Indice delle domande di questa pagina

 

    Sul senso mistico dell'esistenza  

Dove ha origine il misticismo?

Come si può parlare di questo insegnamento a chi non ha dimestichezza col ragionamento filosofico?   

E' giusto passare al vaglio del ragionamento le verità, le rivelazioni, andare al di là dei dogmi, o è un atto di superbia della mente?                

E' lecito turbare il quieto vivere degli altri parlando loro di questo rivoluzionario insegnamento?

Può la logica da sola far credere all'esistenza dei maestri e alla realtà che descrivono, non avendo noi alcuna possibilità di controllo e addirittura nella stessa convinzione che non sia oggettivamente esistente neanche il piano fisico?                  

Come si fa a sapere se si "sente" questo insegnamento? 

Sull'amicizia e l'amore tra gli uomini   

Sul senso dell'amore chiuso, timido, che non viene capito e recepito

Sull'amore che fa soffrire: il "morire d'amore"

Sull'adozione di un figlio. La genetica e l'amore 

Da dove viene il bisogno d'amore dei neonati?

Come si deve oggi educare un bambino: la fine del mito del buon bambino

In un periodo storico così difficile, cosa insegnare ai propri figli, ai giovani?

Sull'onestà e sulla "inutilità" delle proprie scelte a fronte di altri miliardi di individui che continuano nei loro comportamenti disonesti

Sempre sulla corrente di pensiero: il problema razziale

L'insegnamento e la coppia. Quando l'amore di un compagno è così possessivo che vuole impedire anche di addentrarsi nell'insegnamento, di  partecipare a delle riunioni, come ci si deve comportare? 

Cosa si intende per "cristallizzazioni"?

Quale può essere una diversa visione del dolore?

C'è nella vita di alcuni un susseguirsi continuo di dolori o di delusioni che li portano piano piano ad una sorta di apatia nella quale passano addirittura anni! In questo caso il dolore, invece di far comprendere, sembrerebbe avere l'effetto opposto

Perchè persino l'uomo crudele talora si commuove e perdona,mentre le leggi divine sono ferree e assolute nella loro applicazione?

Se siamo come cellule del sentire divino, è in Dio anche quella cellula dal sentire grossolano che  compie qualcosa che consideriamo "male"?

Se tutto è coscienza, quale ruolo hanno i corpi fisici, che le religioni hanno sempre condannato, nello svolgimento del karma umano?

Se la sola intenzione non seguita da azione può determinare effetti karmici

Vi sono entità che organizzano il karma umano, ad esempio nei casi di morte precoce e violenta?

I cosiddetti "Signori del karma"

I fili karmici che legano tra loro gli individui

L'individuo tesse la trama de suoi legami karmici nella vita presente per le vite successive

Chi ha un talento creativo, ma per mancanza del senso pratico o incapacità ad organizzarsi, non riesce ad impiegarlo, subisce un karma?

Sull'innesto del karma personale nel karma familiare

Se uno riuscisse a conoscere profondamente se stesso, conoscendo così la causa, la radice di ciò

che gli ha procurato una certa malattia, potrebbe liberarsene e guarire, anche nel caso che fosse leso un organo? 

Sui gemelli omozigoti, talora con un destino simile, è un sentire equipollente che si manifesta, o sono solo aspetti esteriori quelli che li accomunano?

Un certo esoterismo dice che donare il sangue instaura un legame karmico con la persona beneficiata: è vero?

Che cosa fa sentire a certi giovani che la loro vita sulla terra sarà breve?

Un essere evoluto come si comporterebbe con la natura; coglierebbe fiori?, taglierebbe rami?, ucciderebbe animali?

Se la religiosità è indice di evoluzione. E sull'ateo che abbia solo la religione della sua coscienza. 

 

                                                                             

IL MONDO "ESTERIORE"

                                                                                                             

Nella vita (e nell'aldilà) con l'insegnamento    

 

 

Voi siete nella vostra vita, nel vivere di ogni giorno che presenta nuovi problemi e nuove angosce, problemi e angosce che voi affrontate sempre trepidanti e pieni di paura.

Come vorrei che passaste attraverso queste esperienze serenamente, non distaccati, partecipandovi, ma trovando in voi la forza di andare avanti, di capire che quello che state vivendo è per il vostro vero bene, per il vostro progresso spirituale, e per l'ampliamento della vostra coscienza.

Come vorrei che trovaste questa fiducia, questa certezza, perchè così facendo voi meglio vivreste

e vi risparmiereste tanti dolori.

Possa essere questo il significato che dal nostro incontro scaturisce.

                                                                                                                                                                                            TERESA

 

...Quando avrai compreso che non hai alcun diritto di sentirti sfiduciato se tu stesso non sei la fiducia; deluso se tu stesso non sei la speranza;

amareggiato se tu stesso non sei il conforto dei tuoi simili; sentirti solo se tu stesso rifiuti ; tradito e abbandonato se tu stesso non dai; quando tale sarà il tuo "sentire", allora tu stesso sarai la nostra voce, il nostro vivente messaggio, la testimonianza del nostro potere.

                                                                                                                                                                                                DALI

 

 

                                           

     

                                                                        

Nella vita (e nell'aldilà) con l'insegnamento

Domande e risposte

 

Sul senso mistico dell'esistenza.

Non abbandonate mai il senso mistico della vita. Questo non significa battersi il petto o recarsi sovente in chiesa; ma significa ricordare che, al di là delle vostre vicissitudini quotidiane, voi siete qua per una ragione ben diversa da quella che appare all'occhio dell'uomo ignaro; siete qui per una ragione che spesso, quasi sempre, vi sfugge, e che non può essere contemplata da una visione materiale della vita. Per questo vi dico non abbandonate il senso mistico del vostro vivere, anche se ciò non significa che chi non crede non possa avere un suo misticismo, una sua verità trascendentale; non significa che il materialista non possa essere più mistico del credente.

Così, non lasciate che il vivere di ogni giorno soffochi il richiamo dello spirito; ma tenetevi sempre costantemente collegati con la parte più vera del vostro essere, per la vita della quale siete qua incarnati. Non permettete alle necessità del vivere di ogni giorno di soffocare questa natura che è in voi; infondete negli altri la speranza che non tutto sia materiale.

Lasciate che dal profondo del vostro essere affiori alla vostra consapevolezza il bisogno del misticismo, il bisogno di andare oltre ciò che appare, che così pressantemente e gravemente vi richiama alla vita del mondo fisico. Noi vi siamo vicini, ma solo attraverso il vostro spirito possiamo comunicare con voi, solo da dentro di voi. Chiudendovi a quello, vi chiudete alla nostra voce.

 

Dove ha ragione il misticismo? 

Si può dire che la storia del pensiero e della scienza, con tutte le sue scoperte, anche per difetto, contribuisca a rendere l'uomo in grado di intuire quella struttura di Dio di cui ci parlano i maestri.

Se non vi fosse stato questo, oggi non sarebbe possibile parlare di certi concetti e capirli. Non sarebbe assolutamente possibile; e se certe cose non si capiscono prima attraverso la mente, non si arriverà mai a comprenderle, a sentirle. Perchè anche il mistico illuminato, che riesce a sentire Dio più di quanto lo possa fare un'altra creatura, è sempre arrivato a quel punto attraverso delle esperienze antecedenti, che prima lo hanno condotto a capire attraverso un certo modo di ragionare, e quindi lo hanno portato a quel sentire.

Sempre, ricordatelo.

 

Come si può parlare di questo insegnamento a chi non ha dimestichezza col ragionamento filosofico?

Parlare semplicemente dell'insegnamento morale, come in fondo fanno le varie religioni (con alcune differenze e a parte quelle che sono le regole di buona condotta, che si possono ricondurre ad un vivere civile o a semplici regole igieniche) non ha molto senso, perchè sarebbe sufficiente prendere i testi delle varie religioni e rileggerli.

Allora, perchè i maestri parlano della morale?

Perchè questa morale scappa fuori da una visione filosofica della realtà, e trova giustificazione nella filosofia. Quindi, fare della filosofia non è fare una fredda esercitazione accademica, ma è proprio dare un quadro della realtà che risponda a tutte le domande, a tutti gli interrogativi e che, nello stesso tempo, dimostri la validità della morale. E' un riscoprire la morale in chiave logica, in chiave filosofica: questa è la novità e l'importanza.

