L'origine del dolore - L'insegnamento del dolore - Solitudine dell'uomo - La via della liberazione - L'espansione dell'io - I limiti dell'io -
Per un nuovo sentire - La meditazione mentale - La vita liberata - Il culto dell'io - Indagine sul presente - Utilità della memoria -
L'equilibrio interiore - Sincerità e coraggio - La prigione del passato - Come amare la vita - Gli alibi del "non vivere" - Le lusinghe dell'io -
L'azione consapevole - Comprensione e liberazione - La costante consapevolezza - Il vero amore - Essere nuovi ogni giorno - Amare liberamente -
Il mondo dell'uomo - Le abitudini dell'io - Come nasce l'io - "Morire a se stessi" - L'io crudele - L'inganno delle religioni - I monasteri dell'io -
Il rimorso - L'impulso dell'io - Il segno dell'illuminato - "Soli e semplici" - Il seme della violenza - La civiltà dell'io - I partiti dell'io -
I tre stadi dell'evoluzione - Il mondo in noi - Vivere realmente - La legge dell'evoluzione - La coscienza costituita - L'annullamento del dolore -
La vera introspezione - Il rischio dello yoga - Il nuovo insegnamento - La vera solitudine - Spogliarsi di tutto - La voce della coscienza -
Le azioni della coscienza - Vivere spiritualmente -
L'origine del dolore
Nei momenti di slancio si vorrebbe portare la
pace nel mondo: ma prima di questo, si guardi se si è in pace con i propri
vicini. Da questo si deve cominciare. Non ci si pentirà certo delle grandi cose che
non si sono fatte perché non si potevano fare, ma delle piccole che si sono
tralasciate. Si comincia dalle piccole cose per arrivare alle
grandi; si comprendono le piccole cose per comprendere le grandi. Ma le piccole
cose, se esistono, credete che non siano degne di attenzione? In verità una
cosa diviene piccola nel momento che si supera o si comprende. Qui sta la causa del vostro soffrire: vorreste
conoscerla per poterla eliminare, ma per questa liberazione dovete conoscere
voi stessi.
La causa del vostro soffrire può risiedere nel
veicolo fisico, in quello astrale, nel mentale o nella più alta espressione del
sé. Sì, anche quando sembra provenire dal fato, in realtà non è che l'eco di un
vostro agire di "allora" che torna e vi atterrisce. Tutto quanto si ha, si deve pagare. Nessuno può
essere sfruttato, perché non esiste privilegio nelle leggi del grande piano
divino. Voi definite privilegiato chi, per certi diritti
dei quali può avvalersi, ha una potestà maggiore della vostra. Ma nella Realtà
il privilegiato non è tale, poiché egli non si sente alcun diritto, bensì solo
il dovere di beneficare. Chi ama non ha diritti, ha solo doveri; e solo
chi comprende, ama; e solo chi ama, può sapere; e solo chi sa, ha una potestà.
Tale potestà è tanto più grande quanto più si ama, quanto più si è altruisti.
L'insegnamento del
dolore Desiderare è un po' come soffrire. Il desiderio
è vita, spinge la creatura, la chiama. Così, la sofferenza la muove dalle
cristallizzazioni e dagli intorpidimenti. Desiderare, dal punto di vista della vita
universale, non è avere un desiderio che prima crea l'illusione e poi la
delusione: è camminare di pari passo con la legge di evoluzione. Conoscere se stessi è comprendere le cause della
propria sofferenza e superarle: cessare di cristallizzarsi, cessare di
soffrire. La sofferenza ha sempre qualcosa da insegnare,
perché è un effetto di qualcosa che è stato fatto senza comprendere. Così,
accettate la sofferenza, perché insegna comprensione ed affetto. Ricordatevi che vi sono delle leggi le quali,
pur limitandovi per non schiacciarvi, vi mettono di fronte alle vostre
responsabilità. Chi conosce queste leggi può agire in armonia
con esse, non essendone così limitato né, tanto meno, schiacciato avendole
osservate. In ciò che vi ho detto è la causa della
sofferenza umana; ma benché vi sia stato spiegato, voi continuate a soffrire:
perché non sono le parole che possono cambiarvi, ma è la comprensione vostra di
queste parole.
Solitudine dell'uomo
Voi cercate un rimedio che possa darvi la
felicità e la pienezza interiori: lo cercate perché siete stanchi della vita,
annoiati e delusi, dolenti per qualche motivo. Questo tanto invocato e ricercato rimedio si
chiama Realtà, ma proprio perché è Realtà non può essere comunicata. L'uomo è solo di fronte alla verità. Nessuno può
capire, comprendere per lui. Se ascoltate le nostre parole per il loro suono
e non per comprendere, e non per aprirvi a quello che esse vogliono significare
e suscitare in voi - e lo possono solo attraverso voi stessi - la vostra vita
rimane un correre affannoso ora qua e ora là, capace solo di deludervi. Stanco
della vita, annoiato e deluso, dolente per qualche motivo, l'uomo che cerca la
felicità e la pienezza interiori si pone l'interrogativo: "Che cosa posso
fare?". "Niente" , è la risposta:
"Conosci te stesso".
La via della
liberazione Ognuno deve comprendere se stesso: questo è il
solo modo di liberarsi. Ma come può l'individuo comprendere se stesso se non
mette a nudo l'essere suo, se non esegue una profonda analisi che possa
aprirlo, che possa svelare a lui stesso la vera causa del suo comportamento, le
vere ragioni del suo agire e pensare? Ditemi: perché cercate la verità? Forse perché sperate che essa possa far cessare
in voi ogni dolore, ogni affanno, ogni senso di vuoto? Ma allora voi non
cercate la verità: voi cercate il benessere, la sicurezza. Ditemi: se vi fosse detto che la verità procura
atroci sofferenze, Ascoltando queste parole, cercate di scoprire in
esse una via, una regola da seguire; probabilmente vi sforzerete di aiutare i
vostri fratelli: ma io vi dico che nessun modo, nessuna regola c'è per giungere
alla Realtà. Comprendere se stessi, abbandonare ogni posizione non realmente
sentita, ogni falsità: via ogni pregiudizio, via ogni timore! Solo comprendendo se stesso l'uomo può liberare
l'essere suo dalla sofferenza, dal dolore. E per comprendere se stessi non vi è
regola, non c'è esercizio da seguire. Lo ripeto: ognuno deve essere consapevole
dei propri limiti, comprenderli; e, comprendendoli, li supererà.
L'espansione dell'io
Tutte le cose delle quali amiamo circondarci
sono state create, prima ancora che dalle mani, dalla mente dell'uomo. La mente
umana è in costante lavoro, in continuo movimento. Gli oggetti che a voi danno comodità, ad altri
hanno dato guadagno, per altri ancora sono stati fonte di notorietà, di
successo. In sostanza, la mente-desiderio si serve degli
oggetti, li plasma o se ne impossessa, per una sottile e complessa attività. Tale attività, benché abbia molti aspetti, in
ultima analisi ha un solo nome: espansione, valorizzazione dell'io.
Questo processo di espansione dell'io è un tarlo
che sta nell'intimo di ogni uomo e si manifesta in ogni campo dove egli esplica
la sua attività. Esso è la causa prima di ogni dolore, di ogni conflitto, di
ogni amarezza sia dell'uomo singolo che dell'umanità tutta. Tale conflitto toglie all'individuo ogni pace,
ogni silenzio interiore, privandolo così della sperimentazione del reale.
Sovente lo accompagna per tutta la vita: da quando desidera un lavoro per
vivere; da quando, avutolo, comincia a cercare il decoro per sé e per la
propria famiglia; da quando ama circondarsi di comodità e quindi di eleganza; a
quando lotta per la propria posizione; a quando prega per assicurarsi, in un
futuro più incognito, alcune condizioni favorevoli - la causa motrice è sempre
l'attività espansionistica dell’io. Il conflitto conseguente a tale processo e che
priva la sperimentazione del reale, esiste indipendentemente dal realizzarsi o
meno delle suddette aspirazioni. Infatti, anche quando l'uomo ha raggiunto una
certa posizione di privilegio, anche se questa è di suo gradimento - e non lo è
mai - inizierebbe subito per lui la paura di perderla e la preoccupazione d
mantenerla. Ciò vale per gli oggetti, per le persone, per gli affetti. L’io dunque è il centro del microcosmo attorno
al quale gravitano delusioni, amarezze, conflitti, affanni e così via.
I limiti dell'io Se volete far cessare tanta confusione e lotta,
in voi, dovete risalire alla radice, all'io: dovete comprendere voi stessi. Analizziamo la mente. La mente è lo strumento dell'io. Essa è il
risultato del passato: quanto più la mente rimane legata al passato e tanto più
è insufficiente a comprendere il presente. Dalle esperienze di ieri ha spremuto
l'insegnamento, l'essenza trasformatrice, ma non deve mantenere in vita le
larve di un mondo ormai trascorso. Essa accumula ricordi, immagini di cose
morte, e in mezzo ad esse l'uomo si muove come un fantasma. La mente è un mezzo
per appagare l'avidità dell'io: essa funziona direttamente o indirettamente in
modo subordinato all'io e ha dei limiti: i limiti dell'io. Comprendere i propri
limiti significa superarli, significa conoscere se stessi. Ma se desiderate mutarvi e attendete i risultati
di questa intima trasformazione, voi non avete compreso: avete solo variato il
processo, il piano di espansione dell'io. Comprendere se stessi significa
comprendere i propri limiti; significa rendersi ampiamente consapevoli del
proprio egoismo, senza sforzarsi di non voler più apparire egoisti. Se dunque la vita per voi significa delusione, conflitto, lotta, terrore e
solitudine; se la fede apporta solo conforto ma non liberazione; cercate allora
in voi stessi i motivi, rendetevi consapevoli. La ragione, la causa ha un solo
nome: espansione, valorizzazione dell'io. Per un nuovo sentire Per comprendere e superare questo processo non
occorre sforzo alcuno. Immaginate di scrivere in un diario i pensieri
che riflettono le vostre opinioni su vari argomenti. Rileggendo a distanza di
tempo trovereste che le vostre opinioni sono mutate, che riuscite a vedere
altri aspetti dei vari problemi o che li vedete da un altro punto di vista. Un
esame successivo porterebbe a nuove modifiche, e così via. Tale correzione,
tale rivedere e correggere avverrebbero
senza sforzo alcuno, senza che l'individuo faccia un atto di coercizione, bensì
spontaneamente, in conseguenza di una nuova posizione acquisita.
Allo stesso modo, rendendosi consapevoli dei
propri limiti si può vivere al di fuori di essi, si può sperimentare ciò che è
illimitato. Ma attenti, perché è facile fraintendere, è facile credere di aver
compreso. L'io ha un'attività espansionistica molto sottile. Non si tratta
soltanto di un nuovo pensare, desiderare o agire: si tratta di un nuovo
sentire. Come la natura perpetua se stessa in nuove forme
- poiché il suo compito è quello di evolvere la forma e non la sostanza - voi che siete questa sostanza
eguagliate la natura identificandovi in un nuovo sentire.
