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La conoscenza del dolore - La divina misericordia - Il cosmo dei fotogrammi - Nessuno ci abbandona - Lontani dal piccolo mondo - 

Eternità del presente - Fiduciosi e sereni - Le fasi della coscienza - Il momento della solitudine - Il momento della verità - Come amare la vita - 

La vera patria - La verità proclamata - Tutto è - Il silenzio rivelatore - Che significa "illusione" - Come sentire la vita - Essere e non divenire - 

Il ruolo della mente - Attenzione, consapevolezza, coscienza - Il prossimo è noi stessi - Il vero misticismo - La sorgente della vita - 

L'ultima illusione: l'io - Liberare il cuore e la mente - Il sentire individuale - Significato di "liberazione" - La poesia del presente - 

L'approdo sicuro - Non essere turbati - Meditazione - "Io non sono il mio corpo"- "Io sono un piccolo cosmo" - "Io non sono le mie sensazioni"

 - "Io ho la libertà di scegliere" - "Io non sono il mio pensiero" - "io non sono il mio io" -

La conoscenza del dolore

 

Enunciandovi il principio che la coscienza sorge nella libertà, ecco enunciato il principio per cui è necessario all'uomo conoscere il dolore per la formazione della sua coscienza.

Lo scopo dell'emanazione essendo, per l'uomo, la sua nascita spirituale, non è necessario soffermarsi a lungo sull'argomento per comprendere che è nello svolgersi stesso del piano di evoluzione cosmica la necessità, per l'uomo, di conoscere le due forze che agiscono, di conoscere i due estremi, i due opposti, onde in questo gioco di forze possa nascere, possa costituirsi, possa formarsi la di lui coscienza.

A chi vi domanderà perché l'uomo debba conoscere il dolore, voi risponderete che l'uomo tutto deve conoscere, e nel tutto vi è anche il dolore. Senza la conoscenza di questo tutto, l'uomo mai potrà giungere a quella meta che per lui è predestinata.

 

Non soffermatevi ad una visione limitata di quanto esiste: andate oltre! Il vostro pensiero vi spinga sempre avanti nella concezione della verità, nell'intuizione della Realtà: sempre oltre!

 

La divina misericordia

 

L'ingiustizia, il dolore, la malvagità, tutto quanto può turbarvi, è la misericordia di dio, è il suo prezioso aiutare gli uomini, è il suo celeste insegnare.

Solo quando riuscirete ad andare oltre queste immagini, per voi così tristi ed incomprensibili, potrete comprendere l'immensa misericordia divina ed il divino amore!

Nei momenti di grande dolore, l'uomo dimentica tutto per riuscire a trovare la causa della sua sofferenza, forse inconsciamente dubitando di ciò che fino ad allora ha creduto e auspicando che una nuova concezione, una nuova verità possa affrancarlo da quel dolore. Ma non è così: il dolore, la prova e l'esperienza del dolore avviene qualunque cosa l'uomo creda; che sia vicino o lontano dalla verità, che sia nella verità o nell'errore, ciò che ha contratto in precedenti incarnazioni deve pagarlo.

 

Essere nella verità o nell'errore può essere rilevante per ciò che adesso contrae, per gli effetti che poi sconterà: ma i debiti che sta pagando non possono essere cancellati dal fatto di essere nella verità. Ripeto: l'essere e l'agire nella verità può impedire di contrarre nuovi debiti karmici, ma non può annullare gli effetti di cause precedentemente create e messe in moto.

 

Nel momento del dolore, per un suo istinto atavico, l'uomo ritrova l'antico timore e pensa: forse l'ente supremo è in collera con me perché ho fatto qualcosa che non gli è gradito, perché credo in qualcosa che non è la verità. E rimette tutto in discussione. E' un moto istintivo dell'uomo quello di legare la propria felicità alla propria condotta e alle proprie idee morali. Viene dalla notte dei tempi, quando l'uomo credeva che un temporale o un qualunque fenomeno atmosferico di rilievo fossero dovuti alla collera degli dèi: e ancora oggi, nonostante sia l'età del raziocinio, egli crede che la sua infelicità sia una punizione per una condotta non conforme al volere divino.

 

In questa visione primitiva c'è un fondo di verità, che può riassumersi nella legge di causa e di effetto. Certo, la nostra infelicità non è dovuta alla collera divina, bensì ad una nostra condotta nei tempi trascorsi non conforme a quelli che dovevano essere l'intenzione e il comportamento. 

Ma in questo non esiste collera divina, esiste solo l'amore di dio per le sue creature; qualunque sia l'esperienza amara, infatti, essa reca con sé un balsamo dovizioso di comprensione, un nettare di verità: un balsamo per lo spirito. E queste non sono né possono sembrare delle frasi fatte, per quanto se ne è abusato. 

 

Dunque: forza!, per chi è provato. Ma il primo insegnamento che dal dolore deve venire è quello di riconoscere una cristallizzazione del vostro modo di agire e di pensare: di vivere, in sostanza.

 

Il cosmo dei fotogrammi

 

Una tragedia dovuta ad un effetto karmico, oltre che farvi bere l'amaro calice fino in fondo, oltre che farvi estinguere un debito contratto con la legge della verità, oltre che insegnarvi, aprirvi nello spirito, deve darvi un immediato insegnamento: niente è stabile nel mondo fisico!

 

L'uomo che si adopera e si affatica per costruire stabilmente - in questo piano dove tutto è in continua mutazione, nella successione del tempo - getta le sue energie al vento. Tutto deve essere fatto nel migliore dei modi, certo, ma non nella prospettiva di raggiungere la perfezione e la stabilità.

Pensate quanti fotogrammi stanno di fronte a voi e di quanti fotogrammi è costituito un cosmo. 

Ciascun fotogramma in, sé è stabile, eterno, indistruttibile, immutabile; eppure l'uomo li scorre, ed in questo gioco di scorrere segue una vicenda illusoria; e deve essere consapevole dell'illusione di questa vicenda; deve adoperarsi perché tutto il meglio sia fatto, non deve essere un fatalista ma vivere come se la vita fosse veramente eterna; eppure deve essere pronto a lasciarla come colui che già conosce la propria condanna. Questa è la giusta posizione.

Dunque, accettate tutto di buon animo!

 

Nessuno ci abbandona

 

Noi comprendiamo che vorreste sempre vivere accanto alle vostre persone care, che almeno in questo il mondo del mutevole e dell'illusorio dovrebbe non essere tale; vorreste sempre vivere accanto a chi amate; ma nessuno, in realtà, vi abbandona. E' solo un cambiamento di stato, una momentanea separazione per chi rimane nel mondo denso della materia, mentre non è separazione per chi lascia questo mondo e continua a vedervi, ad esservi vicino, e se ha vissuto in modo giusto è vicino a voi felici e non piangenti. Questa è la consolazione di coloro che momentaneamente vi hanno detto "arrivederci".

 

Lontani dal piccolo mondo

 

Questi messaggi cercano di portarvi lontano dalle piccolezze del mondo, del piano fisico, dove l'uomo è per abitudine un mezzo, catturato da avvenimenti che in qualche modo lo interessano e dei quali si sente protagonista. Ma se l'uomo si lascia prendere dagli avvenimenti senza pensare a che cosa sta dietro ad essi, la vita si riduce a ben piccola cosa: un passaggio di egoismo.

 

Voi che ora sapete quale vastità di cose esista oltre ciò che i sensi fisici vi fanno percepire, voi non dovete lasciarvi prendere e trascinare dalla piccolezza della vita fisica, dai puntigli che gli uomini amano scambiarsi; non dovete fare di questi piccoli avvenimenti la ragione della vostra esistenza, ma prenderli per quel poco che sono, senza dar loro troppa importanza.

 

Se un avvenimento che vi riguarda ha potuto suscitare un certo scalpore, anche nei riflessi della società come è  organizzata, vi dico: non date eccessiva importanza! E' accaduto perché dovevate avere quella esperienza.

 

Se un avvenimento, a volte, può umiliarvi o confondervi, così è perché vi ricordiate che l'uomo è soggetto ad essere umiliato e confuso: ma questa umiliazione e confusione non indicano che l'uomo debba annullarsi, questo richiamo non significa che l'uomo debba passare all'eccesso opposto, debba cioè sempre umiliarsi e confondersi. Esso è unicamente un avvenimento acciocché l'uomo trovi il giusto modo di sentire e di vivere la sua vita.

 

Eternità del presente

 

Le varie religioni e filosofie cercano di spiegare che cosa sia la vita, e ognuna dà una sua risposta cercando di adattare quella che sembra la realtà in modo che l'uomo possa appoggiarsi per trovare un conforto, un sostegno.

