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Domenico Fiorentini - Claudia Ferrante Magnanensi - Teresa Ravaldini - Francesco Pertossi - Anna Fiore - 

Paola Righettini - Elda Lolli - 

8 gennaio 1983 - Domenico Fiorentini

 

Per desiderio e per impegno sento di dover comunicare, condividere la mia straordinaria esperienza.      

Ho nella memoria quanto già scritto dai tanti che mi hanno preceduto nella stessa fortuna e mi rendo  conto di non poter scrivere di più e meglio sui fatti di cui anch'io ora sono testimone, ma posso confermare la « verità « di  quanto delle precedenti esperienze e in comune alla mia. Cercherò di dire quello che ha significato per me, e il di più che mi è toccato in sorte.

Sono stato chiamato al centro del Cerchio, e dal modo in cui ciò è avvenuto mi è parso quasi che mi venisse addirittura chiesto un favore.

 

Da quando, alla ricerca di nuovi significati, privo di qualsiasi certezza, trascinato da una cara amica la cui fede e il cui entusiasmo mi avevano incuriosito, predisposto da incontri e accadimenti che ora riconosco non casuali, ma necessari gli uni ai successivi, ho trovato interesse alle cose del Cerchio Firenze 77, molte volte avevo desiderato assistere al manifestarsi di quelle cose, di quelle idee di cui leggevo e ascoltavo testi e registrazioni, ma mai avevo neppure sperato che questo si avverasse, anche perché la mia incerta fede piena di dubbi e interrogativi richiedeva un ancor lungo ciclo di domande e risposte presso la ormai abituale saletta della libreria « Alfa Centauri «, e ciò mi bastava, specie dopo il manifestarsi di François.

 

Perplesso e felice, sono giunto all'ora dell'appuntamento camminando lungo l'Arno e per vie e viuzze continuando a chiedermi perché a me era giunta la chiamata, e mi davo le più varie spiegazioni umane che ora, col senno di poi, so improbabili.      

Sono stato il primo dei « nuovi « a giungere a casa di Roberto; poi alla spicciolata sono giunti gli altri partecipanti, quasi tutti presenti all'incontro del pomeriggio ma che  non sapevo chiamati come me.   

Dopo un po' di chiacchiere più o meno convenzionali, attenuate le luci, poi spente, ci siamo  presi tutti per mano e la seduta è iniziata, nell'assoluta assenza di « liturgia «, e questo è servito a me, memore di giovanile indigestione di cerimoniali e di messinscena condizionanti o sostituenti i contenuti, per rilassarmi, sentirmi razionalmente presente ad un avvenimento straordinario.   

 

Primo a venire fra noi è stato François, che ha salutato i nuovi presenti ed ha sollecitato domande con parole amichevoli e spiritose. Io l'ho sentito infinitamente disponibile.

Mentre ognuno parlava dei suoi problemi, delle sue pene o semplicemente voleva udire una parola di conforto e a tutti giungeva risposta immediata, precisa, a volte comprensibile solo conoscendo l'intimo del richiedente, la mia mente oscillava tra il desiderio che quel susseguirsi di domande e risposte non finisse mai e la ricerca di una domanda per una risposta che mi chiarisse perché lì mi trovavo,  timoroso di sciupare una eccezionale e, senza forma, da sempre attesa opportunità.

 

Quando mi sono  inserito in una pausa di silenzio con una domanda resa confusa dall'emozione, la risposta, la comprensione, l'esortazione mi sono precipitate addosso, dentro, prima che potessi terminare di esprimerla. Non riuscirò a descrivere ciò che ho provato, ho ascoltato parole che erano amore, accettazione di me come sono, mi sono sentito preso in un abbraccio caldo e totale. Mai sono stato così benvoluto e io, che lì in quei momenti avrei piantato la mia tenda per sempre, mi sono sentito chiedere. tornerai? Si, tornerò, certamente tornerò.   

