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Il vero amore - La religione dell'esteriorità - Come nasce l'io - Come nasce la coscienza - Le collane del "sentire" - Il ruolo della buona volontà -

Dio è nell'uomo - Vivere per un mondo migliore - Il sentire del maestro - Siamo un unico sentire! - Il significato del "sentire" - Oltre i mondi dell'io - 

Come giungere al sentire di coscienza - Analogia delle evoluzioni individuali - Il trionfo della giustizia - Il castello dell'illusione - La società futura - 

La verità è solitaria - "Non parliamo per tutti" - L'io e l'aldilà - Una nuova morale - Relatività della morale - L'unico scopo della vita umana - 

Le norme di comportamento - I comandamenti "dettati" da dio  - Perchè l'uomo è sullaTerra - Una nuova esistenza - Una nuova coscienza - 

Una nuova società - Superare l'io egoistico - Il metodo dell'auto-osservazione - Il raggiungimento della divinità - L'umanità del futuro -

Conclusione (Cosa cerchi qui?...)

Il vero amore

Conoscere se stessi significa conoscere la vera realtà dell'essere nostro. Significa comprendere che cosa è in noi stessi, che proviene dall'ambiente circostante o dai nostri veicoli e che, pur facendo parte del nostro essere, non rivela la sua vera natura.

Conoscere se stessi significa operare una introspezione accurata, sincera, che metta a nudo quanto si agita in noi, senza temere di apparire peggiori a noi stessi. Conoscere se stessi significa scavare, giungere alla radice del nostro essere, al sentire reale. Significa comprendere se ciò che noi crediamo altruismo, amore, è veramente tale. Significa riuscire a comprendere se quell'affetto che è in noi è dettato dalla nostra coscienza o se non è che una spinta sessuale sublimata. Questo significa conoscere noi stessi: avere la chiara visione della nostra natura; senza cercare di nasconderla pensando così di essere migliori; senza cercare di soffocarla credendo di meritarsi, in questo sforzo, il paradiso.

Amare realmente, che cosa vuol dire? Vuol dire rinunciare alla vicinanza della persona cara, se questo le è necessario: significa rinuncia! Amare significa devozione senza ottenere riconoscenza. Se siete capaci di donare voi stessi senza che l'oggetto del vostro amore lo sappia, senza attendere ricompensa, quello è vero amore! 

La religione dell'esteriorità

Se osserviamo la civiltà occidentale, vediamo una caratteristica fondamentale: in tutta la storia, in tutto il tempo, generalmente si è pensato unicamente ad osservare il mondo che sta al di fuori dell'uomo. Ben poca o nessuna importanza è stata data all'intimo dell'uomo. Perfino quella che aveva la fonte per insegnare agli uomini a guardare dentro se stessi, cioè la religione o l'insieme delle religioni occidentali, ha sempre ridotto la religiosità a delle pratiche  unicamente esteriori.

Il cristianesimo che voi conoscete in fondo non è che un insieme di insegnamenti su come l'uomo deve atteggiarsi. 

Amare i propri simili significa dare un aiuto esteriore. Così non era l'insegnamento reale del Cristo; e non potrebbe essere diversamente: chi è nella verità e parla agli uomini non può che parlare del loro mondo interiore, perché quello è di primaria importanza per ciascuno. Il mondo che circonda l'uomo è solo in funzione del mondo che è nel suo intimo.

Naturalmente l'insegnamento del Cristo circa l'intimo non può essere stato recepito facilmente. Chi ascoltava le sue parole non poteva comprendere quanta importanza egli desse all'intimo dell'uomo; coglieva solo gli aspetti esteriori, e quelli sono stati tramandati. Ma l'insegnamento esoterico fiorisce in queste raccomandazioni al conoscere se stessi, allo svelare la vera natura di ciascuno, ad essere e non divenire.

Di tanto in tanto nei vangeli che sono giunti fino a voi, sia quelli detti canonici che quelli giustamente definiti apocrifi, si scopre un accenno importantissimo, si può capire quanta importanza il Cristo desse alla vera natura di ogni uomo. E' vero che questo lo può capire solo chi già è a conoscenza di certe verità; agli altri quelle frasi suonano come incomprensibili, o, se sono comprese, non lo sono nel loro profondo significato. Ad esempio, un'affermazione interessante in tal senso fu: "Il padre viene come un ladro e, come vi sorprende, così vi giudica!". Certo: la vera natura dell'essere nostro appare nel momento in cui siamo rilassati, abbandonati in noi stessi, non preoccupati di voler apparire diversi da quelli che siamo; ecco, quello è il momento in cui il padre - detto in senso figurato - ci sorprende. Quello è il momento della nostra verità.

Ora sapete che importante non è l'atteggiamento ma il sentire, e voi non dovete mascherare questo sentire in voi stessi.

L'atteggiamento può essere utile nei riguardi degli altri, quando il nostro sentire potrebbe portarci a commettere azioni dannose verso i nostri simili; allora è bene che l'uomo sia abituato all'autocontrollo; ma quando è faccia a faccia con se stesso non serve illudersi o suggestionarsi di essere migliore di come in effetti, in realtà, è.

 

Come nasce l'io

Abbiamo detto che l'io nasce dal senso di separatività, che è il prodotto dell'intelletto, della mente: man mano che la mente si sviluppa, anche l'io si sviluppa. Nell'animale, quando l'intelletto non è ancora sviluppato, non troviamo l'io. Lo troviamo invece ben definito nell'uomo che ha sviluppato il suo intelletto. L'io nasce dal senso di separatività: io e non-io. Ma poiché la separatività non esiste, in effetti anche questo io non può esistere. Se dunque togliamo questo strumento essenziale che è la mente dell'individuo, cessa l'io.

Abbiamo accennato ad alcune meditazioni: "Io non sono questo, io non sono quello". Se continuiamo seguendo questo sistema, vediamo che il fantasma dell'io ha sede unicamente nel corpo mentale dell'individuo; lì e solo lì si riassume tutta la falsa percezione di questo io. Voglio sperare che ormai più nessuno di voi identifichi se stesso nel suo corpo fisico. Voi sapete che il corpo fisico non esiste come lo percepite, né il vostro né quello di coloro che gli occhi fisici e i sensi del vostro veicolo fisico vi fanno percepire.

Infatti, con l'insegnamento dei fotogrammi abbiamo compreso che il corpo fisico è raffigurato nei fotogrammi del piano fisico in una infinità di situazioni, di mutazioni, di rappresentazioni. Questo insieme di fotogrammi inerenti al vostro corpo fisico diventa "uno" per virtù del corpo mentale dell'individuo, il quale, a sua volta, non è una unità ma, in modo analogo al corpo fisico, è un insieme di fotogrammi, di mutazioni, di rappresentazioni.

 

Come nasce la coscienza

Il corpo mentale è ciò che crea l'illusione dell'io. Però - dico - tutto questo insieme di fotogrammi fisici astrali mentali come potrebbe dare sia pure un'illusione di unità se non ci fosse qualcosa, un centro di sensibilità, un centro di sentire? E questo centro di sentire, questo centro di sensibilità che è l'individuo nel suo insieme, da che cosa nasce? Nasce dai veicoli superiori dell'individuo: dal corpo akasico , la coscienza individuale, la scintilla divina, eccetera.

Allora, abbiamo come una suddivisione dell'individuo: da una parte i corpi fisico astrale e mentale, dall'altra il corpo akasico e altri veicoli spirituali, diciamo. Fra queste due parti che costituiscono l'individuo, e precisamente dalla parte che si affaccia sui fotogrammi del piano mentale astrale e fisico, ecco questo centro di sensibilità, il quale, percependo situazioni raffigurate nei fotogrammi fisici astrali e mentali, dà una prima forma di sentire all'individuo.

Dunque, distinguiamo nell'individuo due tipi di sentire: il sentire della coscienza, un sentire in sé che non ha bisogno di percettori per rivelarsi, è amore, è senso del dovere; ed un sentire le situazioni inerenti alla vita dei piani densi, fisico astrale e mentale, che è un percepire, che riguarda un ente percepiente o centro di sensibilità.

Se diciamo: "Io percepisco una sensazione, una situazione" quale tipo di sentire è in atto? Il sentire di percezione. Infatti è il sentire di sensibilità che percepisce fotogrammi del piano astrale. Se dice: "Io penso", anche questo è un sentire che appartiene al centro di sensibilità individuale, il quale percepisce certi fotogrammi del piano mentale, del corpo mentale dell'individuo. Ma se dico "senso del dovere, altruismo", non dico più percezione di fotogrammi dei piani più grossolani, ma dico sentire di coscienza.

 

Le collane di sentire

Questo sentire di coscienza comprende tutta una gamma, da un sentire più semplice ad un sentire più complesso. E ogni fase non è mai superata. Questo sentire non è mai errato. La fase successiva e più complessa del sentire di coscienza comprende in sé la fase più semplice, non la supera mai come qualità. Vediamo di spiegarci.