Parlandovi della vita, della realtà come appare osservandola via via da nuovi punti di vista, noi non vogliamo darvi tante grucce alle quali appoggiarvi, non vogliamo darvi qualcosa che possa allontanarvi da una realtà sgradevole, ma anzi qualcosa che sia costruttivo. Cercando di enunciare la Realtà, vogliamo conciliare questa Realtà con voi stessi: vogliamo aiutarvi a realizzare voi stessi in questa Realtà.

E questo significa: "Destatevi! Guardate attorno a voi ed in voi. Sappiate considerare la vostra realtà e la realtà che vi circonda non in modo evasivo ma in modo costruttivo!"

 

Non vi insegniamo, quindi, a sopportare le ragioni dei vostri dolori, delle vostre amarezze, proponendovi un miraggio di illusione, dicendovi che essi sono transitori e che servono per conquistarvi una vita felice in un ipotetico futuro. Ma vi diciamo: "Anche se questo è vero, cercate di capire ora la ragione dei vostri dolori, delle vostre ansietà, qui! Perché la vostra vita è fatta di realtà presenti; perché essa non vi è data perché viviate in previsione del futuro, di un futuro che per il momento non vi appartiene; questo futuro è già e, per altri, forse è già trascorso; la vita è il presente, è il presente dell'eterno presente". Niente evasioni, quindi, ma comprensione. Comprendere ciò

che è attorno a voi, anche se questo comprendere, contrariamente a quanto possono promettere le filosofie e le religioni, non è di conforto ma, inizialmente, di turbamento, di apparente confusione.

La realtà per la realtà, la realtà per se stessa: ecco: la vita per la vita, per la creatività, non per l'evasione, non per chiudere gli occhi a ciò che vi sta davanti sperando che, col mirare nel futuro, tutto sparisca.

 

Fiduciosi, sereni

 

Quando un ostacolo vi si pone davanti, non deve essere disconosciuto, non deve essere annullato col non esaminarlo; ma esaminandolo, ponendosi nella condizione mentale di doverlo affrontare, esso è in parte, se non in tutto, già affrontato. Costa molto di più non pensare alle difficoltà da superare, o non volerci pensare, che affrontarle con semplicità. Molte volte, affrontata con questo stato d'animo, la difficoltà diminuisce, sparisce.

 

Questo vale per quei lati amari che inevitabilmente si incontrano nella vita, perché la vita è fatta di tutte queste cose: le liete e le tristi. Affrontando la vita ed accettandola come è - e così voi dovete fare - si deve ugualmente accettare ciò che può essere piacevole e ciò che non lo è. Ma nella serena accettazione io vi garantisco che ciò che sembra un peso gravoso diviene sopportabile, non in funzione di un'evasione che nulla risolve ma di una comprensione che dona libertà.

 

Siate sereni, fiduciosi, fidenti in ciò che è la promessa del maestro Cristo: "Basta a ciascun giorno il proprio affanno".

Non siate dunque in ansietà solleciti - e la serenità e la forza non vi mancheranno.

 

Le fasi della coscienza

 

Ogni animale, nascendo, sviluppa grazie al movimento e riconosce come propria madre la prima sagoma che si muove, anche se si tratta di un corpo inanimato messo artificiosamente in movimento.

La sensibilità si dischiude sempre di più grazie al movimento. In fondo, non siamo che degli animali, anche se ciò che si dischiude in noi non è più la sensibilità ma è, o dovrebbe essere, la coscienza.

La coscienza si dischiude, cresce, si amplifica grazie al movimento, alla successione, al trascorrere, in ultima analisi grazie al divenire.

L'evoluzione umana, dunque, che ha radici negli altri regni naturali, ha una prima fase che è del divenire: è la fase più sensitiva, quando l'uomo è ancora un centro di sensibilità più che di coscienza, e si sviluppa ancora attraverso il movimento, simile in questo agli animali, seguendo l'illusorio trascorrere, l'illusorio divenire nel tempo. 

Questo campo del divenire, cioè delle sensazioni, è il campo del voler essere ciò che in realtà non si è, è il campo tutto costellato di grucce che servono a spostarsi da  un punto all'altro e, nel contempo, a non farci perire sotto il peso degli spostamenti.

 

L'uomo non vorrebbe spostarsi, mutare i propri ambienti, le proprie abitudini, le proprie idee, e cerca di conservare le posizioni acquisite; ma in questo va contro la natura perché si nega al movimento, quel movimento che invece lo conduce ad uno sviluppo, a un'evoluzione. Ecco che la natura provvida sopperisce a questa innata pigrizia dell'uomo con dei piccoli terremoti che lo costringono a spostarsi, a modificarsi, a muoversi, pur sempre nell'illusione. E poiché l'uomo, che è un virgulto ancora così tenero, così peribile, potrebbe soffrirne, essa mette a sua disposizione delle grucce, delle illusioni, dei conforti, delle iniezioni di coraggio.

 

Poi quest'uomo diviene un tantino più grande, ed allora queste grucce gli vengono tolte, gli viene mostrato il loro vero valore e gli viene detto: ora devi imparare a camminare da solo, senza queste grucce, cioè ad affrontare la realtà quale è, senza che essa sia velata, perché stai passando ad una nuova fase del tuo essere, in cui veramente sei un centro di coscienza e di espressione, recepisci in te e attraverso di te una forma di coscienza dell'Assoluto!

 

Il momento della solitudine

 

Questo momento, in cui non esistono più bastoni ai quali sorreggersi, è sempre un momento tragico. L'individuo è posto di fronte al cosmo privo di certi veli. Ciò corrisponde a quella fase - nei tempi in cui queste verità venivano raggiunte attraverso l'iniziazione - in cui l'adepto si sentiva unico e solo abitatore del cosmo. In effetti, è così! La prima impressione che può dare la verità della non contemporaneità del sentire, è questa. Ma la meditazione e la giusta comprensione di questa verità fanno sì che essa venga acquisita nel giusto senso, e questa solitudine ben presto cade.

 

Questa può sembrare ancora una gruccia, ma così non è. Allora, che cosa sono le grucce! Sono verità anch'esse: tutto sta come l'uomo se ne serve: può farne dei bastoni a cui sorreggersi per trovare conforto o farne veramente oggetto di studio, di meditazione, di assimilazione della verità, indipendentemente dal fatto che essa gli sia più o meno gradita.

 

Gruccia può diventare, ad esempio, la verità della reincarnazione, la verità della sopravvivenza dopo la morte. Quando una persona cara ci precede nel trapasso, la verità della sopravvivenza può essere una gruccia per chi rimane nel cosiddetto mondo dei vivi confortato da questa verità e nel pensiero che la persona cara sarà presto o tardi riveduta - forse è meglio tardi che presto -, comunque non definitivamente perduta.

Eppure questa è una verità. Dunque la verità si trasforma in gruccia unicamente in funzione di come la si considera interiormente.

 

Il momento della verità

 

Che cosa significa, allora, lasciar cadere grucce e bastoni!

Significa affrontare la verità nella giusta luce, non servendosene come di un conforto, come di un mezzo di evasione dalla vita, ma comprendendola: perché la verità deve essere compresa e assimilata in se stessa e per se stessa.

 

Voi siete in questa fase delicata. Alcuni veli che coprivano la realtà più profonda del cosmo - del cosmo mai creato - sono caduti assieme alle grucce e ai bastoni, e voi siete di fronte ad una nuova realtà. 

Ma questa nuova realtà, presentandosi più difficoltosa delle vecchie, è da voi cercata e presa secondo le vecchie abitudini. Voi cercate, con questa nuova realtà, di eludere la Realtà, di adattare la nuova realtà alle vostre vecchie convinzioni; cercate di occultare gli aspetti delle nuove verità in modo che risultino meno sgradite, più conformi a quelle che fino ad ora sono state le vostre convinzioni: in ultima analisi, voi cercate di allontanare da voi la verità, la Realtà: cercate un divenire, e non un essere!

Si è nel divenire - anch'esso necessario, ripeto, in una fase dell'evoluzione umana - fino a che si cerca di vivere non come si è ma secondo certe convinzioni, non come è l'essenza del nostro essere ma come vorremmo essere. 

Così, si è nel divenire tutte le volte che guardando il mondo dei fotogrammi, con queste nuove verità conosciute, pensate di non poter più vivere come una volta, che la vita che vi circonda non corrisponde più alla realtà che vi è stata svelata e forse, per vivere realmente, occorrerebbe ritirarsi dalla vita di oggi per fare vita di meditazione. 

Ma, se riflettete bene, questo è un ricercare non il giusto modo di vivere per essere nella Realtà, per dire "io vivo realmente", ma un modo per essere diversi da quello che in realtà si è: e questo è, né più né meno, divenire.

 

Ora la domanda è: "Come e quando si vive veramente nell'essere? E che cosa dobbiamo fare?".

Ancora questa domanda può nascondere la volontà di divenire, l'ambizione dell'io.

Occorre che ciascuno di voi non abbia misteri con se stesso: ecco il modo di esistere nell'essere e non nel divenire.