La meditazione mentale
Meditate sulla vostra vita, cercate di rendervi
consapevoli di quello che vi spinge ad agire. Ciò non vuol dire che dovete
essere delle creature prive di vita, prive di desiderio: il desiderio è vita!
Ciò significa desiderare dal punto di vista universale, e non personale. La mente è un grande strumento, che serve
all'evoluzione dell'individuo e non a soddisfare l'avidità dell'io. Ridare a questo
veicolo, la mente, il giusto valore: ecco di che cosa si tratta. Meditare significa rendersi consapevoli dei
propri limiti, conoscere se stessi; significa comprendere come si fa uso dei
propri veicoli: questo significa meditare. Ed allora, portandovi a questa
meditazione, voi potete osservare come essa sia liberatrice. La vita liberata
Nessun santo, nessun dio possono comunicarvi la
verità. Ciò che sta oltre l'orizzonte può essere descritto da altri, immaginato
da voi, ma mai sperimentato come quando veramente vi sarete liberati. Ecco perché nel seguire un maestro, sia pure
giunto alla Realtà, non sta la vostra liberazione. Questa liberazione - non mi
stancherò mai di ripeterlo - è un fatto interiore. Voi, voi soli dovete
liberare l'essere vostro. Nessun altro può farlo per voi. Dovete rendervi
costantemente consapevoli di tutti quei processi sottili che avvengono
nell'intimo vostro. Dovete cessare di illudervi. E la liberazione non tarderà. Come, nei momenti di grande dolore, dimenticate
tutto nella ricerca e nella comprensione di ciò che vi fa soffrire; così, nell'attimo presente, dovete sbarazzarsi di
tutto quanto si frappone tra voi e la vita liberata. E allora vi renderete consapevoli
che la meta della vostra esistenza non è tanto lontana e irraggiungibile come
credete.
Il culto dell'io
L'io riesce a celarsi dietro sentimenti nobili,
per esempio l'altruismo. Un modo di vita ligio alla morale può essere tenuto
unicamente per imporre il proprio io ad altri, per farsi lodare: vedete come si
possa fare del bene unicamente per farsi lodare. Dovreste aver fatto caso, specie in questo
tempo, come ciascuno si muova, lavori, fatichi unicamente per ambizione, per se
stesso. Si può dire che ciascuno si dedichi al culto dell'io. Questo è insito nella radice dell'uomo. Non esistono sistemi che possono modificare tale
natura. Solo l'esperienza, nel senso che insegna e fa
evolvere, può mutarla radicalmente. Non essendoci dunque un sistema, come può
l'individuo giungere a questa liberazione dai processi dell'io? Attraverso l'autoconoscenza. Solo nell'ampia conoscenza di se stesso l'individuo prima
raggiunge una chiarezza interiore,
Indagine sul presente Ricercare per conoscere se stessi è ciò che
ciascuno deve fare. C'è chi crede che questa ricerca sia facilitata
dal sapere chi fummo nelle precedenti incarnazioni. Ma se così fosse, perché
esisterebbe la legge dell’oblio anche per chi si propone di cercare se stesso? Sapere chi fummo non è di alcun vantaggio nella
ricerca di se stessi. Voi siete il presente ed è questo presente che dovete
conoscere, non il passato. A che può giovarvi il sapere, per esempio, che
nella precedente incarnazione siete stata una suora? Supponete che non abbiate
avuto l'animo di suora, che non abbiate avuta la vocazione. Solo quando avrete
compreso il presente potrete intuire il passato e intravedere il futuro. Solo
quando vi sarete resi consapevoli del vostro attuale egoismo, comprenderete
quanto egoisti foste in tempi passati, quanto meno egoisti sarete in avvenire.
Tutto qui?, voi direte: io so di essere egoista! Già, voi sapete di esserlo, ma non ne siete
consapevoli, cioè non sapete fino a che punto l'egoismo vi
spinge ad agire, quali delle vostre azioni sono mosse dall'egoismo: e, non
sapendo questo, non sapete niente di voi stessi! Ciascuno di voi è, ora, un individuo che non è
lo steso di dieci anni fa, che non è lo stesso di due ore fa; per questo, nella
ricerca di chi siete non vale sapere chi siete stati. Direte: allora a che cosa serve la memoria? Utilità della memoria La memoria serve per le relazioni fra simili, ed
è molto utile. Però ha anch'essa un difetto: tende ad
accumulare conoscenze su conoscenze, costituendo una mentalità della quale
siete schiavi. Ciò che evolve l'individuo non sono le
conoscenze, tenute Supponiamo che un tale sia ateo e che divenga
credente: non importa che egli consulti un memorandum che gli ricordi di
pensare come un credente, perché, se è veramente diventato tale, penserà da
credente in quanto l'esperienza avrà trasformato il suo essere. Superando l'aspetto negativo della memoria
avrete mosso il primo passo per la ricerca di voi stessi. L'equilibrio interiore Nessun vero maestro ha insegnato a rendersi
infelici violentando se stessi. Nessuno vuole da voi degli esseri tristi o
isterici per avere infranto l'intimo equilibrio frenando i vostri impulsi, la
voce dell'intimo. "Non violentate voi stessi" significa
appunto che non dovete ricacciare negli strati più profondi della coscienza
quegli istinti, quegli impulsi, quelle voci che la morale comune condanna;
significa invece "comprendete voi stessi". "Non frenate gli impulsi" significa:
comprendeteli, comprendete voi stessi, compite un'introspezione, scoprite qual
è la ragione che vi fa avere tali impulsi, tali istinti, tali voci. Quando avrete compreso questa ragione, voi
avrete superato quegli istinti, quelle voci, avrete liberato l'essere vostro; e
allora - raggiunto un intimo equilibrio, una pace interiore - la vita reale che
è nel più profondo del vostro intimo sgorgherà alla superficie e darete alle
creature quell'acqua che disseta durevolmente. Sincerità e coraggio Non è difficile comprendere se stessi; ma una
tale auto-comprensione implica una schiettezza, una sincerità con se stessi, il
coraggio di scartare o svalorizzare tutte quelle cristallizzazioni, quei
pensieri che credete parte di voi stessi, mentre altro non sono che nozioni
acquisite per sentito dire e non per realtà sperimentata. Tale auto-comprensione
implica di avere il coraggio di ammettere che la vostra sofferenza, alla quale Ognuno cerca di dar valore alle lacrime che ha
versato. Appoggiandosi alla fede, o alla logica, cerca di mostrare a se stesso
e agli altri che le lacrime versate sono tesori. Ma per comprendere voi stessi
dovete scartare, svalorizzare, mettere a nudo il vostro essere; e voi invece
amate e siete attaccati a tanti e tanti pregiudizi, tante regole e schemi che
vi siete imposti e che non fanno parte - come invece dite - di voi stessi. La prigione del
passato Il passato è un libro che ami consultare
sovente, che conservi con tanta gelosia. Il futuro è lo scopo della tua vita:
quando soffri, rappresenta la speranza di un miglioramento lenitore; quando
gioisci, l'incubo dell'incognita durata. Così, legato al passato e rivolto al
futuro, non vivi nel presente, non ne gusti il sapore, occupato come sei a fare
la guardia al mondo nel quale ti sei circoscritto e che rappresenta la tua
illusoria sicurezza. Sì, ciò che credi motivo di felicità non è che la prigione
che ti impedisce il contatto diretto con la vita.
Devi abbandonare tutto, non recriminare il
passato, non temere o fidare nel futuro, ma vivere nel presente. Questo è molto
importante: devi convincerti che la sicurezza che cerchi ora qua e ora là non è
che il risultato di un indistruttibile intimo equilibrio. Vivi dunque semplicemente, serenamente, al di
fuori di ogni influenza di altri, e conquisterai quella serenità che non è
incoscienza, bensì profonda consapevolezza della vita. Allora amerai la vita,
avrai trovato la tua verità, il sorriso ti sarà sempre sulle labbra perché
avrai raggiunto una delle mete più importanti. Come amare la vita
"Come amare la vita?", si domanda
l'uomo. Guerre, catastrofi, immani conflitti ricadono sulla povera umanità come
per dimostrare che una maledizione divina grava su di essa. Come amare la vita quando essa porta dolore,
amarezza? Non è la vita causa di tutto questo, ma voi stessi! Voi stessi con la
vostra condotta scrivete pagine di storia. Il conflitto che si accende e
fomenta in ogni terra, altro non è che il risultato del conflitto interiore che
vi agita. La crisi mondiale è una crisi individuale. Fino a che non comprenderete voi stessi, non
potrete amare la vita: essa sarà la riproduzione esatta del disordine che è in
voi. Iniziate col rimanere soli. Sottraetevi
all'influenza di altri. Così facendo, non accrescerete l'antagonismo. Ma
soprattutto rendetevi consapevoli di tutti i "come" e i
"perché" che determinano la vostra condotta; operate un'introspezione
continua e libererete l'essere vostro da ogni falsità. Allora, quando vi sarete liberati da tutti i
ristagni del pensiero, potrete far fluire la vita nella scoperta del reale; allora, nell'equilibrio e nella serenità,
amerete la vita. Cesseranno le lotte, le miserie, e vi renderete consapevoli
che la vita e un'immensa benedizione. Gli alibi del
"non vivere" Qualcuno disse: "Nel momento che si nasce,
si comincia a morire". Noi diciamo: nascete all'oggi, morite all'ieri,
e sarete sempre vivi e non cadaveri ambulanti. Ma voi non siete d'accordo; siete un po' tutti
degli stanchi e sfiduciati nella vita, senza entusiasmo, timorosi di vivere,
timorosi di morire. "La vita è una prova. Qua non c'è felicità.
Bisogna cercare solamente di restare in grazia di dio per meritarsi la felicità
eterna": ecco il ritornello che da secoli si canta all'uomo come supremo
conforto religioso. E quando gli uomini cercano qualcosa di più convincente,
parlano gli "spiriti" con parole nuove: "Questo vostro non è il
mondo della realtà. La vita comincia dopo la morte". A voi piacciono queste spiegazioni perché vi
scusano con voi stessi, e con gli altri, per quello che non avete fatto.
Se interrogate una creatura che in vita sua non
abbia fatto niente, vi risponderà che le è stato impedito di fare: malattie,
Convincetevi di questo e la vita vi apparirà in una
luce diversa. Se pensate infatti che essa sia un esilio per l'uomo, siete
portati a trascorrerla in un modo che è un compromesso tra ciò che ritenete
piacevole e ciò che fate con sforzo, chiudendovi, in questo tergiversare, alla
realtà stessa della vita. Ogni avvenimento, ogni pensiero sono presi come
pretesti per la continua evasione dalla vita. Le stesse verità comunicate da
altri sono fraintese e usate come giustificazione al "non vivere" che
voi fate nel vero senso della parola.