 

Certo l'insegnamento filosofico può riuscire difficile a taluno; e bisogna fare un po' di sforzo. Se uno non ne sente la necessità, lo metta pure da parte, ma allora deve essere già convinto che la morale è giusta, che va applicata, e la applica. Se, invece, non la applica, ciò vuol dire che non è ancora profondamente convinto che bisogna agire secondo i canoni della morale; e se non ne è profondamente convinto, trovi questa convinzione mediante l'insegnamento filosofico, che per questo è dato. Questo è lo scopo principale per il quale i maestri presentano.

Ognuno che si accosta all'insegnamento, ad un certo punto dovrebbe capire questo aspetto della questione e perciò sentirsi invogliato a parlare dell'insegnamento filosofico.

 

Per cominciare a introdurlo si può dare la descrizione della realtà che è già depositata, gradualmente e in crescendo, nei libri pubblicati. Come dicono i maestri: "Il vero sapiente, da qualunque punto affronta il discorso circa la realtà, ne fa un tutto e può dimostrare l'esistenza di dio; tutto è così consequenzialmente legato

che, da qualunque punto lo si prenda, non si può che giungere alla stessa meta, e cioè a dimostrare l'esistenza di Dio".

 

E' giusto passare al vaglio del ragionamento le verità, le rivelazioni, andare al di là dei dogmi, o è un atto di superbia della mente?

I maestri dicono che bisogna nascere ogni giorno, cioè ogni giorno mettere in dubbio tutto per ridiscutere con se stessi e ritrovare nuovamente la convinzione; superare il dubbio che non solo gli altri, ma anche voi stessi suscitate in voi, cosicchè possiate veramente essere certi della vostra convinzione.

Chi accetta una verità perchè sul momento lo convince e in seguito, alla minima obiezione che gli altri gli rivolgono, non sa controbattere perchè non ha discusso con se stesso, è come se costruisse sulla sabbia: basta una lieve scossa che tutto crolla.

Mentre chi ha fatto passare le sue convinzioni al vaglio della critica - la critica che lui stesso è in grado di fare a queste sue convinzioni - è sicuro di non aver costruito sulla sabbia, di aver trovato qualcosa di veramente valido.

 

Di persone che credono a dei principi ameni, quasi risibili, ve se sono molte. Li accettano senza discuterli e poi non ammettono di discuterli; la cosa sta così e non vogliono parlarne, nè che gli altri facciano domande. Questo succede proprio nella vostra religione, nella quale molto spesso si dice che si deve credere perchè la verità rivelata è questa e se anche tu non arrivi a capire con la tua mente, non vuol dir niente; anzi, se cerchi di capire con la tua mente fai un atto di superbia. 

 

Ecco, i nostri maestri dicono invece tutto l'opposto, cioè che non è un atto di superbia, ma anzi è un atto estremamente giusto e necessario quello di passare al vaglio della propria comprensione le verità. E questo perchè le verità spirituali, essi dicono, sono estremamente logiche, non sono da accettarsi ad occhi chiusi.

Forse, nei tempi andati, quando la mente dell'uomo non era esercitata, era necessario dover dire le cose e non avere la possibilità di spiegarle, perchè chi ascoltava non aveva gli strumenti per capire. Ma oggi che la mente dell'uomo, diciamo del cittadino medio, buon padre di famiglia, è abbastanza sviluppata, perchè non gli si dovrebbe mostrare la logica della verità spirituale, sè da convincerlo e dargli quella serenità interiore che tanto spesso manca a chi si trova di fronte a delle cose incomprensibili, che non gli spiegano nè la sua vita nè quella degli altri?

 

E' lecito turbare il quieto vivere degli altri parlando loro di questo rivoluzionario insegnamento?

Ricordate che cosa disse il Cristo agli apostoli: "Voi siete il sale della terra", quindi il fermento, il lievito, proprio perchè "guai a chi ci cristallizza". Guai veramente! I maestri si rivolgono solo a chi sente il bisogno di saperne di più; chi invece si trova bene nelle sue convinzioni e in pace con la sua coscienza non ha bisogno, dicono i maestri, delle nostre parole. Ed è così. Nello stesso tempo, perï, rifacciamoci alle parole del Vangelo, dove il Cristo dice: "io non sono venuto per portare la pace; ma per me il padre sarà contro il figlio e il figlio contro il padre".

 

Quindi, chi non sente la necessità di saperne di più e se ne vive tranquillamente con le sue convinzioni, fa bene a restare così, da un certo punto di vista. State certi però che la vita lo richiamerà, lo muoverà dalle sue cristallizzazioni : perchè l'essere felici e tranquilli con se stessi di fronte allo spettacolo che la vita mostra ogni giorno, chiaramente si può realizzare solo con una cristallizzazione dell'individuo. e a questo provvede la vita con quegli scossoni che voi tutti, bene o male, avete provato, con quei richiami, quelle esperienze, quei traumi che smuovono dalle cristallizzazioni e dal quieto vivere. 

 

Se la necessità dell'uomo è quella di andare incontro a esperienze, a stati d'animo che lo facciamo riflettere, soprattutto che lo muovono dalle sue cristallizzazioni, è bello che voi vi poniate questi problemi e cerchiate di saperne di più, di svelare di più ciò che è nascosto alla maggior parte degli uomini.

In questo senso, senza far violenza a nessuno (altrimenti andreste contro l'insegnamento dei maestri), ma rispettando sempre l'altrui volontà, una certa provocazione nei confronti degli altri voi avete il dovere di farla. E non deve interessarvi se poi questa cosa non viene recepita; il vostro dovere è quello di agitare un poco le acque, con molta diplomazia, con molto tatto, senza prendere le cose di punta, altrimenti non fate che rafforzare gli altri sulle loro posizioni e porli in difesa. 

 

Però lo stuzzicare, per così dire, il gettare il sasso nello stagno, dare l'adito a far riflettere gli altri è quello che ogni uomo, con molto tatto e senza violentare, dovrebbe fare, ogni uomo almeno che intenda soffermarsi e ragionare su questi insegnamenti, su queste verità.

Se poi la cosa viene assolutamente respinta, il vostro invito non viene accolto e seguito, non deve importarvene; ma siate certi che voi avete gettato il famoso seme, che al momento opportuno darà i suoi frutti e spingerà queste creature a riflettere e, forse, a muoversi dalle loro cristallizzazioni. E se voi riuscite a far muovere qualcuno dalle sue cristallizzazioni senza che la vita intervenga con i suoi colpi, avete risparmiato del dolore. E questa è un'opera meravigliosa.

 

Può la logica da sola far credere all'esistenza dei maestri e alla realtà che descrivono, non avendo noi alcuna possibilità di controllo e addirittura nella stessa convinzione che non sia oggettivamente esistente neanche il piano fisico?

La logica, e poi la convinzione personale. In effetti la verità è questa. Quello che dicono i maestri è suffragato da una logica ferrea, non c'è dubbio; il discorso si può affrontare da tutte le parti e i conti tornano sempre nella visione generale. Questo è confortante perchè, in effetti, non vi sono altri sistemi di pensiero che danno un'illustrazione della realtà così completa e che sia inattaccabile da qualsiasi punto la si prenda in esame, come lo è questa.

 

Ma vorrei approfondire questo discorso sulla logica. Vediamo intanto cos'è l'intelligenza: è la capacità di analizzare, di trarre la sintesi e di ragionare logicamente. 

L'uomo intelligente è anche logico, o perlomeno è coerente e quindi logico nel comportamento che ne consegue. La logica è fondamentalmente la scienza del ragionamento; è quel complesso di norme che debbono essere seguite in un ragionamento per far sè che esso non sia totalmente alienato dalla realtà. Allora, è chiaro che la logica si basa anche sulla concezione della realtà, che non può essere una cosa totalmente astratta.

Il dato certo su cui fonda la logica è preso dalla realtà del mondo nel quale vive il pensatore: la sua abitudine di commisurare le cause agli effetti, per esempio; la sua abitudine a vedere come consueti certi effetti allo sbocciare, al consumarsi di una causa. Il comportamento logico, quindi, è nè più nè meno che una legge presa dal mondo circostante e riportata poi nel ragionamento. Si osservano certi fenomeni e si dice "a questa causa segue questo effetto". E già questa è una logica.

 

Esaminata nella sua essenza stretta, a prescindere dai presupposti e dalle conseguenze, e quindi per quanto le varie logiche possano partire da punti di vista diversi a avere svolgimenti diversi, la logica in sè è sempre valida, perchè è la consequenzialità di un discorso. E la consequenzialità di un discorso è universale, vale per qualunque tipo di logica. Se non c'è consequenzialità in un discorso, non c'è logica; e per quanto possano esservi logiche diverse e si possa partire da presupposti diversi, la consequenzialità del discorso deve esservi.