Occorre che ciascuno di voi conosca il proprio intimo in tutta la sua realtà, sia essa piacevole o spiacevole, lodabile o deprecabile secondo i canoni della società umana.

Nessun mistero, nessun lato nascosto di voi stessi deve esservi sconosciuto, appunto nascosto ai vostri occhi. Allora, quando si desidera allontanarsi dal mondo dei fotogrammi per vivere nella Realtà, si desidera in sostanza allontanarsi dalla realtà del nostro essere per continuare un divenire.

 

Come amare la vita

 

Amare di più chi vi sta vicino, chi vi sta attorno. Esprimere voi stessi in questa creatività dell'amore. Fare con più convinzione, e in questa nuova prospettiva, il proprio dovere di uomini. Vivere più intensamente, nella riflessione delle verità che ora conoscete, la vostra vita di umani e non di asceti, la vostra reale natura. Realizzare voi stessi nella vita, nella costante riflessione e assimilazione delle verità che conoscete; ma non realizzare queste verità a scapito di voi stessi, bensì voi stessi in queste verità! E non è un sillogismo. Dovete portare in voi stessi queste verità e farle diventare vostro essere, vostra natura.

 

Vi affacciate alla finestra e vedete passare nella via sottostante una folla di umanità tutta volta a vivere la propria vita di uomini. Ebbene, guardando queste creature, potete anche conoscere e sapere che il loro sentire non è contemporaneo al vostro, che in ultima analisi la loro vita è illusoria e del tutto diversa da come appare, e persino da come è da loro sentita, eppure amare queste creature, aiutarle!

 

Nella verità sta scritto: "Amare la vita ma essere pronti a lasciarla come coloro che non l'amano affatto". Amare, essere innamorati della vita come i figli del mondo, pur sapendo quanto diversa essa sia da come appare; seguite certe convenzioni, se questo fa parte della vostra natura, ma conoscendo e sapendo quanto illusorie, quanto di comodo esse siano.

 

Essere liberi intimamente. Prima di trasformare ciò che sta al di fuori della vostra vita, trasformate voi stessi: perché potete cambiare quanto volete l'esteriore, ma il vostro sarà sempre un divenire se e finché a questa mutazione non corrisponderà un mutare dell'essere vostro.

 

La vera patria

 

Noi tutti siamo nel cosmo, siamo in seno all'Assoluto. Questa è la nostra vera patria: l'Assoluto, il suo seno. Tutto quanto ci è attorno è stato fatto per l'amore che ha per noi.

Quindi non dobbiamo temere.

 

La conoscenza della verità ci apre un nuovo orizzonte, una nuova realtà. Ma non possiamo pretendere che la realtà sia statica, secondo come la conosciamo, quando è così diversa per le creature che vediamo uguali e dissimili a noi. Perché la vostra dovrebbe essere la giusta e quella degli altri invece l'errata? Perché il modo di concepire, di sentire dell'uomo dovrebbe essere esatto ed invece errato quello di un cane o di un gatto? Ciascun modo di sentire, in sé, è esatto, rapportato alla forma da cui trae espressione.

 

Il vostro modo di sentire è questo finché corrisponde ad uno stadio, ad una forma, ad un essere interiore. Quando questo essere è pronto per mutare, anche il vostro modo di sentire deve essere aiutato a mutare. 

Anche il fiore che abbiamo dentro di noi deve essere aiutato a sbocciare, liberandolo da tutte le sovrastrutture: perché ciò che fino a ieri v'era per noi di più bello e più prezioso, diventa sovrastruttura nel momento in cui, nell'individuo, sta per sbocciare un nuovo fiore di comprensione. E questo stesso fiore di comprensione, che ora è in boccio, un giorno dovrà essere rimosso per lasciar posto ad un altro fiore, che ancora nascerà dal nostro intimo. 

Fino a che, da questo stesso intimo, sarà un fiorire tale che tutto ciò che sta all'esterno perderà la sua importanza, diventerà privo di ogni interesse; ed allora sposteremo la nostra consapevolezza dai mondi sensibili ad un mondo assai diverso, più intenso di sentire: dove non crescono le mansioni, le azioni che si concepiscono solo da uomini, ma cresce il sentire e l'essere: essere, addirittura, e non divenire!

 

La verità proclamata

 

Il primo effetto importante della verità è la sua proclamazione, avvenga essa nell'intimo della coscienza oppure tramite le parole e il suono della voce. Il fatto stesso che una o più creature la proclamino, la comprendano, la facciano propria, è direi successivo all'enunciazione della verità.

 

Il tutto, la Realtà, è attorno a noi e in noi; ma non ne siamo consapevoli, non ne abbiamo coscienza. Ora, quando un frammento di questo tutto è visto e messo a fuoco, è racchiuso negli angusti limiti di una enunciazione di verità, già questo è di enorme importanza perché significa porre questa idea nella catena dei pensieri umani, significa gettare un seme nel terreno delle umane concezioni, seme che indubbiamente darà i suoi frutti. Primo fatto importante dunque è la proclamazione di questa verità, la conoscenza. Quindi, per l'individuo, l'assimilazione. Porre attenzione è il primo atto, importantissimo perché significa, ripeto, porre nella catena dei pensieri umani, delle umane possibilità di comprendere, una nuova verità, un nuovo frammento della Realtà.

 

Se voi ponete attenzione, a poco a poco queste verità, entrando nella catena dei pensieri umani, si metteranno in movimento e saranno colte da altri. In che modo? In uno degli innumerevoli modi attraverso i quali la verità si comunica tra gli individui: modi telepatici, modi apparentemente fortuiti. Vedete: non servono i libri, non serve che le verità siano scritte, se non hanno tra gli uomini una qualche radice di contatto.

I libri possono cadere sotto l'attenzione degli uomini ma se, nel loro intimo, non c'è questa radice, la verità passa inosservata ed essi non la colgono. Ma quando questa radice è in loro, giunta attraverso parole o pensieri telepatici, gli uomini la colgono subito e la sottopongono ad una prima meditazione.

 

Tutto è!

 

Ebbene, voi rappresentate quel tanto necessario affinché queste verità trovino un primo terreno favorevole. Meditandole, facendole vostre, voi ponete in essere un comandamento, voi contribuite ad attuare il destino della verità, che è quello di correre da un individuo all'altro, da un essere all'altro, superare i limiti della separatività per congiungere i centri di sensibilità e di coscienza e di espressione in una ideale catena.

 

L'importante è che afferriate i principi fondamentali, anche se la poca dimestichezza possa provocare qualche incertezza, qualche momentaneo errore. L'importante è comprendere che nulla in effetti trascorre, diviene, ma tutto è!

 

Noi esistiamo nel tutto e per sempre. Nulla trascorre o è perduto. Basta che l'uomo riesca, illuminato intimamente dalla luce della verità, nell'introspezione lenta, sicura, a giungere più profondamente nel suo essere, nella sua coscienza, ed ecco cadere il velo di maya dell'illusione: cadono quelle paratie, quelle false luci che gli fanno credere di trascorrere, di passare, di finire; ecco che, nella sua intima essenza, egli ritrova la contemporaneità del tutto, l'unione con i suoi simili, l'unione con l'Assoluto.

 

Il silenzio rivelatore

 

Voi direte: dunque la vita deve essere lasciata, abbandonata come ormai senza significato, nella visione di questo futuro così allettante e così carico di cose desiderate?

No. A questa introspezione si giunge attraverso la vita. E' solo attraverso la vita che ci si fa strada nell'intimo nostro fino a giungere alla nostra coscienza: dal rumore assordante dell'esterno al silenzio rivelatore dell'interno.

Niente può sostituirsi alla vita. L'uomo potrebbe, quando volesse, meditare una verità, o tutta la verità, ma senza l'incarnazione, senza la vita, mai giungerebbe a trasformare se stesso.

Così, mentre vi diciamo queste verità, nello stesso tempo vi diciamo: "Vivete la vostra vita liberamente, spontaneamente!". 

Questo è l'insegnamento che vi diamo.

 

Che significa "illusione"

 

Quando l'individuo è immerso nell'illusione non ha la percezione di esservi. Ciò che sperimenta è per lui perfettamente reale, e guai se fosse diversamente: l'esperienza non porterebbe il suo frutto. Guai se l'individuo sperimentasse non convinto di ciò che fa. Ecco perché vi diciamo che l'individuo deve vivere nel modo più intenso e secondo l'ideale morale che la sua coscienza gli suggerisce, e mai vedere la vita da lontano, da dietro un cristallo, come qualcosa che non gli appartiene.

 

Che significa, allora, dire che ciò che state vivendo è un'illusione?