Abbiamo detto prima: "senso del dovere". Esso è una forma del sentire di coscienza che fa parte di quella collana di sentire che si trova nel piano akasico, o piano della coscienza. Ebbene, poniamo che la fase successiva sia "amore al prossimo". Essa comprende naturalmente il senso del dovere; dunque è un sentire più complesso che comprende in sé il più semplice. Un sentire più semplice quindi non è mai errato: è limitato; e la fase successiva di sentire più ampio comprende quella del sentire più semplice.

Un insieme di percezioni nei piani fisico astrale mentale - in parole povere, quelle esperienze che gli uomini vivono come sensazioni, pensieri, eccetera - prelude alla manifestazione di un sentire di coscienza più complesso di quello manifestato attraverso quelle sensazioni, pensieri, eccetera.

Tutte le collane di sentire sono analoghe e contengono, diciamo figurativamente, lo stesso numero di perle: dal più semplice sentire al più complesso. Questo vuol dire che la via di manifestazione della coscienza - in altri termini: l'evoluzione della coscienza individuale - è uguale per tutti. Non esistono varianti. Mentre se scendiamo alla percezione dei fotogrammi dei piani più densi delle vostre vite di uomini, vediamo che le varianti esistono, e come!, e che l'evoluzione dell'uomo non può essere e non è uguale per tutti. E qui entra in gioco la percezione.

 

Il ruolo della buona volontà

Voi state vivendo certe esperienze che debbono condurre alla manifestazione, in voi stessi, di un sentire di coscienza più complesso di quello che attualmente è manifestato. E così è per tutti gli individui che esistono. 

Ma questa meta può essere raggiunta o seguendo la via naturale, il ritmo naturale delle diverse e molteplici esperienze dirette, o seguendo altre vie, a quelle varianti, le quali vedono l'individuo impegnato con tutti i suoi veicoli inferiori - fisico astrale e mentale a raggiungere la consapevolezza di se stesso. Ed è questa una variante, e questa può portare a quella folgorazione di cui tanto si parla.

Lo svolgimento del sentire di coscienza è uguale per tutti gli individui, non ha tempo di durata, non è misurabile con l'illusione del tempo: segue una cadenza dal più semplice al più complesso. 

Tutti i sentire analoghi vibrano, esistono, si manifestano simultaneamente per tutti gli individui, e non potrebbe essere diversamente. Ciò che invece cambia molto e che costituisce variante, è l'esperienza nei piani più densi del cosmo: la vita dell'uomo, quindi. Ecco il tanto ripetuto invito alla buona volontà, alla consapevolezza - alla luce di questo insegnamento!

 

Dio è nell'uomo

Il regno di dio è dentro di voi : così l'evangelista Giovanni riferisce le parole del Cristo. E la citazione è esatta. Quante verità sono racchiuse in questa affermazione: dio è nell'uomo!

La Realtà è nell'intimo di ciascun individuo, e questa verità è tale per quello che può accadere nella vita degli uomini. Ciò significa: è inutile che gli statisti, i teorici pensino a nuove forme di società; è inutile ricercare una società migliore al di fuori dell'individuo; la società migliore - parafrasando la verità che il Cristo annunciò agli uomini - non è al di fuori, nei sistemi, ma dentro ciascuno di noi!

Se non siete convinti di questo, constaterete direttamente - e gli eventi ve lo dimostreranno - che tutti gli sforzi volti a migliorare esteriormente la società, i rapporti fra gli uomini, fra i popoli, saranno sforzi vani e ricondurranno allo stesso punto di partenza.

Allora non potrete che convincervi della verità di quanto, da tempo, vi andiamo dicendo. Ma se già ne siete convinti, che cosa aspettate a mettere in pratica questa verità?, a darle attuazione?

 

Vivere per un mondo migliore

In che modo?, direte. Vi è un solo modo, ed è quello di cominciare da voi stessi, dal vostro intimo: portare ordine, equilibrio, rettitudine dentro di voi. Portare pace attorno a voi: questo è il solo modo che può cambiare il mondo.

Non occorre che studiosi e teorici pensino a come dare maggior libertà all'uomo, e al tempo stesso controllarlo, ma occorre che ciascun uomo si faccia studioso di se stesso, si faccia fautore di una nuova società cominciando dalla sua esistenza di ogni giorno. E questo non significa chiedervi delle azioni eroiche, nel senso di appariscenti, ma chiedervi l'umile azione di ogni giorno racchiusa nella segretezza di voi stessi.

Portate ordine e pace in voi e attorno a voi, con coloro che vi sono vicini: quelli infatti rappresentano la vostra società, e quella è la società che dovete migliorare, quella per la quale siete chiamati responsabili.

Chi conosce queste verità e le relega come annunciazioni che suonano bene, ma che non hanno riscontro nella pratica, sarà certo chiamato responsabile anche di questo, soprattutto di questo. Voi siete responsabili di ciò che accade nel mondo nella misura in cui nulla fate per migliorare voi stessi.

Non occorre essere dei capi, dei trascinatori di folle, dei santi, dei maestri; bisogna invece essere degli umili lavoratori di voi stessi, delle unità di una umanità che lavorano singolarmente cominciando dalla parte più feribile, più attaccabile - da se stessi - per un mondo nuovo e migliore: migliore non nel senso che comunemente oggi si dà a queste parole; migliore non per più comodo o più agiato; ma per più funzionale ai fini del raggiungimento dello scopo per il quale ogni essere vivente esiste: la sua nascita spirituale.

 

Il sentire del maestro

Nei piani fisico, astrale e mentale - i piani più densi del cosmo - la percezione avviene attraverso un ente percepiente, che è l'individuo, e qualcosa che deve essere percepito, che è il mondo circostante.

Questo mondo non è affatto oggettivo, nel senso che fino a ieri avete creduto; il mondo che l'individuo percepisce esiste, in quel modo, solo per lui!

I maestri che parlano, che aiutano, sono veri, non c'è dubbio: veri per l'individuo che li ascolta. 

Se vi sia un rapporto simultaneo fra maestro e individuo che l'ascolta, non ha importanza, non ha rilievo sul piano oggettivo: ciò ha valore unicamente per l'individuo, da un canto, e per il maestro dall'altro. Sono due valori distinti e separati che hanno in comune unicamente un'immagine virtuale, un nesso illusorio, qualcosa di contingente. 

Ciascuno, tanto il maestro che parla quanto l'individuo che ascolta, ha la sua esistenza, e quella sola, per entrambi, ha valore.

Ora, anche quando un maestro parla e un individuo ascolta, vi è un percepiente e qualcosa da percepire: l'individuo percepisce il maestro. Da questa percezione sorgerà - diciamo in modo molto semplificato- una perla, una perla del sentire individuale, la quale esiste già da sempre e per sempre nell'individuo, ma vibra, si rivela, esiste in quell'attimo eterno, quella sola volta nell'eternità senza tempo, quando la percezione dell'individuo lo conduce ad avere questa esperienza. E l'esperienza ha luogo quando la percezione individuale del mondo dei fotogrammi si ripercuote tanto profondamente e sentitamente da raggiungere la coscienza dell'individuo. Allora quel granello di sentire individuale si rivela; allora l'individuo ha la constatazione diretta che in lui esisteva quel sentire! 

Questo sentire individuale è cosa tutt'affatto diversa dal percepire, che scaturisce dal connubio tra un ente percepiente e qualcosa da percepire al di fuori di lui. E' un giungere a sentire totalmente differente da quello che potete oggi concepire. E' un fluire spontaneo, oltre un certo limite.

 

Siamo un unico sentire!

Che cosa accade quando l'individuo ha lasciato la ruota delle nascite e delle morti?, quando il fluire del sentire individuale avviene spontaneamente senza necessità di percezione nei piani più densi del cosmo? Significa vibrare all'unisono di tutte le perle dei sentire individuali; significa raggiungere un sentire universale e quindi cosmico; significa ritrovare in questa comunione di sentire individuali tutte le percezioni degli individui ai quali siamo uniti, cioè tutti gli individui esistenti nel cosmo: significa fondersi, a quel grado di sentire, con tutti i sentire analoghi.

Per darvi un'idea: se fosse l'amore al prossimo quel grado di sentire, significa raggiungere l'amore al prossimo totale, in ogni sua forma, in ogni sua variante, in ogni suo aspetto!

Se fosse la visione di un'arancia posta su un tavolo, significherebbe raggiungere la visione dell'arancia da tutti i punti di vista di tutti gli osservatori attorno a quel tavolo. Questo significa vivere la totalità delle esperienze individuali ad un vasto livello di sentire, e poi a quello successivo, e a quello successivo ancora, non più attraverso la percezione individuale ma attraverso la percezione di tutti gli individui; o meglio, siccome non si può più parlare di percezione, attraverso il sentire totale degli individui...

Allora, troviamo un punto di confluenza di tutti gli esseri esistenti in un cosmo: un punto terminale che non esiste realmente, che è un punto virtuale, è un virtuale frazionamento dell'Assoluto: in altre parole, è l'Assoluto.

Comincia a delinearsi un'immagine più chiara, dalla quale scopriamo che, in fondo, siamo tutti un unico corpo, un unico essere, un unico sentire! Esiste una differenza fra me e te come può esistere una differenza fra un filo d'erba e un altro filo d'erba di un prato. Noi tutti abbiamo le nostra fondamenta, le nostre radici, in un punto comune. Ma senza arrivare tanto lontano, senza giungere a quel punto comune, prima di allora, le vostre esperienze in ultima analisi saranno le mie, e le mie sono vostre. Con quale coraggio possiamo allora guardarci senza comprenderci l'un l'altro?