La logica è questa e solo questa.

 

Allora, quale valore probatorio può avere la logica? La logica non può avere certo un valore probatorio assoluto; e infatti i maestri, quando presentano in forma logica i loro discorsi, non lo fanno per dare una prova assoluta di quello che vogliono dire; lo fanno con un altro scopo. E questo perchè si può benissimo dare vita ad un costrutto logico partendo da un presupposto errato, e quindi il discorso è logicamente corretto ma sostanzialmente errato. Perciò i maestri non possono e non vogliono affermare che quando un discorso è logico questa sia la prova matematica che quel discorso è anche vero. 

Però, nella marea delle opinioni, delle affermazioni dogmatiche, delle dichiarazioni di fede, ciò che può orizzontare l'uomo è la logica contenuta nel discorso, nelle affermazioni che vengono fatte; la consequenzialità logica. Niente altro può esservi che veramente possa sostituire la logica, al di fuori della prova oggettiva, della controprova; la logica resta quella che dà maggior probabilità che un discorso sia vero, anche se non dà la prova assoluta.

 

Dicono i maestri: "Quando in un sistema generale, filosofico, ideologico, o di esposizione cosmogonica, ogni passaggio è consequenziale e niente sfugge a questa consequenzialità, allora vi è una buona probabilità che ci possa essere del vero". E l'uomo che vuol credere qualcosa, non deve credere perchè a lui quella idea a cui sente di aderire fa piacere, ma deve trovare nella consequenzialità, nello sviluppo logico di tutto il discorso, un punto solido di appoggio sul quale fondare la sua convinzione; e qualunque tipo di logica, perchè ve ne possono essere molte, deve avere questa consequenzialità nel discorso, altrimenti no è logica. Questo mi sembra l'atteggiamento più ragionevole che possa avere l'uomo; e anzi, che debba avere, proprio per orizzontarsi in questo mare di favole, di opinioni, di professioni di fede, di fantasmi, e via dicendo.

Anche se, lo ripeto, non è probatoria, è importante cercare di trovare sempre la logica; e non solo nell'affermazione che in quel momento è sottoposta alla riflessione, ma vedere come questa affermazione sia prima di tutto logica in se stessa, e poi che si inserisca logicamente in tutto un contesto generale che si è sviluppato come discorso logico. Quando vi sono questi requisiti, allora l'uomo può ragionevolmente credere. Questo è il discorso che fanno i maestri, quando si appellano alla logica.

 

Il discorso poi della convinzione personale e della credibilità che ciascuno può dare a questo insegnamento è altrettanto importante; perchè se fosse solo la logica allora basterebbe leggere un libro e tutti dovrebbero crederci, e inoltre tutti i libri dovrebbero convincere tutti coloro che li leggono allo stesso modo; invece così non è proprio perchè scatta la convinzione personale, che scappa fuori da qualcosa che è dentro il singolo e che fa dire: "Ma questa cosa è vera! Io la sento così!".

Sono quei semi che ciascuno ha raccolto in antecedenza, che sono maturati dentro, si sono fortificati, e che poi, quando fanno incontrare una verità, la fanno riconoscere e fanno sè che la si senta come una propria verità interiore, ed è propria a tutti gli effetti.

 

Come si fa a sapere se si "sente" questo insegnamento?

Io credo che non sia di nessuna utilità ed importanza sapere se lo si sente. Se uno lo sente, lo sente e non c'è altro da dire. E' certo che l'insegnamento deve essere assimilato, deve diventare parte di se stessi. E' altrettanto certo che,se non lo si capisce con la mente, difficilmente questa verità entra a far parte di se stessi. Può entrare, poi, attraverso l'esperienza diretta, se una cosa non si capisce.

 

Invece la via più efficace e più importante, è proprio quella di capire l'insegnamento con la mente. Certo, non capirlo così come si legge un romanzo, che poi si può scordare. Anche se è vero che non passa mai niente di inosservato attraverso l'intimo dell'uomo, e anche in questo caso rimarrebbe.

Poi, una volta capito, bisogna riflettere, meditare a fare tutto quello che i maestri dicono a proposito della conoscenza di se stessi; confrontare quello che si è capito con la vita nella quale siamo e siete immersi; cercare di vedere se l'insegnamento spiega bene i fatti della vita, non tanto i fatti di cronaca quanto i cambiamenti, gli stati d'animo di quelli che ci sono vicini, e i propri, e così via.

Insomma, l'insegnamento che si è capito deve essere collaudato, non dico in maniera ossessiva, attimo per attimo, ma perlomeno durante la giornata si deve cercare di vederlo e di rifletterlo nella vita. Questo è importante.

 

Dopo di che, attraverso il capire con la mente, attraverso la riflessione, è possibile che queste verità entrino più profondamente nel proprio essere e che quindi diventino, in fondo, propria natura.

 

Sull'amicizia e l'amore tra gli uomini.

 

Ci siamo tutti conosciuti in una vita o nell'altra. Capisco che a voi colpisca particolarmente il fatto di esservi conosciuti nella vita attuale, ma questa è una cosa estremamente relativa. 

Che vi siate incontrati o che vi incontriate in questa vita non significa che sia la prima volta. La prima volta che si incontra una persona, in genere rimane indifferente o addirittura si ha per essa un'antipatia. Ma quando c'è un incontrarsi simpatico e reciproco, ci potete giurare che vi siete già incontrati prima, in una vita o in un'altra. In senso generale direi: voi che vi frequentate, che state bene assieme, eccetera, vi siete certamente già incontrati. Ma tutti noi ci siamo conosciuti in un'occasione o in un'altra, in una veste o nell'altra, in un periodo o nell'altro, in un'epoca o in un'altra.

 

Non ha nessuna importanza il come e il quando, ossia la contingenza mediante la quale siamo venuti in contatto, abbiamo iniziato a costruire una catena affettuosa che non si spezzerà mai più, che continuerà per sempre. Vita dopo vita, attimo dopo attimo aggiungeremo anelli a questa catena d'affetto, d'amore, in una forma o nell'altra, non importa quale: quel che conta è questo aggiungere anelli, da una personalità all'altra, soprattutto da un essere all'altro.

Una volta avviata la catena d'amore nessuno può romperla, e la conoscenza diventa qualcosa di più di un incontro occasionale, come può apparire nella dimensione fisica.

 

Sul senso dell'amore chiuso, timido, che non viene capito e recepito.

 

Dicono i maestri che l'amore è in se stesso premio di chi ama.

E' già cosa di grande valore che una persona ne ami un'altra; e non importa se questo amore non viene recepito: importante è che tu ami, che ognuno di noi ami.

 

Certo la rispondenza, l'accordo tra chi dà e chi riceve amore è un aspetto bello, ideale se vuoi, ma non è il solo. E' una buona configurazione che due persone si amino e ciascuna prenda e dia il massimo dell'amore. Ma può essere meraviglioso anche che una persona ami un'altra e l'altra non sappia niente di questo amore. E' già una gioia amare, l'amore è premio di se stesso di chi ama, e per alcuni già questo può essere meraviglioso.

Guardate tutta l'evoluzione dell'uomo; essa porta ad un arricchimento interiore che è "essere" e non "avere", proprio un essere; e quindi un essere amorosi, non fare certe cose per averne una ricompensa e nemmeno farle solo quando siano produttive, solo quando giungono a una meta.

Colui che agisce deve agire senza preoccuparsi se l'amore che dà sia compreso o non sia compreso, sia conosciuto o non sia conosciuto, lo porti oppure no alla meta che desidera. Importante è essere interiormente amorosi.

 

Sull'amore che fa soffrire: il "morire d'amore".

Quella dell'amore che fa soffrire è una fase transitoria. Se Dio vuole, il vero amore è quello che fa gioire.

C'è inizialmente quel desiderio di essere sempre uniti all'oggetto del proprio amore, alla persona amata; poi, fortunatamente, questo desiderio cade, perchè la realtà è diversa e conduce proprio a riconoscere che tra l'amato e l'amante non c'è nessuna separazione, assolutamente; c'è sempre una unione anche quando non vi sia ancora "comunione". E la cosa diviene priva di ogni sofferenza, priva di quello stato d'animo in cui ci si sente lontani, privati dell'oggetto d'amore; diviene un'unione continua ed è una cosa meravigliosa.