 

I saluti che sono sempre un arrivederci di François mi hanno colto di sorpresa perso dietro ai pensieri suscitati in me dalle parole udite. Intuivo finalmente un disegno nel confuso e vuoto svolgersi dei miei anni, in ciò che in essi era accaduto e che ora capivo necessario a giungere dove ora mi trovavo.       

Dimentico del conosciuto svolgimento delle sedute e già pieno di quanto avvenuto e udito, con un po' di rimpianto ritenendo tutto finito, anche la  voce della Guida fisica di Roberto mi sorprende e quasi mi fa balzare sulla poltrona. 

Subito ho capito che stavo per assistere a qualcosa di molto importante e mentre così pensavo ho visto le mani del medium divenute di luce stagliarsi nel buio  e mi sono proteso più che potevo per vedere, per capire, per nulla perdere di quello che stava svolgendosi davanti a me.  

 

Non descriverò lo svolgimento della materializzazione, già da altri più volte illustrata in una forma che ora so esatta e completa. Tenterò di esprimere ciò che mi ha coinvolto personalmente per testimoniare, per far comprendere la mia gioia.     

Affascinato, non trovo parola più adatta, del meraviglioso davanti a me, non pensavo a nulla, mi riempivo di immagini, desideravo che non finissero mai, osservavo tutti i particolari per fissarli nella mia memoria, per sempre. Non sapevo a quanto dall'inizio, avevo perso completamente la nozione del tempo, ho sentito come se quelle mani sostanziate di luce e sempre alla stessa distanza dai miei occhi, fossero per me. 

 

A questo punto devo riferire che, a materializzazione da poco iniziata, comunque prima della mia sensazione, l'amica Claudia M. seduta alla mia destra mi aveva sussurrato emozionata: è per te; non le avevo dato alcun peso, l'avevo presa per una battuta fuori luogo, anche perché non conoscevo ancora le sue doti di sensitiva. Mi sono sentito a disagio per questa presunzione involontaria, ma per poco, ho udito la voce della Guida fisica sussurrarmi: « E' per te, non farlo vedere a nessuno, mai «. 

Subito, mentre le mani del medium ferme e decise mi si avvicinavano, io ho porto automaticamente le mie e in pochi attimi indimenticabili l'apporto era nelle mie mani divenute subito luminose al contatto. Poi, dopo un tempo troppo breve, ho visto quelle mani sempre luminose porsi di fronte a Claudia. Ricordo solo la luce indotta sul suo volto, nelle sue mani, convinto che pure a lei fosse toccato in dono un apporto. In realtà era  stata toccata, segnata sulla fronte e nelle mani e questo per lei aveva significato molto, come mi ha poi detto comunicandomi  la sua esperienza così simile fisicamente e spiritualmente alla mia.      

 

Io ero smarrito tra i miei pensieri e l'osservazione un po' timorosa delle mie mani odoranti di un profumo un po' acre, gradevole, mai prima conosciuto e costellate di piccole luci palpitanti che si ravvivavano con un piccolo sfregamento.      

Già prima di tutto questo mi chiedevo perché, avendolo solo desiderato e senza mio alcun merito, mi ero trovato al centro del Cerchio, avevo udito parole tali da motivare una vita. Ora, chiamato al centro del centro, la domanda: perché il dono, che cosa significava per me, che cosa dovevo agli altri, mi assillava, permeava la gioia che provavo per tale dono.

Ma tutto ciò è scomparso quando, dopo un intervallo carico di attesa, ha parlato a noi il Maestro Dali. Con voce dolce, pacata, lieve, riconosciuta perché tante volte udita dai nastri, ci ha resi coscienti del significato di quanto avveniva per noi e in noi. In quelle parole ho trovato le prime risposte alle domande e incertezze che erano in me e la spinta ad agire, cercare ancora.

