La conoscenza del dolore - La divina misericordia - Il cosmo dei fotogrammi - Nessuno ci abbandona - Lontani dal piccolo mondo - Eternità del presente - Fiduciosi e sereni - Le fasi della coscienza - Il momento della solitudine - Il momento della verità - Come amare la vita - La vera patria - La verità proclamata - Tutto è - Il silenzio rivelatore - Che significa "illusione" - Come sentire la vita - Essere e non divenire - Il ruolo della mente - Attenzione, consapevolezza, coscienza - Il prossimo è noi stessi - Il vero misticismo - La sorgente della vita - L'ultima illusione: l'io - Liberare il cuore e la mente - Il sentire individuale - Significato di "liberazione" - La poesia del presente - L'approdo sicuro - Non essere turbati - Meditazione - "Io non sono il mio corpo"- "Io sono un piccolo cosmo" - "Io non sono le mie sensazioni" - "Io ho la libertà di scegliere" - "Io non sono il mio pensiero" - "io non sono il mio io" - La conoscenza del
dolore Enunciandovi il principio che la coscienza sorge
nella libertà, ecco enunciato il principio per cui è necessario all'uomo
conoscere il dolore per la formazione della sua coscienza. Lo scopo dell'emanazione essendo, per l'uomo, la
sua nascita spirituale, non è necessario soffermarsi a lungo sull'argomento per
comprendere che è nello svolgersi stesso del piano di evoluzione cosmica la
necessità, per l'uomo, di conoscere le due forze che agiscono, di conoscere i
due estremi, i due opposti, onde in questo gioco di forze possa nascere, possa
costituirsi, possa formarsi la di lui coscienza. A chi vi domanderà perché l'uomo debba conoscere
il dolore, voi risponderete che l'uomo tutto deve conoscere, e nel tutto vi è
anche il dolore. Senza la conoscenza di questo tutto,
Non soffermatevi ad una visione limitata di
quanto esiste: andate oltre! Il vostro pensiero vi spinga sempre avanti nella
concezione della verità, nell'intuizione della Realtà: sempre oltre! La divina misericordia
L'ingiustizia, il dolore, la malvagità, tutto
quanto può turbarvi, è la misericordia di dio, è il suo prezioso aiutare gli
uomini, è il suo celeste insegnare. Solo quando riuscirete ad andare oltre queste
immagini, per voi così tristi ed incomprensibili, potrete comprendere l'immensa
misericordia divina ed il divino amore! Nei momenti di grande dolore, l'uomo dimentica
tutto per riuscire a trovare la causa della sua sofferenza, forse
inconsciamente dubitando di ciò che fino ad allora ha creduto e auspicando che
una nuova concezione, una nuova verità possa affrancarlo da quel dolore. Ma non
è così: il dolore, la prova e l'esperienza del dolore avviene qualunque cosa
l'uomo creda; che sia vicino o lontano dalla verità, che sia nella verità o
nell'errore, ciò che ha contratto in precedenti incarnazioni deve pagarlo.
Essere nella verità o nell'errore può essere
rilevante per ciò che adesso contrae, per gli effetti che poi sconterà: ma i
debiti che sta pagando non possono essere cancellati dal fatto di essere nella
verità. Ripeto: l'essere e l'agire nella verità può impedire di contrarre nuovi
debiti karmici, ma non può annullare gli effetti di cause precedentemente
create e messe in moto.
Nel momento del dolore, per un suo istinto atavico,
l'uomo ritrova l'antico timore e pensa: forse l'ente supremo è in collera con
me perché ho fatto qualcosa che non gli è gradito, perché credo in qualcosa che
non è la verità. E rimette tutto in discussione. E' un moto istintivo dell'uomo
quello di legare la propria felicità alla propria condotta e alle proprie idee
morali. Viene dalla notte dei tempi, quando l'uomo credeva che un temporale o
un qualunque fenomeno atmosferico di rilievo fossero dovuti alla collera degli
dèi: e ancora oggi, nonostante
In questa visione primitiva c'è un fondo di verità, che può riassumersi nella legge di causa e di effetto. Certo, la nostra infelicità non è dovuta alla collera divina, bensì ad una nostra condotta nei tempi trascorsi non conforme a quelli che dovevano essere l'intenzione e il comportamento. Ma in questo non esiste collera divina, esiste solo l'amore di dio per le sue creature; qualunque sia l'esperienza amara, infatti, essa reca con sé un balsamo dovizioso di comprensione, un nettare di verità: un balsamo per lo spirito. E queste non sono né possono sembrare delle frasi fatte, per quanto se ne è abusato.
Dunque: forza!, per chi è provato. Ma il primo
insegnamento che dal dolore deve venire è quello di riconoscere una
cristallizzazione del vostro modo di agire e di pensare: di vivere, in
sostanza. Il cosmo dei
fotogrammi Una tragedia dovuta ad un effetto karmico, oltre
che farvi bere l'amaro calice fino in fondo, oltre che farvi estinguere un
debito contratto con la legge della verità, oltre che insegnarvi, aprirvi nello
spirito, deve darvi un immediato insegnamento: niente è stabile nel mondo
fisico!
L'uomo che si adopera e si affatica per
costruire stabilmente - in questo piano dove tutto è in continua mutazione,
nella successione del tempo - getta le sue energie al vento. Tutto deve essere
fatto nel migliore dei modi, certo, ma non nella prospettiva di raggiungere la
perfezione e la stabilità. Pensate quanti fotogrammi stanno di fronte a voi e di quanti fotogrammi è costituito un cosmo. Ciascun fotogramma in, sé è
stabile, eterno, indistruttibile, immutabile; eppure l'uomo li scorre, ed in
questo gioco di scorrere segue una vicenda illusoria; e deve essere consapevole
dell'illusione di questa vicenda; deve adoperarsi perché tutto il meglio sia
fatto, non deve essere un fatalista ma vivere come se la vita fosse veramente
eterna; eppure deve essere pronto a lasciarla come colui che già conosce la
propria condanna. Questa è la giusta posizione. Dunque, accettate tutto di buon animo! Nessuno ci abbandona
Noi comprendiamo che vorreste sempre vivere
accanto alle vostre persone care, che almeno in questo il mondo del mutevole e
dell'illusorio dovrebbe non essere tale; vorreste sempre vivere accanto a chi
amate; ma nessuno, in realtà, vi abbandona. E' solo un cambiamento di stato,
una momentanea separazione per chi rimane nel mondo denso della materia, mentre
non è separazione per chi lascia questo mondo e continua a vedervi, ad esservi
vicino, e se ha vissuto in modo giusto è vicino a voi felici e non piangenti.
Questa è la consolazione di coloro che momentaneamente vi hanno detto "arrivederci".
Lontani dal piccolo
mondo Questi messaggi cercano di portarvi lontano
dalle piccolezze del mondo, del piano fisico, dove l'uomo è per abitudine un
mezzo, catturato da avvenimenti che in qualche modo lo interessano e dei quali
si sente protagonista. Ma se l'uomo si lascia prendere dagli avvenimenti senza
pensare a che cosa sta dietro ad essi, la vita si riduce a ben piccola cosa: un
passaggio di egoismo.
Voi che ora sapete quale vastità di cose esista
oltre ciò che i sensi fisici vi fanno percepire, voi non dovete lasciarvi
prendere e trascinare dalla piccolezza della vita fisica, dai puntigli che gli
uomini amano scambiarsi; non dovete fare di questi piccoli avvenimenti la
ragione della vostra esistenza, ma prenderli per quel poco che sono, senza dar
loro troppa importanza.
Se un avvenimento che vi riguarda ha potuto
suscitare un certo scalpore, anche nei riflessi della società come è organizzata, vi dico: non date eccessiva
importanza! E' accaduto perché dovevate avere quella esperienza.