 

Questo si raggiunge gradualmente. All'inizio si chiama amore anche una forma estremamente possessiva, che niente ha dell'amore vero e proprio, perchè è solo il desiderio di possedere una persona per farle fare quello che si vuole e nient'altro. Poi, invece, è chiamato più propriamente amore quello per cui si comincia a vedere che la persona amata ha bisogno della sua libertà, delle sue esperienze, e si riesce ad  amarla e a non soffrire lasciandole la sua autonomia.

E questa fase è ancora superata quando si trova il senso della vera unione, in cui si spegne ogni timore; anzi la gioia diventa ancora maggiore quando vedi la persona amata completamente libera di fare quello che quello che vuole di se stessa, anche se magari desidereresti che facesse quello che vuoi tu.

 

Sull'adozione di un figlio. La genetica e l'amore.

Ci sono tanti genitori che vorrebbero avere figli e non possono.

Chiaramente si tratta di fatti karmici.

Perdere un figlio in giovane età non è un karma per il figlio che lascia momentaneamente la terra, ma è un karma  per i genitori; è un fatto che riguarda precedenti incarnazioni e che, in questa, trova il modo per allargare la coscienza individuale. Dopo una simile esperienza dolorosa, si comprende quello che non si era compreso prima e che ha portato a vivere appunto un'esperienza così amara.

 

Molti genitori, anche senza aver subito la perdita del figlio, ugualmente desiderano averne uno e non possono per varie ragioni. E' bellissimo essere i fattori del proprio figlio, essere le parti genetiche che danno il corpo al figlio; il fatto di sentire come proprio il figlio, in quanto da loro concepito, lega i genitori al figlio, ed è questo lo scopo cui la natura tende e che in tal modo raggiunge. I genitori possono aiutarlo, soccorrerlo, istituirlo, tenerlo con sè; se non lo sentissero loro figlio, non farebbero tutto quello che fanno.

A un certo punto, perï, l'uomo evolve, matura. Siamo uomini di questa epoca, ci vantiamo della nostra civiltà: ma allora comportiamoci da adulti, cerchiamo di capire che senso ha dire "mio figlio" perchè "io" l'ho concepito. Non ha nessun senso, veramente. E' tuo figlio se lo tiri su dall'infanzia, se lo assisti con amore, se vivi con lui, lo vedi crescere, ti preoccupi per lui: allora sè, è veramente tuo, almeno nel senso affettivo, perchè nessuno è di nessuno: ognuno appartiene a se stesso e basta, in ultima analisi.

Che senso ha, per esempio, che tu lo concepisca e poi lo abbandoni?

 

 

Tu lo hai concepito, ma non è tuo quel figlio, perchè non te ne sei mai veramente interessato.

A tutti i genitori che hanno questo problema, che desiderano avere un figlio e non possono averlo, io dico: adottatelo! Sarà vostro come se lo aveste concepito, perchè trasfondendo in lui il vostro amore egli sarà parte della vostra famiglia; e solo in questo modo ne farà parte, non per il fatto che biologicamente, geneticamente voi avete messo qualcosa per iniziare lo sviluppo del suo corpo. 

Il corpo è importante, certo, ma quello che importa è che voi contribuiate a formare la sua psiche, il suo essere interiore, e non il corpo, l'essere esteriore. Il concepimento non è che una prima scintilla; sè, ci sono i caratteri ereditari, tutto quello che volete, ma ciò che è importante è la formazione psicologica dell'essere, ed a questa devono contribuire in maniera essenziale i genitori, non tanto con lo spermatozoo e con l'ovulo, ma con quello che possono donare di amore e di attenzioni: questo è importante.

 

Da dove viene il bisogno di amore dei neonati?

Viene soprattutto dal fatto che gli esseri appena incarnati non hanno presente tutta la loro esistenza a monte della nascita, e questo dà loro un senso di insicurezza dovuto al sentirsi, in fondo, privi di tutto quello che avevano prima.

Io credo che anche un adulto, se ad un certo momento dimenticasse tutta la sua vita antecedente ( e siccome il sentirsi di esistere non viene mai meno), continuerebbe a sentirsi di essere, ma si troverebbe in un grande panico perchè non saprebbe più chi è, si sentirebbe completamente solo, privo di affetti e di legami.

Ecco, dunque, che nel momento in cui l'individuo si sente completamente solo - ed è il caso appunto del neonato - ha proprio bisogno di essere amato per sentirsi sicuro, per ritrovare se stesso, per avere la forza di andare avanti. Questo è il meccanismo naturale che è in atto nei neonati.

Da qui la dipendenza dei fanciulli dai genitori e in particolare dalla madre, quella che, in genere, sta loro più vicino. Quando hanno un problema, da chi vanno? vanno dalla madre, o dal padre, perchè non sanno risolverlo e quindi vanno a cercare sicurezza negli adulti. E poi, man mano che crescono e i problemi sanno risolverli da soli, continuano ad andare dalla madre e dal padre per non fare la fatica di risolverli da soli.

 

Come si deve oggi educare un bambino: la fine del mito del buon bambino. 

 

Ormai sappiamo che il bambino può essere aggressivo, talvolta cinico e addirittura crudele; sembra essere nell'ordine generale delle cose che lo sviluppo del bambino attraversi queste fasi e che, quindi, gli si debba permettere di sfogare, di estrinsecare, in una certa misura, questa aggressività.

Ora, la cosa importante è che i genitori si adoperino per essere dei buoni psicologi così da seguire e scoprire quale può essere il problema del momento; senza esagerare e senza prendere le cose con troppa ansia e apprensione, perï seguendo con attenzione, perchè questa cura, questa attenzione potrà risparmiare in seguito molti grattacapi, quando il bambino crescerà e, divenuto giovanotto, comincerà a pretendere la giusta autonomia.

 

Io starei molto attento, sorveglierei bene quali sono i giochi del fanciullo e quale grado di aggressività egli esprime in questi giochi, proprio per capire cosa c'è alla base. Non è una cosa facile, certo, ma non c'è altro modo per capire.

D'altra parte che il mito del fanciullo buono sia caduto è logico, se si pensa a quello che dicono i maestri, e cioè che il contatto con l'anima, con la coscienza di ogni essere, avviene gradualmente. Prima c'è, alla nascita, il contatto o la presa di possesso del corpo fisico; dopo, entro sette anni, si completa perfettamente la sfera emotiva del fanciullo; dai sette fino ai quattordici si completa la sfera mentale; e infine c'è la sfera della coscienza. Si può dire che a 21 anni circa l'essere è in contatto con tutta la sua anima, con il suo spirito.

 

Fino a quando la coscienza - per coscienza i maestri intendono, voi sapete, il retaggio della propria evoluzione - non è in completo contatto col completo retaggio della  sua evoluzione individuale, può accadere che egli sia, nei limiti dell'azione che può compiere e nei limiti del suo mondo ristretto e piccolo, più crudele di un uomo, in certe manifestazioni; proprio perchè ancora non è completo il contatto con la sua coscienza.

E qui si torna al discorso che la consapevolezza non abbraccia tutta la coscienza dell'essere, la coscienza intesa proprio come retaggio di evoluzione, come patrimonio spirituale.

 

Allora stiamo attenti a questi ragazzi; il che vuol dire, per carità, soffocarli, nè essere troppo apprensivi sapendo di un'azione magari violenta; cerchiamo piuttosto di capire quale può essere la ragione per cui il bambino è violento. Non sempre, c'è da dire, questa violenza ha origine dentro di lui, ma può essere suscitata dall'ambiente nel quale vive; può, cioè, essere indotta in lui dai contatti con gli altri. La sua lacuna, semmai, è quella di non avere controllo. 

Ma ad un fanciullo, ad un ragazzo non si può chiedere l'autocontrollo che molto spesso non ha neppure l'adulto.

 

Quanto al karma che può conseguire a questa violenza e a questa lacuna, se ne può parlare solo sommariamente e per principi generali: esso sarà certo ben diverso da quello dell'adulto nel pieno della sua consapevolezza. Ricordate sempre che quel che conta, che sta alla base, è l'intenzione con la quale si fa una cosa, per cui una stessa azione, compiuta con intenzioni diverse, origina karma, effetti diversi.

 

In un periodo storico così difficile, cosa insegnare ai propri figli, ai giovani?