Con quale coraggio possiamo sentirci l'un l'altro estranei, quando ciascuno di noi non fa che rappresentare un'esperienza, una variante di quell'infinita esistenza che si chiama Assoluto?

Nessuno, che abbia veramente compreso queste misere parole, può guardare con distacco, compassione, commiserazione, un suo fratello. Nessuno, che comprenda in pieno queste parole, può sentire estraneo a se stesso un qualunque altro essere esistente!

Io mi auguro che possiate intravedere la luminosità di queste verità, perché esse potranno rendervi tanto forti da sopportare le ingiurie di chi non le comprende; potranno rendervi tanto forti da farvi sorridere a chi si prende gioco di voi, ma vi renderanno tanto liberi da non conoscere più nessuna limitazione.

 

Il significato di sentire

E' difficile far capire con le parole che cosa sia sentire.

Possiamo tradurre con: senso del dovere, amore al prossimo, questo significa ben poco; oppure con: tolleranza, gentilezza d'animo, ma sono semplici definizioni. Quando diciamo: "Sentire non più attraverso una percezione", che vogliamo significare? Un libero fluire del sentimento come ora solo raramente riuscite a provare; sentire non più attraverso la percezione ma per immedesimazione, fusione, attraverso il riconoscersi in ciò che si sente. Ma le parole sono insufficienti quando si tratta di esprimere che cosa sia il sentire...

Se prendiamo un uomo di media evoluzione, troviamo in lui sensazioni, emozioni, pensieri: troviamo attività mentali istintive, quelle che governano la vita vegetativa dei vari veicoli, non solo di quello fisico; troviamo delle facoltà intellettive, che sono le possibilità di capire le idee e di porle in relazione tra loro; troviamo infine quella che abbiamo definito coscienza, che non appartiene al corpo mentale, alle facoltà mentali dell'individuo, né istintive né intellettive.

Le sensazioni o le emozioni o i pensieri sono percepiti dall'individuo attraverso la sua sperimentazione del mondo de fotogrammi, siano essi del piano fisico che dei piani astrale e mentale.

Sapete anche, però, che ad un dato punto dell'evoluzione subentra, alla percezione di questo genere, un nuovo tipo di sentire; a un sentire provocato da una percezione subentra un sentire di coscienza che fluisce spontaneamente, non più attraverso la percezione dei mondi densi.

Questo sentire non può che essere provato: non può essere descritto. Infatti voi che riassumete nel vostro veicolo mentale tutta la vostra vita di percezione - provenga essa dal piano fisico attraverso il corpo fisico, o dal piano astrale attraverso il corpo astrale, o da un semplice ragionare - voi siete abituati a pensare in termini egoistici.

 

Oltre i mondi dell'io

Il pensiero dell'uomo è un pensiero che è frutto del tempo. Come può ciò che è frutto del tempo sperimentare ciò che è senza tempo? Il pensiero dunque è frutto dell'io, e con io intendiamo l’avidità, l'egoismo nelle sue diverse forme. Infatti, come nasce nell'individuo la facoltà di pensare?

Quando l'individuo attraversa i regni naturali non ha una facoltà di pensare come ha l'uomo. E questa facoltà, attraverso il passaggio dei regni naturali, fino alle prime incarnazioni da uomo, in che modo si sviluppa? Solo ed unicamente attraverso l'egoismo. 

L'io nasce proprio dal sentirsi circoscritti da tutto quanto è attorno a ciascuno di noi. Questa maniera di pensare nasce e si sviluppa unicamente in funzione di questo egoismo. Ripeto: come può un pensiero egoistico sperimentare ciò che non è egoistico! Come può ciò che è frutto del tempo sperimentare ciò che è senza tempo?

Il pensiero può trascendere se stesso solo abbandonando questo modo di esistere. Ovvero, è possibile sperimentare la realtà ai di fuori del soggettivismo unicamente trascendendo il proprio pensiero egoistico.

Quei rari momenti in cui potete conoscere il sentire di coscienza sono momenti in cui tutto è calma, in voi, momenti che possono essere seguiti a grandi tempeste interiori: perché ad ogni grande tempesta interiore segue, per reazione, una calma; e in quei momenti di calma può il sentimento fluire liberamente, può l'individuo sentire non più in termini egoistici.

Questo è il sentire che abbiamo collocato nella coscienza individuale, che non fa più parte del mondo dei fotogrammi, per vivere il quale non è più necessaria una percezione di fotogrammi, ma che fluisce liberamente una volta che l'individuo ha scoperto il mondo dell'altruismo.

 

Come giungere al sentire di coscienza

Voi pensate immediatamente, secondo la consuetudine, in termini egoistici; e poiché vi figurate che questo sentire sia una cosa sublime e meravigliosa, ecco che volete pervenire a questo sentire attraverso un modo, pensate che se riuscite a realizzare in voi stessi questo sentire voi siete al di sopra della media evoluzione, siete divenuti - è proprio il caso di dirlo - degli individui evoluti.

Ancora una volta dobbiamo ricorrere ad una sottile analisi, vedere chiaramente che tutte le volte che cerchiamo di essere diversi da quello che siamo, non facciamo che porre in atto un divenire, non facciamo che comportarci nello stesso modo egoistico che fino a qui ci ha condotti dalla nostra origine: modo egoistico che ha avuto la sua utilità fino a questo punto, ma che da questo punto deve essere trasceso.

Ed ecco, torna con una cadenza ossessiva la domanda: come fare? Indicateci un sistema!

Qualunque sistema è buono per divenire, nessun sistema esiste per essere: e voi dovete essere!

Quando si giunge a sentire al di fuori della percezione dei fotogrammi, si è raggiunto un nuovo essere; ma per fare questo passo, che sta di fronte a voi e che prima o poi farete indiscutibilmente, non serve violentare voi stessi, nel senso di rinnegare quello che attualmente siete.

L'uomo è ciò che è, ricordatelo bene, ed ogni sforzo per cambiare se stesso significa voler portare l'egoismo in un mondo in cui non esiste più ragione di egoismo, significa voler sperimentare un mondo senza tempo con i sistemi che voi, fino a qui, avete adoperato per sperimentare il mondo del tempo.

Senza l'esempio dei fotogrammi non avreste mai avuto un'idea di ciò che può essere il fluire del sentire individuale, perché non avreste inteso la differenza che esiste fra i vari tipi di sentire, che possono essere raggruppati nelle due maniere che prima vi ho detto: sentire attraverso la percezione dei fotogrammi e sentire di coscienza.

E si ripresenta la domanda: come giungere a questo stato di sentire in cui il sentire di coscienza fluisce liberamente?

Ancora lo ripeto: voi che in questo momento della vostra evoluzione trovate nel vostro veicolo mentale la consapevolezza di esistere - cioè nel pensiero, cioè nel "penso quindi esisto" - dovete usare questa consapevolezza su voi stessi per rendervi consapevoli di quanto in voi si agita, si muove, esiste, vibra. 

In questa analisi non avrete mai la certezza di ciò che vi ha spinto ad agire; non saprete mai se quella che può rappresentare un'azione mossa dalla coscienza e quindi da quel sentire di ordine diverso, per non dire superiore, è dettata dall'altruismo oppure non è che un moto egoistico mascherato; non saprete mai se quel sentimento di benessere, di pienezza, che in rari momenti è in voi, costituisce un fluire spontaneo di sentire di coscienza oppure non è che un momento in cui l'io gode della sua espansione. Ma ciò non ha alcuna importanza.

Non dovete poter dire: "Io sono sicuro di avere raggiunto questo": ciò costituirebbe un divenire; ma unicamente e semplicemente una costante, vigile consapevolezza di se stessi, un costante vigile esame del proprio pensiero, del proprio ragionamento, cercando per quanto è possibile e nella massima sincerità con se stessi di comprendere i motivi per i quali questo pensiero sussiste. 

Senza preoccuparsi se possono apparirvi motivi egoistici, perché l'egoismo - ancora lo ripeto - fino a questo punto della vostra evoluzione è stata la spinta che vi ha fatto progredire, che ha sviluppato i vostri veicoli, le vostre facoltà, la vostra vita interiore, possiamo dire; è da ora in poi, quando nell'individuo comincia a rivelarsi la possibilità di un sentire che fluisca liberamente, che l'egoismo non ha più ragione di esistere. 

Senza preoccuparsi se in questa analisi non riuscirete mai a capire quale sia il vero movente che vi spinge ad agire; perché il pensiero, che siete voi, o il pensatore, che siete voi, può sperimentare il reale solo se il suo pensiero trascende se stesso, se cioè trascende ogni moto egoistico, l'io!

E questo trascendere si realizza ora, o forse fra mille anni, ma solo e sempre nella costante consapevolezza di voi stessi.