Se un avvenimento, a volte, può umiliarvi o
confondervi, così è perché vi ricordiate che l'uomo è soggetto ad essere
umiliato e confuso: ma questa umiliazione e confusione non indicano che l'uomo
debba annullarsi, questo richiamo non significa che l'uomo debba passare
all'eccesso opposto, debba cioè sempre umiliarsi e confondersi. Esso è
unicamente un avvenimento acciocché l'uomo trovi il giusto modo di sentire e di
vivere la sua vita. Eternità del presente Le varie religioni e filosofie cercano di
spiegare che cosa sia la vita, e ognuna dà una sua risposta cercando di
adattare quella che sembra la realtà in modo che l'uomo possa appoggiarsi per
trovare un conforto, un sostegno. Parlandovi della vita, della realtà come appare
osservandola via via da nuovi punti di vista, noi non vogliamo darvi tante
grucce alle quali appoggiarvi, non vogliamo darvi qualcosa che possa
allontanarvi da una realtà sgradevole, ma anzi qualcosa che sia costruttivo.
Cercando di enunciare la Realtà, vogliamo conciliare questa Realtà con voi
stessi: vogliamo aiutarvi a realizzare voi stessi in questa Realtà. E questo significa: "Destatevi! Guardate
attorno a voi ed in voi. Sappiate considerare la vostra realtà e la realtà che
vi circonda non in modo evasivo ma in modo costruttivo!"
Non vi
insegniamo, quindi, a sopportare le
ragioni dei vostri dolori, delle vostre amarezze, proponendovi un miraggio di
illusione, dicendovi che essi sono transitori e che servono per conquistarvi
una vita felice in un ipotetico futuro. Ma vi diciamo: "Anche se questo è
vero, cercate di capire ora la ragione dei vostri dolori, delle vostre ansietà,
qui! Perché la vostra vita è fatta di realtà presenti; perché essa non vi è
data perché viviate in previsione del futuro, di un futuro che per il momento
non vi appartiene; questo futuro è già e, per altri, forse è già trascorso; la
vita è il presente, è il presente dell'eterno presente". Niente evasioni,
quindi, ma comprensione. Comprendere ciò che è attorno a voi, anche se questo comprendere,
contrariamente a quanto possono promettere le filosofie e le religioni, non è
di conforto ma, inizialmente, di turbamento, di apparente confusione. La realtà per la realtà, la realtà per se
stessa: ecco: la vita per la vita, per la creatività, non per l'evasione, non
per chiudere gli occhi a ciò che vi sta davanti sperando che, col mirare nel
futuro, tutto sparisca. Fiduciosi, sereni Quando un ostacolo vi
si pone davanti, non deve essere
Questo vale per quei lati amari che
inevitabilmente si incontrano nella vita, perché la vita è fatta di tutte
queste cose: le liete e le tristi. Affrontando la vita ed accettandola come è -
e così voi dovete fare - si deve ugualmente accettare ciò che può essere
piacevole e ciò che non lo è. Ma nella serena accettazione io vi garantisco che
ciò che sembra un peso gravoso diviene sopportabile, non in funzione di
un'evasione che nulla risolve ma di una comprensione che dona libertà.
Siate sereni, fiduciosi, fidenti in ciò che è la
promessa del maestro Cristo: "Basta a ciascun giorno il proprio
affanno". Non siate dunque in ansietà solleciti - e la
serenità e la forza non vi mancheranno. Le fasi della
coscienza Ogni animale, nascendo, sviluppa grazie al
movimento e riconosce come propria madre la prima sagoma che si muove, anche se
si tratta di un corpo inanimato messo artificiosamente in movimento. La sensibilità si dischiude sempre di più grazie
al movimento. In fondo, non siamo che degli animali, anche se ciò che si
dischiude in noi non è più la sensibilità ma è, o dovrebbe essere, la
coscienza. La coscienza si dischiude, cresce, si amplifica
grazie al movimento, alla successione, al trascorrere, in ultima analisi grazie
al divenire. L'evoluzione umana, dunque, che ha radici negli altri regni naturali, ha una prima fase che è del divenire: è la fase più sensitiva, quando l'uomo è ancora un centro di sensibilità più che di coscienza, e si sviluppa ancora attraverso il movimento, simile in questo agli animali, seguendo l'illusorio trascorrere, l'illusorio divenire nel tempo.
Questo campo del divenire, cioè delle sensazioni, è il campo del voler essere ciò
che in realtà non si è, è il campo tutto costellato di grucce
L'uomo non vorrebbe spostarsi, mutare i propri
ambienti, le proprie abitudini, le proprie idee, e cerca di conservare le
posizioni acquisite; ma in questo va contro la natura perché si nega al
movimento, quel movimento che invece lo conduce ad uno sviluppo, a
un'evoluzione. Ecco che la natura provvida sopperisce a questa innata pigrizia
dell'uomo con dei piccoli terremoti che lo costringono a spostarsi, a
modificarsi, a muoversi, pur sempre nell'illusione. E poiché l'uomo, che è un
virgulto ancora così tenero, così peribile, potrebbe soffrirne, essa mette a
sua disposizione delle grucce, delle illusioni, dei conforti, delle iniezioni
di coraggio.
Poi quest'uomo diviene un tantino più grande, ed
allora queste grucce gli vengono tolte, gli viene mostrato il loro vero valore
e gli viene detto: ora devi imparare a camminare da solo, senza queste grucce,
cioè ad affrontare la realtà quale è, senza che essa sia velata, perché stai
passando ad una nuova fase del tuo essere, in cui veramente sei un centro di
coscienza e di espressione, recepisci in te e attraverso di te una forma di
coscienza dell'Assoluto! Il momento della
solitudine Questo momento, in cui
non esistono più bastoni ai quali
Questa può sembrare ancora una gruccia, ma così
non è. Allora, che cosa sono le grucce! Sono verità anch'esse: tutto sta come
l'uomo se ne serve: può farne dei bastoni a cui sorreggersi per trovare
conforto o farne veramente oggetto di studio, di meditazione, di assimilazione
della verità, indipendentemente dal fatto che essa gli sia più o meno gradita.
Gruccia può diventare, ad esempio, la verità
della reincarnazione, Eppure questa è una verità. Dunque la verità si
trasforma in gruccia unicamente in funzione di come la si considera
interiormente. Il momento della
verità Che cosa significa,
allora, lasciar cadere grucce e bastoni! Significa affrontare la verità nella giusta
luce, non servendosene come di un conforto, come di un mezzo di evasione dalla
vita, ma comprendendola: perché la verità deve essere compresa e assimilata in
se stessa e per se stessa.
Voi siete in questa fase delicata. Alcuni veli che coprivano la realtà più profonda del cosmo - del cosmo mai creato - sono caduti assieme alle grucce e ai bastoni, e voi siete di fronte ad una nuova realtà. Ma questa nuova realtà, presentandosi più difficoltosa delle vecchie, è
da voi cercata e presa secondo le vecchie abitudini. Voi cercate, con questa
nuova realtà, di eludere la Realtà, di adattare la nuova realtà alle vostre
vecchie convinzioni; cercate di occultare gli aspetti delle nuove verità in
modo che risultino meno sgradite, più conformi a quelle che fino ad ora sono
state le vostre convinzioni: in ultima analisi, voi cercate di allontanare da
voi la verità, la Realtà: cercate un divenire, e non un essere! Si è nel divenire - anch'esso necessario, ripeto, in una fase dell'evoluzione umana - fino a che si cerca di vivere non come si è ma secondo certe convinzioni, non come è l'essenza del nostro essere ma come vorremmo essere. Così, si è nel divenire tutte le volte che guardando il mondo dei fotogrammi, con queste nuove verità conosciute, pensate di non poter più vivere come una volta, che la vita che vi circonda non corrisponde più alla realtà che vi è stata svelata e forse, per vivere realmente, occorrerebbe ritirarsi dalla vita di oggi per fare vita di meditazione. Ma, se riflettete bene, questo è un ricercare non il giusto modo
di vivere per essere nella Realtà,
Ora la domanda è: "Come e quando si vive
veramente nell'essere? E che cosa dobbiamo fare?". Ancora questa domanda può nascondere la volontà
di divenire, l'ambizione dell'io. Occorre che ciascuno di voi non abbia misteri
con se stesso: ecco il modo di esistere nell'essere e non nel divenire. Occorre che ciascuno di voi conosca il proprio
intimo in tutta la sua realtà, sia essa piacevole o spiacevole, lodabile o
deprecabile secondo i canoni della società umana. Nessun mistero, nessun lato nascosto di voi
stessi deve esservi sconosciuto, appunto nascosto ai vostri occhi. Allora,
quando si desidera allontanarsi dal mondo dei fotogrammi per vivere nella
Realtà, si desidera in sostanza allontanarsi dalla realtà del nostro essere per
continuare un divenire. Come amare la vita
Amare di più chi vi sta vicino, chi vi sta
attorno. Esprimere voi stessi in questa creatività dell'amore. Fare con più
convinzione, e in questa nuova prospettiva, il proprio dovere di uomini. Vivere
più intensamente, nella riflessione delle verità che ora conoscete, la vostra
vita di umani e non di asceti, la vostra reale natura. Realizzare voi stessi
nella vita, nella costante riflessione e assimilazione delle verità che
conoscete; ma non realizzare queste verità a scapito di voi stessi, bensì voi
stessi in queste verità! E non è un sillogismo. Dovete portare in voi stessi
queste verità e farle diventare vostro essere, vostra natura.