Quando osservate la vita trascorsa, che cosa vedete? Tante esperienze che, nel momento, vi sembravano importantissime, sembrava dovessero aprirvi un avvenire del tutto particolare, che fossero l'essenziale della vita. Oggi, a distanza del vostro tempo, vi accorgerete che queste esperienze sono state sì utili allora e per la comprensione di oggi, ma in sé non avevano tutto quel valore e quel significato che attribuivate loro.

Ecco che cosa significa illudersi: credere, appunto, che tutto quello che oggi sta accadendo sia il reale, l'essenziale, il vero.

 

Questo lo si può dire quando si è lasciata l'illusione e si è trovata la Realtà. Ma fino a quel momento - lo ripeto ancora - è importante l'illusione. Del resto, fino a che non si è nella Realtà, non si può comprendere di essere passati dall'illusione.

La conoscenza di certe verità è importante come un avvertimento: di non illudersi troppo sulla vita, di non prenderla come se la vita, con tutte le sue esperienze, fosse qualcosa che mai passerà, che durerà in eterno. Questo sarebbe un grandissimo illudersi!

 

E c'è un avvertimento opposto che vi diamo: state attenti a non staccarvi troppo dalla vita, a non guardarla attraverso un cristallo! Ciò significherebbe che vivete in attesa dell'avvenire, che il vostro non è un essere ma un divenire, che non vivete il presente, convinti che sia un'illusione, pensando di vivere il futuro nella realtà. Neppure questo è giusto.

E' difficile sentire la vita nel modo giusto.

 

Nei libri sacri dell'India è detto: "Amare tanto la vita, essere tanto attaccati alla vita quanto colui che l'ama immensamente, ma essere pronti a lasciarla quanto colui che la odia".

Forse da questo apparente paradosso riuscite a capire il giusto modo di sentire la vita.

 

Come sentire la vita

 

C'è un modo giusto e che non illude di sentire la vita. Ed è questo: essere sinceri con se stessi, comprendere se stessi, compiere un'introspezione per capire che in se stessi non c'è falsità; essere sinceri e veritieri con se stessi! 

Questo solo possiamo e dobbiamo fare, senza preoccuparci di voler raggiungere un modo di vivere reale: ciò costituirebbe un divenire e non un essere. Vivere nell'illusione non vuole dire vivere la propria vita senza considerare che possa avere un'alternativa, che possa avere un valore diverso rispetto a quello che le attribuiamo; ma vuol dire considerare la vita in modo distaccato o troppo attaccato.

 

Per non vivere in modo illusorio è necessario essere sinceri con se stessi: questo è importante, e nient'altro!

Si può vivere in modo reale anche nel mondo dell'illusione, strano a dirsi. Vi abbiamo detto che la Realtà è nell'Assoluto, che tutto quanto non è Assoluto è illusione; eppure nel cosmo, nel mondo dell'illusione, si può vivere realmente. Come? Essendo sinceri e veritieri con se stessi - e nient'altro.

 

Essere, non divenire

 

L'insegnamento delle religioni verte sul bene operare. V'è una fase sottostante a questa, ed è quella di non tanto bene operare quanto bene seguire le norme canoniche delle varie religioni, essere un buon osservante, come si usa dire. Tutto si risolverebbe in questo: seguire certe cerimonie, dire certe preghiere, pensare a dio, e nient'altro; ciò sarebbe sufficiente per salvarsi l'anima e per poter godere di una vita eterna nella beatitudine.

 

Non c'è bisogno di dire che questo insegnamento è valido e va bene per certe creature, ma non per tutte. Non è il più alto che esista.

 

Un insegnamento un po' più sottile, che ha un aspetto più reale del precedente, o diciamo che più si avvicina alla realtà, è quello di amare il prossimo come se stessi e di aiutarlo.

"Prima di accostarsi all'altare - dice questo insegnamento - vai a far pace col tuo fratello". Secondo questo precetto più spirituale, sarebbe inutile e direi quasi assurdo accostarsi alle cerimonie religiose quando dentro di noi non vi fosse l'amore al prossimo, o, quanto meno, non fossimo in pace con noi stessi nei confronti degli altri.

 

Questo insegnamento è molto difficile da seguirsi, tanto che si è cercato di renderlo più accessibile col dire: "Se proprio dentro di voi non c'è questo amore sviscerato per i vostri simili, basta che facciate qualcosa per loro, che cerchiate di aiutarli!". In effetti, piuttosto che uccidere i propri simili è meglio astenersi, pur covando nell'animo un sentimento di odio.

 

Ma questo non è ancora il più alto insegnamento circa il modo di comportarsi, o più esattamente di essere, degli individui. Ecco, il giusto insegnamento individuale è questo: essere!

Quando un uomo si impone di aiutare i suoi simili unicamente perché conosce il comandamento che dice "Ama il prossimo tuo come te stesso", e questo si impone di seguire, fa violenza a se stesso: egli non è in essere, egli è in divenire.

E voi sapete ormai che divenire è uguale a illusione, mentre essere è uguale a Realtà. Allora, questo voler apparire e comportarsi secondo una regola giusta che gli è stata raccomandata è per lui un divenire, un'illusione, non un essere, un sentire, cioè una realtà.

 

Il ruolo della mente

 

A questo punto direte: "Allora che dobbiamo fare? Forse dobbiamo dare libero sfogo al nostro sentimento interiore senza preoccuparci delle conseguenze?"

No, non è questo il giusto modo di essere, di manifestare il proprio essere. Comprendete voi stessi, conoscete voi stessi, siate estremamente sinceri con voi stessi: questo noi vi diciamo.

C'è una grande verità che dice: si può acquisire la Realtà, l'essere, attraverso la mente.

Comprendere qualcosa significa porvi attenzione, conoscere e infine comprendere. Così, porre attenzione al proprio egoismo, ai propri limiti; agire secondo ciò che la vita di ogni giorno ci spinge ad agire, secondo i nostri limiti; senza fare cose per le quali non abbiamo le forze, senza illuderci di essere dei missionari in terra di missione; ma conoscendo noi stessi, i nostri limiti e le nostre forze; riuscire a dirsi "Io non do tutto quello che ho ai miei simili perché so che soffrirei di questa privazione"; ma porre attenzione a questo sentire egoistico e cioè dire "Io non do questo perché se donassi lo farei per guadagnarmi un premio eterno, unicamente per questo!"; ma nello stesso tempo essere consapevoli della propria natura egoistica, della propria mancanza di fede nella divina provvidenza: questo dovete e potete fare.

 

Sembra poco e io vi dico in verità che basterebbe questo poco per trasformare entro breve tempo l'umanità tutta per quella legge divina - possiamo dirlo - secondo la quale la comprensione giunge dall'attenzione alla consapevolezza. Dall'attenzione la consapevolezza. Conoscere se stessi significa proprio questo.

Nel momento in cui, attraverso l'attenzione, l'uomo riesce a conoscere i propri limiti, egli trascende questi limiti. Attraverso questo processo di concentrazione, di spietata e veritiera introspezione, l'uomo può passare da un modo di vivere illusorio, qual è il divenire, ad un modo di esistere reale, qual è l'essere.

 

Attenzione, consapevolezza, coscienza

 

Voi porgete attenzione a ciò che vi è attorno. E io torno a invitarvi a meditare, a frugare nell'intimo vostro, a cercare in voi le ragioni di ogni evento umano, perché anche ciò che è scritto inevitabilmente dal fato non è imputabile ad altri che all'agire umano.

 

Quando combattete ogni spirito di cristallizzazione, quando invocate il rinnovamento, voi dovete prima cancellare nell'intimo vostro le ragioni di ogni immobilità, che sono nell'io e soltanto nell'io. Quando nella vita di ogni giorno voi, per pigrizia, per mancanza di volontà, per diffidenza, per amore al "quieta non movere ", rifiutate chi vi propone di agire in un senso o nell'altro, voi contribuite alla cristallizzazione che imprigiona gli uomini. Quando vi sentite diversi dagli altri, quando pensate di essere in posizione diversa da loro, quando credete di avere più meriti, di avere dei privilegi, voi contribuite realmente e fattivamente a creare l'ineguaglianza, la disparità fra gli uomini. Quando pensate di ottenere un favore, o fate dei favori a chi vi si rivolge, avendone la possibilità, a discapito di altri, voi contribuite a mantenere l'ingiustizia nel mondo.

 

Ecco voi dovete conoscere voi stessi, essere consapevoli di quanto errore, di quanta ignoranza di voi stessi è nell'intimo vostro. Dovete essere consapevoli del vostro vero essere, consapevoli di voi stessi non con il desiderio di cambiare, di produrre nel segno opposto a quello che oggi è in voi; ma dovete, per amore della verità di voi stessi, con il solo scopo dell'amore del vero, comprendere la vera ed essenziale natura dell'essere vostro. E' dall'attenzione - non sarà mai ripetuto abbastanza - che si passa alla consapevolezza, e dalla consapevolezza alla coscienza e al superamento.