 

Analogia delle evoluzioni individuali

Voi dovete essere consapevoli, certi, quantunque possiate oggi essere diversi l'uno rispetto all'altro, che ogni individuo racchiude nella storia della sua esistenza un'infinità di esperienze e pressappoco ciascuno ha fatto nel mondo le parti che vede fare ai suoi simili. Ho detto "pressappoco" perché, naturalmente, l'evoluzione non è identica per ogni individuo; ma ciascuno di noi ha nella sua storia di individuo analoghe esperienze.

Questo deve insegnarci a comprendere maggiormente i nostri simili, anche coloro che ci sono più invisi, anche coloro che non godono le nostre simpatie, che ci sembrano tanto diversi da noi.

Soffermatevi un attimo a pensare che noi stessi siamo stati - o forse saremo: nessuno può dirlo - nelle condizioni che oggi ci fanno tanta repulsione. Pensate poi ad una persona che vi è tanto cara, tanto simpatica, con la quale sentite tanta affinità, e subito dopo pensate che quella persona può essere stata come l'altra che invece non rientra nelle vostre simpatie: pensate che in quell'aspetto che tanto condannate, in quel modo di agire, di parlare, di comportarsi che tanto vi dà noia, può nascondersi una persona che vi è stata massimamente cara, che avete amato con tutto voi stessi e che solo per l'illusorio gioco della vita oggi è in quelle vesti, in questo corpo tanto diverso.

Se vi soffermate su questi pensieri, che sono pensieri di verità - e sono cose che vi capitano in continuazione - vedrete che le antipatie provate per i vostri simili più facilmente saranno superate; vedrete che il sentimento che taluno può ispirarvi con il suo modo di comportarsi o di pensare o di parlare, con le sue imprevedibili uscite, può scolorirsi, può annientarsi, può farsi meno pressante: ed è questo che dovete imparare!

 

Il trionfo della giustizia

Molto facilmente ricadete nel presupposto che la vita che vivete, il mondo nel quale siete debba essere bello, pieno di bontà, perfetto. Non vi spiegate come, invece, ad ogni passo incontriate dolore, inimicizia, al posto di amore e gioia.

Vorreste vedere nel mondo trionfare la giustizia e la felicità: solo a queste condizioni forse riuscireste a pensare a dio in termini di amore, di amicizia; mentre quando osservate un triste spettacolo avete un senso di ribellione nei confronti dell'ente supremo. Ma ricordate - e dovrebbe esservi ormai chiaro - che quel mondo nel quale siete non è che una palestra affinché l'uomo evolva, e l'evoluzione passa dal dolore: dal fango nasce il loto, il fiore; da ciò che è frutto e conseguenza dell'umana incomprensione nasce il fiore della comprensione.

Non meravigliatevi, dunque, degli spettacoli di ingiustizia che continuamente cadono sotto i vostri occhi, dell'affronto che deve subire il buono, il paziente, il virtuoso, dello spettacolo di trionfo del prepotente e del disonesto. Tutto ciò fa parte di un preciso disegno; fa parte di un ordine minuzioso invalicabile che non vi appare, ma che è; fa parte di una predisposizione esatta, precisa, fatta per l'attuazione del vero ordine.

Ciò che vi pare caos, che vi pare votato alla distruzione, non è che il capitolo dell'attuazione di un ordine superiore, preciso, che non lascia posto all'ingiustizia, che non lascia sfuggire niente, e che nello stesso tempo vuol dire: raggiungimento della comprensione.

 

Il castello dell'illusione

Mentre andate familiarizzandovi con i nuovi concetti, con la spersonalizzazione dell'individuo, vi rendete conto che questo io non esiste. Se vi concentrate sulla verità della coscienza individuale vedete a poco a poco questo io sfumare: vi resta più logico che non esista, e, in effetti, non è che una rappresentazione della mente.

L'io è il frutto di un passaggio nell'evoluzione dell'individuo, di un grado intermedio del sentire individuale.

E' chiaro che quando la mente viene abbandonata, dopo il trapasso, come un veicolo che più non serve, l'io non esiste più perché è un fantasma della mente.

Sempre di più vi rendete conto che tutti gli individui hanno una base comune, che tutti sono veramente fratelli, addirittura che è quasi un assurdo parlare di "tutti", di molteplicità: si tratta, infatti, di un corpo unitario.

In sostanza, siamo un insieme di sentire relativi i quali, per legge di aggregazione, sono susseguenti a gruppi. Ma se andiamo a vedere, scorgiamo chiaramente che in verità facciamo parte di un unico corpo.

Allora, di fronte a questa verità, certi insegnamenti dei maestri, i comandamenti, il dharma, tutte quelle che oggi possiamo definire regole di buona condotta hanno un fondamento e traggono origine dalla conoscenza di una realtà: hanno quindi un fine che va oltre quello immediato della buona relazione tra gli uomini.

Quando si dice "Non uccidere" o "Ama il prossimo tuo come te stesso", si dà una regola di buona condotta; se però andiamo allo spirito di questo comandamento, vediamo che la regola di buona condotta poggia su una verità, su una profonda conoscenza della Realtà.

Allora, questi insegnamenti avrebbero una lettera e uno spirito; e restare troppo attaccati alla lettera non è che fonte di incomprensione. Voi siete qua per comprendere lo spirito!

Lo stesso Cristo, secondo un episodio portato dai vangeli apocrifi, vedendo un uomo che lavorava di sabato gli disse: "Tu sei beato se hai compreso la legge, ma sei un reprobo se non l'hai compresa". Che significa: "Se hai compreso lo spirito della norma, allora sei beato e puoi andare contro la lettera del divieto; ma se non hai compreso questo spirito, e sei convinto di violare la lettera, allora tu sei un reprobo".

Quando vi diciamo: "Non dovete desiderare", intendiamo dire: non dovete avere desideri egoistici; perché il desiderio è vita, e guai a chi non ha nessun desiderio, a chi è abulico.

Il desiderio è un incentivo all'azione. Occorre estirpare l'io e continuare a desiderare, allora, in senso altruistico.

Quando vi diciamo: "Non giudicate", diciamo: non innalzate il vostro io abbassando quello degli altri. Dunque anche queste che sembrerebbero regole di buona condotta nascono dalla constatazione che l'io non esiste. Tutto quello che si fonda sull’io è fondato sull'illusione.

Pensate quale catastrofe sta per abbattersi su questa società fondata sull'io! Basterà un soffio e l'enorme castello di carte cadrà. Ma il soffio capace di questo è il soffio dello spirito, che spira dove e quando vuole. Donde viene e dove va, non lo sa nessuno.

 

La società futura

Sciocchi se pensate di poter conservare il vostro patrimonio e i vostri privilegi. Lo sfruttamento di molti, che ha creato la fortuna di pochi, non appartiene al futuro dell'uomo.

La constatazione che l'io non esiste porterà all'eguaglianza che oggi utopisticamente si vuole imporre dall'esterno, ma che si realizzerà grazie ad una conquista interiore del singolo.

Pensate che meraviglia: nella società futura si incoraggeranno i giovani, si aiuteranno i vecchi, gli uomini collaboreranno, ma soprattutto i massimi saranno tali per servire i minimi.

Se questa dunque è la società che vi attende, perché non lavorate per realizzarla subito, magari con una rivoluzione?

 

La verità è solitaria

La verità è una conquista del singolo. Nessuno può comprenderla per voi. Gli uomini possono apprendere varie nozioni e trasfondere nei loro simili ignari il frutto delle loro conoscenze. Ma chi è giunto alla verità, contrariamente a quanto si crede, non può trasfonderla negli altri: può dare solamente delle indicazioni; ma non si possono confondere le indicazioni con la verità, le parole con la comprensione. Così, non organizzatevi per diffondere la verità. La verità è e basta. E non organizzatevi neppure per diffondere le indicazioni, se questo significa diffondere l'organizzazione.

Ogni organizzazione finisce sempre con l'essere più importante delle idee che professa. Così, per non nuocere all'organizzazione, si giunge a rinnegare i principi sui quali essa si è fondata. In verità vi dico che l'organizzazione è simile a colui che vuole sfamare gli affamati parlando loro di cibo.

Non cristallizzatevi sulle parole, ma cercate di comprendere. Le parole e le indicazioni, per essere un valevole intermediario tra l'uomo e la verità, debbono mutare con i tempi e con i popoli. Non debbono insegnarvi a cercare negli altri ciò che solo in voi stessi potrete trovare. Non debbono parlarvi dell'aldilà senza insegnarvi a comprendere l'aldiquà. 

Che senso può avere conoscere come si svolge la vita su altri piani di esistenza, o in altre dimensioni, quando non sapete come vivere la vostra dimensione? E la vostra dimensione è il presente. Non debbono insegnarvi ad atteggiarvi da buoni, altruisti, mansueti, pacifici, senza incitarvi a guardare in voi stessi, a mutare il vostro intimo. 

Non debbono insegnarvi a voler cambiare gli altri se prima non avete cambiato voi stessi. Non debbono insegnarvi un divenire, ma esservi di ausilio per raggiungere un nuovo essere. Solo a questo patto l'indicazione può essere utile.

 

"Non parliamo per tutti"

Non veniamo per essere considerati dei maestri, posti su degli altari e adorati: avete già abbastanza feticci da adorare.

