: voi con lo spirito siete sempre insieme ai vostri cari, solo che la vostra consapevolezza non può darvene la certezza. E perchè questo? Perchè la vostra consapevolezza si fonda, per abitudine, soltanto sugli stimoli che vengono dal corpo fisico. Perciò voi siete consapevoli solo delle cose che colpiscono i sensi fisici, ma se aveste abituato la vostra consapevolezza ad andare oltre gli stimoli sensori ne conseguirebbe che voi sareste consapevoli di altre cose che vengono da altri stimoli, per esempio dai sensi del corpo astrale, e voi avreste insomma una finestra aperta sul piano astrale, oppure sul piano mentale.

Andando ancora oltre, fino al vostro spirito, fino alla coscienza individuale, voi sareste consapevoli della vicinanza che c'è tra voi e i vostri cari, che siano o non siano incarnati, perchè non fa alcuna differenza. Anche se sono disincarnati, nel piano spirituale tutti siamo sempre vicini ed uniti. Purtroppo perï da incarnati la consapevolezza non ci denuncia questa continua vicinanza. E tuttavia è così.

 

L'amore per i propri cari può trattenere una entità trapassata dallo sciogliersi dai legami terreni?

Quando una entità è trattenuta dalle cose della Terra, non è trattenuta dall'amore per i suoi cari, ma piuttosto dalle sue passioni.

Sempre il trattenere all'ambiente terreno è derivato da una passione che ancora il disincarnato non ha superato nel piano astrale.

L'amore che una entità ha verso i suoi cari in nessun caso la può trattenere sulla terra, perchè l'amore è sempre positivo, e anzi stimola le entità a proseguire la loro evoluzione. Ma questo non significa che si sia dimenticato dei suoi cari, che non abbia più amore verso di loro: tutt'altro, essendosi liberato dal fratello delle passioni, conserva ancora più accresciuto l'amore per i suoi cari.

Se l'insegnamento è conosciuto da chi è in un'altra dimensione di esistenza. quando l'uomo potrà provare questo concetto di realtà?

L'insegnamento dei maestri è così affascinante, per voi ed anche per me! Vedete, quando abbiamo raggiunto il concetto che la realtà è un'altra rispetto a quella che appare, naturalmente da un diverso punto di osservazione della realtà, noi ci mangiamo le mani e diciamo: "Ma com'è possibile che quando ero incarnato non capissi una cosa così semplice! Ho sempre pensato in quella maniera, ho sempre ritenuto che la realtà fosse quella che credevo sulla base dei sensi, senza mai supporre o dubitare che potesse essere diversa".

Per esempio, la scienza lo dice, ma gli uomini non ci pensano mai, che in natura il colore non esiste; e tutti vivono quasi identificando il colore con la vita: tutto è colore, tutto è colore! E invece, se l'uomo non avesse - senza troppo entrare nel merito - certe particolari particelle vedrebbe tutto in bianco e nero: perchè il colore, in sè, in natura, come l'uomo lo vede, non esiste. Esistono solo delle frequenze luminose, le quali vanno a toccare la retina, eccetera, sono trasmesse al cervello e si rivelano nei colori che amate tanto e che credete siano sui fiori, mentre invece sono solo nella vostra mente.

Questo l'uomo non lo pensa mai: vede un fiore meraviglioso (oh, che bel rosso!) e crede che il fiore sia rosso; mentre non lo è affatto, è solo che la luce toccando il fiore si modifica, modifica la frequenza, va a toccare la rètina con quella determinata frequenza che corrisponde a quel determinato rosso. Ma il rosso, ripeto, è nella mente di chi guarda, non nel fiore.

Allora, quando siamo di qua, da questo punto di vista, da dove vi parlo, ci sembra strano che, mentre eravamo incarnati, abbiamo dato tutto per scontato quello che vedevamo, senza nemmeno dubitare che la realtà fosse, invece, estremamente diversa. Ecco perchè è affascinante, dicevo, per me quanto per voi, parlare di queste cose, per indurvi a capire quanto la realtà sia diversa. Se voi foste contenti della realtà come la vedete e come la concepite, non avrei nessunissima voglia di aiutarvi a vedere quanto invece è diversa; ma siccome voi stessi volete approfondire questo argomento, allora approfondiamolo assieme, parliamone assieme.

Almeno voi - io non ci sono riuscito - possiate fare quel passetto per capire quanto diversa sia la realtà.