 

Il prossimo è noi stessi

 

Che cosa significa pensare ai propri simili con amore e non in termini di divisione!

Dovete pensare e vedere le creature non come qualcosa di molto diverso da voi, quasi come se appartenessero ad un'altra razza, ad un altro mondo, ma come esseri in tutto simili a voi che stanno sperimentando un'altra gamma di sensazioni, di vibrazioni, di emozioni, ma che fondamentalmente sono simili a voi. 

Non dovete quindi operare delle discriminazioni, catalogare le creature, trovare quello che hanno di diverso e farne un pretesto per distinguervi da loro, isolandovi e differenziandovi da loro. Questo è l'errore più grave che potete commettere.

 

Conseguenza di tale differenziazione è il dire: "Io non farei mai e non direi mai quello che ha fatto o che ha detto quell'essere umano". Ricordate che nelle stesse condizioni, allo stesso grado di evoluzione, con le stesse esperienze da vivere, con tutta probabilità vi comportereste allo stesso modo di coloro che giudicate. E non può essere che così, dal momento che il vostro prossimo è simile a voi stessi.

 

Sappiate, nell'intimo vostro, amare i vostri fratelli. Questo significa forse dar loro tutto, abbandonarvi a loro, permettere che facciano di voi e dei vostri beni quello che vogliono! No, questo sarebbe un errore. Amarli significa essere intimamente convinti e consapevoli che i vostri simili sono voi stessi. Amateli, sappiateli comprendere e soprattutto sappiateli trattare.

 

Il vero misticismo

 

C'è un errore che deriva da un malinteso misticismo: è quello di credere che amare gli altri significhi lasciarsi sfruttare. Ebbene, non è così: il vero mistico, colui che veramente ama i suoi simili, dà ad essi quello di cui hanno bisogno, non di più.

 

Amateli veramente, profondamente, realmente, nell'intimo vostro, e sappiate comprenderli; ma sappiate trattare con loro nel senso di difendervi da loro quando occorre. Ricordare l'insegnamento evangelico: "Siate candidi come colombe e astuti come serpenti". 

Questo significa: "Non gettate le perle ai porci". Non date ciò che il vostro amore - quando veramente esiste, è realizzato in voi - vi spingerebbe a dare, se questo donare non rappresenta un'utilità per il vostro simile. Perché non solo l'amore e la bontà dovete saper conquistare: dovete anche imparare ad essere giusti, a comportarvi in modo che, dalla vostra vicinanza, i vostri simili traggano una qualche utilità, un qualche insegnamento, un qualche vantaggio reale, spirituale, e non il soddisfacimento dei loro capricci, della loro pigrizia, della loro ambizione, della loro sete di possesso o di potere, e via dicendo.

 

La sorgente della vita

 

Chi oggi pensa alla spiritualità, alle religioni, indubbiamente ha qualcosa di non perfettamente normale - sia detto senza offesa per alcuno - perché pensa alla sopravvivenza, all'ente supremo, non nel modo giusto, ma solo sperando di essere aiutato nei suoi problemi.

 

Ebbene, noi vogliamo fare di voi dei mistici, dei religiosi nel senso esatto. Infatti seguiamo una strada del tutto diversa  da quella che in genere percorrono gli uomini che sostengono o fondano una religione, una scuola spirituale che faccia superare le difficoltà della vita, che promette agli adepti ogni sorta di beneficio, possibilmente nel mondo che segue quello fisico, che segue la morte, perché è meno controllabile. 

Noi vi diciamo: "Tutto è. Entro di voi è una sorgente di forza, di comprensione, di vitalità, di azione che neppure lontanamente supponete. 

Cercate di attingere da voi stessi, da questa sorgente che è in voi, per camminare. Non vendetevi ad altri, ultimi fra tutti a quanti vi promettono una salvezza nell'aldilà. Voi soli, o meglio ciascuno di voi singolarmente, solo e da solo, può operare la propria salvezza. Nessuno può farlo per lui". 

Se pensate a dio, dovete farlo non perché pensate di ricavare da una condotta ossequiosa nei suoi confronti un qualche beneficio, un aiuto nella vita di tutti i giorni, a volte così faticosa; ma perché questo pensiero susciti dentro di voi la sua nascita. Perché egli, prima di trovarlo sugli altari, è nell'intimo vostro. E quando sarete certi che non vi accostate a dio per averne dei benefici, ma unicamente per amore verso di lui, allora avrete la certezza di avere dentro di voi l'esatto concetto della divinità.

 

L'ultima illusione: l'io

 

L'uomo cerca di comprendere il mondo che lo circonda osservandone i fenomeni: da ciò che vede, che gli è in qualche modo palese, cerca di capire ciò che è segreto, nascosto.

 

Dagli effetti individuare le cause; da ciò che appare scoprire ciò che è: questo sistema è molto discutibile quando lo si voglia applicare per comprendere la natura dell'intimo dell'uomo. La percezione individuale, infatti, crea delle realtà posticce, che non esistono. L'io è l'esempio più chiaro e più lampante di un fantasma creato dalla percezione. L'io è un miraggio, non trova riscontro nella realtà costituzionale dell'individuo. Quando diciamo: "L'uomo è un centro di coscienza e di espressione", diciamo una verità che è tale nella misura in cui non si comprenda che l'individuo è un io che percepisce.

 

Non esiste l'io che sente. Esiste il sentire. Così come dio non è colui che ama: dio è amore! Siete di fronte a una realtà sconvolgente. Prima di meditarla e di comprenderla, ciascuno esegua un'introspezione: cerchi di capire se è tanto forte da abbandonare l'ultima gruccia, l'ultima illusione: l'io.

Tutta la vita dell'uomo è fondata sull'io; e non solo dell'uomo, anche del santo. Tutto si fa nel presupposto di accrescere se stessi, anche quando apparentemente si voglia annullarsi. L'io permea tutti gli insegnamenti, anche i più validi. Il nirvana degli orientali è l'io che percepisce la divinità: suprema illusione! Dio che parla all'uomo dell'occidente: quale pazzia più grande può mietere più vittime?

 

Voi siete abituati a pensare all'io come sinonimo di egoismo. Adesso dovete pensare all'io come all'unica e la più grande delle illusioni. Tutto quello che si fonda sull'io - religione, scienza, filosofia - è una mistificazione. L'io, lo ripeto ancora, non esiste. Siate consapevoli di ciò. Quando avrete compreso che tempo e spazio sono dimensioni irreali, che coloro che vi vivono accanto non sono vostri contemporanei nel sentire, che non esiste nessuna reale successione perché non esiste nessuna reale suddivisione, ma tutto è; allora sarete liberi dall'illusione del divenire, comprenderete l'eterno ed infinito essere.

 

Liberare il cuore e la mente

 

Se volete trovare la sorgente del fiume, dovete risalirne il percorso.

Così, se volete trovare la sorgente di voi stessi, dovete liberare la mente e il cuore. In questo modo la vita fluirà in voi.

Cos'è, in senso assoluto, la vita?

Non è quel ciclo che siete abituati a considerare: un trascorrere, in ultima analisi; ma è esistere.

Se volete dunque esistere, nel senso pieno di questa parola, dovete liberare il vostro cuore e la vostra mente.

Dove è ciò che l'uomo desidera, quello è il suo cuore umanamente, il cuore dell'uomo è il suo desiderio. Liberare il cuore significa liberarsi dal desiderio concepito in funzione dell'io.

 

Liberare la mente significa liberare l'essere proprio dal divenire, dalla volontà di accrescersi, di apparire ciò che non si è in altre parole, significa essere, non divenire.

Non serve che vi parli della condizione d'esistenza che si può definire di divenire: la conoscete bene! Divenire significa trovare un modo di apparire, credere di essere ciò che non si è, cercare di imporsi un modo di agire non sentito ma desiderato: in altre parole, vivere in funzione dell'io.

Essere, invece, significa esistere nella maniera più reale, più naturale, quindi più esatta, più aderente alla realtà. Significa far fluire il sentire liberamente; significa superare, infine, la condizione d'esistenza poggiata sul divenire.

Ogni sforzo, ogni imposizione assurda rappresenta un divenire.

 

Ciò che potete fare, per essere, è essere consapevoli dei vostri sentire: non mascherarli, non cercare di occultarli ma, nella più totale sincerità, esaminare dov'è il vostro cuore, quali sono i vostri pensieri, qual è il vostro sentire, senza paura di condanna. Non esiste la condanna: è un fantasma creato dall'io. Tutto è profondamente naturale.

 

Ormai siete adulti per comprendere questo: non abbiate timore delle vostre miserie. Sono insufficienze, incompletezze.

Dobbiamo essere consapevoli di esse, senza timori, senza volerle nascondere, sfuggire, ma ponendole di fronte agli occhi per cercare di capire le ragioni che le fanno sussistere; non volendole mascherare in modo che un ente supremo non abbia a vederle e, per questo, condannarci, ma ponendole anzi in evidenza alla nostra attenzione, nella piena consapevolezza.