Vi affacciate alla finestra e vedete passare
nella via sottostante una folla di umanità tutta volta a vivere la propria vita
di uomini. Ebbene, guardando queste creature, potete anche conoscere e sapere
che il loro sentire non è contemporaneo al vostro, che in ultima analisi la
loro vita è illusoria e del tutto diversa da come appare, e persino da come è
da loro sentita, eppure amare queste creature, aiutarle!
Nella verità sta scritto: "Amare la vita ma
essere pronti
Essere liberi intimamente. Prima di trasformare
ciò che sta al di fuori della vostra vita, trasformate voi stessi: perché
potete cambiare quanto volete l'esteriore, ma il vostro sarà sempre un divenire
se e finché a questa mutazione non corrisponderà un mutare dell'essere vostro. La vera patria Noi tutti siamo nel cosmo, siamo in seno
all'Assoluto. Questa è la nostra vera patria: l'Assoluto, il suo seno. Tutto
quanto ci è attorno è stato fatto per l'amore che ha per noi. Quindi non dobbiamo temere.
La conoscenza della verità ci apre un nuovo
orizzonte, una nuova realtà. Ma non possiamo pretendere che la realtà sia
statica, secondo come la conosciamo, quando è così diversa per le creature che
vediamo uguali e dissimili a noi. Perché la vostra dovrebbe essere la giusta e
quella degli altri invece l'errata? Perché il modo di concepire, di sentire
dell'uomo dovrebbe essere esatto ed invece errato quello di un cane o di un
gatto? Ciascun modo di sentire, in sé, è esatto, rapportato alla forma da cui
trae espressione.
Il vostro modo di sentire è questo finché corrisponde ad uno stadio, ad una forma, ad un essere interiore. Quando questo essere è pronto per mutare, anche il vostro modo di sentire deve essere aiutato a mutare. Anche il fiore che abbiamo dentro di noi deve essere aiutato a sbocciare, liberandolo da tutte le sovrastrutture: perché ciò che fino a ieri v'era per noi di più bello e più prezioso, diventa sovrastruttura nel momento in cui, nell'individuo, sta per sbocciare un nuovo fiore di comprensione. E questo stesso fiore di comprensione, che ora è in boccio, un giorno dovrà essere rimosso per lasciar posto ad un altro fiore, che ancora nascerà dal nostro intimo. Fino a che, da questo stesso intimo, sarà un fiorire tale che
tutto ciò che sta all'esterno perderà la sua importanza, diventerà privo di
ogni interesse; ed allora sposteremo la nostra consapevolezza La verità proclamata
Il primo effetto importante della verità è la
sua proclamazione, avvenga essa nell'intimo della coscienza oppure tramite le
parole e il suono della voce. Il fatto stesso che una o più creature la
proclamino, la comprendano, la facciano propria, è direi successivo
all'enunciazione della verità.
Il tutto, la Realtà, è attorno a noi e in noi;
ma non ne siamo consapevoli, non ne abbiamo coscienza. Ora, quando un frammento
di questo tutto è visto e messo a fuoco, è racchiuso negli angusti limiti di
una enunciazione di verità, già questo è di enorme importanza perché significa
porre questa idea nella catena dei pensieri umani, significa gettare un seme
nel terreno delle umane concezioni, seme che indubbiamente darà i suoi frutti.
Primo fatto importante dunque è la proclamazione di questa verità, la conoscenza.
Quindi, per l'individuo, l'assimilazione. Porre attenzione è il primo atto,
importantissimo perché significa, ripeto, porre nella catena dei pensieri
umani, delle umane possibilità di comprendere, una nuova verità, un nuovo
frammento della Realtà.
Se voi ponete attenzione, a poco a poco queste
verità, entrando nella catena dei pensieri umani, si metteranno in movimento e
saranno colte da altri. In che modo? In uno degli innumerevoli modi attraverso
i quali la verità si comunica tra gli individui: modi telepatici, modi
apparentemente fortuiti. Vedete: non servono i libri, non serve che le verità
siano scritte, se non hanno tra gli uomini una qualche radice di contatto. I libri possono cadere sotto l'attenzione degli
uomini ma se, nel loro intimo, non c'è questa radice, la verità passa
inosservata ed essi non la colgono. Ma quando questa radice è in loro, giunta
attraverso parole o pensieri telepatici, gli uomini la colgono subito e la
sottopongono ad una prima meditazione. Tutto è!
Ebbene, voi rappresentate quel tanto necessario
affinché queste verità trovino un primo terreno favorevole. Meditandole,
facendole vostre, voi ponete in essere un comandamento, voi contribuite ad
attuare il destino della verità, che è quello di correre da un individuo
all'altro, da un essere all'altro, superare i limiti della separatività per
congiungere i centri di sensibilità e di coscienza e di espressione in una
ideale catena.
L'importante è che afferriate i principi
fondamentali, anche se la poca dimestichezza possa provocare qualche
incertezza, qualche momentaneo errore. L'importante è comprendere che nulla in
effetti trascorre, diviene, ma tutto è!
Noi esistiamo nel tutto e per sempre. Nulla
trascorre o è perduto. Basta che l'uomo riesca, illuminato intimamente dalla
luce della verità, nell'introspezione lenta, sicura, a giungere più
profondamente nel suo essere, nella sua coscienza, ed ecco cadere il velo di
maya dell'illusione: cadono quelle paratie, quelle false luci che gli fanno
credere di trascorrere, di passare, di finire; ecco che, nella sua intima
essenza, egli ritrova la contemporaneità del tutto, l'unione con i suoi simili,
l'unione con l'Assoluto. Il silenzio rivelatore
Voi direte: dunque la vita deve essere lasciata,
abbandonata come ormai senza significato, nella visione di questo futuro così
allettante e così carico di cose desiderate? No. A questa introspezione si giunge attraverso
la vita. E' solo attraverso la vita che ci si fa strada nell'intimo nostro fino
a giungere alla nostra coscienza: dal rumore assordante dell'esterno al
silenzio rivelatore dell'interno. Niente può sostituirsi alla vita. L'uomo
potrebbe, quando volesse, meditare una verità, o tutta la verità, ma senza
l'incarnazione, senza la vita, mai giungerebbe a trasformare se stesso. Così, mentre vi
diciamo queste verità, nello stesso tempo Questo è l'insegnamento che vi diamo. Che significa
"illusione" Quando l'individuo è immerso nell'illusione non
ha la percezione di esservi. Ciò che sperimenta è per lui perfettamente reale,
e guai se fosse diversamente: l'esperienza non porterebbe il suo frutto. Guai
se l'individuo sperimentasse non convinto di ciò che fa. Ecco perché vi diciamo
che l'individuo deve vivere nel modo più intenso e secondo l'ideale morale che
la sua coscienza gli suggerisce, e mai vedere la vita da lontano, da dietro un
cristallo, come qualcosa che non gli appartiene.