Guardate, che gli scienziati studino la realtà con tutti i mezzi di indagine, tutto quello che volete, è una cosa meravigliosa, ma alla fine si deve fare sempre i conti con i sensi dell'uomo. Anche usando le macchine elettroniche più sofisticate, alla fine si deve sempre riportare tutto a dei segnali, a delle notizie che l'uomo possa ricevere; altrimenti rimane qualcosa di incomprensibile.

Quindi, l'indagine scientifica, anche la più sottile e perfezionata, conduce sempre, rapporta sempre la realtà all'uomo, in qualche maniera, ai sensi dell'uomo, ed è quindi sempre una falsificazione della realtà in sè. Bene dicevano i filosofi, i quali affermavano che la realtà, quale è, è inconoscibile per l'uomo. Perchè la realtà che l'uomo può conoscere è sempre un'apparenza: con gli strumenti più moderni e sofisticati che voi potete concepire, non potete cogliere che un'apparenza, mentre la realtà è quello che è, non ciò che appare. E siccome "quello che è" non lo si può vedere con dei sensi, ma solo attraverso l'intuizione, attraverso l'identificazione con l'oggetto della conoscenza, l'uomo in quanto tale non potrà mai conoscerlo. Il suo metodo, il mezzo d'indagine si fonda fatalmente su ciò che appare, sull'apparenza.

E' quindi vero che la realtà in sè l'uomo non potrà mai conoscerla, se non quando non sarà più uomo, quando cioè disporrà di un altro mezzo di contatto, che è appunto l'identificazione.

 

Sul più alto insegnamento morale dato dai maestri.

C'è ancora un altro discorso da fare, su qual'è l'insegnamento morale più alto che è stato dato dai maestri: "...Tu avrai capito la vita non quando tu farai del bene, ma quando lo farai pur sapendo che a nessuno serve, neppure a te stesso...". In questo c'è un'estrema coerenza.

Voi sapete che c'è chi agisce non per fare del bene, ma per il guadagno e basta; quindi l'agire a beneficio degli altri non per guadagnare, ma per portare loro sollievo e conforto, è già molto rispetto invece a chi agisce per tutt'altra ragione. Ma andare oltre questo, addirittura, all'agire per l'agire, senza tener conto di quelli che possono essere gli effetti, senza neppure aspettarsi degli effetti; ma agire perchè si deve agire bene, si deve fare bene, si devono aiutare gli altri: questo è l'ideale, anche se comprendo che è cosa molto difficile. e agire non con distacco, con freddezza, ma con amore, con trasporto, ben sapendo che se nella vostra intenzione c'è questo aiutare gli altri, ben sapendo che se nella vostra intenzione c'è questo aiutare gli altri, fare del bene agli altri, questa vostra corrente di altruismo, d'impulso verso gli altri non andrà certamente perduta, ma si porrà in moto e trascinerà ancora, e su e su ancora, fino a formare un ambiente psichico meraviglioso.

Saluto a chi resta.

Vi porto il saluto di tutti coloro che amate e che sono nella  dimensione dalla quale vi parlo, particolarmente di coloro che di recente hanno lasciato il piano fisico e con questo vi hanno lasciati nel dolore. 

Io vi prego di non pensarli con tristezza, ma con gioia. Se veramente voi li amate, non potete che desiderare il loro bene, e allora sappiate che per quanto crudele possa sembrarvi il fatto, il loro bene era lasciare la loro vita fisica nel momento in cui l'hanno lasciata. Vi prego di pensarli sempre vicini a voi, felici, non tristi per aver lasciato il mondo, e non mai tristi per avervi lasciati, perchè loro non vi hanno lasciati; vi vedono continuamente e, se li volete ancora più sereni, non dovete pensare alla loro partenza con tristezza, ma dovete sentirli felici, sereni, gioiosi, pieni di vita accanto a voi.

Per quella fede che vi ha condotto qui ringraziate l'Altissimo, perchè nel vostro dolore, pure a voi necessario per il vostro vero bene, voi avete trovato una voce che può dare un senso a quanto vi è accaduto, che può accendere in voi la speranza che presto, quando ciò si adempirà, voi ritroverete i vostri cari, più vivi, più felici, più immortali di quando li avete conosciuti.

Vi prego di portare queste parole a coloro che conoscete e che sono nelle vostre stesse condizioni.

Non maledite la vita perchè vi ha dato questo grande dolore.

Un giorno capirete in pieno quanto questa esperienza, pur amara, amarissima che sia stata, sia invece benefica per tutti voi che l'avete vissuta: quel giorno penserete a questa tristezza quasi dimenticando quanto sia stata crudele, quasi non ricordandola più, nella gioia di avere scoperto il suo vero senso, il suo divino e meraviglioso significato.

Continua