Questo significa essere, e non divenire.

 

Il sentire individuale

 

L'individuo non è un ente percipiente, ma è un sentire. Non esiste l'individuo che sente, ma esiste il sentire individuale.

Il sentire individuale, il microcosmo, l'essere, esiste ma non come io - ed è una differenza profonda, se pensate che tutta l'esistenza dell'uomo è fondata sull'io e sul non io...

 

Se avrete il coraggio di seguirci, oltre l'illusione del divenire, vedrete cadere tanti pregiudizi, tanti tabù, tante false interpretazioni tanti errori creati dal modo di pensare umano, impostato sull'io. A questo seguirà una liberazione dell'essere vostro. Comprenderete che l'uomo qual è oggi è un essere rudimentale, che cerca di porsi in una posizione di preminenza nell'universo con quello che scrive, che dice, ma che in realtà è un abitatore del cosmo come miriadi di altri. L'uomo quale è oggi - sia pure in questa civiltà che a voi pare tanto avanzata, anche se solo dal punto di vista tecnico - è un essere che ha appena costituito certi veicoli, i quali gli servono per completare, in una condizione sempre transitoria, il suo essere.

 

Dunque non è abbastanza sviluppato strutturalmente per poter funzionare come essere. Sta nascendo, anche strutturalmente, è come un fanciullo ancora non sviluppato che non può dare un contributo alla società nella quale vive perché deve ancora formarsi: questo è l'uomo quale noi vediamo.

Questo apparirà chiaro ai vostri occhi, e ciò servirà a farvi guardare con più umiltà tutte le altre creature del cosmo: i nostri, i vostri simili. Ci insegnerà a liberarci da un errore.

 

Significato di "liberazione"

 

Ritorniamo all'insegnamento che esorta a conoscere se stessi. Iniziate subito quest'opera di conoscenza del vostro intimo, di unificazione dell'essere vostro, perché la liberazione passa coercitivamente attraverso quest'opera di introspezione.

 

Che cosa significa liberarsi?

Significa far cadere dai propri occhi, dalla propria percezione, il velo dell'illusione; significa sottrarsi al gioco dei contrari.

Non occorre ricordare i santi, i mistici; anche i poeti, gli artisti vivono questi momenti di equilibrio, di pace interiore: ma ciò non significa che abbiamo raggiunto la liberazione della quale vi parliamo: molte volte, quella tranquillità e quella pace rammentata dai mistici e dai poeti segue, come reazione, ad una violenta tempesta interiore e non è che il preludio ad un altro, ancora più violento, intimo travaglio.

Non è questa la pace che dà la liberazione della quale vi parliamo: è una pace che fa parte del gioco dei contrari, è l'intima tranquillità che dà luogo per reazione ad una tempesta interiore. La liberazione della quale noi parliamo è una liberazione dall'illusione, dal gioco del divenire, dal gioco degli opposti.

 

Che l'uomo sia soggetto a questo gioco dei contrari è dimostrato nella storia, nella cultura, nel pensiero: dal misticismo si passa al materialismo, dal materialismo a una diversa forma di misticismo come il romanticismo, dal romanticismo al verismo, e così via: tutto un insieme di contrari che si rincorrono. 

Raggiungere la liberazione interiore significa comprendere questo gioco, che nasce dall'intimo di ciascuno, e, dall'intimo di ciascuno, alla società, alla storia, alla cultura: perché la società, la storia, la cultura, il pensiero, sono formati dall'intimo dell'uomo. Non sono nemesi, non sono influenze che vengono dall'esterno: vengono dall'interno di ciascuno di voi che formate la società, che costituite l'umanità.

 

E se ciascuno di voi raggiungerà quella liberazione della quale vi parliamo - che è un fatto del presente, che può essere perseguita solo nel presente, che sempre è un fatto del presente, ricordatelo!, altrimenti sarebbe un divenire anch'esso, e non un essere - se ciascuno raggiunge questa libertà, allora si avrà l'umanità libera, la cultura libera, il pensiero libero.

 

La liberazione è un fatto del presente, ripeto. Anche se pensate di condurre una vita retta per giungere a questa liberazione, voi ancora seguite un divenire; non seguite altro che il gioco dei contrari; voi fate qualcosa per ottenere qualcosa; cercate di divenire diversi da come siete. Ma la liberazione nel presente è uno stato d'essere, e questa è una possibilità che ciascun microcosmo ha, ricordatelo, fino dal momento in cui ha consapevolezza di se stesso.

 

Conoscete voi stessi, comprendetevi, sappiate che tutto quanto vi circonda è un'apparenza, un'illusione. Non date troppo valore a questa illusione, a questo apparire. Date valore all'intimo, al sentire.

Noi siamo questo intimo, questo sentire.

 

La poesia del presente

 

Ponete attenzione a quanto voi stessi non cogliete del presente, sempre vivendo in funzione dell'avvenire oppure nel ricordo del passato.

Ciascuno, invece, deve essere consapevole che l'esistenza è un fatto del presente - e così deve essere vissuta. Non importa a che cosa siamo chiamati: ciascuno di noi ha il suo compito, può fare tante cose, anche se non appariscenti, che non interessano la collettività e non vengono conosciute dagli altri.

Importante è che ciò che uno fa, lo faccia con la completa partecipazione di se stesso. 

Ecco perché è tanto importante il presente. La poesia del presente.

 

Nella ricerca dell'avvenire l'uomo dimentica qual è il suo compito di oggi. Ho unito questi due concetti perché uniti debbono essere: vivere nel presente e dare il meglio di se stessi. Il presente, ricordatelo, è sempre il miglior periodo della vostra esistenza.

 

L'approdo sicuro

 

Ognuno ha una propria esistenza, ed ecco che quanto accade nel mondo viene visto come da una finestra, come qualcosa a distanza che interessa relativamente. Così, molto superficialmente si giudicano gli altri, la società, i governanti, e si attende sempre che l'esempio venga da loro, che il meglio parta dagli altri.

Ma ora sapete che ciò che voi vedete al di fuori di voi trae le sue origini nell'intimo di voi stessi. Questa è una verità incontestabile.

 

L'uomo è sempre tale, qualunque sia il sistema che ha ideato: se non esiste una sua rettitudine, una sua volontà di fare il meglio, nessun sistema e nessuna filosofia o religione possono supplire alla mancanza.

 

Voi che, sufficientemente distaccati, guardate il mondo che vi circonda, più degli altri dovete essere consapevoli di queste verità, più degli altri siete chiamati ad agire rettamente, a rettamente pensare, a fare ordine in voi stessi.

 

Spesso si constata la disonestà di coloro che sono chiamati a dirigere la società e questo rappresenta per chi osserva una sorta di autorizzazione a fare altrettanto, a credere che quello si debba fare nascostamente, da persone furbe. Si crede che perseguire il proprio interesse sia tutto ciò che l'uomo deve fare.

Ma non è questo il giusto modo di essere nella vita, come ora sapete.

 

Dovete compatire chi non agisce rettamente perché sono creature che dovranno passare attraverso la catastrofe, la tragedia, l'annullamento, il calice purificatore del dolore; perciò meritano la nostra e la vostra pietà, come sappiamo per esservi trascorsi. Ma dovete credere al destino migliore degli uomini, averne la certezza. In questo modo si lavora per tempi migliori.

 

Chi è turbato dal triste spettacolo dell'ingiustizia, quale contributo porta al meglio? Una rinuncia, un abbandono! Egli crede che tutto finisca per travolgere l'uomo. Chi invece è sicuro che la natura divina che è in ognuno di noi - in ogni uomo - trionferà, è un punto fermo in questo mare di scorie: è un approdo sicuro per le forze che cercano di purificare il sentire di ogni essere.

 

Non essere turbati

 

Non dovete essere turbati dal triste spettacolo dell'ingiustizia, della disonestà, della crudeltà, perché già abbiamo detto che questi sono tempi in cui tutte le scorie vengono a galla, e questi lati peggiori che sono da sempre nell'umanità sono evidenziati, ostentati senza più ritegno perché sono venuti meno i freni inibitori.

 

In questa certezza, voi non dovete essere turbati da ciò che travaglia il mondo; dovere compatire chi è insensibile, chi è disonesto, chi persegue unicamente il proprio interesse; dovete comprendere che sono stati d'animo transitori di quelle creature, scorie che affiorano per poi scomparire. 

Ma ciò che è nel più segreto di ogni uomo, la sua natura divina, brillerà, si imporrà, diventerà vero essere di ogni creatura: e grazie a quella liberazione potrà finalmente esistere una comunione degli esseri fondata sull'amore, sulla comprensione, sull'altruismo. In questo dovete credere, e non che tutto sia votato alla catastrofe, all'annullamento.