Che significa, allora, dire che ciò che state
vivendo è un'illusione? Quando osservate la vita trascorsa, che cosa
vedete? Tante esperienze che, nel momento, vi sembravano importantissime,
sembrava dovessero aprirvi un avvenire del tutto particolare, che fossero
l'essenziale della vita. Oggi, a distanza del vostro tempo, vi accorgerete che
queste esperienze sono state sì utili allora e per la comprensione di oggi, ma
in sé non avevano tutto quel valore e quel significato che attribuivate loro. Ecco che cosa significa illudersi: credere,
appunto, che tutto quello che oggi sta accadendo sia il reale, l'essenziale, il
vero.
Questo lo si può dire quando si è lasciata
l'illusione e si è trovata la Realtà. Ma fino a quel momento - lo ripeto ancora
- è importante l'illusione. Del resto, fino a che non si è nella Realtà, non si
può comprendere di essere passati dall'illusione. La conoscenza di certe verità è importante come
un avvertimento: di non illudersi troppo sulla vita, di non prenderla come se
la vita, con tutte le sue esperienze, fosse qualcosa che mai passerà, che
durerà in eterno. Questo sarebbe un grandissimo illudersi!
E c'è un avvertimento opposto che vi diamo:
state attenti a non staccarvi troppo dalla vita, a non guardarla attraverso un
cristallo! Ciò significherebbe che vivete in attesa dell'avvenire, che il
vostro non è un essere ma un divenire, che non vivete il presente, convinti che
sia un'illusione, pensando di vivere il futuro nella realtà. Neppure questo è
giusto. E' difficile sentire la vita nel modo giusto.
Nei libri sacri dell'India è detto: "Amare
tanto la vita, Forse da questo
apparente paradosso riuscite a capire il giusto modo di sentire la vita. Come sentire la vita
C'è un modo giusto e che non illude di sentire la vita. Ed è questo: essere sinceri con se stessi, comprendere se stessi, compiere un'introspezione per capire che in se stessi non c'è falsità; essere sinceri e veritieri con se stessi! Questo solo possiamo e dobbiamo fare, senza
preoccuparci di voler raggiungere un modo di vivere reale: ciò costituirebbe un
divenire e non un essere. Vivere nell'illusione non vuole dire vivere la
propria vita senza considerare che possa avere un'alternativa, che possa avere
un valore diverso rispetto a quello che le attribuiamo; ma vuol dire
considerare la vita in modo distaccato o troppo attaccato.
Per non vivere in modo illusorio è necessario
essere sinceri con se stessi: questo è importante, e nient'altro! Si può vivere in modo reale anche nel mondo
dell'illusione, strano a dirsi. Vi abbiamo detto che la Realtà è nell'Assoluto,
che tutto quanto non è Assoluto è illusione; eppure nel cosmo, nel mondo
dell'illusione, si può vivere realmente. Come? Essendo sinceri e veritieri con
se stessi - e nient'altro. Essere, non divenire
L'insegnamento delle religioni verte sul bene
operare. V'è una fase sottostante a questa, ed è quella di non tanto bene
operare quanto bene seguire le norme canoniche delle varie religioni, essere un
buon osservante, come si usa dire. Tutto si risolverebbe in questo: seguire
certe cerimonie, dire certe preghiere, pensare a dio, e nient'altro; ciò
sarebbe sufficiente per salvarsi l'anima e per poter godere di una vita eterna
nella beatitudine.
Non c'è bisogno di dire che questo insegnamento
è valido e va bene per certe creature, ma non per tutte. Non è il più alto che
esista. Un insegnamento un po' più sottile, che ha un
aspetto più reale del precedente, o diciamo che più si avvicina alla realtà, è
quello di amare il prossimo come se stessi e di aiutarlo. "Prima di accostarsi all'altare - dice
questo insegnamento - vai a far pace col tuo fratello". Secondo questo precetto
più spirituale, sarebbe inutile e direi quasi assurdo accostarsi alle cerimonie
religiose quando dentro di noi non vi fosse l'amore al prossimo, o, quanto
meno, non fossimo in pace con noi stessi nei confronti degli altri.
Questo insegnamento è molto difficile da
seguirsi, tanto che si è cercato di renderlo più accessibile col dire: "Se
proprio dentro di voi non c'è questo amore sviscerato per i vostri simili,
basta che facciate qualcosa per loro, che cerchiate di aiutarli!". In
effetti, piuttosto che uccidere i propri simili è meglio astenersi, pur covando
nell'animo un sentimento di odio.
Ma questo non è ancora il più alto insegnamento
circa il modo di comportarsi, o più esattamente di essere, degli individui.
Ecco, il giusto insegnamento individuale è questo: essere! Quando un uomo si impone di aiutare i suoi
simili unicamente perché conosce il comandamento che dice "Ama il prossimo
tuo come te stesso", e questo si impone di seguire, fa violenza a se
stesso: egli non è in essere, egli è in divenire. E voi sapete ormai che divenire è uguale a
illusione, mentre essere è uguale a Realtà. Allora, questo voler apparire e
comportarsi secondo una regola giusta che gli è stata raccomandata è per lui un
divenire, un'illusione, non un essere, un sentire, cioè una realtà. Il ruolo della mente
A questo punto direte: "Allora che dobbiamo
fare? Forse dobbiamo dare libero sfogo al nostro sentimento interiore senza
preoccuparci delle conseguenze?" No, non è questo il giusto modo di essere, di
manifestare il proprio essere. Comprendete voi stessi, conoscete voi stessi,
siate estremamente sinceri con voi stessi: questo noi vi diciamo. C'è una grande verità che dice: si può acquisire
la Realtà, l'essere, attraverso la mente. Comprendere qualcosa significa porvi attenzione,
conoscere e infine comprendere. Così, porre attenzione al proprio egoismo, ai
propri limiti; agire secondo ciò che la vita di ogni giorno ci spinge ad agire,
secondo i nostri limiti; senza fare cose per le quali non abbiamo le forze,
senza illuderci di essere dei missionari in terra di missione; ma conoscendo
noi stessi, i nostri limiti e le nostre forze; riuscire a dirsi "Io non do
tutto quello che ho ai miei simili perché so che soffrirei di questa privazione";
ma porre attenzione a questo sentire egoistico e cioè dire "Io non do
questo perché se donassi lo farei per guadagnarmi un premio eterno, unicamente
per questo!"; ma nello stesso tempo essere consapevoli della propria
natura egoistica, della propria mancanza di fede nella divina provvidenza:
questo dovete e potete fare.
Sembra poco e io vi dico in verità che
basterebbe questo poco per trasformare entro breve tempo l'umanità tutta per
quella legge divina - possiamo dirlo - secondo la quale la comprensione giunge dall'attenzione
alla consapevolezza. Dall'attenzione la consapevolezza. Conoscere se stessi
significa proprio questo. Nel momento in cui, attraverso l'attenzione,
l'uomo riesce a conoscere i propri limiti, egli trascende questi limiti.
Attraverso questo processo di concentrazione, di spietata e veritiera
introspezione, l'uomo può passare da un modo di vivere illusorio, qual è il
divenire, ad un modo di esistere reale, qual è l'essere. Attenzione,
consapevolezza, coscienza Voi porgete attenzione a ciò che vi è attorno. E
io torno a invitarvi a meditare, a frugare nell'intimo vostro, a cercare in voi
le ragioni di ogni evento umano, perché anche ciò che è scritto inevitabilmente
dal fato non è imputabile ad altri che all'agire umano.