E' un momento particolare quello che state vivendo, nel quale hanno via libera tutti gli istinti più animali, e l'hanno in modo incontrollato. Questo ha condotto l'uomo a modificare la sua concezione del mondo, delle relazioni con i suoi simili,tanto che quello che gli uomini credevano pochi anni fa sembra appartenere ad un mondo trascorso da più secoli. Ben difficilmente oggi i genitori cercano di insegnare ai loro figli una vita agiata, priva di problemi; al contrario, costituirà proprio un motivo di preoccupazione, di frustrazione, di freno al loro agire.

 

Certo, coloro che posseggono una coscienza morale non possono essere creature che osservano serenamente il mondo nel quale vivono, in questi momenti così densi di preoccupazione.

Ma non necessariamente coloro che hanno capito il vero senso della vita, dell'esistenza, soffrono di più; anzi, se veramente hanno capito il perchè del tutto, allora ciò che agli altri appare come una tragedia senza un filo di speranza, ciò che sembra assurdo e cieco nella sua sorda crudeltà, diviene chiaro di significato e più accettabile, più giustificabile.

 

Non cadete mai nell'errore - e ditelo a coloro che amate - di non insegnare a vostri figli, ai giovani, quello che le religioni hanno racchiuso nel loro ideale di alta moralità. Non pensate mai che coloro che agiscono rettamente siano castigati, rispetto a quelli che vivono disinvoltamente nella disonestà, nel furto e nell'inganno. E' vero, oggi sembra che i tempi premino coloro che non si fanno scrupoli, chi cerca di arraffare quanto più può, ma io vi dico che non è lontano il tempo in cui gli uomini comprenderanno che il guadagno, il denaro, le amicizie importanti, le posizioni di potere, sono vuoti simulacri e che la gioia che può dare una vita modesta

ma retta, umile ma con la coscienza tranquilla, non sarà mai possibile averla da azioni criminose.

 

Non è lontano il tempo in cui gli uomini comprenderanno quanto importante sia non l'accumulare, ma vivere nella gioia di stare vicini a coloro che si amano, con l'avere tante relazioni vuote di significato, ma cercare di trovarsi in armonia con coloro che la pensano come loro, come voi. Non è lontano, fortunatamente, quel tempo. E dopo tanti scandali - e ancora ne vedrete - gli uomini comprenderanno che l'uomo importante e di valore è l'uomo retto e onesto, che riesce a stare al potere senza arricchirsi personalmente, che è in alto, tra i massimi, per servire i minimi, solo e unicamente per quello.

Possa quel giorno essere visto anche da voi. 

Ma se voi non avrete questa fortuna, insegnate ai giovani, ai vostri figli, ad attenderlo, ad aspettarlo, a farlo desiderare a coloro che si amano.

 

Sull'onestà e sulla "inutilità" delle proprie scelte a fronte degli altri miliardi di individui che continuano nei loro comportamenti disonesti.

Non vi preoccupate del poco peso che può avere una vostra azione a fronte di miliardi di persone che non cambiano; anche se perï erroneamente sembrare un insegnamento egoistico, mettete al sicuro voi stessi e la vostra coscienza col comportarvi nel modo che vi indicano i maestri, e comunque non crediate che tutto si riduca a voi stessi, perchè, oltre ad essere di esempio per gli altri, e questo è solo ciò che appare, non dovete dimenticare l'importanza grandissima che ha la corrente di pensiero.

Il vostro pensare in modo diverso, per esempio in modo onesto, di fronte ad una caterva di persone che pensano in modo disonesto, è qualcosa che va oltre la vostra persona e il vostro agire fisico: va ben oltre! E' una corrente di pensiero che si oppone ad un'altra. Voi sapete che esiste il contagio psichico, il quale avviene anche a livello inconsapevole, per cui, come c'è un dilagare in senso negativo, c'è anche un dilagare in senso positivo, e quindi non vi preoccupate di ciò che fanno gli altri, ma tirate per la vostra strada, vivendo i principi dei maestri, e siate certi che seminate qualcosa di buono, che darà i suoi frutti.

 

Sempre sulla corrente di pensiero; il problema razziale.

Questo tema delle correnti di pensiero e del contagio psichico e del ruolo, anche inconsapevole, ma importantissimo, che si può avere semplicemente pensando in un modo piuttosto che in un altro, divulgando pensieri costruttivi, invece che distruttivi, è un tema che ritorna spesso proprio per l'importanza che riveste nell'uomo il mondo del pensiero. 

 

Se ci riflettete tutto il vivere dell'uomo passa attraverso il pensiero, la sua mente. Ed è possibile usare consciamente questa forza nascosta alimentando l'atmosfera psichica che vi circonda, con pensieri volti a superare le divisioni e le barriere mentali che gran parte degli individui si porta dentro.    

 

L'entità che parla qui di seguito era un negro nella sua ultima incarnazione, ma era un bianco in quella precedente, e questo potrebbe essere per ognuno di voi, nella successiva vita che vi attende. Io invito tutti veramente a riflettere su questo aspetto e sulle parole che seguono, come pure su ciò che potete fare di costruttivo, anche semplicemente col fare chiarezza in voi sul problema delle razze, e non solo, ma anche delle divisioni in classi sociali, o delle divisioni politiche; tutto quello che porta a schierarvi vi divide dagli altri, mentre dovremmo superare in noi questa tendenza, e quindi pensare in un modo diverso.

 

"Nella ultima mia incarnazione fui un negro, ed è per questo che vengo a parlarvi di un problema del mondo che voi conoscete giorno per giorno: il problema razziale dei popoli nuovi. Ancora molto sangue sarà versato in Africa e non solo fra le popolazioni di coloro; ma tutto quello che avviene, e che ha come oggetto la gente di colore, ha un significato: che debbono cadere una volta per tutte queste distinzioni, questo giudicare le creature umane secondo la razza alla quale appartengono.

 

Quello che gli uomini possono fare con le leggi è solo un primo passo che serve a distruggere questo binario, che tramanda nel tempo la segregazione razziale, ma una volta distrutta questa abitudine degli uomini a sentirsi distinti secondo la razza alla quale appartengono, una volta distrutto ciò che dà questa perfida abitudine, occorre cambiare l'intimo degli uomini; e, a poco a poco, anche questo avverrà.

Vorrei tanto ancora far qualcosa: ed anche se so che tutto questo avverrà, perchè deve avvenire - così è la legge -, tuttavia vorrei anch'io, ora, partecipare attivamente allo svolgersi di questo piano.

 

Anche voi partecipate, pensando in termini non di distinzione, considerando tutti veramente fratelli, non lasciando voi stessi preda di simpatie e antipatie, vincendo dentro di voi, una volta per sempre, questi impulsi".

 

L'insegnamento e la coppia. Quando l'amore di un compagno è così possessivo, che vuole impedire anche di addentrarsi nell'insegnamento, di partecipare a delle riunioni, come ci si deve comportare?

 

Ricordate le parole dei maestri e cioè che il primo dovere che si ha è quello di essere un bravo coniuge, oppure un bravo figlio o un bravo genitore. E quindi di fronte ad un atteggiamento talmente rigido che potrebbe anche condurre ad una rottura dei rapporti, oppure a qualcosa di veramente spiacevole, allora si rinuncia a partecipare, tanto più che gli insegnamenti dei maestri sono anche scritti e si possono leggere.

 

Quando non ci si trova in questi limiti estremi, allora si cerca, piano piano, di convincere, di far capire che non c'è niente di male, e che semmai ci può essere tutto di bene, vero? Ma se il compagno, o la compagna, è proprio intransigente, che assolutamente non vuol capire, che non vuole ascoltare ragione, se questo atteggiamento completamente cieco, di ricusazione, è tale da portare poi un irrigidimento dei rapporti con tutto quello che può seguire, allora non si devono frequentare riunioni, e si deve cercare di coltivare dentro di sè l'amore per questi insegnamenti, senza turbare l'equilibrio dell'unione familiare.

 

Cosa si intende per "cristallizzazioni".

Noi abbiamo visto dei periodi critici nella storia, nella evoluzione dell'umanità, ed abbiamo visto anche dei "rimedi" a questi periodi critici. Quando l'uomo si cristallizza, immediatamente, per una legge naturale, accade qualcosa che lo muove dalle sue cristallizzazioni. Ma l'uomo non dovrebbe avere bisogno di questi colpi che lo muovono dalle sue cristallizzazioni, colpi che vengono sempre con dolore, perchè il dolore muove effettivamente dalle cristallizzazioni, e nulla v'è  di più efficace del dolore per insegnare la comprensione. 