La catastrofe, la tragedia, l'annullamento non sono che mezzi transitori per distruggere le scorie.

 

Meditazione

 

Ora conoscete e dovete comprendere veramente questa importantissima verità, che merita una profonda meditazione: l'io

 

Non c'è qualcosa che percepisce e quindi sente, ma noi siamo fatti di sentire. Come abbiamo detto: "Dio non è colui che ama, ma è amore".

Così, voi che state leggendo queste pagine non siete voi che le percepite nel senso che credevate, ma è il sentire relativo a queste letture che si manifesta, che è, che esiste nel microcosmo che voi siete!

 

L'uomo deve essere estremamente sincero con se stesso, nella realtà di ciò che è, non di ciò che vuole apparire: quando fa così, l'uomo è nell'essere e non nel divenire.

Quando vive la sua vita nella consapevolezza di ciò che è, come essere interiore, senza infingimenti, senza voler apparire agli occhi degli altri e soprattutto ai suoi occhi diverso da come è in realtà, allora l'uomo è nell'essere, ha abbandonato il mondo del divenire. Solo in questo modo il sentire fluisce liberamente.

 

Se ciascuno è impegnato in una vita che non è la sua reale, del suo intimo, ciò significa che sta seguendo una commedia che si costruisce su misura. E se è impegnato in questa commedia, che a volte può diventare una farsa, allora il suo sentire non fluisce liberamente: egli è nel mondo del divenire, segue una vita di sensazione e non di sentire - di quel sentire che noi intendiamo.

Esistono non dico dei sistemi ma delle posizioni, delle meditazioni secondo le quali questo fluire è agevolato. Questi non sono metodi, badate bene, perché debbono poggiare sulle convinzioni dell'individuo.

 

Se non siete convinti di non avere un corpo fisico secondo come lo considerano gli uomini, ma che anche la sensazione di avere un corpo non è che un'illusione, un gioco della percezione - e se non siete tanto padroni di questo concetto da averlo chiaro di fronte ai vostri occhi e poterlo ritrovare nelle varie occasioni della vita - è perfettamente inutile seguire gli atteggiamenti dei quali vi parlerò. Ma se riuscite a capire che cosa vogliamo significare dicendo che l'io non esiste, allora queste posizioni, queste meditazioni possono essere di un certo interesse.

 

Occorre per prima cosa che ciascuno sia consapevole di se stesso, si conosca, riesca a capire quanto egoismo è in lui; non giustifichi certe azioni giudicate riprovevoli dalla morale comune, che egli ha commesso, o certi pensieri o certe intenzioni o certi desideri, cercando delle giustificazioni anche se plausibili. Occorre che ciascuno di voi ricerchi sinceramente la verità di se stesso.

 

Non abbiate paura di voi stessi, di apparire quali siete. Questo è estremamente importante. Dopo di che è assai importante raccogliersi, meditare.

Per agevolare la meditazione occorre trovare una posizione comoda, che vi consenta di rilassarvi. Penserete che questo sia difficile, nella vita di oggi; ma chi ha interesse a seguire ciò che diciamo non sente gli impegni umani quanto gli altri uomini e può trovare il tempo per meditare. Se invece non riesce a trovare tempo, ciò vuol dire che i suoi impegni, certo importanti, lo interessano tanto, ed allora quello è il suo campo di azione! Dico questo senza alcuna ironia, come semplice constatazione di una realtà.

Ed eccoci giunti alla meditazione.

 

"Io non sono il mio corpo"

 

Che cosa è questo corpo fisico?

Se lo si osserva dal punto di vista della materia fisica,questo corpo che vedete e percepite come un'entità materiale, a livello di materia atomica assomiglia ad un firmamento, all'universo astronomico, in cui grandissimo è lo spazio occupato da materie estremamente rarefatte rispetto allo spazio occupato da materie solide.

 

Ma se continuiamo questa meditazione secondo la verità dei fotogrammi, addirittura giungiamo a considerare come questo corpo fisico non esista come un ente a sé - che nasce cresce vive evolve e muore - ma sia frazionato in una miriade di fotogrammi, di situazioni che lo contemplano dalla vita alla morte.

 

Sorge una prima considerazione: "Io - diciamo pure ancora io, se questo ci serve ad abbreviare e a capire meglio un concetto - io non sono identificabile con il mio corpo. Il mio corpo è un ente a sé stante e, forse, non è per niente un ente. E' qualcosa che mi fa percepire delle sensazioni, che mi pone in contatto con il piano fisico. Dunque io potrei - ed entra in gioco l'immaginazione - pensare di fuoriuscire da questo corpo; perché questo corpo altro non è che un vestito - secondo l'immagine cara agli orientali -, qualcosa che non è identificabile con me stesso.

 

Ciò che io percepisco come freddo e caldo non è che una

situazione appartenente al piano fisico, relativa ad uno spazio circostante al mio corpo; ma se esco fuori da questo vestito, immediatamente il mio freddo e il mio caldo cesseranno, perché interrompo il collegamento fra il centro di sentire che io sono e l'ambiente nel quale si produce il caldo o il freddo, o nel quale esiste qualcosa che io denuncio come caldo e freddo.

E così è del dolore che mi assilla. Io ho una parte del mio corpo che è sofferente, ma non sono io che soffro. Percepisco questa sensazione di dolore perché sono unito al mio corpo, ma se fuoriesco dal mio corpo il dolore non è più da me percepito".

 

"Io sono un piccolo cosmo"

 

"Io sono un piccolo cosmo che ha in sé ogni risorsa. Agenti esterni all'ambiente nel quale è il mio corpo attaccano questo veicolo, ma, attraverso un meccanismo di comunicazione, la mia mente comanda al mio corpo di aggredire e annullare questi agenti esterni, e il mio corpo si mantiene in salute.

Dunque in me, in questo microcosmo che io sono, esiste un'infinità di possibilità. Inconsciamente la mia mente comanda al corpo di respingere l'attacco di agenti esterni che potrebbero danneggiarlo ed io neppure mi accorgo di essere stato attaccato. Ma se unisco la mia volontà e la mia mente cosciente all'azione della mente incosciente, io posso risvegliare nel mio corpo quelle difese naturali che combattono gli attacchi provenienti dall'esterno: perché non sono io che soffro: è il mio corpo".

 

Questa è la meditazione che dovete fare: disgiungere, nell'identificazione di voi stessi, voi stessi dal vostro corpo fisico.

Quando siete riusciti ad operare questa separazione - e questo può essere fatto anche nella vita di ogni giorno - improvvisamente, quando siete su un mezzo pubblico, direte: "Ecco, il mio corpo viene trasportato da qui a là, ed io lo seguo, ma io sono indipendente da lui: potrei, se lo volessi, con appropriati esercizi, astrarmi da questo trasporto e rientrare nel mio corpo quando fosse giunto a destinazione".

 

Quando siete riusciti a staccare l'identificazione di voi stessi con il vostro corpo, allora dovete pensare alla verità dei fotogrammi: come questo corpo, che siete ancora abituati a considerare come un tutt'uno che ha una sua vita intera, in effetti sia spezzettato, suddiviso, sciorinato in una infinità di rappresentazioni. Direte: "Io non sono vecchio: è il mio corpo che è rappresentato vecchio, ed io subisco quelli che si dicono gli acciacchi della vecchiaia perché sono legato a quelle rappresentazioni di un corpo vecchio e pieno di acciacchi.

Ma io posso reagire anche a questa condizione contingente, come a tutte le altre. Posso, se lo voglio, perché sono indipendente, astrarmi da quegli acciacchi!" E così via.

 

"Io non sono le mie sensazioni"

 

Già lo sapete: il corpo fisico non esiste. Dovete diventare padroni di questo concetto. A che fine? Perché è una meditazione che, completata dalle atre che vi diremo, agevolerà il fluire del sentire, affinché tutto poggi su una vita di essere, su un'esistenza reale, non più legata al mondo del divenire.

Abbiamo visto che voi non siete identificabili con il vostro corpo fisico. Proseguiamo, esaminiamo con che cosa possiamo essere identificabili.

Che cosa si agita nell'uomo? Sensazioni, emozioni che conoscete nelle forme più grossolane, che si rivelano in un veicolo diverso da quello fisico. Ovvero, dai sensi del piano fisico si rivela qualcosa in un veicolo più sottile, detto corpo astrale, qualcosa che è definito sensazione o emozione.

L'io è identificabile in queste sensazioni ed emozioni?

 

Già sapete la risposta: no, perché voi potete dire: "Io ho questo desiderio", "io ho fame", perché il corpo fisico ha fame; ma il goloso, nel piano astrale, pur non avendo più il corpo fisico, avrà ancora la sensazione della fame. Nella sua psiche accadrà allora un processo in questo senso: desiderando di ripetere le esperienze piacevoli che gli venivano dall'ingerire certi cibi, inconsciamente produrrà nel suo veicolo il desiderio di mangiare, desiderio che si concreterà in una sensazione conosciuta come fame del corpo fisico, pur non avendo più un corpo fisico.