Non veniamo per fare proseliti, dei seguaci di una etichetta: se mai, veniamo per distruggere tutto questo, distruggere ciò che vi inibisce la comprensione, cioè le suddivisioni razziali, morali, religiose, sociali e via dicendo, tutto ciò che vi impedisce di avvicinare i vostri simili e comprenderli.

Se le verità che conoscete vi impedissero di andare incontro a chi non la pensa come voi, voi non le avreste comprese. E siete voi che dovete comprenderle: nessuno può farlo per voi.

Noi veniamo per agevolarvi la comprensione, non per essere un ostacolo in più.

Vi parliamo di verità, ma le nostre parole rimangono aride, sterili, se voi non le comprendete; e per comprenderle dovete avere la volontà di capirle.

Non parliamo per tutti: parliamo per quelli che sono insoddisfatti di ciò che sanno. Chi non desidera approfondire ciò che conosce, chi è sereno nella concezione della vita che ha non tenga in nessun conto ciò che diciamo. Ma chi vuole capire, deve sacrificare una parte di se stesso per comprendere.

Ciò che ha aiutato nel cammino trascorso non deve trasformarsi in un pesante fardello nel cammino ancora da compiere.

Quando parlo di cammino da compiere e di comprensione, non intendo riferirmi a nozioni da acquisire e ritenere con la memoria; ma parlo di quella comprensione che è liberatrice, che non è un processo della mente ma che dona un nuovo sentire, un nuovo essere, e perciò non può essere obliata.

Una tale comprensione non si raggiunge facendosi discepoli di qualcuno in particolare, ma facendosi discepoli unicamente della verità, ovunque essa sia.

 

L'io e l'aldilà

L'egoismo nasce, si è visto, da un senso di separatività. L'animale non dice "Io ho fame", o altro. Si limita a ricevere delle sensazioni e a sentire fame, freddo, sete, paura e così via. Poi, nella vita umana, nasce nell'individuo questo benedetto io, e nasce proprio con l'apporto dell'intelligenza.

C'è questo senso di sentirsi distinti dal mondo che ci circonda e quindi di sentirsi un io.

Si osserva ciò che accade al di fuori di se stessi e si capisce che ciò che non ci interessa direttamente non a porta dolore, oppure gioia, e questo contribuisce a creare ancora più il senso dell'io.

Conseguenza di questo senso dell'io, del mio, del guadagno, è il desiderare cose per se stessi.

Non ci vuol molto a comprendere che un'umanità che tutta si basasse su questo senso dell'io e dell'egoismo - come è nell'umanità attuale e in quella del passato - non può dare felicità ai suoi figli.

Occorre arrestare questo io! Così i moralisti, i religiosi, predicano il superamento dell'egoismo: insegnano, perlomeno, a contenere l'egoismo per non nuocere agli altri. Ma questo non basta, perché l'individuo che ha in sé l'egoismo soffre: soffre delle privazioni, soffre di ciò che gli altri hanno e lui non ha, soffre di non possedere le ricchezze che vede possedere da altri e non pensa, magari, alle sofferenze che altri hanno e lui invece, in quel momento, non ha. Sono tutte cose risapute e scontate, è vero. Ma superando questo egoismo, che cosa succede?

Molti pensano all'aldilà, a quella che sarà la vita dell'essere oltre l'incarnazione nel piano fisico, e immaginano che questa dimensione conservi ancora i caratteri umani; per cui l'essere, o come altri dicono lo spirito, vive senza spazio, nel non tempo, ma in definitiva ha una vita del tutto umana, cioè può avere contatti con altri esseri, può scambiare idee, può conversare, imparare, conoscere cose che prima non conosceva.

Se vogliamo parlare di cose che siano vicine alla verità, dobbiamo andare oltre, cominciando col dire che è un errore pensare alla vita futura dell'essere in questi termini, cioè pensare ad un io, ad un essere sublimato, divinizzato, che si è affrancato dalla materia ma che conserva i caratteri, in qualche modo, della vita umana. 

Comprendo che quanto diciamo può essere una complicazione in più, ma la vita futura dell'essere è cosa del tutto diversa da quella che ora potete immaginare.

E' difficilissimo per voi immaginare di dover abbandonare la vostra personalità - eppure la personalità viene abbandonata; di dover abbandonare il vostro "io sono" - eppure l'io viene abbandonato.

Voi avete avuto delle incarnazioni come selvaggi, è vero? Certamente, se quando eravate selvaggi qualcuno vi avesse detto che avreste avuto altre incarnazioni, dentro di voi avreste preteso o sperato che quello che eravate allora fosse in qualche modo continuato. 

L'uomo non sa rinunciare alla propria sopravvivenza. Eppure, se ben vi guardate nell'intimo, oggi, non vi importa niente di essere stati dei selvaggi; anzi, se sapeste di essere stati dei selvaggi che ne hanno combinate di cotte e di crude, come si dice, il vostro amor proprio vi spingerebbe a dimenticare quelle esperienze, a rifiutarne anche il ricordo. Lo stesso vale, o pressappoco, per la vostra vita futura.

Oggi non potete rinunciare al vostro io; anche se vi diciamo che il destino dell'uomo è l'identificazione in dio - e diciamo una cosa enorme! -, tuttavia voi rinuncereste a questo pur di conservare il vostro io, non come egoismo ma come individualità.

Nessuno di voi è obbligato a crederci: potete benissimo credere quello che più vi fa piacere, che meno vi turba. Ma giorno verrà che questo problema dovrete porvelo e affrontarlo.

 

Una nuova morale

Che scopo avrebbe dimostrare alla generalità degli uomini la sopravvivenza dell'essere? Forse per imbrigliare nuovamente l'azione dell'uomo con la paura dell'aldilà o con la preoccupazione di procurarsi un avvenire radioso dopo la morte?

No. Quando gli elementi sono stati forniti, ciascuno, a questo punto dell'evoluzione, deve trovare da solo la propria certezza.

Se allora la scoperta individuale è lo scopo della vita dell'uomo, che senso ha il nostro messaggio? Forse quello di portare una nuova morale? 

Relatività della morale

La morale è ciò che attiene alla valutazione delle azioni in funzione del bene. Questa può essere una definizione. Ma chi ha conoscenza dei costumi dei popoli sa quanto diversa sia l'etica delle società.

Lo stesso pensiero filosofico riconosce vari tipi di morale, tutti in stretta dipendenza da altrettante concezioni del bene. E quanto si sia modificato nel tempo il concetto di bene, certamente lo sapete: dal bene inteso come felicità, degli antichi; a dio massimo bene del cristianesimo; al bene come conoscenza del vero, dei razionalisti; al bene che coincide con l'utilità, dei positivisti; e così via.

A tante concezioni del bene corrispondono tante moralità. In effetti, non esiste una morale assoluta che debba essere assunta come ideale da tutti gli uomini, dal selvaggio al santo.

Esistono tanti stati di coscienza, raggiungibili per tappe successive, ciascuno dei quali diviene ideale morale nel momento in cui è prossima meta che il singolo deve raggiungere.

Ecco il significato di tante società con tante etiche diverse: sono i differenti ambienti in cui ciascuno trova il suo gruppo di esperienze, che lo conducono ad ampliare la coscienza, che lo conducono ad una più profonda maturazione.

Quindi la morale, le credenze, non hanno un valore assoluto: sono i termini del problema che ognuno deve risolvere; ma è il processo del risolvere il problema, e non i termini del problema stesso, che dà all'individuo un nuovo sentire.

Sono gli stimoli che vengono dagli ambienti in cui vive che trasformano l'essere dell'individuo.

E se, generalmente, possiamo affermare che per l'individuo è bene tutto ciò che amplia la sua coscienza, altrettanto genericamente possiamo dire che una vita è favorevole, è positiva, quando da essa si hanno esperienze che direttamente allargano gli orizzonti di un nuovo sentire.

 

L'unico scopo della vita umana

Una vita è veramente vissuta quando si ha sì l'esperienza diretta, si è vigili, attivi, ma soprattutto quando si è riflessivi, quando si usa quello strumento in più che l'uomo ha rispetto a forme di vita più semplici, cioè l'intelletto; e non già per crearsi delle false morali o delle pastoie inutili, ma per comprendere i propri limiti e superarli.

Sicché, se volessimo riassumere in una frase, in un titolo, lo scopo della vita dell'uomo, non dovremmo tanto dire che lo spirito sperimenta la materia, quanto che l'uomo, attraverso le vicende che lo vedono protagonista, trascende il proprio egoismo, supera una visione della sua esistenza in cui tutto è visto unicamente in funzione di se stesso, raggiunge la coscienza di essere tutt'uno con tutto ciò che esiste.

Ogni esperienza non è mai perduta; anche quando è fondamentalmente errata è pur sempre un'esperienza. Ma come non è necessario sperimentare tutto direttamente, così non è indispensabile errare per comprendere.

Una vita è spesa favorevolmente quando si raggiunge l'equilibrio fra l'azione e la riflessione, fra l'intenzione e la capacità di realizzarla.