 

Ma se l'uomo volesse risparmiarsi questo dolore, potrebbe egualmente camminare e non cristallizzarsi con la buona volontà. Il dolore è un rimedio per coloro che non sanno essere volenterosi, che non sanno avere questa buona volontà.

In sostanza, quando siete ammalati, voi vedete che il vostro corpo fisico ha delle risorse, delle difese contro tutte quelle infiltrazioni, o quegli agenti, che tendono a rompere il suo equilibrio, non è così? Allo stesso modo è dell'intimo vostro. Allorchè questo intimo sta per ammalarsi, si attivano delle risorse che vi sono nella natura per cui questo intimo si difende e torna sul giusto ritmo di cammino; in molti casi, quando altro sistema non c'è, la risorsa naturale consiste nel dolore che è mezzo di comprensione e quindi di evoluzione.

 

Questo non vuol dire che si debba pensare di dover accettare il dolore quasi con un senso di piacere: tutt'altro! Il dolore è il rimedio estremo per smuovervi dalle cristallizzazioni e quindi per comprendere. Ma, ripeto, non sarebbe necessario il dolore; basterebbe un po' di buona volontà, e non occorre uno studio profondo per sapere dove indirizzare la vostra volontà; i giusti suggerimenti possono venirvi da infinite parti, basta guardarsi intorno.

 

Quale può essere una diversa visione del dolore?

Con pazienza e con tanto amore vi parliamo di queste verità; cerchiamo di ampliarle gradualmente, in maniera che non restiate turbati e possiate crederle pianamente, per piccoli passi. Perchè esse vi mostrano un aspetto del tutto diverso del mondo nel quale vivete, riescono a farvi toccare con mano, poco a poco, lo scopo per il quale siete legati ad una dimensione così faticosa e affannosa, la dimensione nella quale, talvolta, siete schiantati dal dolore e nella quale cercate di trovare risposte alle cose che vi capitano, agli eventi che vi colpiscono.

 

Forse, se l'uomo non provasse dolore sarebbe portato a cercare e rimanere nelle gioie della vita, mentre il richiamo del dolore lo fa risvegliare, porre su una posizione del tutto diversa da quella che prima aveva, gli fa dimenticare tutto nella ricerca del perchè di quel dolore, lo fa allontanare dalle cose futili, che una volta occupavano tutta la sua vita, non lasciando spazio ad altro che fosse costruttivo e più basato. 

Dimenticando tutto alla ricerca del perchè del suo dolore, l'uomo si desta, e seppure nel pianto, nella grande amarezza, trova a poco a poco una via che lo conduce ad avere una vita diversa, il tipo di vita per il quale è nato.

 

Allora, non abbiate sempre paura del dolore, non vedetelo come qualcosa di maledetto che distrugge la vostra vita, ma sappiate capire il bene che dietro ad esso si cela, il suo potere di rompere le cristallizzazioni che soffocano il vostro spirito, che vi trattengono nella materia e, rompendo quelle, il potere che esso ha di innalzarvi.

Niente veramente è perduto, niente e nessuno. Così, se questo dolore che provate è nato dalla scomparsa di un vostro caro, ricordatevi che lo rivedrete, che lo riabbraccerete e lo amerete più di sempre e con il suo amore avrete ritrovato il vero senso della vostra vita.

 

C'è nella vita di alcuni un susseguirsi continuo di dolori o di delusioni che li portano piano piano ad una sorta di apatia nella quale passano addirittura anni! In questo caso il dolore, invece di far comprendere, sembrerebbe avere l'effetto opposto.

Accade spesso che quando siamo incarnati e subiamo certe esperienze della vita ci domandiamo: "Ma perchè mi è successo questo? Che cosa significa?", e questo perchè non sappiamo quali sono gli antecedenti, qual è la ragione per la quale viviamo quella esperienza.

La vedremo solo al termine della vita, quando, dopo il trapasso, la potremo mettere in relazione con le vite precedenti e quindi, solo allora, comprendere il perchè di certe esperienze, incomprensibili senza una visione globale di ciò che le ha determinate.

 

E' chiaro che il dolore così senza ragione sembra che peggiori l'individuo, rendendolo apatico e chiudendolo in sè nella ricerca di una comprensione di ciò che gli accade, comprensione che non riesce a raggiungere, e in un certo senso è proprio ciò che il dolore deve fare. Ed è anche molto difficile dire quale possa essere la ragione per cui un individuo si trova in questo stato d'animo di annichilimento, di scoraggiamento, di pessimismo, perchè più che di avvenimenti, si tratta di stati d'animo che l'individuo ha avuto in una precedente vita, i quali l'hanno condotto a compiere certe azioni, le quali azioni hanno poi creato certi karma che adesso, nella vita attuale, l'individuo si trova a subire a scopo - ricordate sempre - di comprensione.

Per quanto gravoso possa essere il dolore, è sempre un rimedio naturale indispensabile a quell'individuo per fargli comprendere qualcosa che non ha capito e non capirebbe altrimenti.

 

Perchè persino l'uomo crudele talora si commuove e perdona, mentre le leggi divine sono ferree e assolute nella loro applicazione?

Nella domanda si dice che l'uomo, pur essendo crudele, talvolta riesce a dimenticare la sua crudeltà e ad essere misericordioso, e perdonare, mentre le leggi divine sono intransigenti; detta così la cosa, sembrerebbe davvero l'uomo più pietoso del legislatore divino. Ma qui sfugge il particolare che proprio in quello che è tanto amaro e doloroso sta il vero bene dell'uomo. Per cui se, ad un certo punto, le leggi divine si comportassero come si comporta l'uomo, cioè non fossero applicate in serte occasioni, non ne risulterebbe un bene per l'uomo, ma un male per chi quelle leggi deve subire; e quella che potrebbe sembrare misericordiosa, pietà o bontà, in realtà sarebbe tutto il contrario.

 

Non sono possibili paragoni tra cose che hanno presupposti diversi. E tenete presente che, per quanto possa sembrare crudele il destino con i suoi colpi, con le sue calamità e i suoi dolori, al di là di quello che momentaneamente vi appare, queste cose rappresentano il vostro vero grande bene; e se talora l'uomo è misericordioso, la legge divina lo è sempre, al di là del sapore che il singolo può momentaneamente percepire.

 

Se siamo come cellule del sentire divino, è in Dio anche quella cellula dal sentire grossolano che compie qualcosa che consideriamo "male"?

Tutto deve esserci. Ora faccio un discorso che non deve essere frainteso: il bene e il male sono questioni relative; quello che potrebbe sembrare il bene di una creatura, ad esempio vivendo diversamente la sua esperienza faticosa, in realtà sarebbe un male.

Il problema del bene e del male sta solo nel gioco del relativo, benchè sia una questione ce ha fatto tanto riflettere i filosofi.

Quando essi parlavano dell'immanenza di Dio, c'era appunto questo problema: se Dio è tutto, allora è anche il male, dicevano. Non vi dico i discorsi e i sillogismi che sono stati fatti per cercare di non trasmettere, di non attribuire a Dio il male.

 

La risposta dei maestri è che, appunto, Dio è il tutto, ma trascende la somma del tutto; e quindi il bene e il male, essendo relativi, non vanno a far parte della natura di Dio, dell'assolutezza di Dio, il quale è oltre la somma di tutto.

Sarebbe come dire che il numero 1 fosse il male e quindi il numero 100, che contiene l'unità, sia male. Niente affatto: il numero 1 è il numero 1; e il numero 100, pur essendo fatto di unità, è il numero 100!, ed è ben diverso dal numero 1. Così è Dio, in relazione al bene e al male, e a tutto quanto esiste.

 

Se tutto è coscienza, quale ruolo hanno i corpi fisici, che le religioni hanno sempre condannato, nello svolgimento del karma umano?

In effetti, condannare i corpi è come condannare un revolver, oppure una sostanza chimica che in certe dosi è un medicamento e in certe altre dosi è un veleno. I corpi sono degli automatismi, in fondo; cominciando dal corpo fisico, al corpo astrale e al corpo mentale, sono degli automatismi. Questo si deve capire. E' la coscienza individuale che fa sè che questi automatismi agiscano, funzionino in un modo o in un altro; è la coscienza che impugna l'arma, semmai, nel senso che si serve della sostanza come di un medicamento o di un veleno. In se stessi, i corpi non sono che degli automatismi.