Quando combattete ogni spirito di
cristallizzazione, quando invocate il rinnovamento, voi dovete prima cancellare
nell'intimo vostro le ragioni di ogni immobilità, che sono nell'io e soltanto
nell'io. Quando nella vita di ogni giorno voi, per pigrizia, per mancanza di
volontà, per diffidenza, per amore al "quieta non movere ", rifiutate
chi vi propone di agire in un
Ecco voi dovete conoscere voi stessi, essere
consapevoli di quanto errore, di quanta ignoranza di voi stessi è nell'intimo
vostro. Dovete essere consapevoli del vostro vero essere, consapevoli di voi
stessi non con il desiderio di cambiare, di produrre nel segno opposto a quello
che oggi è in voi; ma dovete, per amore della verità di voi stessi, con il solo
scopo dell'amore del vero, comprendere la vera ed essenziale natura dell'essere
vostro. E' dall'attenzione - non sarà mai ripetuto abbastanza - che si passa
alla consapevolezza, e dalla consapevolezza alla coscienza e al superamento. Il prossimo è noi
stessi Che cosa significa pensare ai propri simili con
amore e non in termini di divisione! Dovete pensare e vedere le creature non come qualcosa di molto diverso da voi, quasi come se appartenessero ad un'altra razza, ad un altro mondo, ma come esseri in tutto simili a voi che stanno sperimentando un'altra gamma di sensazioni, di vibrazioni, di emozioni, ma che fondamentalmente sono simili a voi. Non dovete quindi operare delle
discriminazioni, catalogare le creature, trovare quello che hanno di diverso e
farne un pretesto per distinguervi da loro, isolandovi e differenziandovi da
loro. Questo è l'errore più grave che potete commettere.
Conseguenza di tale differenziazione è il dire:
"Io non farei mai e non direi mai quello che ha fatto o che ha detto
quell'essere umano". Ricordate che nelle stesse condizioni, allo stesso
grado di evoluzione, con le stesse esperienze da vivere, con tutta probabilità
vi comportereste allo stesso modo di coloro che giudicate. E non può essere che
così, dal momento che il vostro prossimo è simile a voi stessi. Sappiate, nell'intimo vostro, amare i vostri
fratelli. Questo significa forse dar loro tutto, abbandonarvi a loro,
permettere che facciano di voi e dei vostri beni quello che vogliono! No,
questo sarebbe un errore. Amarli significa essere intimamente convinti e
consapevoli che i vostri simili sono voi stessi. Amateli, sappiateli
comprendere e soprattutto sappiateli trattare. Il vero misticismo
C'è un errore che deriva da un malinteso
misticismo: è quello di credere che amare gli altri significhi lasciarsi
sfruttare. Ebbene, non è così: il vero mistico, colui che veramente ama i suoi
simili, dà ad essi quello di cui hanno bisogno, non di più.
Amateli veramente, profondamente, realmente, nell'intimo vostro, e sappiate comprenderli; ma sappiate trattare con loro nel senso di difendervi da loro quando occorre. Ricordare l'insegnamento evangelico: "Siate candidi come colombe e astuti come serpenti".
Questo significa: "Non gettate le perle ai porci". Non date ciò che
il vostro amore - quando veramente esiste, è realizzato in voi - vi spingerebbe
a dare, se questo donare non rappresenta un'utilità per il vostro simile.
Perché non solo l'amore e la bontà dovete saper conquistare: dovete anche
imparare ad essere giusti, a comportarvi in modo che, dalla vostra vicinanza, i
vostri simili traggano una qualche utilità, un qualche insegnamento, un qualche
vantaggio reale, spirituale, e non il soddisfacimento dei loro capricci, della
loro pigrizia, della loro ambizione, della loro sete di possesso o di potere, e
via dicendo. La sorgente della vita
Chi oggi pensa alla spiritualità, alle
religioni, indubbiamente ha qualcosa di non perfettamente normale - sia detto
senza offesa per alcuno - perché pensa alla sopravvivenza, all'ente supremo,
non nel modo giusto, ma solo sperando di essere aiutato nei suoi problemi.
Ebbene, noi vogliamo fare di voi dei mistici,
dei religiosi nel senso esatto. Infatti seguiamo una strada del tutto
diversa Noi vi diciamo: "Tutto è. Entro di voi è una sorgente di forza, di comprensione, di vitalità, di azione che neppure lontanamente supponete. Cercate di attingere da voi stessi, da questa sorgente che è in voi, per camminare. Non vendetevi ad altri, ultimi fra tutti a quanti vi promettono una salvezza nell'aldilà. Voi soli, o meglio ciascuno di voi singolarmente, solo e da solo, può operare la propria salvezza. Nessuno può farlo per lui". Se pensate a dio, dovete farlo non perché pensate di
ricavare da una condotta ossequiosa nei suoi confronti un qualche beneficio, un
aiuto nella vita di tutti i giorni, a volte così faticosa; ma perché questo
pensiero susciti dentro di voi la sua nascita. Perché egli, prima di trovarlo
sugli altari, è nell'intimo vostro. E quando sarete certi che non vi accostate
a dio per averne dei benefici, ma unicamente per amore verso di lui, allora
avrete la certezza di avere dentro di voi l'esatto concetto della divinità. L'ultima illusione:
l'io L'uomo cerca di comprendere il mondo che lo
circonda osservandone i fenomeni: da ciò che vede, che gli è in qualche modo
palese, cerca di capire ciò che è segreto, nascosto.
Dagli effetti individuare le cause; da ciò che
appare scoprire ciò che è: questo sistema è molto discutibile quando lo si
voglia applicare per comprendere la natura dell'intimo dell'uomo. La percezione
individuale, infatti, crea delle realtà posticce, che non esistono. L'io è
l'esempio più chiaro e più lampante di un fantasma creato dalla percezione. L'io
è un miraggio, non trova riscontro nella realtà costituzionale dell'individuo.
Quando diciamo: "L'uomo è un centro di coscienza e di espressione",
diciamo una verità che è tale nella misura in cui non si comprenda che
l'individuo è un io che percepisce. Non esiste l'io che sente. Esiste il sentire.
Così come dio non è colui che ama: dio è amore! Siete di fronte a una realtà
sconvolgente. Prima di meditarla e di comprenderla, ciascuno esegua
un'introspezione: cerchi di capire se è tanto forte da abbandonare l'ultima
gruccia, l'ultima illusione: l'io. Tutta la vita dell'uomo è fondata sull'io; e non
solo dell'uomo, anche del santo. Tutto si fa nel presupposto di accrescere se
stessi, anche quando apparentemente si voglia annullarsi. L'io permea tutti gli
insegnamenti, anche i più validi. Il nirvana degli orientali è l'io che
percepisce la divinità: suprema illusione! Dio che parla all'uomo
dell'occidente: quale pazzia più grande può mietere più vittime?
Voi siete abituati a pensare all'io come
sinonimo di egoismo. Adesso dovete pensare all'io come all'unica e la più
grande delle illusioni. Tutto quello che si fonda sull'io - religione, scienza,
filosofia - è una mistificazione. L'io, lo ripeto ancora, non esiste. Siate
consapevoli di ciò. Quando avrete compreso che tempo e spazio sono dimensioni
irreali, che coloro che vi vivono accanto non sono vostri contemporanei nel
sentire, che non esiste nessuna reale successione perché non esiste nessuna
reale suddivisione, ma tutto è; allora sarete liberi dall'illusione del
divenire, comprenderete l'eterno ed infinito essere. Liberare il cuore e la
mente Se volete trovare la
sorgente del fiume, dovete risalirne il percorso. Così, se volete
trovare la sorgente di voi stessi, dovete liberare la mente e il cuore. In
questo modo la vita fluirà in voi. Cos'è, in senso assoluto, la vita? Non è quel ciclo che siete abituati a
considerare: un trascorrere, in ultima analisi; ma è esistere. Se volete dunque esistere, nel senso pieno di
questa parola, dovete liberare il vostro cuore e la vostra mente. Dove è ciò che l'uomo desidera, quello è il suo
cuore umanamente, il cuore dell'uomo è il suo desiderio. Liberare il cuore
significa liberarsi dal desiderio concepito in funzione dell'io. Liberare la mente significa liberare l'essere
proprio dal divenire, dalla volontà di accrescersi, di apparire ciò che non si
è in altre parole, significa essere, non divenire. Non serve che vi parli della condizione
d'esistenza che si può definire di divenire: la conoscete bene! Divenire
significa trovare un modo di apparire, credere di essere ciò che non si è,
cercare di imporsi un modo di agire non sentito ma desiderato: in altre parole,
vivere in funzione dell'io. Essere, invece, significa esistere nella maniera
più reale, più naturale, quindi più esatta, più aderente alla realtà. Significa
far fluire il sentire liberamente; significa superare, infine, la condizione
d'esistenza poggiata sul divenire. Ogni sforzo, ogni imposizione assurda
rappresenta un divenire.