 

Le norme di comportamento

E' insito nella natura egoistica di ogni uomo stigmatizzare gli altri per innalzare se stesso. Naturalmente il giudizio di condanna deve trovare riferimento in qualcosa: un comportamento degli altri che sia condannabile da un qualunque punto di vista. Perciò si passa in rassegna la loro vita, la si confronta con la propria e, dal confronto, si mettono in evidenza quelle azioni che - così a freddo e ben lontani dalla contingenza - si crede che non facciano parte della propria natura, dimenticando che l'occasione fa l'uomo ladro.

Ne consegue che certe azioni, che rimangono singole rispetto al comportamento generale, vengono bollate col marchio dell'infamia: e così la regola, la norma è creata. Sicché la regola non individua certi valori assoluti, non ha un valore in sé, ma è una questione statistica; e il giudizio di condanna che subisce chi la vìola non deriva dal bisogno del giudice di erigersi a tutore di supposti valori morali, ma unicamente dall'istinto di ognuno di trovare nel comportamento degli altri qualcosa di condannabile da un qualunque punto di vista, perché mostrando il fango che si è gettato sugli altri si crede di nascondere il proprio. Abbassando gli altri si è convinti di innalzare se stessi.

La conclusione, cioè la relatività delle norme morali di ogni società, è fin troppo scontata.

 

I comandamenti "dettati" da dio 

Che succede quando queste norme sono credute comandamenti dettati da dio?

Senza entrare nel merito della dettatura, anche qua il valore rimane ugualmente relativo. Rifacendoci alla natura, osserviamo come ogni specie abbia le sue regole di vita, che vanno bene per quella specie e non altra. In modo analogo i comandamenti di Mosé, per esempio, non possono contenere tutta la moralità o la più alta moralità: è evidente che si tratta di principi quanto meno riferibili ad un dato tipo di società, ad una fase dell'evoluzione degli esseri. Infatti, per la fase di evoluzione che voi dovete compiere, il "non uccidere" di Mosé è l'inizio di un discorso che si concluderà col superare la visione egoistica dell'esistenza. Quanta strada!

Allora, c'è una regola che sia valida in senso assoluto per ogni uomo, dal selvaggio al santo che sta per lasciare la ruota delle incarnazioni umane? Evidentemente no, perché ciò che è ideale morale del santo, applicato al selvaggio ne paralizzerebbe ogni moto vitale.

C'è dell'altro. Nelle società umane una legge è un insieme di principi generali ed astratti che dovrebbero vigere per ogni uomo nell'ambito territoriale di quella società. Chi è preposto alla promulgazione delle leggi cura che queste divengano di pubblica conoscenza; e fino a che non è assolta la formalità della pubblicazione, la legge non entra in vigore.

Questo, ripeto, nel difettoso e lacunoso mondo umano. Ora, se lo scopo della vita dell'uomo fosse quello di fare la volontà di dio, cioè di seguire le sue leggi, come si dice, queste dovrebbero essere uguali per ogni uomo e dovrebbero essere conosciute da tutti - cosa che non è in assoluto. Gli amerindi, per esempio, non conoscono i Comandamenti di Mosé, né è vero che abbiano delle regole morali innate che li sostituiscono.

Sicché quelle che dovrebbero essere leggi divine non hanno quel carattere di universalità che dovrebbero avere, primo perché non sono uguali per tutti gli uomini, secondo perché non tutti gli uomini le conoscono o quanto meno hanno l'occasione di conoscerle - e ciò esclude che lo scopo della vita dell`uomo sia quello di seguire e di osservare le leggi di dio.

Noi diciamo che lo scopo della vita dell'uomo è quello di superare l'egoismo che, in lui, nasce dal senso di separatività.

Questo scopo è raggiunto attraverso molteplici incarnazioni, durante le quali l'uomo, passo su passo, volge verso quella meta.

Ma, per raggiungerla, ha valore tanto il "non uccidere" di Mosé quanto la dottrina di Marx.

Nelle varie fasi dell'evoluzione umana, l'ideale morale che l'uomo deve raggiungere, e farne propria natura acquisita, potrà essere il "non uccidere" di Mosé e poi il "non fare agli altri quello che non si vorrebbe fosse fatto a sé" ed infine l'"amare gli altri come se stessi". Ne consegue che il giudizio che si può dare di un uomo, - ammesso che sia lecito giudicare - deve essere rapportato alla sua fase di sviluppo.

 

Perché l'uomo è sulla terra

Ogni creatura ha un suo ambiente: come si suol dire, lo ha cucito addosso. Ciò che va bene per te, forse non va bene per chi ti siede accanto e fa parte della tua stessa famiglia.

Non sia mai che una fede, un'ideologia vada bene per tutti gli uomini: ciascuno ha le sue esperienze da compiere e ciascuno le deve compiere nell'ambito di se stesso e nell'ambiente in cui è posto. In questo senso va inteso che il marxismo va bene come il cristianesimo, o qualunque altra ideologia.

Affinché certe creature abbiano delle esperienze necessarie alla loro esistenza, è utile e necessario che credano in certe ideologie, che vivano per quelle; per altre, invece, sono utili ideologie opposte. 

Quello che conta è che ciascuno creda e pensi con la propria mente, e sappia comprendere il principio, in termini pratici, della tolleranza: comprendere cioè che ognuno ha le sue esperienze da compiere e non giudicare gli altri con il proprio metro, con la propria fede o con le proprie idee; comprendere che ognuno crede a quello in cui deve credere - perché anche il credere in qualcosa fa parte di un ambiente, non solo fisico ma anche psichico, nel quale è posto e nel quale deve sperimentare. Tutte le fedi sono paragonabili ai fiori: ciascuno è diverso e ciascuno è bello in sé.

Quello che cerchiamo di farvi capire è che non esistono ideali morali validi per tutti nello stesso modo; ma ciascuno di voi deve raggiungere la sua meta.

Ciò che è ideale morale per un selvaggio non lo è certo per un santo.

Ciò che vogliamo indicarvi come l'ideale che in un certo senso può avere un significato universale, è invece la meta e il significato delle umane incarnazioni: ogni uomo, dal selvaggio a colui che sta per lasciare la ruota delle nascite e delle morti che possiamo convenzionalmente chiamare santo o superuomo o saggio - deve giungere a vivere al di là del senso di separatività che la condizione umana gli imprime: superare, quindi, l'egoismo.

Se questo è lo scopo della vita umana, e può essere genericamente indicato come ideale che abbia valore per tutti gli uomini, a qualunque punto dell'evoluzione si trovino; se questo ideale qualcuno crede di perseguirlo seguendo una certa ideologia, e tal altro invece crede di raggiungerlo seguendo una religione che ad esso si ispira, è la stessa cosa! E' lo stesso significato, è lo stesso valore.

Quando l'uomo ha trovato questa convinzione interiore, fermamente, allora può abbandonare la condizione delle incarnazioni umane ed ha raggiunto lo scopo per il quale ha trascorso una fase di vita umana.

 

Una nuova esistenza

Il vero scopo dei nostri messaggi è quello di far spostare la vostra attenzione ad una diversa concezione della realtà nella quale vivete - concezione che la fretta del vostro tempo, i problemi personali, della famiglia, del lavoro, e via e via, vi fa trascurare. Noi facciamo di tutto per ricordarvi che tutto questo lavoro, tutto questo affannarsi è importante nella misura in cui realizza condizioni migliori e quindi diviene una forma di aiuto per gli altri; e non sia invece un cercare di imporvi, di apparire, di divenire in prestigio, in grandezza, in potere.

Ciò non significa che dovete cospargervi il capo di cenere e fare quello che per tanto tempo è stato fatto; ma significa che dovete impostare diversamente il vostro concetto della vita.

Se anche sentite il desiderio di espandervi, di ingrandire la vostra importanza, ebbene fatelo!; ma siate consapevoli di questo, sappiate che tutto quello che fate lo fate con questo fine. Non celate la vostra vera intenzione dietro scopi umanitari, o, peggio ancora, dietro un'insensibilità di coscienza, senza chiedervi perché lo fate.

Dovete seguire il vostro desiderio, perché là dove è il desiderio è voi stessi; ma non siate inconsapevoli di ciò che fate, della vera intenzione che vi spinge ad agire. Domandate continuamente a voi stessi: "Perché faccio questo?". Può sembrare molto poco ma vi assicuro che è tanto! Purché sia fatto con costanza, ogni giorno. 

Ogni giorno prendete l'impegno di chiedervi qual è la spinta che vi ha mosso durante la giornata; vedetela in tutta la sua crudezza, senza infingimenti, con sincerità, senza rimaner male se, da questo esame, apparite a voi stessi peggiori di quanto vorreste essere. Non ha alcuna importanza. Ciò che ciascuno è veramente, tale rimane qualunque cosa possa dire di se stesso o che gli altri possano dire di lui.

Quindi abituatevi ad essere sinceri con voi stessi, a guardare con sincerità l'intimo vostro e a scoprire la vostra realtà.

Queste parole vi assicuro che sono grandemente utili per il vero scopo della vostra esistenza, che è quello di procedere verso un allargamento dei confini di voi stessi.

 

Una nuova coscienza

Noi cerchiamo di prospettare alla vostra attenzione una visione generale di ciò che è, in modo che possiate trarre la convinzione che nell'esistente non c'è irrazionalità alcuna, che tutto ha uno scopo ed una ragione ben precisi.