 

Tutto fa capo alla coscienza. E' la coscienza che fa il salto ultimo di qualità attraverso l'esperienza che si è procurata muovendo la causa. Ma naturalmente, siccome è tutta una catena di cause e di effetti, prima di arrivare all'esperienza finale, quella traumatica, che farà cadere la limitazione, c'è tutta una preparazione che passa attraverso i corpi.

Ed è vero quello che dicono i maestri, che nell'attimo successivo non si è mai uguali all'attimo precedente; quindi quale corpo è responsabile per quale altro corpo? I corpi non sono da condannare: sono strumenti funzionali all'evoluzione, alla manifestazione della coscienza.

 

Se la sola intenzione non seguita da azione può determinare effetti karmici.

Tutto è sempre analogo. A intenzione di pensiero corrisponde effetto di pensiero, a intenzione di desiderio corrisponde effetto di desiderio, ad azione fisica corrisponde effetto fisico. Perï, nel dire questo, ho dovuto dividere queste cose come se fosse sempre possibile dividerle, ma non è così. Per esempio, se dicessi che qualcuno non fa qualcosa per timore di qualcos'altro, praticamente sembrerebbe che la cosa resti limitata alla sfera mentale, mentre invece così non è. Non facendo qualcosa, infatti, è come se la facesse, cioè fa un'azione che riguarda anche il piano fisico, e questo lo porterà ad avere, come effetto, non solo un certo tipo di pensiero o di desiderio, ma quel tipo di pensiero o di desiderio si rifletterà anche nel piano fisico.

Tutte le indicazioni sul karma debbono essere prese sempre come indicazioni di massima, mai in dettaglio. E' difficile, per esempio, trovare un caso di karma di pensiero che non riguardi assolutamente nè la sfera emotiva nè la sfera fisica, quella delle azioni nel piano fisico.

 

Vi sono entità che organizzano il karma umano, ad esempio nei casi di morte precoce e violenta?

Nessuna entità organizza questo. Se qualcuno dicesse che ci sono delle entità preposte a creare degli incidenti per cui certe creature debbono essere private del loro corpo fisico, e certe altre no, allora ci sarebbe da domandare a quel qualcuno: "Ma come fanno queste entità ad essere così precise?". 

Invece, siccome tutto avviene secondo una legge naturale, e il karma si attua sempre attraverso queste leggi anche quando usa come strumenti delle persone, allora non c'è da temere per la precisione e l'imparzialità del karma che tocca ad ognuno. Si può stare più che sicuri che la legge divina, e nello stesso tempo cosmica, è così precisa che non può assolutamente fallire, anche quando, ripeto, pur essendo legge, trova nella persona umana, nel fattore umano, un suo strumento di attuazione. Non si sgarra.

 

I cosiddetti "Signori del karma".

Voi sapete che nell'insegnamento della verità, ci sono delle figurazioni, delle simbologie, che sono altrettante verità-punto-di-passaggio, necessarie a far capire per gradi la verità, ma che non debbono essere prese alla lettera. Questo vale per gli spiriti elementari, che non sono degli spiritelli con una loro autonomia, con una loro personalità, quasi dei piccoli esseri di un ordine gerarchico, ma sono degli automatismi naturali. Altrettanto vale per i cosiddetti "Signori del karma", che non debbono essere considerati come degli amministratori, dei giudici i quali infliggono il karma.

 

Bisogna vedere tutto quanto esiste da un diverso punto di vista.

Tutto avviene naturalmente, spontaneamente, in forza delle leggi che sono insite nella sostanza spirituale stessa, che sono insite nello spirito, nella divina sostanza spirito, poichè tutto è Dio e quindi il karma ricade non perchè c'è qualcuno che lo amministra, qualcuno che distribuisce a ciascuno il suo karma, ma il karma ricade automaticamente quando l'individuo è pronto per riceverlo ed averne tutti i frutti benefici. E', nè più nè meno, come quel vostro interruttore che accende o spegne automaticamente una luce quando c'è quel determinato grado di luminosità o di oscurità nell'ambiente; allo stesso modo.

 

Gli uomini hanno creduto a lungo che esistesse una legge della materia indipendente dalla materia stessa, mentre ora sapete - i maestri lo hanno detto - che la legge è strettamente legata alla materia, che la legge altro non è che l'enunciazione del comportamento della materia sottoposta a determinati stimoli. La materia sottoposta a determinate condizioni si comporta inun certo modo, sempre in quel certo modo se sottoposta a quelle stesse condizioni: da qui esce la legge. E tutto è legge.

 

I fili karmici che legano tra loro gli individui.

Tutti siamo uniti da fili karmici, da fili di amore e di incontri in altre esistenze: è una cosa veramente meravigliosa.

A volte, certe persone sentono forte il legame della parentela, dell'amicizia, oppure dell'appartenenza allo stesso paese, alla stessa nazione, e magari all'estero fraternizzato subito con chi incontrano del loro stesso paese. Ebbene, i fili di unione di cui vi parlo sono ben più importanti e più validi di questi, e uniscono le creature a gruppi, via via fino all'unione totale che ci attende tutti. E non mi riferisco solo alla omogeneità nella disposizione  delle limitazioni che le creature possono avere; in questo caso il legame che le unisce è veramente forte; ma mi riferisco anche ai legami fra due creature di diversa limitazione, e quindi di diverso sentire: può nascere questo legame affettuoso che le unisce ugualmente, e che ritroveranno sempre in seguito, in unioni ancora più salde.

 

L'individuo tesse la trama dei suoi legami karmici nella vita presente per le vite successive.

E' molto difficile capire il complesso meccanismo del karma che implica innumerevoli, proprio innumerevoli elementi per i quali da una causa sortisce un effetto in un'altra esistenza. Forse si può capire tenendo presente che tutto è Uno.

 

Voi siete abituati a pensare che ogni essere è isolato e ha delle occasionali relazioni con chi avvicina, con coloro con i quali vuole, o è obbligato ad avere queste relazioni. Invece non è così.

Pensate ad un ambiente unico - non la vostra società, non la vostra nazione, non la vostra epoca, ma il cosmo intero! - in cui a coloro che vi sono immersi niente è estraneo; considerate questo stretto legame ce esiste fra voi e quelli ce neppure conoscete e che sono a voi collegati da una sorta di legame psichico e poi ancora più sottile; un legame strettissimo che, fate attenzione, non è collegato nè limitato allo spazio e al tempo quali voi li considerate, ed è un legame, una maglia, un'intessitura composta di tantissimi fili, che non va oltre lo spazio e il tempo come una cosa fuori da se stessi, ma prima di tutto come cosa interiore, come cosa che l'individuo ha dentro di sè.

 

Tu conduci un certo tipo di vita e naturalmente questo tuo condurre quel certo tipo di vita ed avere certe esperienze corrisponde a una tua necessità interiore, e quando tu, dalle esperienze che hai, trascrivi dentro di te qualcosa, crei le condizioni per avere un altro tipo di vita e muoverti in un'altra direzione; il tuo essere interiore cambia e ti dirigi verso qualcos'altro, e siccome l'essere interiore te lo porti sempre dietro, anche in una vita successiva - se non altro allo stato di germe che poi si svilupperà e ti dirà una personalità che potrà offrirti le esperienze che ti sono necessarie dal punto di vista della tua evoluzione - è chiaro che, prima ancora di esternarsi dal di fuori, il karma è nel tuo intimo e ti dirige proprio verso quelle esperienze delle quali necessiti.

 

Ora tu dirai che vi sono anche dei fattori esteriori che male si collegano con quelle che sono le necessità interiori, perchè possono verificarsi degli avvenimenti dal di fuori che sembrano del tutto casuali: il classico viandante che cammina e che riceve una tegola sulla testa. Ma questo accade proprio perchè ognuno va verso quel certo ambiente che può offrirgli le esperienze che gli sono necessarie, è la sua necessità interiore che lo porta là dove si manifesta dal di fuori il legame karmico che conduce le varie creature ad avere quelle esperienze che devono obbligatoriamente avere, quali effetti di cause mosse antecedentemente. E come avviene il collegamento tra l'esperienza esteriore e la causa precedente? Diventa chiaro se si pensa al fatto che tutto è Uno e che quando si muove una causa questo movimento che tu avvii, che metti in moto, produce una serie di germi che preparano in te quell'effetto apparentemente esteriore.

 

Ricordate l'esempio delle serie di fotogrammi? Le serie sono fatte in modo che tu, attraverso le tue scelte, debba necessariamente andare da una serie all'altra - la quale comprende anche l'incarnazione successiva -, ed è così che hai già messo il seme nella storia che ti attende.