Ciò che potete fare, per essere, è essere
consapevoli dei vostri sentire: non mascherarli, non cercare di occultarli ma,
nella più totale sincerità, esaminare dov'è il vostro cuore, quali sono i
vostri pensieri, qual è il vostro sentire, senza paura di condanna. Non esiste
la condanna: è un fantasma creato dall'io. Tutto è profondamente naturale.
Ormai siete adulti per comprendere questo: non
abbiate timore delle vostre miserie. Sono insufficienze, incompletezze. Dobbiamo essere consapevoli di esse, senza
timori, senza volerle nascondere, sfuggire, ma ponendole di fronte agli occhi
per cercare di capire le ragioni che le fanno sussistere; non volendole
mascherare in modo che un ente supremo non abbia a vederle e, per questo, condannarci,
ma ponendole anzi in evidenza alla nostra attenzione, nella piena
consapevolezza. Questo significa essere, e non divenire. Il sentire individuale
L'individuo non è un ente percipiente, ma è un
sentire. Non esiste l'individuo che sente, ma esiste il sentire individuale. Il sentire individuale, il microcosmo, l'essere,
esiste ma non come io - ed è una differenza profonda, se pensate che tutta
l'esistenza dell'uomo è fondata sull'io e sul non io...
Se avrete il coraggio di seguirci, oltre l'illusione
del divenire, vedrete cadere tanti pregiudizi, tanti tabù, tante false
interpretazioni tanti errori creati dal modo di pensare umano,
Dunque non è abbastanza sviluppato strutturalmente
per poter funzionare come essere. Sta nascendo, anche strutturalmente, è come
un fanciullo ancora non sviluppato che non può dare un contributo alla società
nella quale vive perché deve ancora formarsi: questo è l'uomo quale noi
vediamo. Questo apparirà chiaro ai vostri occhi, e ciò
servirà a farvi guardare con più umiltà tutte le altre creature del cosmo: i
nostri, i vostri simili. Ci insegnerà a liberarci da un errore. Significato di
"liberazione" Ritorniamo all'insegnamento che esorta a
conoscere se stessi. Iniziate subito quest'opera di conoscenza del vostro
intimo, di unificazione dell'essere vostro, perché la liberazione passa
coercitivamente attraverso quest'opera di introspezione.
Che cosa significa liberarsi? Significa far cadere dai propri occhi, dalla
propria percezione, il velo dell'illusione; significa sottrarsi al gioco dei
contrari. Non occorre ricordare i santi, i mistici; anche
i poeti, gli artisti vivono questi momenti di equilibrio, di pace interiore: ma
ciò non significa che abbiamo raggiunto la liberazione della quale vi parliamo:
molte volte, quella tranquillità e quella pace rammentata dai mistici e dai
poeti segue, come reazione, ad una violenta tempesta interiore e non è che il
preludio ad un altro, ancora più violento, intimo travaglio. Non è questa la pace che dà la liberazione della
quale vi parliamo: è una pace che fa parte del gioco dei contrari, è l'intima
tranquillità che dà luogo per reazione ad una tempesta interiore. La
liberazione della quale noi parliamo è una liberazione dall'illusione, dal
gioco del divenire, dal gioco degli opposti. Che l'uomo sia soggetto a questo gioco dei contrari è dimostrato nella storia, nella cultura, nel pensiero: dal misticismo si passa al materialismo, dal materialismo a una diversa forma di misticismo come il romanticismo, dal romanticismo al verismo, e così via: tutto un insieme di contrari che si rincorrono. Raggiungere la liberazione interiore significa
comprendere questo gioco, che nasce dall'intimo di ciascuno, e, dall'intimo di
ciascuno, alla società, alla storia, alla cultura: perché la società, la
storia, la cultura, il pensiero, sono formati dall'intimo dell'uomo. Non sono
nemesi, non sono influenze che vengono dall'esterno: vengono dall'interno di
ciascuno di voi che formate la società, che costituite l'umanità.
E se ciascuno di voi raggiungerà quella
liberazione della quale vi parliamo - che è un fatto del presente, che può
La liberazione è un
fatto del presente, ripeto. Anche se
Conoscete voi stessi, comprendetevi, sappiate
che tutto quanto vi circonda è un'apparenza, un'illusione. Non date troppo
valore a questa illusione, a questo apparire. Date valore all'intimo, al
sentire. Noi siamo questo intimo, questo sentire. La poesia del presente Ponete attenzione a quanto voi stessi non
cogliete del presente, sempre vivendo in funzione dell'avvenire oppure nel
ricordo del passato. Ciascuno, invece, deve essere consapevole che
l'esistenza è un fatto del presente - e così deve essere vissuta. Non importa a
che cosa siamo chiamati: ciascuno di noi ha il suo compito, Importante è che ciò che uno fa, lo faccia con la completa partecipazione di se stesso. Ecco perché è tanto importante il
presente. La poesia del presente.
Nella ricerca dell'avvenire l'uomo dimentica
qual è il suo compito di oggi. Ho unito questi due concetti perché uniti
debbono essere: vivere nel presente e dare il meglio di se stessi. Il presente,
ricordatelo, è sempre il miglior periodo della vostra esistenza. L'approdo sicuro
Ognuno ha una propria esistenza, ed ecco che
quanto accade nel mondo viene visto come da una finestra, come qualcosa a
distanza che interessa relativamente. Così, molto superficialmente si giudicano
gli altri, la società, i governanti, e si attende sempre che l'esempio venga da
loro, che il meglio parta dagli altri. Ma ora sapete che ciò che voi vedete al di fuori
di voi trae le sue origini nell'intimo di voi stessi. Questa è una verità
incontestabile.
L'uomo è sempre tale,
qualunque sia il sistema che ha
Voi che, sufficientemente distaccati, guardate
il mondo che vi circonda, più degli altri dovete essere consapevoli di queste
verità, più degli altri siete chiamati ad agire rettamente, a rettamente
pensare, a fare ordine in voi stessi.
Spesso si constata la disonestà di coloro che
sono chiamati a dirigere la società e questo rappresenta per chi osserva una
sorta di autorizzazione a fare altrettanto, a credere che quello si debba fare
nascostamente, da persone furbe. Si crede che perseguire il proprio interesse
sia tutto ciò che l'uomo deve fare. Ma non è questo il giusto modo di essere nella
vita, come ora sapete.
Dovete compatire chi non agisce rettamente
perché sono creature che dovranno passare attraverso la catastrofe, la
tragedia,
Chi è turbato dal triste spettacolo dell'ingiustizia,
quale contributo porta al meglio? Una rinuncia, un abbandono! Egli crede che
tutto finisca per travolgere l'uomo. Chi invece è sicuro che la natura divina
che è in ognuno di noi - in ogni uomo - trionferà, è un punto fermo in questo
mare di scorie: è un approdo sicuro per le forze che cercano di purificare il
sentire di ogni essere. Non essere turbati Non dovete essere turbati dal triste spettacolo
dell'ingiustizia, della disonestà, della crudeltà, perché già abbiamo detto che
questi sono tempi in cui tutte le scorie vengono a galla, e questi lati
peggiori che sono da sempre nell'umanità sono evidenziati, ostentati senza più
ritegno perché sono venuti meno i freni inibitori.