Illustrare ed ampliare questa visione generale di ciò che è, non costituisce però il solo scopo delle nostre comunicazioni; direi anzi che è solo un punto di attracco per giungere all'altro fine del nostro dire, che è quello di indurvi a porre attenzione al vostro mondo interiore. Non c'è dubbio: la natura ha la capacità di farvi evolvere; come vi ha condotto fino a questo punto senza la vostra volontà, potrebbe condurvi oltre; ma ciascun individuo ha proprio dalla natura un sussidio al suo evolvere, cioè la possibilità di capire senza esperire direttamente.

Vi parliamo della Realtà che sfugge alla vostra percezione proprio per mostrarvi la verità e la validità dell'altro discorso che vi facciamo; in altre parole, cerchiamo di indurvi a servirvi di quel sussidio che la natura mette a vostra disposizione, così che possiate esperire in modo più proficuo, senz'altro più razionale, tanto da rimuovere le cause della vostra sofferenza, dell'intolleranza, dell'incomprensione e via dicendo.

Non si tratta di conoscere cose ignote come un fatto esclusivamente culturale, ma si tratta di superare la concezione dell'esistenza che poggia sul senso di separatività, di trovare un'altra coscienza di sé, che èsuli da una visione egoistica, cioè una nuova coscienza, un nuovo sentire.

Nessuno può trasfondere in voi questo sentire. Ecco perché diciamo: non vi portiamo delle verità, ma vi diamo solo delle indicazioni.

La verità è una conquista personale. Se dunque non possiamo fare per voi quello che solo voi potete e dovete fare, non manchiamo tuttavia di richiamare la vostra attenzione sul vostro mondo interiore: anzi, tutto quanto vi diciamo ha lo scopo di aiutarvi a costituire la vostra coscienza individuale, anche se ci rendiamo conto che possiamo agire solo indirettamente.

Voi soli, nel segreto della vostra intimità, potete svelare il vostro mondo interiore, comprendere la vostra natura segreta. La psicologia, la psicoanalisi riescono solo a graffiare la vernice che nasconde l'intimo di ognuno: con ciò non nego la loro validità, ma affermo che l'analisi che ciascuno può fare su se stesso va molto oltre quello che gli altri possono fare per lui.

 

Una nuova società

Ogni uomo, per quanti beni possegga, per quanta abilità e capacità abbia, non è che un uomo, cioè un operaio degno del suo salario, e nulla di più.

La società futura, se vorrà sopravvivere, non potrà fondarsi sul profitto e sull'egoismo, in ultima analisi. E' perciò necessario inserire l'individualismo nel collettivismo, nel senso di rettamente assolvere i propri compiti ma lavorare per la collettività e non per il profitto personale. Solo da una fusione dell'individualismo con il collettivismo potrà nascere una società nuova, fondata e costituita da individui nuovi.

E' chiaro che ognuno si attende che questo cambiamento venga imposto dall'alto, da chi governa, essendo ognuno convinto di non avere ruolo alcuno nella cosa pubblica. Noi invece affermiamo che ciascuno ha la sua responsabilità, ognuno contribuisce a creare l'ambiente nel quale vive, non fosse altro con le tacite acquiescenze. Se la società è ingiusta, è perché voi non siete sensibilizzati al problema della giustizia, e, a vostra volta, siete ingiusti. Come pensate di responsabilizzare gli altri di ciò che voi dovreste fare e non fate? 

Quando osservate il triste spettacolo della corruzione e del facile arricchimento, voi rimpiangete di non essere nel giro, di non avere l'occasione di arricchire facilmente a vostra volta; allo stesso modo, condannate il privilegio perché voi non siete privilegiati.

Se non viene superata individualmente una concezione egoistica della vita, nessun problema che affligge l'umanità potrà essere durevolmente risolto.

Che cosa dovete fare, dunque?

Per prima cosa, convincervi che la felicità non sta nell'accumulare ricchezze o qualità o amicizie; liberarvi dal desiderio di sfruttare gli altri, ed essere convinti che la sola ricchezza è quella che giace nelle profondità del proprio essere.

Ogni individuo è ricco solo di se stesso.

E' sfruttare gli altri anche volerli convincere alle proprie idee per avere dei seguaci.

E' chiaro che alla base dell'esistenza di ognuno c'è l'egoismo, e che l'egoismo non può essere sradicato ipso facto. Così, quello che vi chiediamo, all'inizio, è un comportamento più giusto nei confronti dei vostri simili; un'esistenza in cui le necessità siano ridotte all'essenziale; ben sapendo che questo non vi cambia, che ha valore solo nel confronto con gli altri e della società in cui vivete, ma che vi lascia inalterati nell'intimo vostro. Tuttavia questo è necessario affinché la libertà dei singoli non diventi licenza, l'egoismo individuale non si trasformi in crudeltà, prepotenza e tirannia.

Ma voi dovete fare di più: dovete superare l'io egoistico e personale che impronta ogni vostra azione, ogni vostro desiderio e pensiero. Ciò è possibile solo se si è convinti della necessità di un simile cambiamento.

 

Superare l'io egoistico

Il nostro discorso ha valore per chi sa che la causa della confusione, di tutto ciò che non procede rettamente, non sta al di fuori di sé, ma sta nell'intimo suo e di ognuno. Le nostre parole invece non servono a chi rinuncia alla società perché si pone nella posizione della volpe della favola di Esòpo, che rinuncia all'uva solo perché non vi può arrivare.

Ma come è possibile superare l'io egoistico e umano?

Per secoli gli uomini quando hanno pensato a questo problema sollecitati dalle grandi spiritualità, hanno creduto sufficiente comportarsi come degli altruisti per cancellare il proprio egoismo, e non hanno pensato invece che, cambiando l'atteggiamento esteriore, la natura interiore rimane immutata. E' perfettamente inutile che l'ambizioso si cosparga il capo di cenere, se non ha mutato la sua natura interiore: farà questo indubbiamente per meritarsi un posto preminente in una supposta vita spirituale.

L'unico modo per superare i propri limiti è quello di rendersi consapevoli di essi.

Lo scopo della vita dell'uomo potete richiamarlo come volete ma in sostanza significa una sola cosa: superare una visione egoistica dell'esistenza. Nessun sentire di coscienza può essere raggiunto se non viene superato l'egoismo. Allora, per raggiungere questo scopo, è necessario rendersi consapevoli dei limiti che stanno alla base di una concezione egoistica della propria esistenza: eseguire una sorta di auto-psicoanalisi.

Non occorre che un po' di costanza.

Voi dovete esaminare i vostri stati d'animo e quindi i vostri comportamenti; dovete ricercare la ragione dei vostri timori, della vostra incomprensione, dei vostri pensieri; dovete fare, per le vostre azioni e per i vostri desideri, quello che fate nei confronti degli altri. Con quanta solerzia cercate di indovinare le intenzioni altrui nei vostri confronti! Dunque quello che c'è da fare lo sapete: si tratta solo di spostare la vostra attenzione dagli altri a voi stessi, mantenendo nell'analisi un contegno distaccato e sincero.

 

Il metodo dell'auto-osservazione

Alcuni sono soliti giocare delle partite a scacchi da soli, ponendosi ora da una parte e ora dall'altra della scacchiera. Così voi, nell'analisi di voi stessi, dovete svolgere questo doppio ruolo dell'osservatore e della persona osservata, dimenticando che gli osservati siete voi stessi.

Ma la fase più delicata, oltre il rendersi consapevoli, è di non cadere nella tentazione di comportarsi in modo opposto come si scopre di essere. Facciamo un esempio: supponiamo che analizzando voi stessi scopriate di essere degli arrivisti che non esitano a mettere in cattiva luce i propri colleghi pur di valorizzare se stessi. Da un certo punto di vista l'arrivismo non è un difetto, anzi è un pregio perché rende attivo l'individuo e così lo rende creativo. 

Ma Ciò che affermo è che l'arrivismo è un portato dell'egoismo e l'egoismo limita l'individuo, lo fa schiavo e lo rende crudele. Se siete soddisfatti della vostra esistenza, se credete che la causa di ogni confusione risiede fuori di voi, allora l'arrivismo non è un difetto: è un pregio. Ma se fate parte del nòvero degli uomini che, pur potendo soddisfare ogni loro desiderio, si sentono inappagati, allora l'arrivismo è un difetto che deve essere troncato alla radice. E si giunge alla radice non comportandosi come dei non-arrivisti, ma ponendosi fuori da quella concezione che vi conduce ad essere degli arrivisti; convincendovi - come vi ho detto - che la felicità non sta nell'accumulare cose che si crede possano arricchire il proprio io.

Forse queste parole ricordano una concezione religiosa della vita. Ma non fate l'errore di considerare l'uomo diviso in due parti: una spirituale ed una materiale; e credere che quando la materiale gioisce, la spirituale soffra, e viceversa. Quando l'uomo soffre, è perché non ha compreso qualcosa.

 

Il raggiungimento della divinità

Molti credono che per condurre una vita retta ed equilibrata sia necessario credere a dio, avere una fede. Ciò non è esatto. Anzi, quel dio che hanno costruito secondo le loro limitazioni, non può esistere; quel dio che appartiene alle loro bandiere, alla loro nazione, alla loro religione, che è il loro protettore e il distruttore degli altri, non può esistere!