 

Chi ha un talento creativo, ma per mancanza del senso pratico o per incapacità ad organizzarsi, non riesce a impiegarlo, subisce un karma?

Bisogna sempre tenere presente l'intenzione: tra una persona che abbia del talento e non lo applichi per cattiva volontà, ed una invece che abbia lo stesso talento, ma non lo sappia impiegare per mancanza di senso pratico, è chiaro che il karma è diverso.

In questo secondo caso, l'insegnamento viene quando, rivedendo la propria vita, l'individuo si accorge di questo senso pratico, che è una forma di organizzazione anche di se stessi; da questo ripensamento, che segue il trapasso, nasce l'esigenza di una vita diversamente organizzata.

 

Voi non dovete pensare che il mistico sia tutto volto alle cose dello spirito e che, praticamente, non debba fare niente. Questo è un errore. Ogni essere veramente equilibrato deve avere anche il senso pratico, deve avere e sviluppare una forma di autocontrollo, di giusto inserimento nella vita.

Quindi, rivedendo la propria vita, rivedendo il proprio modo di agire, quell'individuo si dorrà di non aver saputo impiegare tutto il suo talento per incapacità a tradurlo praticamente, e si concentrerà, quindi, sulla necessità di avere anche questo senso pratico dell'organizzazione di se stesso.

 

Sull'innesto del karma personale nel karma familiare.

Nella quasi totalità dei casi, per quelli che principalmente sono i karma dolorosi, qualcuno muove una causa e poi subisce l'effetto proprio restando nella colonna della discendenza. Da qui l'affermazione degli ebrei: "Le colpe dei padri ricadono sui figli"; la quale non avrebbe alcun senso se presa alla lettera; mentre è una affermazione in senso occulto, per cui l'effetto karmico doloroso si subisce restando nella colonna della stessa discendenza. E' logico perciò che le colpe dei padri ricadano sui figli; altrimenti sarebbe un'ingiustizia immensa.

Al di fuori di questi casi di karma dolorosi, invece, per quanto riguarda i molteplici aspetti della incarnazione, c'è una più ampia libertà, cioè non necessariamente si rispetta la discendenza.

In questa chiave, l'essere evoluto si libera dal karma familiare come da ogni altro karma.

 

Se uno riuscisse a conoscere profondamente se stesso, conoscendo così la causa, la radice di ciò che gli ha procurato una certa malattia, potrebbe liberarsene e guarire, anche nel caso che fosse leso un organo?

Sè che potrebbe, purchè non si trattasse addirittura di un organo asportato per una qualche ragione. In questo caso no. Dovrebbe essersi atrofizzato naturalmente, perchè il recupero potesse aversi.

 

Del resto, nei cosiddetti "miracoli" si sono visti dei recuperi impensabili: malattie che sono incurabili, per le quali è addirittura impossibile pensare a un recupero, sono invece guarite in modo cosiddetto miracoloso. E questo, in realtà, vuol dire che la mente può davvero tutto; tranne ricreare un organo - per lo meno nell'uomo - quando questo sia stato asportato. Una gamba, insomma, non può ricrescere.

 

A questo punto diciamo che se si tratta di un karma per il quale è necessario che tutta la tua vita sia condizionata - per il tuo vero bene -, anche se lo capisci lo devi perï subire, proprio perchè in quella condizione di limitazione sta la tua comprensione.

Ma parliamo di un karma che non sia così lungo nel tempo e così tragico: in tal caso, un recupero è senz'altro possibile, non perï nel momento che capisci - perchè capire non basta -, devi proprio comprenderlo. Uno può sapere di avere una certa limitazione, può capire che deve accettare la vita anche con quella limitazione, ma non accettarla di fatto: allora subisce ancora il suo karma finchè, proprio, arriva a comprendere questo. E il karma finisce.

 

Sui gemelli omozigoti, talora con un destino simile; è un sentire equipollente*  che si manifesta o sono solo aspetti esteriori quelli che li accomunano?

 

E' un fatto karmico. Posso dire che non sempre, ma qualche volta, sono creature che in un'altra esistenza si sono veramente odiate, e che ora devono vivere questa unione coatta proprio per superare quella loro limitazione. Per quanto riguarda il loro sentire, può essere simile oppure no.

 

Un certo esoterismo dice che donare il sangue instaura un legame karmico con la persona beneficiata: è vero?

E' una cosa meravigliosa donare il sangue! Non date ascolto a queste affermazioni sciocche, diciamolo pure, sciocche e che,vi posso assicurare, sono dette con lo scopo di stupire, di fare impressioni sugli altri, così da avere una certa credibilità, e quindi quella certa autorità di chi è al corrente di cose occulte. Sono tutte sciocchezze, nel vero senso della parola. Non vi preoccupate, cercate di aiutare gli altri, per quanto vi è possibile, e non potrà venirvene che del bene.

Se poi c'è un karma, tale che chi aiuta debba essere ripagato con l'ingratitudine, è un altro discorso; ma anche chi, per suo karma, sia ripagato con l'ingratitudine e talora con un moto contrario dalla persona che ha beneficato, state certi che quel bene fatto non va perduto. Lo si ritroverà in una prossima occasione.

 

* Per "sentire equipollente" si intende una identità di coscienza, tale per cui si perviene ad una intima e profonda comunione tra quigli esseri che manifestano una tale identità. Al mondo del "sentire", e a questo particolare processo di comunione, detto "fusione", è dedicato in questo volume un intero capitolo a partire da p. 149. Per un approfondimento si seguano le indicazioni delle note contenute in quel capitolo, mentre già una prima superficiale indicazione la si può dedurre dalla Introduzione ai "Complementi d'insegnamento", p. 134 e sgg.

 

 

Che cosa fa sentire a certi giovani che la loro vita sulla terra sarà breve?

Io direi che è una certa evoluzione. Talvolta vi sono delle creature che trapassano in età giovanile, ma non lo sentono affatto, anzi, dal loro comportamento, sembra che debbano campare chissà quante vite, anzichè pochi anni. Altre creature, invece, hanno proprio la netta sensazione di essere in terra per poco tempo. Ora, senza farne una regola, in linea generale io direi che quando una creatura sente di dover trapassare in età giovanile, e lo sente in maniera decisa, allora è una creatura di una bella evoluzione.

 

Un essere evoluto come si comporterebbe con la natura; coglierebbe fiori?, taglierebbe rami?, ucciderebbe animali?

Un evoluto non farebbe niente di tutto questo senza che vi fosse una ragione, ma, se vi fosse una qualche fondata utilità, una qualche ragione, lo farebbe, certo.

Non si deve andare all'eccesso di pensare che, cogliendo fiori, si faccia del male, che so, alla pianta. 

Certo, se strappi fiori con un intento distruttivo o per disprezzo verso la natura, allora è l'intenzione che colora negativamente la tua azione; ma se, cogliendo dei fiori tu ne fai omaggio a una creatura la quale gode di questo omaggio, è senz'altro lecito cogliere dei fiori, anche in considerazione del fatto che la forma di sensazione che la pianta prova non è poi così dolorosa come qualcuno può pensare.

 

Se la religiosità è indice d'evoluzione. E sull'ateo che abbia solo la religione della sua coscienza.

Che cosa significa credere o non credere? Non significa niente.

Dio ci guardi da quii credenti che agiscono per la paura dell'inferno, o per guadagnarsi il paradiso. Come dicono i maestri: "Meglio piuttosto un ateo, meglio un materialista che agisce bene senza farlo in funzione di una ricompensa nall'aldilà". Un uomo che non ha paura del giudizio divino, perchè pratica la religione della sua coscienza, è una creatura di grande evoluzione, che ha capito tutto.

 

Generalmente, chi si dichiara ateo ha una sorta di repulsione per tutto ciò che sia religioso, mistico, chiesastico, ha avuto una incarnazione nella quale era assai bigotto, osservante di qualche religione, ma solo formalmente. Come reazione a quell'atteggiamento, ora ha questo rigetto per tutto ciò che sappia di religione, di

fede, però si comporta normalmente bene; cioè ha, nell'ateismo, quella condotta retta che avrebbe dovuto avere nella precedente incarnazione, vissuta, invece, nella fede male intesa e quindi male applicata.

 

Ricordate la massima evangelica: "L'albero si riconosce dal frutto". Quando una persona agisce bene, soprattutto per agire bene, e non in vista di una ricompensa nell'altro mondo, o in questo, è sempre una creatura di grande evoluzione.

 

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