In questa certezza, voi non dovete essere turbati da ciò che travaglia il mondo; dovere compatire chi è insensibile, chi è disonesto, chi persegue unicamente il proprio interesse; dovete comprendere che sono stati d'animo transitori di quelle creature, scorie che affiorano per poi scomparire. Ma ciò che è nel più segreto di ogni uomo, la sua natura
divina, brillerà, si imporrà, diventerà vero essere di ogni creatura: e grazie
a quella liberazione potrà finalmente esistere una comunione degli esseri
fondata sull'amore, sulla comprensione, sull'altruismo. In questo dovete credere,
e non che tutto sia votato alla catastrofe, all'annullamento. La catastrofe, la tragedia, l'annullamento non
sono che mezzi transitori per distruggere le scorie. Meditazione
Ora conoscete e dovete comprendere veramente
questa importantissima verità, che merita una profonda meditazione: l'io Non c'è qualcosa che percepisce e quindi sente,
ma noi siamo fatti di sentire. Come abbiamo detto: "Dio non è colui che
ama, ma è amore". Così, voi che state
leggendo queste pagine non siete voi
L'uomo deve essere estremamente sincero con se
stesso, nella realtà di ciò che è, non di ciò che vuole apparire: quando fa
così, l'uomo è nell'essere e non nel divenire. Quando vive la sua vita nella consapevolezza di
ciò che è, come essere interiore, senza infingimenti, senza voler apparire agli
occhi degli altri e soprattutto ai suoi occhi diverso da come è in realtà,
allora l'uomo è nell'essere, ha abbandonato il mondo del divenire. Solo in
questo modo il sentire fluisce liberamente.
Se ciascuno è
impegnato in una vita che non è la sua reale, del suo intimo, ciò significa che
sta seguendo una commedia che si costruisce su misura. E se è impegnato in
questa commedia, che a volte può diventare una farsa, allora il suo sentire non
fluisce liberamente: egli è nel mondo del divenire, segue una vita di
sensazione e non di sentire - di quel sentire che noi intendiamo. Esistono non dico dei sistemi ma delle
posizioni, delle meditazioni secondo le quali questo fluire è agevolato. Questi
non sono metodi, badate bene, perché debbono poggiare sulle convinzioni
dell'individuo.
Se non siete convinti di non avere un corpo
fisico secondo come lo considerano gli uomini, ma che anche la sensazione di
avere un corpo non è che un'illusione, un gioco della percezione - e se non
siete tanto padroni di questo concetto da averlo chiaro di fronte ai vostri
occhi e poterlo ritrovare nelle varie occasioni della vita - è perfettamente
inutile seguire gli atteggiamenti dei quali vi parlerò. Ma se riuscite a capire
che cosa vogliamo significare dicendo che l'io non esiste, allora queste
posizioni, queste meditazioni possono essere di un certo interesse.
Occorre per prima cosa che ciascuno sia
consapevole di se stesso, si conosca, riesca a capire quanto egoismo è in lui;
non giustifichi certe azioni giudicate riprovevoli dalla morale comune, che
egli ha commesso, o certi pensieri o certe intenzioni
Non abbiate paura di voi stessi, di apparire
quali siete. Questo è estremamente importante. Dopo di che è assai importante
raccogliersi, meditare. Per agevolare la meditazione occorre trovare una
posizione comoda, che vi consenta di rilassarvi. Penserete che questo sia
difficile, nella vita di oggi; ma chi ha interesse a seguire ciò che diciamo
non sente gli impegni umani quanto gli altri uomini e può trovare il tempo per
meditare. Se invece non riesce a trovare tempo, ciò vuol dire che i suoi
impegni, certo importanti, lo interessano tanto, ed allora quello è il suo
campo di azione! Dico questo senza alcuna ironia, come semplice constatazione
di una realtà. Ed eccoci giunti alla meditazione. "Io non sono il
mio corpo" Che cosa è questo
corpo fisico? Se lo si osserva dal punto di vista della
materia fisica,questo corpo che vedete e percepite come un'entità materiale, a
livello di materia atomica assomiglia ad un firmamento, all'universo
astronomico, in cui grandissimo è lo spazio occupato da materie estremamente
rarefatte rispetto allo spazio occupato da materie solide.
Ma se continuiamo questa meditazione secondo la
verità dei fotogrammi, addirittura giungiamo a considerare come questo corpo
fisico non esista come un ente a sé - che nasce cresce vive evolve e muore - ma
sia frazionato in una miriade di fotogrammi, di situazioni che lo contemplano
dalla vita alla morte.
Sorge una prima considerazione: "Io -
diciamo pure ancora io, se questo ci serve ad abbreviare e a capire meglio un
concetto - io non sono identificabile con il mio corpo. Il mio corpo è un ente
a sé stante e, forse, non è per niente un ente. E' qualcosa che mi fa percepire
delle sensazioni, che mi pone in contatto con il piano fisico. Dunque io potrei
- ed entra in gioco l'immaginazione - pensare di fuoriuscire da questo corpo;
perché questo corpo
Ciò che io percepisco
come freddo e caldo non è che una situazione appartenente al piano fisico, relativa
ad uno spazio circostante al mio corpo; ma se esco fuori da questo vestito,
immediatamente il mio freddo e il mio caldo cesseranno, perché interrompo il
collegamento fra il centro di sentire che io sono e l'ambiente nel quale si
produce il caldo o il freddo, o nel quale esiste qualcosa che io denuncio come
caldo e freddo. E così è del dolore che mi assilla. Io ho una
parte del mio corpo che è sofferente, ma non sono io che soffro. Percepisco
questa sensazione di dolore perché sono unito al mio corpo, ma se fuoriesco dal
mio corpo il dolore non è più da me percepito". "Io sono un
piccolo cosmo" "Io sono un piccolo cosmo che ha in sé ogni
risorsa. Agenti esterni all'ambiente nel quale è il mio corpo attaccano questo
veicolo, ma, attraverso un meccanismo di comunicazione, la mia mente comanda al
mio corpo di aggredire e annullare questi agenti esterni, e il mio corpo si
mantiene in salute. Dunque in me, in questo microcosmo che io sono,
esiste un'infinità di possibilità. Inconsciamente la mia mente comanda al corpo
di respingere l'attacco di agenti esterni che potrebbero danneggiarlo ed io
neppure mi accorgo di essere stato attaccato. Ma se unisco la mia volontà e la
mia mente cosciente all'azione della mente incosciente, io posso risvegliare
nel mio corpo quelle difese naturali che combattono gli attacchi provenienti
dall'esterno: perché non sono io che soffro: è il mio corpo".
Questa è la meditazione che dovete fare:
disgiungere, nell'identificazione di voi stessi, voi stessi dal vostro corpo
fisico. Quando siete riusciti ad operare questa
separazione - e questo può essere fatto anche nella vita di ogni giorno -
improvvisamente, quando siete su un mezzo pubblico, direte: "Ecco, il mio
corpo viene trasportato da qui a là, ed io lo seguo, ma io sono indipendente da
lui: potrei, se lo volessi, con appropriati esercizi, astrarmi da questo
trasporto e rientrare nel mio corpo quando fosse giunto a destinazione".
Quando siete riusciti a staccare
l'identificazione di voi stessi Ma io posso reagire anche a questa condizione
contingente, come a tutte le altre. Posso, se lo voglio, perché sono
indipendente, astrarmi da quegli acciacchi!" E così via. "Io non sono le
mie sensazioni" Già lo sapete: il corpo fisico non esiste.
Dovete diventare padroni di questo concetto. A che fine? Perché è una
meditazione che, completata dalle atre che vi diremo, agevolerà il fluire del
sentire, affinché tutto poggi su una vita di essere, su un'esistenza reale, non
più legata al mondo del divenire. Abbiamo visto che voi non siete identificabili
con il vostro corpo fisico. Proseguiamo, esaminiamo con che cosa possiamo
essere identificabili. Che cosa si agita nell'uomo? Sensazioni,
emozioni che conoscete nelle forme più grossolane, che si rivelano in un
veicolo diverso da quello fisico. Ovvero, dai sensi del piano fisico si rivela
qualcosa in un veicolo più sottile, detto corpo astrale, qualcosa che è
definito sensazione o emozione. L'io è identificabile in queste sensazioni ed
emozioni?
Già sapete la risposta: no, perché voi potete
dire: "Io ho questo desiderio", "io ho fame", perché il
corpo fisico ha fame; ma il goloso, nel piano astrale, pur non avendo più il
corpo fisico, avrà ancora la sensazione della fame. Nella sua psiche accadrà
allora un processo in questo senso: desiderando di ripetere le esperienze
piacevoli che gli venivano dall'ingerire certi cibi, inconsciamente produrrà
nel suo veicolo il desiderio di mangiare, desiderio che si concreterà in una
sensazione conosciuta come fame del corpo fisico, pur non avendo più un corpo
fisico.