Non dovete sfuggire a voi stessi, illudervi, ma
essere esattamente: edotti di tutti i "come" e i "perché"
che determinano la vostra condotta. Non dovete pensare che la vita si una
prova, che la vita sia un castigo, che sia una e una sola delle molte
incarnazioni necessarie al conseguimento della Realtà. Così facendo, voi
riguardate alla vita come a qualcosa che bisogna sopportare di buon animo e che
non è completa in sé: mentre proprio per questo è il più gran dono, perché la
vita è completa in sé! Ognuno prende da essa esattamente quanto a lui
fa bisogno. I maestri, Cristo stesso, nessuno può sostituirsi all'insegnamento
della vita. La verità comunicata da un maestro può essere fraintesa, ma le
lezioni che impartisce la vita no, quelle lasciano un'esatta traccia
nell'individuo. Nessuna verità comunicata può essere tanto importante e tanto
vera quanto quella che l'individuo scopre vivendo. Le lusinghe dell'io
L'uomo ha bisogno di aggrapparsi a qualcosa: una
fede, una speranza, qualcosa che lo conforti nel dolore presente ma che, al
tempo stesso, valorizzi questo dolore, lo trasformi in "volontà di
dio", espressione del suo affetto per gli uomini. Il dolore scomparirà
dalla terra, ciò nondimeno è necessario. L'uomo liberato non conosce dolore. Guai se non
lo conoscessero gli altri. Quella fede, quella speranza sviano l'esatta
considerazione del dolore. Esse dicono: "Questo dolore ti viene dato
perché dio ti ama", anziché dire: "Questo dolore è il frutto di
qualcosa che hai fatto senza avere compreso". Quella fede e quella
speranza sono un'illusione, un tranello, una lusinga dell'io. Non cercate il conforto di quella fede, di
quella speranza, per non restare delusi. Non cullatevi nel pensiero che
soffrite per volontà di dio, bensì siate consapevoli che soffrite perché avete
agito senza comprensione. E' molto più facile e comodo ritenere il dolore
una prova piuttosto che considerarlo frutto della nostra mancanza di duttilità,
in quanto ciò accarezza l'ambizione dell'io; ma vede la realtà chi ha
dimenticato l’io, chi non conosce le sue lusinghe, suoi tranelli. L'azione consapevole
Vedere la realtà significa sbarazzarsi di tutto
ciò che si interpone tra voi e la realtà stessa. Per stabilire questo immediato
contatto occorre comprendere e non illudersi. Illudersi significa credere che la conoscenza
porti la liberazione, che seguire certe regole - le quali stabiliscono cosa
fare o non fare - faccia di voi degli uomini liberi. Ma un'azione può essere
compiuta con mille intenzioni, per mille scopi: è quindi assurdo dire
"fare" o "non fare"; più esatto è consigliare:
"Rendetevi consapevoli del perché agite". Chi vuol conoscere quella Realtà che trascende
ogni limite, l’io e il non io, in cui tutto vive in un eterno presente ed in
una infinita presenza, deve cessare di illudersi, deve staccarsi, deve
abbandonare tutto. Ma anche questa meta è desiderata come un arricchimento
delle proprie facoltà; anche queste parole sono interpretate come un metodo da seguire,
e allora, pur essendo vere, per voi sono una mera illusione.
Molte creature hanno abbandonato la loro
posizione sociale, donato ogni loro possesso, rinunciato ad ogni affetto e si
sono ritirate nella solitudine di un eremo attendendo, invano, l'ora della
liberazione. Non è un semplice atto di donazione che può aprirvi alla realtà.
Donando ogni possesso non potete sottrarvi al desiderio di possedere.
Rinunciare ad onori e gloria non significa che abbiate trasceso l'ambizione.
L'io e il Ecco perché è importante conoscere se stessi. Se
quella creatura che ha abbandonato tutto avesse analizzato l'intimo suo, e si
fosse resa consapevole che stava seguendo l'ambizione dell'io - diventare
grande in cielo -, quella creatura avrebbe risparmiato delusione e dolore a sé
e agli altri. Abbandonare tutto per una simile ragione non significa cessare di
illudersi, bensì illudersi ulteriormente. Comprensione e
liberazione Voi dite di conoscere certi aspetti dell'intimo
vostro. Ammettiamo pure che ciò corrisponda alla realtà: ma conoscere non significa
comprendere, e voi dovete comprendere voi stessi. Più o meno immaginate qual è la meta, e allora
volete conoscere la via per giungervi: ma questa via non può essere realizzata
a mezzo di una conoscenza, bensì giungendo ad una comprensione. Chi può comprendere per voi? Nessuno. Voi soli lo potete. Comprendere se stessi significa rendersi
esattamente consapevoli di tutto ciò che vi spinge ad agire, a parlare;
rendersi consapevoli che, anche quando pensate, voi seguite canoni di pensiero,
siete influenzati e non pensate mai secondo ciò che sentite. La liberazione avviene non quando costringe il
vostro essere a fare ciò che non sentite, ma quando agite senza sforzo, quando
siete veramente voi stessi. Se aveste L'abitudine di scrivere i vostri
pensieri in una specie di diario, rileggendolo dopo un certo tempo vi
accorgereste che avete cambiato il vostro modo di pensare. Allo stesso modo
avviene la consapevolezza. Voi dovete rendervi consapevoli, e allora, nella
costante consapevolezza, giungerà la comprensione e la liberazione. Ricordate: tutto quanto vi accade, avviene per
la vostra comprensione. Dovete non mentire a voi stessi, e basta.
Ripeto: nella La volontà entra solo in questa costante
consapevolezza, e basta. Non dovete con la volontà fare violenza a voi stessi. Con la volontà dovete cercare di rendervi
costantemente consapevoli, e basta. La costante
consapevolezza Per giungere alla comprensione non occorre
ritirarsi dal mondo. Potete rimanere soli anche in mezzo al mondo.
Così, se avete delle occupazioni, delle attività, potete benissimo esplicarle;
però, rendetevi consapevoli. Dovete comprendere: alla base di ogni sofferenza
c'è l'io con il suo desiderio di espandersi. Generalmente l'uomo cerca un
conforto a questo dolore, e allora - ripeto - non comprende. La ricerca di
sicurezza conduce all'affanno, alla delusione, al dolore. Nel dolore la ricerca
di conforto conduce alla schiavitù, al reciproco sfruttamento. Tutto quanto non
vi fa comprendere, vi illude. Ogni volta che accettate e non comprendete, vi
illudete.
Ricordate: giunge alla liberazione non chi
resiste alla tentazione, ma chi non ha alcuna tentazione. Cade non chi è stato
tentato, ma chi non ha compreso. Non potete sbagliare, purché non vogliate
sbagliarvi. La comprensione presuppone un'immensa schiettezza da parte vostra,
una enorme sincerità con se stessi. Voi siete abituati ad agire e ad aspettarvi una
ricompensa dalle vostre azioni. Ecco l'errore. Voi non dovete avere ricompense,
non siete qua per aspettarvi ricompense. Siete qua per comprendere, e questa
comprensione avviene quando agite senza sforzo.
Questo non significa votarsi ad un cieco
fatalismo. Assolutamente no. Questo significa essere voi stessi, estremamente
sinceri con voi stessi. Così, nell'aiutare, non dovete aspettarvi una
ricompensa. Nel momento in cui vi rendete consapevoli che portate aiuto alle
creature per far godere il vostro io, non dovete - indotti da questo pensiero -
cessare di portare aiuto, ma essere consapevoli del perché lo fate. Così, non Il vero amore
Il vero amore non è un movimento dell'io, tanto
è vero che lo sperimentiamo solo quando dimentichiamo l'io. Il vero amore è
insito nella natura stessa dell'uomo. E' vita. Ma esso non può fluire, come non
fluisce la vita liberata, se non liberate l'essere vostro da tutto ciò che istalla
e regge l'io. Il vero amore non sa pensare nei termini dell'io. Quando proverete questo amore, sarete fusi con
tutto l'universo, con piena consapevolezza. Quando proverete questo amore, non
conoscerete più la distinzione fra mio e tuo, fra io e te, ma vi sentirete uno
col tutto. L'augurio è che per voi questo giorno venga presto. Per tutti voi,
non esiste una condizione di tempo e di evoluzione: la liberazione può avvenire
anche in questo momento, purché lo vogliate, purché abbiate sincerità con voi stessi,
per poter realizzare quella costante consapevolezza che è liberatrice. Essere nuovi ogni
giorno Chi frappone ostacoli al naturale evolversi di
ogni cosa crea attrito, crea dolore. Vivete, non create barriere fra voi e la vita,
non restate ancorati allo scoglio che fu di salvezza ieri, perché oggi può
essere motivo di ritardo. Anche la vita, che è mezzo di evoluzione, sarà
abbandonata. Ogni cosa, quando è inutile, viene abbandonata,
ed essendo ormai priva di utilità non risuscita. Siate quindi nuovi ogni giorno, acciocché la
vostra vita non sia inutile. Quando l'uomo è stanco, sfiduciato, deluso dalla
vita; quando soffre profondamente ed intimamente, dimentica tutto nella ricerca
della ragione per la quale soffre. Egli segue istintivamente un rimedio
naturale, come gli animali vanno istintivamente verso determinate piante che
possono curare le loro infermità. Sì, nel momento della sofferenza l'uomo segue e
fa ciò che ogni giorno dovrebbe fare; e se ogni giorno dimenticasse, cioè fosse
libero da ogni antica zavorra, non avrebbe sofferenze. Questo non sarebbe un
rimedio ma una cura preventiva.
L'individuo deve essere libero, nascere ogni
giorno. Per fare un mondo nuovo non occorrono nuove istituzioni, nuovi
ritrovati; occorre quello che nei casi disperati viene istintivamente suggerito
dalla natura: occorre che l'uomo dimentichi tutto, abbandoni l'antica zavorra e
nasca nuovamente. E' molto difficile per l'uomo d'oggi attaccato
al passato, a quanto gli è prezioso e caro, nascere ogni giorno. Ma guardiamo
meglio che cosa vuol dire "essere nuovi ogni giorno".