Tra un ateo e chi crede in un dio di comodo non c'è differenza. Entrambi sono nell'errore.

Non credere che dio sia in qualche luogo remoto dell'esistente. Egli è ovunque: in ogni cosa animata e inanimata esiste.

Il compimento della tua esistenza è il raggiungimento della divinità: perciò egli è anche in te. Se potrai identificarti con tutto quanto ti circonda, col dolore e con la sofferenza, con la felicità e l'estasi che sono nel cuore di ognuno; se cesserai di ostinarti a sentirti separato da tutto quanto ti circonda; se potrai convincerti che ovunque c'è vita, e quella vita è una, nonostante che molteplici siano le sue espressioni; allora avrai trovato quel filo che conduce a lui ed avrai assolto lo scopo per il quale sei nato.

 

L'umanità del futuro

In questo momento, in cui ogni valore che l'uomo aveva tenuto sugli altari dei suoi ideali sembra venire calpestato o tenuto in nessun conto, è più importante di sempre che vi siano delle creature, come voi, che formino una catena di pensieri ed intenzioni la quale, all'occhio di chi vede oltre l'apparenza, è una sorta di faro che diffonde un segnale per la nuova strada che l'umanità dovrà percorrere.

Parlare di evoluzione, in un simile momento, fa correre il rischio di non essere creduti: in effetti, dai fatti della vostra vita sembra che l'umanità non sia progredita ma abbia percorso un cammino inverso. Ma tutto avviene secondo un ordine preciso, e anche quello che può apparire disordine e confusione obbedisce a una legge di equilibrio che non falla.

Questo momento che l'umanità in generale sta vivendo è e segna il trapasso da una vecchia epoca a una nuova. E' un momento di transizione, dove cadono le stampelle, gli appoggi, le grucce, i limiti entro quali l'umanità di ieri doveva muoversi, per dare respiro a più grandi, più ampi spazi.

L'umanità di oggi, e più ancora del domani, si muoverà in direzioni diverse, e, quello che più conta, si muoverà in maggiore libertà. Questo cadere dei tabù, delle inibizioni, delle morali coercitive, dà l'impressione di un peggioramento nello spirito degli uomini; ma voi dovete guardare con fiducia al nuovo respiro dell'umanità; non dovete giudicare tutti gli uomini dai fatti di cronaca nera o simili che leggete ogni giorno.

Di fronte a questi eccessi - pure importanti ed essenziali per le creature che li compiono, perché costituiscono l'esperienza che debbono fare - vi sono tante, tantissime creature che vivono semplicemente, modestamente la loro esistenza; forse un po' smarrite perché non credono più alla religione, all'autorità costituita, all'onestà di chi li governa e di chi dirige la sorte dei popoli; ma che conservano nel loro intimo un'intenzione pura, un segreto anelito a qualcosa di buono e di effettivamente sanante, e attendono di credere ancora a qualcosa di veramente costruttivo.

Ebbene, quando avvicinate qualcuno che ancor più vi è vicino per questo segreto anelito di cui vi dicevo, sappiatelo riconoscere, sappiate dare a questa creatura la speranza che attende. Parlate, dite che ciò che appare è un atto e una rappresentazione, che così deve essere per far scaturire nell'intimo, come reazione, un maggiore impulso e una maggiore ricerca della rettitudine, dell'onestà, questa volta non più imposte dall'esterno ma ritrovare nell'intimo di ogni uomo.

Conclusione

Ancora un commento, finale, al momento di lasciare Conosci te stesso?, una raccolta di comunicazioni delle Voci curata dalla Scuola del Cerchio Firenze 77.

I primi libri che uscirono dal Cerchio, e andarono incontro ai loro lettori naturali, furono allestiti e intitolati dalle Voci stesse dei maestri. Essi sono stampati da queste stesse Edizioni Mediterranee di Roma e si intitolano in progressione: Dai mondi invisibili, Oltre l'illusione, Per un mondo migliore, Le grandi verità ricercate dall'uomo e La voce dell'ignoto.

Dopo la scomparsa di Roberto sono venuti altri libri di compilazione come Oltre il silenzio, Maestro, perché? e La fonte preziosa, sempre con le Edizioni Mediterranee, i quali seguitano ad attingere al tesoro di Sapienza accumulato nei tanti anni di esistenza del Cerchio. E qualcun altro ancora, a carattere monotematico come questo Conosci te stesso?, sarà forse possibile allestire domani, accanto a quei primi capisaldi di un Sapere nuovo, invisibilmente rivoluzionario, le cui edizioni e riedizioni si rincorrono a dimostrazione - se ve ne fosse bisogno - di quanto vasta sia l'attesa, di quanta sia la sete di quell'acqua di verità che sgorga perenne dalla fonte preziosa.

Allora, chi ha comunicato con l'uomo, chi ha parlato, chi ha donato un flusso di rivelazioni assolute, negli incontri del Cerchio, usando la bocca profetica di Roberto? ora conosciamo la risposta. E' la voce dell'ignoto, che noi siamo a noi stessi; venuta dai mondi invisibili, che sono in noi; per indicarci oltre l'illusione, che siamo noi, le grandi verità che sono in noi, sempre ricercate dall'uomo negli ingannevoli labirinti della conoscenza esteriore?

Da tale conoscenza è rimasto fino a ieri escluso proprio il conoscitore, cioè l'uomo stesso; sicché l'irreale, il fuggevole e apparente ha preso pressoché tutto il posto del reale e del vero, nell'indagine conosciuta e nelle sue conclusioni morali pratiche. 

In tal modo, tanto per esemplificare, la filosofia, la religione e la scienza sono state lo specchio superbo e l'immagine rovesciata di un misero narciso, e il regno dell'uomo, cioè la vita, è il suo esilio; e ai suoi incubi, ossia le sue divinità o antidivinità ad immagine umana, ha affidato un impossibile risveglio; e alla sua coscienza, ossia al suo divino interiore, ha messo maschere di dèmoni persecutori; e ai suoi sacerdoti e potenti, ossia i fantasmi della sua ignavia e paura, ha ceduto la sua volontà; e alla sua mente ossia a un automatismo intelligente, ha dato lo scettro di un mondo spettrale; e così via. 

E malgrado tutto questo, che è la condizione umana, le grandi verità costantemente indicate da mistici, semplici e sapienti, seppure fino ad ora per paradossi e parabole da intendere oltre il velo che le protegge, sono ancora e sempre ricercate dall'uomo che sia pronto a gettare se stesso oltre se stesso. E qui ha inizio il sentiero.

Nei libri del Cerchio, come non era ancora accaduto, quelle verità basilari sono limpidamente ed esaurientemente indicate, spiegate, al fine di ridestare l'essere interiore dell'uomo, attraverso l'uso corretto della sua mente, e farlo assurgere alla dignità che gli è propria. Così l'uomo incontra se stesso e opera per un mondo migliore, che è costantemente alla sua portata, qui-ora e non nelle vane utopie del divenire, che inizia dall'intima trasformazione dell'uomo stesso, dalla conoscenza di se stesso come origine e fine dell'illusione.

La limpidezza e il rigore delle Voci sono tali - e non meno ne chiedono a chi li ascolta - da dettare questo "manifesto" senza scampo con cui è giusto chiudere questo libro di conoscenza:

"Che cosa cerchi qui?

Una giustificazione alla tua condotta che pacifichi la tua coscienza?

Se la troverai, non ci avrai compresi. 

Un'evasione dalla realtà che devi affrontare e correggere?

Se la troverai, sarà una tua invenzione.

Un conforto che faccia del tuo dolore un merito e ti autorizzi ad affliggere gli altri?

Se lo troverai, ci farai menzogneri.

Un nome tutelare che volga gli avvenimenti secondo i tuoi

desideri e ti renda privilegiato nei confronti dei tuoi simili?

Sappi che noi non siamo fautori di ingiustizia.

Una sorta di religione più verosimile per farti credere dagli altri uomini un amministratore di dio e farti essere ubbidito?

Noi non vogliamo essere tuoi complici.

Oppure vuoi fare di noi una nuova etichetta, una roccaforte per sentirti nel vero e combattere chi non è con te, sfogando così la tua aggressività e la tua faziosità?

Se così è, cerca altrove la tua bandiera.

Noi non vogliamo scusarti, ma richiamarti alle tue responsabilità.

Noi non vogliamo importi dei doveri che riguardano un'altra dimensione a discapito di quella nella quale vivi, ma spiegarti la tua realtà, cosicché tu possa affrontarla in pienezza di coscienza.

Non vogliamo fare di te un cultore dei morti, ma un ammiratore della vita, un uomo che in essa crede e che si adopera per rendere le cose migliori.

Vogliamo che tu creda in dio se ciò ti fa amare i tuoi simili, se ti fa agire più che pregare, reagire più che rassegnare, costruire più che conservare, se ciò ti rende sereno più che timoroso, affrontare il mondo più che sfuggirlo. Un dio che non ti ispira tutto questo è un dio che ti è nemico, e non è quello del quale ti parliamo".

 

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