L'individuo non è identificabile nelle
sensazioni. Per il fatto
E allora dovete ancora meditare e, in una
posizione rilassata, dire: "Io non sono il mio corpo fisico, tanto che
potrei uscirne e rimanere sempre io e continuare ad avere una vita autonoma. In
questo momento in cui sto meditando provo una sensazione di calma, di
tranquillità; ma io non sono neppure queste sensazioni. Queste sensazioni sono
da me avvertite perché sono in una situazione contingente in forza della quale
il veicolo detto corpo astrale me le rivela; ma io potrei esistere anche al di
là del mio corpo astrale ". E' come un tentacolo, questo io, che man mano
dal piano fisico si ritrae, si ritrae e passa all'astrale. Dite: "Io non
sono neppure il mio veicolo astrale", ed ancora il tentacolo si ritrae. "Allora, che cosa rimane di me?" "Io ho la libertà
di scegliere" Rimane la cosa più importante, quella che
nobilita l'uomo, che lo pone al di sopra di tutto il creato: il pensiero. Allora, l'individuo è identificabile con il suo
pensiero? Al punto in cui siete, al punto della vostra evoluzione, è possibile
un grande cambiamento. Già sapete delle varie vie che ciascuno può
seguire per giungere alla comprensione di una verità. Certe cose possono essere
superate attraverso una meditazione, una riflessione, con il pensiero, oppure
attraverso l'esperienza diretta. La vita di ognuno ha molti di questi passaggi.
Il temperamento di ciascuno è più portato ad una
delle tre vie: la via mistica, la via del ragionamento, la via dell'azione e
dell'esperienza diretta. Ma ogni esistenza non è indirizzata esclusivamente in
un senso; anche chi segue la via mistica può avere delle esperienze; e
viceversa, chi sceglie la via del raziocinio può benissimo avere dei momenti
mistici; e così via.
Ebbene, tutte le volte che esiste la possibilità
di superare un'esperienza attraverso il ragionamento, ad esempio, anziché
l'esperienza diretta - superare un qualcosa della nostra vita Queste varianti, che
di tanto in tanto tornano, hanno un
Quando avete la possibilità, la libertà di
scegliere una via anziché l'altra, la via da voi scartata rimane viva e vitale
come quella che avete scelta. Non è infatti concepibile un Assoluto che non sia
tutto eternamente presente e realizzato. Nessuna delle sue parti, neppure la
minima, può essere di là da venire o indefinita. Tutto è in lui. Dicevamo che, al punto in cui siete, è possibile
un grande cambiamento. Ecco, quando voi giungete alla liberazione della quale
vi parliamo, voi avete realizzato la vostra prossima tappa, quella che vi
aspetta.
Al punto in cui siete, che cosa dovete imparare?
Dovete imparare che tutto il mondo nel quale vivete, vi muovete, ha
un'importanza relativa. Dovete trovare la realtà che sta al di là di questo
mondo di apparenze. Questa è la vostra prossima meta. Allora, se attraverso la meditazione, o quello
che volete, riuscite a raggiungere questa meta, tutta la parte della vostra
esistenza espressa in fotogrammi che costituiva l'alternativa a questa via di
comprensione - chiamiamola alternativa di esperienza diretta - esiste come
variante, non meno viva e vitale di quella che avete scelta, avendone la
possibilità.
Questo che cosa significa? Che oltre l'affannoso
vivere degli uomini in cerca di non si sa che cosa, esiste la Realtà vera,
quella per la quale voi siete. E questa rappresenta la vera folgorazione che
potete avere, quella che può risparmiarvi tante esperienze dirette; quella che
deve essere perseguita con ogni sforzo. "Io non sono il
mio pensiero" L'argomento "non esistenza dell'io"
può lasciarvi alquanto sospettosi. Certo, tutti siete propensi ad ammettere,
oralmente, che l'io non esiste, ma meno propensi a scendere ad una indagine, a
capire che cosa succede da questa non esistenza. Si vuota il mondo!
La non esistenza dell'io non è che l'epilogo dell'insegnamento dei fotogrammi. Ora, come stimolare una meditazione intelligente sulla visione della realtà che vi circonda, scomposta in questo mondo di fotogrammi? Cominciando proprio ad esaminare l'essere che noi siamo, che voi siete; cominciando a ripetere che il corpo fisico non esiste. Ma dire:
"Io non sono il mio corpo fisico", vuol dire comprendere il
significato al di fuori della suggestione, nella realtà; vuol dire comprendere
l'essenza di tale affermazione e non seguire una suggestione; vuol dire
comprendere perché voi non siete il vostro corpo fisico, meditare tanto
profondamente da raggiungere questa convinzione non attraverso l'illusione, la
suggestione, ma attraverso il ragionamento.
Il ragionamento, il ragionare è uno strumento
che ha a disposizione l'uomo - quest'uomo che non è neppure il pensiero, perché
l'uomo è il pensatore, è colui che pensa. E anche qua non si tratta di giungere
all'autoconvinzione attraverso la ripetizione della frase "Io non sono il
mio pensiero", cioè attraverso la suggestione, ma raggiungere la
convinzione di tale affermazione; comprendendo intimamente la sua realtà.
Voi sapete, secondo la verità dei fotogrammi,
che il piano mentale dove ha sede il pensiero è anch'esso composto di
fotogrammi, così com'è il piano astrale e il piano fisico. Dunque l'individuo o l'essere non è il pensiero, ma
il pensatore. "Cogito ergo sum" deve essere ridimensionato. "Io non sono il
mio io" Ma se noi togliamo il corpo fisico, se togliamo
il corpo astrale e poi togliamo il corpo mentale, che cosa rimane di questo
individuo? Rimane il sentire della sua coscienza.
Questo sentire va ben focalizzato. Si può
parlare di sentire
Voi conoscete la filosofia yoga e i suoi vari
sistemi per giungere alla disillusione del mondo che circonda l'individuo. Il sistema dell'Hata Yoga, ad esempio, sposta la
concezione dell'io ad un io superiore; dice: "Io non sono il mio corpo
fisico, io non sono il mio corpo astrale, io non sono il mio corpo mentale, ma
io sono il mio sé, il mio spirito". E questo può essere vero, ma solo se
si riesce a capire che cosa è questo "sé", che non è l'io! Se pensate
che quello che abbiamo detto corrisponda al sistema yoga non ci avete seguito,
perché noi non facciamo questo processo di sublimazione dell'io: noi stiamo
invece tentando di distruggere l'io, di mostrarvi come questo io non esista,
non sia che una percezione illusoria.
Quando dite: "Io non sono il mio corpo
fisico", se in questa affermazione non tenete presente perché non siete il
vostro corpo fisico (perché il vostro corpo fisico in realtà non esiste, non è
che un insieme di fotogrammi del piano fisico); se nel dire questo non partite
da questa convinzione e da questa immagine, allora voi non fate altro che
spostare l'io ad un piano superiore.
Altrettanto vale per il corpo astrale e per
quello mentale: se facendo questa meditazione non tenete presente la realtà dei
fotogrammi, non fate che sublimare il vostro io, non fate che dire: "io
non sono la bassezza del mio corpo fisico, né l'infimo grado dei miei desideri,
né la povertà dei miei pensieri: il mio io risiede in piani ben più alti e di
tutt'altra natura!". Questa meditazione o autosuggestione non è la stessa
alla quale vi esortiamo.
Che significa dire: "L'uomo non è il suo
corpo fisico, il suo corpo astrale e il suo pensiero, ma è unicamente il suo sé
spirituale"? Non è vero niente!, perché l'individuo quando è incarnato è
il suo sé, la sua scintilla divina, la sua collana di sentire, i suoi pensieri,
il suo corpo astrale e il suo corpo fisico: è un microcosmo che comprende tutto
questo. Dire "Io non sono il mio corpo fisico, il mio corpo astrale, il
mio corpo
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