Ogni individuo ha delle proprie convinzioni,
delle regole alle quali non ama trasgredire. E spesso sono queste convinzioni,
questi pregiudizi, queste regole ereditate di padre in figlio, a procurargli
sofferenza. Una regola, un comandamento può andar bene per un periodo di tempo;
e andrebbe bene per l'eternità se l'individuo non cambiasse; ma proprio per il
naturale trasformarsi dell'individuo, la regola decade, la norma non è più
valida, è superata. Quando l'individuo vuole invece rimanere attaccato a questa
norma, a questa regola, si procura la sofferenza. Chi di voi non ha inciampato in qualche antico
pregiudizio, qualcosa che nel tempo antico andava bene per certe creature, per
risparmiare loro sofferenza non avendo esse sviluppata la coscienza? Ma oggi,
se questa coscienza è sviluppata, se quella norma è trascritta nell'intimo
vostro, tanto da essere ormai parte di voi stessi, allora quella norma non
serve più, è cosa fredda, morta, non ha più alcun valore.
E' nella natura stessa, come rimedio, di
suggerire all'individuo il nuovo. Vedete folle che seguono una qualche forma di
spettacolo, e col passare del tempo quello spettacolo non
Quando l'individuo prende la consuetudine di fare qualcosa, fissa dei canoni, imprigiona qualsiasi espressione della propria attività in canoni - e potrebbe essere l'arte - e l'espressione stessa ne risulta legata, impedita. Quelli che vogliono esprimersi in quella direzione,
hanno il timore e la preoccupazione di violare quei canoni, di non rispettarli
e perciò di perdere il plauso degli altri. Ecco perché, se l'uomo rimane
attaccato a questi canoni, impedisce ogni ulteriore espressione e quella forma
d'espressione decade: l'individuo non può più usarla. Si cerca allora il nuovo,
dove ancora non vi siano dei canoni, dove il campo è aperto e l'espressione è
libera. Così è per voi: quando vi cristallizzate, impedite al vostro intimo di
sgorgare spontaneamente, liberamente. Perciò vi diciamo: "Siate nuovi ogni giorno", e così
dicendo non vi invitiamo ad essere incoscienti ma a rinnovarvi intimamente. Amare liberamente
Amate pure le creature che vi stanno accanto.
Anzi, amate di più quelle che vi circondano, perché da lì dovete cominciare.
Questo amarle, però, non sia un essere attaccati al passato: amatele
liberamente, spontaneamente. Dovete non ricercare un metodo, ma trovare una
coscienza. Non dovete vivere preoccupandovi di rispettare determinate regole
che altri hanno trovate o fissate: dovete vivere cercando di formare la vostra
coscienza. Questo si chiama "vivere veramente". E quando sarete nuovi ogni giorno, quando vi
sarete liberati del vecchio modo di vedere e di interpretare la vita - che
altri hanno suggerito e che andava bene nei tempi passati - allora e solo
allora voi sarete liberi e nuovi ogni giorno. Il mondo dell'uomo
Tanti secoli di vita umana hanno visto fiorire
una grande opera: il mondo dell'uomo; il quale, pur mutando forma di
generazione in generazione, resta sempre il prodotto fra le
Basterebbe questa semplice riflessione a
capovolgere il concetto della vita, ad invitare a meditare sulle esperienze
altrui, a risparmiare tanta fatica. Le esperienze che nascono nelle lacrime e
nel sangue potrebbero essere facile retaggio di una fattiva meditazione. L`uomo trascura il suo intimo; la sua società
non lo spinge ad una vita di meditazione, anzi lo distoglie da questa. Egli
diviene sempre più superficiale, amante di ciò che si può seguire senza
impegnare oltremodo l'intelletto, seguace della cronaca, dell'esteriore, di ciò
che appare. L'intimo viene trascurato, con il risultato di
una assenza di originalità di pensiero e di una completa ignoranza di se
stesso. Mentre l'intimo ha una grande importanza: solo
coltivando la propria vita interiore l'uomo può impedire alla sua società di
divenire un ingranaggio crudele e privo di qualsiasi sentimento.
Voi stessi rifuggite da una vita di meditazione.
Incolpate la vostra vita quotidiana di non lasciare tempo per una
introspezione; e non possiamo farvene una colpa; ma è necessario scrutare il
proprio intimo. In questo intimo e da questo intimo partono le cause dei futuri
dolori umani. Per comprendere se stessi bastano: attenzione,
buona volontà, sincerità. Dedichiamo un po' del nostro prezioso tempo, armati
di queste qualità, a sollevare quel pudico velo con il quale ognuno nasconde il
proprio intimo anche ai suoi stessi occhi.
Tanti secoli di vita comprendono innumerevoli
azioni, alcune scaturite d'impulso, altre determinate da riflessioni. Ogni
azione in sé può esser stata compiuta per innumerevoli motivi; erra quindi
colui che crede di poter giudicare gli uomini dalle loro azioni. Eppure tutti questi
innumerevoli atti hanno una radice comune: l'io di ognuno. Potremmo scegliere
un individuo qualsiasi, sicuro di trovare anche in lui la spinta che è comune a
tutti: l'io. Diverso è solo il campo
nel quale l'individuo si muove, ma la spinta ha una identica radice. Tutta la
vostra società si muove sull'impulso dell'io. Le abitudini dell'io Questo signor io ha la cattiva abitudine di
volersi espandere. E' l'io che trascina l'individuo nella corsa alla propria
espansione. E' l'io che lavora al progresso per conquistarsi posizioni di
favore. E' ugualmente l'io che si oppone al rinnovamento sociale per non
perdere i propri privilegi. Il bene e il male si avvicendano a capriccio
dell'io. Ecco ciò che ha edificato le meraviglie del mondo o operato lo
sterminio degli schiavi. Muove le nazioni, incita a svelare i segreti della
natura, a palesare il bello e a nascondere il brutto. E' tutta una lotta, un
continuo conflitto fra io ed io, perché l'individuo fa tutto in funzione di se
stesso: lavora per trarre un guadagno che gli permetta di circondarsi di
oggetti che, secondo lui, lo valorizzano; ama ciò che gli dà soddisfazione;
trova soddisfazione solo in ciò che può assecondare l'espansione del suo io;
sopporta sacrifici e rinunzie pur di accrescere se stesso in questa o in altra
vita; nel valorizzare se stesso trova l'entusiasmo per intraprendere e la
costanza per continuare.
Tutta la vostra società si muove sulla spinta
dell'io. L'io che deve affermarsi è il concetto base della vostra società. Se,
per assurda ipotesi, la spinta dell'io cessasse improvvisamente, l'uomo
ripiegherebbe su se stesso in una venefica apatia e la società cadrebbe nel più
triste abbandono.
Sarebbe dunque un nemico del genere umano chi
predicasse il superamento dell'attività dell'io? Proviamo a guardarlo più da vicino questo io,
grande protagonista e sconosciuto. Guardiamo ove può manifestare la sua
attività senza rispetti umani, senza la preoccupazione di salvare la faccia;
ove conta i suoi eserciti per dare battaglia; ove, assecondate le lusinghe dei
sensi, volle nascondere la sua debolezza inventando satana; ove cerca di
convincersi di essere migliore di quanto in effetti sia. Guardiamolo dove ha il
suo regno: nell'intimo dell'uomo. L'ambizione è il nutrimento dell'io ed il suo
appetito. La prepotenza vorrebbe essere la dittatura dell'io. La superbia, la
presunzione, la vanagloria e simili sono la sua convinzione d essere superiore.
L'ira è l'accesa intolleranza dell'io. La paura ne è l'istinto di conservazione.
La crudeltà è la sua completa cecità nei riguardi delle altre creature. La
gelosia è il suo timore di perdere un affetto di cui vorrebbe avere
l'esclusiva. L'invidia è il suo rammarico per non avere ciò
che altri hanno. La lusinga è la sua arma per ottenere ciò che non può con
altri mezzi. L'ipocrisia è un suo ingannevole travestimento. La menzogna è la
sua difesa. E chi più ne ha, più ne metta. Ma sarà bene non andare oltre in questo triste
elenco, giacché nulla è più di cattivo gusto, per l'io, che veder poste in
risalto le proprie debolezze. Per dirla in poche parole: se ai vizi inerenti ai
sensi (quali la gola, la lussuria, l'alcoolismo e via dicendo) si aggiungono
tutte le qualità negative che fanno capo all'io, come quelle ora rammentate, si
ha il quadro completo degli errori e delle debolezze umane.
L'abbiamo smascherato, questo io. Chi potrebbe
avere una peggiore reputazione? Dopo l'esposizione dei fatti, sentita l'accusa,
la parola spetta alla difesa, e, alla maniera dei vostri avvocati, cerchiamo le
attenuanti della colpa. Come nasce l'io
L'io nasce dal senso di separatività che
l'individuo prova nei confronti del mondo che lo circonda. Questo sentirsi una
entità distinta dal resto non è acquisito o dovuto all'educazione, ma esiste
ben spiccato, nell'uomo, prima che sia assoggettato alle consuetudini sociali.
Che l'individuo sia unità è un fatto indiscutibile, che quindi si senta
individuo separato, distinto, non può essere dovuto ad un errore. Allora, voi
direte? Esiste una differenza tra senso di separatività
e senso di individualità. Quest'ultimo è suggerito dalla natura dell'individuo,
in quanto solo avendo consapevolezza della propria individualità si può avere
coscienza dei propri doveri; solo sentendosi una unità integrante nel tutto si
può avere coscienza dei propri compiti. Siete individui: e come può sorgere la
vostra coscienza se voi non comprendete? L'individuo è solo di fronte alla
verità.
Quando vi diciamo che nessuno può comprendere
per voi, vogliamo rafforzare il vostro senso di individualità. Generalmente si
è consci del peso della propria persona quando si hanno dei diritti da
accampare, mentre i doveri da adempiere si lascerebbero volentieri agli altri.
Ciò è dovuto al senso di separatività, che è un intimo errore di
interpretazione del senso di individualità suggerito dalla natura. Quando
l'individuo non Si deve invece avere coscienza della propria
individualità, per sentire il peso della propria responsabilità ed essere uniti
a tutti, per non creare il culto di se stessi. Riconducendosi a questa esatta
visione di sé nel tutto, si può porre fine all'io e ai suoi processi di
espansione. Concludendo: superare l'attività espansionistica dell'io non
significa cessare di vivere, cadere in un immobilismo; significa continuare a
vivere altruisticamente. Non è quindi un nemico del genere umano chi
predica il superamento dell'attività dell'io. Non è né un ambizioso né un
cattivo consigliere chi parla unicamente per amore della verità. "Morire a se
stessi" Il processo di espansione dell'io, che spinge
l'individuo all'azione, al tempo stesso lo limita. Per questa attività
l'individuo si illude prima e resta deluso poi, trova un'effimera gioia seguita
da un più lungo dolore. Una grande forza prorompe da questo io, ma è una forza
che trascina l'individuo nel dolore, se egli non vi si sottrae. Superare l'attività espansionistica dell'io
significa "morire a se stessi": lavorare per amore al lavoro, svelare
i segreti della natura per il bene delle creature e non per accrescere se
stessi; significa vivere, muoversi liberamente per la bellezza di una causa in
sé e per sé, senza il miraggio di un guadagno personale; significa considerare
la vita da un punto di vista completamente diverso da quello secondo il quale
gli uomini vivono, agiscono, e tuttavia continuare ad agire, a progredire;
significa essere tanto forti ed amare tanto la vita da vivere anche senza
l'incentivo dell'io. Esiste un conflitto, nell'individuo. Tale
conflitto è sottile e complesso. La sua impostazione può variare da individuo a
individuo: a volte il sentire, la coscienza, non è consona al pensiero; altre
volte l'azione è agli antipodi del desiderio; e così via. Il conflitto indica
comunque che l'individuo è intento ad accrescere se stesso.