 

L'individuo non è identificabile nelle sensazioni. Per il fatto stesso che potete provare la sensazione fame o sete, o l'emozione paura, terrore, voi capite che esse non rappresentano la realtà del vostro essere: sono accidenti, sono stati d'animo provvisori, ma non sono voi stessi.

 

E allora dovete ancora meditare e, in una posizione rilassata, dire: "Io non sono il mio corpo fisico, tanto che potrei uscirne e rimanere sempre io e continuare ad avere una vita autonoma. In questo momento in cui sto meditando provo una sensazione di calma, di tranquillità; ma io non sono neppure queste sensazioni. Queste sensazioni sono da me avvertite perché sono in una situazione contingente in forza della quale il veicolo detto corpo astrale me le rivela; ma io potrei esistere anche al di là del mio corpo astrale ".

E' come un tentacolo, questo io, che man mano dal piano fisico si ritrae, si ritrae e passa all'astrale. Dite: "Io non sono neppure il mio veicolo astrale", ed ancora il tentacolo si ritrae.

"Allora, che cosa rimane di me?"

 

"Io ho la libertà di scegliere"

 

Rimane la cosa più importante, quella che nobilita l'uomo, che lo pone al di sopra di tutto il creato: il pensiero.

Allora, l'individuo è identificabile con il suo pensiero? Al punto in cui siete, al punto della vostra evoluzione, è possibile un grande cambiamento.

Già sapete delle varie vie che ciascuno può seguire per giungere alla comprensione di una verità. Certe cose possono essere superate attraverso una meditazione, una riflessione, con il pensiero, oppure attraverso l'esperienza diretta. La vita di ognuno ha molti di questi passaggi.

 

Il temperamento di ciascuno è più portato ad una delle tre vie: la via mistica, la via del ragionamento, la via dell'azione e dell'esperienza diretta. Ma ogni esistenza non è indirizzata esclusivamente in un senso; anche chi segue la via mistica può avere delle esperienze; e viceversa, chi sceglie la via del raziocinio può benissimo avere dei momenti mistici; e così via.

 

Ebbene, tutte le volte che esiste la possibilità di superare un'esperienza attraverso il ragionamento, ad esempio, anziché l'esperienza diretta - superare un qualcosa della nostra vita individuale, raggiungere una comprensione attraverso il ragionamento anziché l'esperienza diretta - esiste una variante.

Queste varianti, che di tanto in tanto tornano, hanno un grande peso nell'esistenza di ciascuno.

 

Quando avete la possibilità, la libertà di scegliere una via anziché l'altra, la via da voi scartata rimane viva e vitale come quella che avete scelta. Non è infatti concepibile un Assoluto che non sia tutto eternamente presente e realizzato. Nessuna delle sue parti, neppure la minima, può essere di là da venire o indefinita. Tutto è in lui.

Dicevamo che, al punto in cui siete, è possibile un grande cambiamento. Ecco, quando voi giungete alla liberazione della quale vi parliamo, voi avete realizzato la vostra prossima tappa, quella che vi aspetta.

 

Al punto in cui siete, che cosa dovete imparare? Dovete imparare che tutto il mondo nel quale vivete, vi muovete, ha un'importanza relativa. Dovete trovare la realtà che sta al di là di questo mondo di apparenze. Questa è la vostra prossima meta.

Allora, se attraverso la meditazione, o quello che volete, riuscite a raggiungere questa meta, tutta la parte della vostra esistenza espressa in fotogrammi che costituiva l'alternativa a questa via di comprensione - chiamiamola alternativa di esperienza diretta - esiste come variante, non meno viva e vitale di quella che avete scelta, avendone la possibilità.

 

Questo che cosa significa? Che oltre l'affannoso vivere degli uomini in cerca di non si sa che cosa, esiste la Realtà vera, quella per la quale voi siete. E questa rappresenta la vera folgorazione che potete avere, quella che può risparmiarvi tante esperienze dirette; quella che deve essere perseguita con ogni sforzo.

 

"Io non sono il mio pensiero"

 

L'argomento "non esistenza dell'io" può lasciarvi alquanto sospettosi. Certo, tutti siete propensi ad ammettere, oralmente, che l'io non esiste, ma meno propensi a scendere ad una indagine, a capire che cosa succede da questa non esistenza.

Si vuota il mondo!

 

La non esistenza dell'io non è che l'epilogo dell'insegnamento dei fotogrammi. Ora, come stimolare una meditazione intelligente sulla visione della realtà che vi circonda, scomposta in questo mondo di fotogrammi? Cominciando proprio ad esaminare l'essere che noi siamo, che voi siete; cominciando a ripetere che il corpo fisico non esiste. 

Ma dire: "Io non sono il mio corpo fisico", vuol dire comprendere il significato al di fuori della suggestione, nella realtà; vuol dire comprendere l'essenza di tale affermazione e non seguire una suggestione; vuol dire comprendere perché voi non siete il vostro corpo fisico, meditare tanto profondamente da raggiungere questa convinzione non attraverso l'illusione, la suggestione, ma attraverso il ragionamento.

 

Il ragionamento, il ragionare è uno strumento che ha a disposizione l'uomo - quest'uomo che non è neppure il pensiero, perché l'uomo è il pensatore, è colui che pensa. E anche qua non si tratta di giungere all'autoconvinzione attraverso la ripetizione della frase "Io non sono il mio pensiero", cioè attraverso la suggestione, ma raggiungere la convinzione di tale affermazione; comprendendo intimamente la sua realtà.

 

Voi sapete, secondo la verità dei fotogrammi, che il piano mentale dove ha sede il pensiero è anch'esso composto di fotogrammi, così com'è il piano astrale e il piano fisico. Dunque  l'individuo o l'essere non è il pensiero, ma il pensatore. "Cogito ergo sum" deve essere ridimensionato.

 

"Io non sono il mio io" 

 

Ma se noi togliamo il corpo fisico, se togliamo il corpo astrale e poi togliamo il corpo mentale, che cosa rimane di questo individuo?

Rimane il sentire della sua coscienza.

 

Questo sentire va ben focalizzato. Si può parlare di sentire in senso lato, generalizzato, comprendendo in questo termine ogni forma di sensibilità; ma il sentire di cui ora parliamo, quello che sopravvive alla sensazione, al pensiero, è un sentire del tutto diverso: è un sentire che fa parte della radice più profonda dell'individuo, che rimane anche nell'alternarsi dei cicli delle vite e delle morti; è un sentire che non fa parte della materia grossolana.

 

Voi conoscete la filosofia yoga e i suoi vari sistemi per giungere alla disillusione del mondo che circonda l'individuo.

Il sistema dell'Hata Yoga, ad esempio, sposta la concezione dell'io ad un io superiore; dice: "Io non sono il mio corpo fisico, io non sono il mio corpo astrale, io non sono il mio corpo mentale, ma io sono il mio sé, il mio spirito". E questo può essere vero, ma solo se si riesce a capire che cosa è questo "sé", che non è l'io! Se pensate che quello che abbiamo detto corrisponda al sistema yoga non ci avete seguito, perché noi non facciamo questo processo di sublimazione dell'io: noi stiamo invece tentando di distruggere l'io, di mostrarvi come questo io non esista, non sia che una percezione illusoria.

 

Quando dite: "Io non sono il mio corpo fisico", se in questa affermazione non tenete presente perché non siete il vostro corpo fisico (perché il vostro corpo fisico in realtà non esiste, non è che un insieme di fotogrammi del piano fisico); se nel dire questo non partite da questa convinzione e da questa immagine, allora voi non fate altro che spostare l'io ad un piano superiore.

 

Altrettanto vale per il corpo astrale e per quello mentale: se facendo questa meditazione non tenete presente la realtà dei fotogrammi, non fate che sublimare il vostro io, non fate che dire: "io non sono la bassezza del mio corpo fisico, né l'infimo grado dei miei desideri, né la povertà dei miei pensieri: il mio io risiede in piani ben più alti e di tutt'altra natura!". Questa meditazione o autosuggestione non è la stessa alla quale vi esortiamo.

 

Che significa dire: "L'uomo non è il suo corpo fisico, il suo corpo astrale e il suo pensiero, ma è unicamente il suo sé spirituale"? Non è vero niente!, perché l'individuo quando è incarnato è il suo sé, la sua scintilla divina, la sua collana di sentire, i suoi pensieri, il suo corpo astrale e il suo corpo fisico: è un microcosmo che comprende tutto questo. Dire "Io non sono il mio corpo fisico, il mio corpo astrale, il mio corpo mentale" , ha significato solo se, attraverso questa affermazione, giungiamo a capire che "Io non sono neppure il mio io". Solo in questo senso ha un significato. 

 

 

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