Morire a se stessi, o
superare l'attività espansionistica dell'io, Quando siete nel dormiveglia vi appaiono delle
fuggevoli immagini. Nel momento che di proposito le volete osservare
attentamente, queste scompaiono, e vi destate. Così è della realtà: quando la
si vuole perseguire con uno scopo, diventa irraggiungibile. Ciò nondimeno, se
l'individuo non pone attenzione all'attività espansionistica del suo io,
continua a soffrire. Bisogna che si renda consapevole
di ciò che la muove per sostituire alla spinta dell'io la fede o l'intima
convinzione nella comunione di tutto il creato. L'io crudele Come far comprendere
agli uomini di fare qualcosa per niente? L'umanità vive in termini di scambio, sempre
supposto vantaggioso. Si dà per ricevere, si fa per avere. Questa nuova concezione della vita non può
essere accettata, e chi l'accetta lo fa perché segretamente pensa di poter
cessare di illudersi; ma, accettandola per questo, continua nell'illusione. Così
l'egoismo continua e preclude la via dell'auto-liberazione. Eppure tutti gli uomini ammirano chi ha compiuto
azioni che essi credono ispirate dall'altruismo, esprimono la loro ammirazione
a chi credono che abbia dimenticato se stesso per il bene di un fratello. In
questa approvazione è racchiuso il flebile consenso della coscienza, la segreta
certezza che quello è quanto tutti debbono fare. L'intima approvazione all'altrui olocausto è un rimedio che la natura suggerisce alla crudeltà che la
società insegna. Ma, prima che gli altri, noi dobbiamo imparare a vivere senza secondare l'espansione dell'io. Rendiamoci dunque consapevoli che,
quanto più si asseconda l'io, tanto più crudeli si diventa; che il continuo
assillo dell'io ci toglie tanta libertà e pace. Avviciniamoci a questo ideale
di vita, liberando il sentimento dell'egoismo che lo soffoca, poiché tanto più
è imperiosa la voce dell'io e tanto più impercettibile è il sentimento: quel
sentimento che è il primo segno di amore al prossimo. L'inganno delle
religioni Le religioni e il misticismo in genere si
fondano su tre postulati: l'esistenza di un ente supremo, la sopravvivenza
dell'anima alla morte del corpo, l'influenza della condotta tenuta nella vita
umana sulla vita dopo la morte. Senza pudori e preconcetti, guardiamo in faccia
la realtà. Dio è una invenzione dell'uomo per poter vantare
una natura divina; è un illusorio paravento creato dall'io per mascherare la
propria ignoranza e l'incapacità di spiegare la vita.
Che cos'è la sopravvivenza? Una menzogna
dell'io, un rimedio che l'io inventa per fugare l'incubo della morte. Chi può
fare a meno di credere o perlomeno sperare di sopravvivere, o non ama la vita,
o è un gran coraggioso, o vive nel presente. Guardiamo in faccia la realtà. Quanti credono solo perché la fede è di conforto alle delusioni della vita! Quando un uomo soffre, la fede in una vita di felicità e di pienezza oltre la morte è un consolante rifugio. La sofferenza, anziché denunciare gli errori commessi, è
vista come un mezzo di elevazione con il quale iddio mostra la sua predilezione
per certe creature. Quando l'uomo soffre, si volge sempre a qualcuno che
valorizzi la sua sofferenza. Dirgli: "Tu hai errato e questa è la
conseguenza del tuo errore" significa inasprirlo; dirgli invece: "La
tua sofferenza è voluta da dio acciocché tu sia grande nel regno dei
cieli" significa confortare l'individuo, accarezzare la sua ambizione,
alimentare il suo io. Ma credere per essere confortati è espandere il
proprio io.
I tre postulati sui quali si fondano le
religioni sono tre verità; ma l'uomo li accetta perché bene si adattano agli
ambiziosi sogni dell'io. Nessuna verità è mai stata rivelata da dio
all'uomo. Chi crede questo, vanta un privilegio in realtà inesistente, e
chiunque si ancora ad un privilegio, asseconda l'espansione del suo io. Vive nella realtà solo chi ha dimenticato l'io e
i suoi processi espansionistici. Si può conoscere e credere la verità, ma se è
l'io che l'ha accettata non si è diversi dagli atei e si vive
nell'illusione. Così, la fede o il misticismo che si fondano
sulla ricerca
Le religioni sono depositarie della moralità dei
popoli, La legge umana vieta e punisce certe azioni, né
si potrebbe pretendere di più: non potrebbe fare il processo alle intenzioni.
Ma noi proprio questo dobbiamo fare! L'uomo si conosce dalle intenzioni: se
l'intenzione è egoistica, l'individuo è egoista anche se è intento a compiere
un'opera altamente umanitaria.
Queste parole vi demoralizzano perché siete
ancora mossi dall'io. Il vostro io vorrebbe conoscere la via per il
miglioramento e continuare così nell'espansione. Ma ogni cammino che l'io
prenda in esame per poter dire "sono nel vero" è un vicolo cieco. La
realtà è irraggiungibile dall'io. L'io è separatività, la realtà è comunione.
Queste parole non hanno il potere di cancellare l'insistenza dell'io.
Ascoltandole suscitano l'interrogativo: "Che cosa debbo fare? " La
risposta è: "Niente. Conosci te stesso!". Abituarsi a riconoscere la lunga mano dell'io,
deporre l'intenzione di accrescersi. Può darsi che un giorno, pur restando attivo
l'individuo, si abbia una passività dell'io. Quel giorno cesseranno le lotte ed
i conflitti: la fede non sarà più un sogno ma la realtà dell'individuo, la
verità del Tutto. I monasteri dell'io
L'io che è frutto di una limitazione non può
comprendere ciò che è illimitato: l'io non può raggiungere la realtà. Siete convinti che la realtà possa porre termine
al vostro dolore e per questo vorreste raggiungerla: sentendo che l'io è di
impedimento, vorreste metterlo da parte ed agire secondo il non-io. Ma tutto questo è illusione. Il non-io è
ugualmente un divenire, non un essere. Vi sono tanti che credono, ritirandosi dal
mondo, di poter ottenere la sublimazione di loro stessi. Ciò è illusorio. I
conventi e i monasteri non sono fuori dal dominio dell'io.
Ogni sforzo che l'individuo compie in senso
positivo o negativo per accrescersi, è in antitesi con la realtà. Occorre
andare oltre l'apparenza e scoprire l'intenzione. L'io può concepire un programma alla propria
espansione che apparentemente può essere in contrasto con la comune ambizione,
e tuttavia svolgerlo con l'intento di accrescersi. Questo programma può
chiamarsi: rinuncia a satana e alle sue lusinghe, romitaggio, cristianesimo o
brahmanesimo, antroposofia o teosofia, e servire ad apportare ordine nella
società e a migliorare le relazioni individuali, ma essere incapace di
estirpare l'egoismo dell'individuo. Le leggi, gli usi e le consuetudini stabiliscono
l'ordine della società. Un tale ordine ha bisogno di tutori. Le religioni
mirano a fare dell'individuo un tutore di se stesso, e ciò è lodevole, ma non è
quello che intendiamo noi. Noi parliamo di un ordine sentito, di una coscienza
formata, per cui i tutori sono inutili. Ogni organizzazione ha una gerarchia, essendo la
gerarchia la forza stessa dell'organizzazione. Ma la gerarchia attizza e
alimenta l'espansione dell'io. Dovete invece liberarvi dall'io!
Quando avrete raggiunto una tale liberazione,
sarete aperti alla realtà, comprenderete la bellezza del tutto. Quando avrete
raggiunto una tale liberazione, non avrete più paura. Sereni sarete, di una serenità che non conosce
incertezze di fronte ai mutamenti della vita, perché non sarete più assillati
dall'esaminare i vantaggi e gli svantaggi dell'io. Darete per quello che avrete
avuto e per quello che non avrete avuto, ma soprattutto senza intenzione né
scopo alcuno: e la fede corrisponderà veramente all'espressione più alta della
coscienza individuale nell'atto di essere coscienza cosmica. Il rimorso
Si chiama rimorso
quella sensazione penosa che sembra Alle origini, il
rimorso è un richiamo che la coscienza Ma non tutti i rimorsi sono di uguale purezza.
Una sensazione
La coscienza non è mai errata, semmai è
insufficiente. Così, non potrà mai dare dei rimorsi errati. Potrà tacere nei
casi che sono superiori alla sua formazione, ma non darà mai il suo assenso ad
azioni contrarie al principio dell'altruismo, anche quando questo principio sia
totalmente ignorato dall'individuo. L'intimo disappunto
che, ad esempio, un individuo può
Tutto ciò che vi dà rimorso, quindi, in
considerazione di una conseguenza dannosa, non è frutto della coscienza ma voce
dell'io. E' realmente rimorso di coscienza quando
l'intima condanna che si prova sorge dalla constatazione o supposizione di aver
causato un male ad altri, escludendo da tale considerazione ogni fattore
personale: allora, e solo allora, è pura voce della coscienza. Il rimorso di
coscienza In quale considerazione si deve tenere il
cosiddetto "rimorso di coscienza"? Bisogna naturalmente distinguere: se è un
rammarico dell'io, deve essere superato insieme a tutto ciò che fa parte
dell'attività espansionistica dell'io. Se invece è sentito dispiacere per aver
causato un male e una sofferenza ad altri, occorre rimediare fin dove è
possibile.
Vi sono tanti che si infliggono castighi per
espiare colpe commesse e così placare quello che essi credono rimorso di
coscienza. Ciò è un errore: il rimorso di coscienza, anche quando è veramente
tale, ha lo scopo di far rimediare all'individuo il male causato, di non farlo
incorrere nello stesso errore, perché è attraverso di esso che l'ideale morale
concepito dalla
Quando vi accorgete di aver commesso un errore
che va a danno di altri, non perdetevi in rimpianti, inutili penitenze per
l'auto-espansione; cercate invece di rimediare al male fatto patire ad altri ed
accogliete il rimorso della coscienza come un incentivo ad una maggiore
consapevolezza di ciò che fate. L'impulso dell'io
Ogni creatura è diversa dall'altra, ad uno
stadio di evoluzione diverso. In quelle più evolute vi sono certo azioni che
non sono mosse dall'io, ma a voi questo non deve interessare; voi non dovete
ricercare quali azioni avete compiuto spinti da uno spirito altruistico: così
facendo, alimentereste il vostro io. Voi dovete studiare voi stessi, ricercare
quello che vi spinge ad agire, vedere fino a che segno l'io muove la vostra
mano.
Voi pensate che certe azioni fatte
istintivamente non sono mosse dall'io. Ad esempio, creature che si impongono
una vita altruistica, che dedicano la loro vita ad una missione, come dicono
loro a salvare le anime, possono tradirsi con una minima azione fatta
istintivamente, come percuotere una bestia o ucciderla. A volte, proprio le
azioni non pensate, non frutto di riflessione, ma compiute così d'impulso,
possano invece dimostrare che l'io muove quelle creature. Voi dovete studiare e conoscere voi stessi,
constatare fino a che punto è l'io che vi spinge ad agire. Questo continuo
riflettere, questo continuo riconoscere i vostri limiti, porterà una liberazione.
Ma non dovete far questo in vista della liberazione: dovete farlo unicamente
per essere consapevoli di voi stessi.
E' difficile, direte. Più che difficile, direi
inconsueto: è una cosa nuova perché pochi, forse, hanno fatto questo genere di
meditazione. Il segno
dell'illuminato Non c'è un mezzo per conoscere se stessi che
possa essere insegnato. Ciò che è stato utile a me, in tale scoperta, può
essere per voi di nessuna utilità. Una cosa posso dirvi: colui che potete
chiamare illuminato, o maestro, non conosce più l'io; e quindi neanche in
quelle azioni che sembrano dettate dall'istinto, o che gli vengono d'impulso,
può esservi il minimo segno che possa attribuirsi all'io; se veramente è
maestro. Colui che ha trasceso l'io, non lo ritrova più.
Questo è certo. Ma la verità la sa soltanto la creatura che
agisce. L'altruismo non è un bisogno: e una cosa connaturale. Come l'uomo in
genere agisce egoisticamente, così, quando ha trasceso l'egoismo, agirà
altruisticamente in modo semplice e naturale, di getto, si potrebbe dire. "Soli e
semplici" L'uomo è timoroso, osserva gli avvenimenti del
mondo e ne trae delle conclusioni. Il suo timore lo spinge a riversare tutta la
responsabilità dell'attuale situazione su coloro che sono a capo dei governi e
delle nazioni. Il suo timore lo spinge a pregare dio affinché questi capi siano
illuminati. In tal modo l'uomo non considera che un mondo nuovo non può nascere
solo con la sostituzione dei capi che rappresentano le nazioni, ma che il conflitto
che agita il mondo altro non è che il risultato del conflitto che agita il
singolo. Di fronte alle continue violenze, di fronte a
questi gruppi che riescono, coalizzati, a dare una linea di azione a una
nazione, noi diciamo: "Rimanete soli e semplici, non accrescete l'attrito
che esiste fra le parti". Il seme della violenza
Rimanere soli e
semplici non significa rimanere chiusi in Rimanere soli e semplici in questo caso
significa non partecipare all'attrito, non dare la propria approvazione né
morale né materiale a questi gruppi, a queste coalizioni che si formano con lo
scopo di scontrarsi, con lo scopo di continuare, perpetuare nel mondo la
violenza. Quando vi riunite, quando vi organizzate, non fate altro che gettare
il seme della violenza di domani, perché ogni organizzazione deve fondarsi su
dei postulati, deve avere una propria dottrina e delle proprie affermazioni da
difendere, e tutti coloro che sono contro ciò che l'organizzazione afferma,
sono nemici dell'organizzazione stessa e quindi, come tali, devono essere
combattuti. Noi vi diciamo: "Rimanete soli e semplici" perché, aderendo alle organizzazioni, voi contribuite a mantenere nel mondo la violenza, contribuite al vostro stesso e all'altrui sfruttamento. Ma dicendovi: "Rimanete soli e semplici" non vogliamo
significare che ciascuno di voi sia un tepido, un inetto, che rimanga chiuso in
se stesso e, per paura della responsabilità, non osi vivere, non osi agire.
Dicendovi: "Rimanete soli e semplici" vi diciamo: cercate di non
crearvi dei limiti, cercate di non creare delle barriere alla vostra
comprensione, cercate appunto di essere liberi, comprensivi, duttili, aperti a
tutti. Abbiate tanta comprensione e tanto amore da comprendere tutte le
creature. La civiltà dell'io
Chi è nella vita deve vivere, ma può esserci una
enorme differenza: la stessa azione può essere il peccato e il rimorso
terrificante di una creatura ed invece essere il trionfo e il gaudio supremo di
un'altra, perché ciò che importa non è tanto l'azione quanto l'intenzione.
Così, chi vive solo e semplice non vuol dire che sia un inetto, che sia un
appartato e che non partecipi alla sua stessa vita. Voi dovete partecipare
attivamente alla vostra vita, dovete vivere, dovete essere giustamente in
tensione e giustamente attivi. Colui che è tepido, che non partecipa, non vive.
L'enorme differenza riguarda l'espansione
dell'io ed il suo superamento.
Il mondo quale è oggi è veramente una cosa piena
di meraviglie; eppure questo progresso è stato creato per la
Ad esempio: chi
lavora per ambizione sarà tutto volto a mostrare agli altri e ai propri
superiori la sua bravura, forse anche a discapito del lavoro purché il suo
mettersi in evidenza rimanga; mentre chi lavora per amore al lavoro, non
considerando che ciò possa accrescerlo agli occhi degli altri, produrrà molto
di più, farà un lavoro veramente produttivo non essendo impedito dai limiti
creati dall'espansione dell'io. Ecco perché vi diciamo che non è possibile
cambiare il mondo cambiando i capi, ma che per tale cambiamento è
indispensabile che l'intimo dell'uomo sia mutato. Rimanendo soli e semplici
dovete comprendere tutti, non dovete accrescere l'attrito che esiste tra le
varie fazioni. Dovete invece comprendere le ragioni di questo attrito, dovete
superare in voi stessi l'imperiosa voce dell'io; superando la quale veramente
sarete soli e semplici, di quella solitudine e quella semplicità che vi renderà
in comunione con tutti gli esseri del creato. I partiti dell'io
Quando qualcuno segue un'organizzazione, si
iscrive a un partito, se gli viene prospettato il caso di un errore commesso da
qualcuno del suo stesso partito sarà immediatamente propenso a scusarlo.
Oppure, se il capo di questo partito si comporta in un determinato modo, tutti
gli iscritti devono pensare e comportarsi in quel modo. Ecco perché vi diciamo:
"Restate soli e semplici": non dovete raggrupparvi, non dovete agire
e pensare secondo quello che altri vi impongono, ma agire e pensare secondo la
vostra personalità e mentalità, secondo la vostra coscienza.
Voi credete che oggi non avvenga più che gli
uomini seguano come pecore quelli che sono al comando di un partito, invece è
proprio questo che accade. Se interrogate qualcuno circa gli odierni fatti
mondiali, qualcuno che sia iscritto ad un partito, probabilmente vedrete che la
sua risposta non I tre stadi
dell'evoluzione In modo convenzionale si possono considerare tre
stadi nell'evoluzione individuale. Al primo stadio appartiene colui che è
occupato a soddisfare le esigenze fisico-animali; al secondo stadio colui che
ricerca soddisfazioni stimolate dall'io; al terzo stadio, infine, colui che ha
superato il modo di vivere egoistico e conseguentemente ha destato il suo io
divino.
Il primo dei tre soffre delle privazioni che può
incontrare ma, sentendo in modo ristretto, poco chiede e sarà più facilmente
accontentato. Il secondo si aspetta egoisticamente molto dalla vita, è
incessantemente occupato nella ricerca di soddisfazioni, e più cerca e più è
insoddisfatto: diviene allora pessimista, sfiduciato, ribelle.
La vita non va vissuta in modo egoistico. Non
dovete interessarvi di ricercare ciò che può alimentare e soddisfare il vostro
io; così facendo, resterete sempre amareggiati. Non trascorrete la vita in una
continua attesa, illudendovi che il domani possa darvi piena soddisfazione: la
vita è l'eterno presente. Solo quando sarete penetrati in questo concetto
non sentirete più la necessità di accumulare, di ricercare soddisfazione; non
vi illuderete più; ma vivendo giorno per giorno troverete che in questa
passività è la realtà della vita. Troverete che siete voi a sciupare le fugaci
gioie di ogni giorno perché, nella continua attesa che il domani possa darvi
piena soddisfazione, non le vivete profondamente, non le assaporate. Troverete
che è in voi stessi la vita, non nelle situazioni esteriori ma nell'intimo
vostro, in questo profondo abisso inesplorato.
Se veramente poteste superare la vostra
mentalità, assimilare il concetto che la vita è eterno presente e che essa si
svolge in voi, trovarne cioè la realtà, allora potreste constatare che vale la
pena di viverla non per le soddisfazioni che vi aspettate ma per l'ultimo, il
vero fine che ad ogni istante potete Il mondo è in noi
Se ciascuno di voi avesse il coraggio di
guardare entro di sé, di esaminare l'intimo suo, vedrebbe allora che il mondo,
con tutte le sue miserie, è li. Non meravigliatevi quindi di ciò che accade:
siete voi, tutti voi che lo volete. Vi sentite legati, imprigionati nella società?
Chi ha creato le barriere che tanto vi opprimono? L'attività che svolgete vi occupa tanto da
assorbire tutta la vostra giornata? Chi ha stabilito la giornata lavorativa? In sostanza si può dire che dio ha creato il
mondo e l'uomo l'ha formato. L'ambiente nel quale vivete o credete di vivere è
il costrutto del vostro egoismo, del vostro sfruttare, della vostra avidità, di
voi stessi.
Nessun miracolo sarebbe capace di cambiare il mondo: solo il singolo individuo può farlo cambiando, rinnovando se stesso. Voi capite quello che dico ma solo lentamente ne diverrete consapevoli, vi uniformerete a questa verità. Allora la vita acquisterà un'altra luce, un altro significato, un altro valore, perché la conoscerete nel suo aspetto reale. Ma finché vivete egoisticamente darete un valore illusorio alla vostra esistenza: i vostri ideali, anche se perseguiti, non calmeranno la vostra sete, comprenderete che non valeva la pena di lottare per essi e sarete quindi nel numero dei disillusi, immersi nella più cupa disperazione.
Avrete allora il coraggio di
riconoscere che la colpa è vostra, di chi si è creato delle illusioni! Che cosa volete nella
vita? Denaro?, successo?, soddisfazioni?, felicità? Non sperate: l'uomo non è
nato per avere questo: è nato per qualcosa di più importante, che cerca lontano
mentre ha vicino a sé, qualcosa che non disillude. Questo qualcosa è ciò che,
cambiando l'individuo, cambia la società. I capi sono cambiati, ma la storia è
sempre la stessa. Siete voi, voi tutti che dovete essere cambiati.
Non lasciatevi influenzare; rinnovate la vostra
coscienza; La felicità è in questa liberazione. In essa è
la pace del mondo. Vivere realmente
Perché è essenziale conoscere e comprendere se
stessi? Tutto quello che appartiene al veicolo fisico e a quelli astrale e
mentale, appartiene come ad un meccanismo, che in qualche modo può essere
riprodotto da una macchina, mentre ciò che viene dal vero sé non può essere
riprodotto da alcun meccanismo. Fra le manifestazioni del vero sé vanno
ricordate la consapevolezza di sé, l'intuizione e la preveggenza. Altre ancora
ve ne sono, ma appartengono a creature molto evolute, molto avanti nella scala
dell'evoluzione. Occupiamoci quindi di quelle.
Vi domanderete: "Che ne è di coloro che non
hanno preveggenza, non hanno intuizione e non badano alla consapevolezza di se
stessi? Vivono, queste creature?" Occorre distinguere, vedere a che punto di evoluzione
sono le creature. Chi vive non già per completare i propri veicoli astrale e
mentale, ma per sviluppare la propria coscienza, se questa coscienza non
sviluppa, non vive. Se avrà solo una vita di sensazione e di pensiero, senza
interessare gli strati più profondi del suo essere, come la coscienza, non
vivrà. Voi che solo raramente conoscete l'intuizione, che solo casualmente
avete la preveggenza, se non applicate la consapevolezza di voi stessi, non
vivete! Ecco perché per
l'umanità del prossimo domani - che La legge dell'evoluzione
Che cosa dovete o
almeno dovreste fare? Vivere per una vita interiore, non già per una
vita di sensazioni, Questo è ciò che l'umanità del domani cercherà
di realizzare: una vita interiore.
Perché questo?, direte. E' logico ed in armonia con la grande legge
dell'evoluzione. L'evoluzione dell'individuo avviene in un primo
tempo attraverso le spinte che provengono dall'ambiente circostante e che si
ripercuotono sui veicoli astrale e mentale. Successivamente la spinta deve
giungere dall'intimo perché, una volta completato lo sviluppo dei veicoli
astrale e mentale, l'uomo segue naturalmente un'altra via, un altro stadio
dell'evoluzione: lo sviluppo dell'autocoscienza; e per questo sviluppo non
servono più tanto le spinte dall'esterno quanto la meditazione, la conoscenza
di se stessi.
Ora, invece, osserviamo che tutta l'umanità
attualmente incarnata sul pianeta terra vive in modo anacronistico rispetto a
quello che dovrebbe suggerire la legge di evoluzione. Ma questa corsa sfrenata
al potere, all'agiatezza, alla vita piacevole che la ricchezza può dare, altro
non è che un bisogno di esperire per saturarsi, altro non è che un mezzo per
chiudere questo stadio dell'evoluzione che è ormai giunto al termine.
Gli uomini di oggi amano e ricercano questa vita
di sensazione, mentre ciò che può richiamare la vita interiore e profonda è
sfuggito. Si cercano quindi ogni sorta di evasioni, di distrazioni, tutto ciò
che possa far percepire all'individuo una sensazione intima ma non profonda, e
senza che l'individuo si applichi; tutto ciò che possa far percepire emozioni,
moti sensuali, ma senza una e vera profonda vita di analisi. In tal modo l'uomo
si riduce, direi, ad un meccanismo: non è già un centro di coscienza e di
espressione, bensì un centro di sensibilità e di espressione; e ciò significa
che l'individuo percepisce delle sensazioni ma non le analizza, anzi sfugge
tutto ciò che lo condurrebbe ad una vita interiore.
Noi vogliamo ricondurvi alla vita dell'intimo
perché quella e solo quella è la vostra vera vita, quella e solo quella è la
porta che apre ad un nuovo stadio dell'evoluzione individuale, alla vita
interiore profonda, quella che è capace di condurvi sul giusto cammino della
vostra evoluzione: la costituzione della coscienza individuale. La coscienza
costituita Che cosa significa avere costituito la propria
coscienza individuale? Significa essere libero dalla schiavitù dei
sensi, prima di tutto, e quindi delle sensazioni e delle emozioni; essere
libero da tutti i pregiudizi, le limitazioni, le false supposizioni, da tutto
ciò che è bagaglio di concezioni errate. L'individuo è libero. Avere la coscienza individuale costituita
significa essere "morti a se stessi", considerare i propri veicoli
inferiori (fisico, astrale e mentale) come una sorta di meccanismo, se
vogliamo, come qualcosa che appartiene e serve a manifestare una determinata
vita, ma che non fa parte dell'essenza intima dell'uomo. Annullamento del
dolore Osserviamo il mondo che ci circonda e non
possiamo che scoprirvi lacrime e dolore. Ecco che il nostro essere ne è
turbato, e noi stessi ne soffriamo. In questo turbamento, la nostra anima si
sofferma e pare che il creato altro non sia che l'opera mostruosa di un dolore
senza fine. Chi prova questo turbamento è già avvantaggiato
rispetto a chi non lo prova affatto. Si dice che chi rimane insensibile al dolore
è crudele, mentre chi soffre del dolore altrui è nella giusta posizione: vorrei
esaminare se ciò corrisponde alla realtà e, soprattutto, se è fattivo.
Vi sarete più volte
chiesti se i maestri, coloro che sono
Se è vero che l'insensibilità al dolore altrui
può essere segno di crudeltà, è altresì vero che l'eccessivo soffermarsi sul
dolore degli altri, che l'eccessivo timore del dolore, non sono affatto
costruttivi. Quando vedete una creatura che giace ammalata, certo non fate in
modo di ammalarvi anche voi per aiutarla. Quando vedete una creatura travolta
dalle ruote di un veicolo, non fate certo in modo di essere anche voi travolti. Così, è inutile soffermarsi sul dolore degli
altri senza cercare di estirparne la ragione. Il dolore non deve essere visto come una cupa
condanna, ma come mezzo di salvezza. Il dolore deve essere annullato alle sue
stesse radici.
Se vedete un mendicante che vi chiede l'elemosina, forse in un impeto di generosità vorreste donargli tutto ciò che avete per aiutarlo, ma in effetti che cosa avreste fatto? Non avreste risolto la situazione del mendicante, avreste solo e transitoriamente risolto la manifestazione di un essere intimo che determina quella situazione. Così, non serve risolvere temporaneamente le
manifestazioni di queste situazioni intime: occorre agire alla radice
dell'individuo per estirparne le vere cause. Non serve togliere ciò che appare
delle intime brutture: occorre togliere le intime brutture, risalire fino alla
causa, all'origine. Udendo queste parole, subito l'uomo le prende a
giustificazione della propria crudeltà e forse, d'ora in poi, si sentirà
autorizzato a sorvolare sulle altrui sciagure. Ma non è questo che noi vogliamo
significare. Voi dovete sì comprendere, amare i vostri fratelli che giacciono
nel dolore, ma non essere da questo dolore annientati.
Dovete comprendere che quel dolore è a loro
utile, e dovete cercare di alleviarlo non solo agendo su ciò che è al di fuori
ma soprattutto sulle ragioni che lo determinano. E laddove non aveste questa
potestà, ricordate quale è il dovere dell'individuo: quello di liberare se
stesso, giacché l'umanità è fatta di individui e dalla nostra liberazione
scaturisce la liberazione dell'umanità tutta. La vera introspezione Agire su se stesso: questo e il primo dovere
dell'individuo. Perché la società è composta di individui e, se la società è
quale è oggi, lo si deve ad un continuo propagarsi di errori, ad un accettare
false concezioni, o, comunque, concezioni non più valide. E questo significa che certi metodi usati in
passato oggi non servono più, non vanno più bene. Non potete certamente insegnare la giusta
posizione al mendicante che vi chiede l'elemosina, ma potete fare molto di
Qual è la vera introspezione, la vera
meditazione? Quella che è fatta con nessun intento di
diventare grande spiritualmente. Sono inutili le scuole o i sistemi che
insegnano a diventare grandi in cielo. No, tutto questo non può essere vero,
perché ognuno trova la sua liberazione da solo. Una via può essere indicata, ma non già la via
per liberare se stesso. Possono esservi date delle indicazioni, possono
esservi dette perfino delle verità, ma, se queste verità non risultano
dall'intimo, l'individuo non le fa proprie e per lui non hanno alcun
significato.
Dovete comprendere voi stessi senza un secondo
fine di grandezza spirituale; dovete comprendere voi stessi per amore alla
comprensione, per essere consapevoli del vostro intimo essere, non già
nell'attesa di una liberazione, di una evoluzione, di una grandezza spirituale.
Una verità è tale qualunque sia la fonte che la
proclama, anche se fosse scritta su un sasso da una mano ignota; ma per essere
tale non basta che sia scritta: deve essere scoperta dall'individuo nell'intimo
suo. Il rischio dello yoga
Nel passato sono esistite, ed esistono ancora,
delle scuole o delle filosofie che vogliono spingere l'uomo a migliorare se
stesso mediante esercizi o particolari discipline. Fra queste, la più
importante è forse la scuola yoga nelle sue molteplici forme. Ma al lume di
quello che vi abbiamo detto, l'individuo che segue la filosofia yoga con
l'intento unico di migliorare se stesso, di evolvere se stesso, non segue un
insegnamento cristallino perché non fa che attuare una forma di espansione
dell'io. Il nuovo insegnamento
Questo insegnamento,
presentato all'umanità forse per la prima volta nella sua espressione più pura,
da un canto è prezioso, dall'altro avvilisce l'uomo, fino ad oggi abituato a
muoversi solo per avere in cambio un qualsiasi vantaggio. Noi non parliamo a chi sia soddisfatto della sua
vita, a chi non ricerchi qualcosa che vada oltre la vita delle sensazioni. A
chi si trova bene nel mondo, e non cerca un qualcosa che vada oltre la vita di
sensazione, non portiamo quell'acqua che possa dissetarlo. Noi parliamo dunque
per quanti cercano nella vita qualcosa che possa appagare il richiamo che
scaturisce dal più segreto del loro essere. A chi si trova bene nell'affannosa
corsa al potere, nell'affannoso lavoro per affermare il proprio io, nel correre
concitato verso l'ambizione, noi non abbiamo niente da dire, ed è bene che
resti nella sua vita, nel suo concepire la vita. Il passaggio fra l'uomo che conoscete, di tutti
i giorni, e l'uomo di domani, sta proprio in questo modificare le aspirazioni,
cambiare il proprio desiderio, ricercare qualcosa di nuovo che prima non
ricercava.
Non dovete credere che l'uomo, un giorno, stanco della vita di sensazioni, si volga alla vita dello spirito e trovi subito la posizione cristallina, e abbandoni subito l'egoismo, il sottile processo di espansione dell'io in qualunque forma, sia pure spirituale o meglio mascherato di spiritualità. Chi ha potuto avere ciò che desiderava di materiale, vedendo
che questo non lo soddisfa cercherà un nuovo vivere che possa appagarlo. Chi
invece non è riuscito ad avere ciò che desiderava di materiale, non disilluso
ma amareggiato cercherà un'evasione dalla sua condizione e penserà di trovarla
in questo nuovo concepire la vita. Sia l'uno che l'altro si volgeranno alla via
dello spirito ma la loro ricerca, in un primo tempo, non sarà appagata perché
essi non si presenteranno a questa porta che introduce a una nuova via, con la
purezza necessaria. Ma a poco a poco questa purezza sarà trovata, e allora il
nuovo cammino sarà completamente diverso dal vecchio. Fra l'uomo intento a ricercare le soddisfazioni
della materia e l'uomo che invece seguirà la via dell'intimo suo, vi sarà una
tale differenza come fra l'animale e il selvaggio. La vera solitudine
Quanto è difficile, per l'uomo, rinunciare ad
illudersi! La sua vita è una continua illusione, e se non vi fosse questa
illusione egli giacerebbe immobile, chiuso nelle sue cristallizzazioni, Sì,
l'uomo ha bisogno di illudersi, di perseguire uno scopo, di raggiungere una
meta: e sempre questa meta è egoistica, sempre conduce ad un interesse
personale. Anche coloro che seguono apparentemente una scuola spirituale, una
filosofia che possa o pretenda liberarli dalla schiavitù dei sensi, che possa o
pretenda fare di loro degli uomini liberi, in effetti si illudono, seguono
l'espansione del loro io. Quindi che cosa significa, per l'uomo,
abbandonare tutto? Significa, sopra ogni altra cosa, abbandonare questo
desiderio di illudersi.
Voi cercate la compagnia. Un uomo che viva
completamente solo, rifuggendo qualunque forma di compagnia, è raro. Gli uomini amano riunirsi in gruppi, amano
parlare, scambiarsi opinioni, e, soprattutto, da questo riunirsi trarre dei
vantaggi personali. Chi è tanto forte da rimanere solo? Ben pochi. Ma soprattutto chi è tanto forte da
saper rimanere completamente solo, da riuscire a fare a meno dell'appoggio
altrui e ancor più della facoltà di illudersi? Chi ha abbandonato il
desiderio di illudersi è veramente solo. Vi è un momento nella vita dell'individuo, da
uomo, che è il più tremendo della sua teoria evolutiva: un momento cui
l'individuo si sente perfettamente solo. Ciascuno di voi dovrà passare questo
momento. Quando l'individuo ha raggiunto la convinzione intima che niente del
mondo umano può più interessarlo, che niente può appagarlo più di quanto lo
appaghi la vita che ora conosce, allora nessuna creatura può aiutarlo, allora
si sente solo nel creato. Quello è un momento tremendo, un momento di morte,
potremmo dire. Tutto il mondo che l'uomo si era costruito crolla e niente
rimane intorno a lui che possa, anche con una sola immagine, fargli compagnia. Spogliarsi di tutto
Non createvi delle ulteriori illusioni, non
ricercate la spinta ad agire nella visione di quello che sarà il vostro domani,
perché l'uomo deve essere tanto forte da agire senza alcun richiamo
Se oggi viveste con l'intenzione di raggiungere
presto quello che pensate possa essere il vostro futuro, voi non vivreste
affatto. Il presente deve essere vissuto per il presente,
ed è come dire di fare il bene per amore al bene. Così, vivete il presente non per raccogliere i
frutti nel futuro; non assoggettatevi a discipline che vi promettono in un
futuro più o meno prossimo la grandezza spirituale: questi sono specchietti per
allodole, hanno unicamente il pregio di sviluppare la volontà dell'individuo ma
non lo liberano affatto.
La liberazione giunge solo quando l'individuo
arriva a spogliarsi da ogni e qualunque desiderio di conquista, in qualunque
campo. E' inutile, quindi, vivere il presente pensando all'evoluzione spirituale del futuro. Vivete il presente, siate consapevoli di come siete, ma senza desiderare di migliorarvi, senza muovervi con questa intenzione. L'individuo deve riconoscere che nel mondo non esiste la giustizia,
e ciò è dovuto al fatto che nell'intimo di ogni individuo che compone la
società umana non v'è questa giustizia. Che può fare allora l'individuo? Deve
creare delle istituzioni giuste? Ciò è assurdo: il vecchio ricomparirebbe in
vesti nuove, ma sarebbe sempre vecchio. Unica e sola cosa che può fare
l'individuo è quella di instaurare nell'intimo suo questa giustizia che vede
mancare nel mondo.
Questo è il vostro dovere: siate giusti,
sinceri, onesti, non già in vista di un qualunque compenso spirituale - perché nel
momento in cui pensaste così, questo compenso si annulla, si allontana da voi,
diventa cosa assurda - ma siate giusti, buoni, onesti unicamente perché nel
mondo vi sia giustizia, onestà, bontà. La voce della
coscienza Non esiste altro mezzo: dovete giungere alla
consapevolezza di voi stessi attraverso la ricerca continua dei motivi che Certo potrà accadere e accadrà che, pur essendo
consapevoli del vostro egoismo, voi continuiate a compiere lo stesso gesto
egoista; ma udrete una voce che vi dirà: "Non è giusto, non è bello questo
tuo comportamento". E ancora voi ripeterete gli stessi gesti, nel tempo, e
udrete la voce più imperiosa. E sempre, nel volgere del tempo, la voce
risuonerà più forte, fino a destare, a costituire la vostra coscienza. Certo che vi potete sbagliare; certo che
troverete per il vostro modo di agire tutte le possibili giustificazioni: ma
che importa? Vi accorgerete sempre, nel tempo, delle vostre
illusioni su di voi stessi, di fronte alle esperienze che farete. E' la mente che, ad un certo grado di evoluzione
individuale, serve a costituire la coscienza; e l'introspezione mentale è l'esercizio
per giungere alla voce, quindi alla coscienza, quindi alla liberazione di se
stessi. Le
azioni della
coscienza Cerchiamola, questa coscienza, tra gli uomini.
E' come cercare un ago in un pagliaio. Eppure c'è; piccola, ma c'è. La coscienza si forma, sia pure di riflesso,
anche quando l'individuo evolve unicamente per le spinte che gli vengono dal
mondo a lui esterno. E questa costituzione, questa formazione è il minimo
indispensabile che possa esservi: è appunto una costituzione di riflesso, è un
porre le prime basi della coscienza. Voglio ricordarvi ancora che la coscienza non è
mai errata. Può essere insufficiente, cioè non ancora completamente costituita,
ma non è mai errata. Questo è importante.
Quali sono dunque le azioni che possiamo dire
provengono sicuramente dalla coscienza? Possiamo riconoscere due stadi, in questa
manifestazione della coscienza. Il primo stadio è sintetizzato in modo chiaro
dalle parole del Cristo, sulle quali possiamo fare una trasposizione e dire:
"Quando l'individuo non fa agli altri ciò che non vorrebbe fosse fatto a
lui stesso". Il secondo stadio è: "Ama il prossimo tuo come te
stesso". Ecco la coscienza che sboccia, fiorisce. Naturalmente i due stadi si intersecano, si
compenetrano, sono sfumati l'uno nell'altro. Al primo stadio appartiene il
"non uccidere", "non rubare" e via dicendo; ma nel
"non rubare" o "non uccidere" non è implicitamente ammesso
che l'individuo ami il prossimo suo come se stesso, perché questo fa parte di
un altro stadio, di una coscienza più fiorita, più costituita, più formata. Vivere spiritualmente
Cosa significa
"vivere spiritualmente"? Vivere spiritualmente non significa pregare per
la salvezza della propria anima; non significa serbare una piccola parte della
propria vita, del proprio tempo per andare in qualche chiesa e raccomandarsi a
dio per avere un aiuto; non significa ricordarsi vagamente del dovere che
abbiamo verso i nostri simili in qualche ora del giorno o della settimana, del
mese o dell'anno. Significa allora dedicare tutta la nostra vita
al prossimo?, devolvere a lui tutte le nostre sostanze?, significa, con opera
di dedizione, donargli tutte le nostre forze?, lasciarsi calpestare dall'altrui
crudeltà, dall'altrui egoismo? Strano a dirsi: vivere spiritualmente significa
"conoscere se stessi", significa comprendere noi stessi.
Sapete che contro la vita egoistica degli uomini
i maestri hanno portato gli ideali spirituali; contro gli orrori e le crudeltà
dell'egoismo sono posti gli splendori delle vite altruistiche; ma per l'uomo
che vive a contatto di questi errori e di queste crudeltà, quelle verità di
altruismo e quegli ideali altruistici sono forse irraggiungibili! L'uomo deve
attuarli ad ogni costo? Ecco l'importanza dell'insegnamento dato ai
singoli: quelli sono gli ideali morali, ben in alto alla portata
dell'attenzione dell'uomo, e a quelli l'uomo deve tendere, deve volgersi con
tutto se stesso. Ma allora, "vita spirituale" significa
tendere a quegli ideali di altruismo, di amore al prossimo, di spiritualità? Questo, ed altro. O meglio, questo inteso nel
giusto senso.
Ma quale sarà l'uomo che riuscirà a capire il
giusto senso, chi potrà essere veramente sincero con se stesso e capire No. Ed ecco l'importanza dell'insegnamento.
Voi siete nella vita e la vita vi trascina nel suo movimento. La società vi ha preso perché voi, per vivere, avete bisogno di immergervi nella società; e la società ha tutt'altri ideali che quelli portati dai maestri, ha tutt'altri ordini, esigenze, imposizioni. Ma i maestri non erano dei sognatori, e se la società si fondasse sull'insegnamento dei maestri ecco che non occorrerebbero più tante costrizioni per i singoli. Allora: da un lato gli ideali che i maestri hanno portato, dall'altro la società con le sue esigenze, la sua crudeltà, i suoi egoismi: e voi, che cosa fate?
Voi che non
seguite unicamente gli ideali della società; voi che non appartenete al mondo
dei maestri; che conoscete gli ideali che i maestri hanno portato ma non
riuscite a seguirli, ad attuarli con tutti voi stessi; voi che siete fra questi
due mondi, che dovete fare? Avete forse seguito una vita sbagliata?, avete
completamente fallito la vostra esistenza? No. Nell'immensa grandezza di dio c'è posto per tutti. |