 

Poi, al solito, se questa parola può usarsi per cosa del tutto insolita, è venuta Lilli, un po' spirito folletto un po' gianburrasca, per niente riguardosa del nostro essere commossi, che con botti, battute sfottenti, lancio di fazzoletti e generi vari, occhiali sottratti e messi in mano ad altri, ha ravvivato l'ambiente ancora raccolto sulla voce di Dali.

In un primo momento non ho gradito molto quell'arrivo: volevo continuare a sentire in me le parole udite, ma poi mi sono coinvolto nell'azione, ho gioito della gioia che circolava, sono stato privato degli occhiali.  

 

Dopo un intervallo appena sufficiente per ricomporci e ritornare spiritualmente presentabili è venuto Alan, che più volte avevo udito raccontare la sua vita al servizio di "sua maestà britannica": ha brevemente esortato alla gratitudine all'Altissimo e a ricordare, ha salutato tutti concludendo una serata dopo la quale la mia vita non potrà più essere uguale a prima.     

 

Ora è come se una luce si fosse accesa alle mie spalle illuminando il cammino già percorso nell'incertezza, accetto il mio passato e comincio ad accettare anche me stesso. Sento realizzarsi in me l'augurio di Dali: ho più chiarezza, più certezza, mi sento più aperto e meno influenzato dalle contingenze.      

Ho un grande desiderio di ringraziare, ma nessuno degli amici del Cerchio accetta ringraziamenti, Spero che accettino e le accetti anche il Perno intorno a cui il Cerchio si muove,  la mia gratitudine per avere creato, questo sì è merito loro, un ambiente la cui umanità e bellezza prima mi hanno accolto poi coinvolto.

 

 

8 gennaio 1983 - Claudia Ferrante Magnanensi

 

Quello con Roberto è stato per me un incontro molto importante, che ha inciso profondamente nella mia vita.      

Ho conosciuto Roberto quattro anni fa; dopo aver sentito tanto parlare del Cerchio Firenze 77 e aver letto i libri delle lezioni dei Maestri, desideravo potermi mettere in contatto con lui. E l'occasione era venuta andando ad una delle riunioni pubbliche mensili con mia figlia.      

A Roberto ho voluto subito bene, con naturalezza, per quel qualcosa di mistico che emanava da lui e che entrava direttamente nell'anima.

A volte, quando mi recavo a Firenze, lo andavo a trovare a casa sua, ed era bello, distensivo parlate di tante cose, sentire sempre la sua voce gentile che metteva l'ospite a proprio agio.

 

Per me era un fratello col quale poter confidarmi e venivo via ogni volta più serena, più contenta e sicura.  

Alle riunioni pubbliche non volevo mai mancare, erano importanti per  me; si ascoltavano le lezioni dei Maestri, le si commentavano, si avevano spiegazioni e scambi di opinioni con le persone presenti, che erano sempre numerosissime. Di quante di esse, in seguito, sono diventata amica!     

L'anno scorso Roberto ha invitato me ed altri amici di Bologna ad una seduta serale. Ero felice, emozionata e ho considerato questo invito un gran privilegio.

 

Fu la sera dell'8 gennaio 1983. Dire con le parole che cosa ho provato non è affatto facile. Forse possono darne un'idea, se pur sempre piccola, la gioia nel senso più completo e la gratitudine immensa verso i Maestri e verso il caro Roberto.  Quando i partecipanti, seduti intorno al medium, si presero per mano per formare la catena, io ero proprio di fronte a lui, mentre ai lati c'erano Domenico e Liliana.

 

Spenta la luce, Roberto andò in trance. Poco dopo, fece sentire la sua voce amichevole François, che salutò tutti molto affettuosamente e invitò gli amici a fare domande. Molti aderirono all'invito, conversarono con lui, esposero i loro problemi e le risposte erano sempre esaurienti. Io ascoltavo molto interessata. C'era un'atmosfera strana, quasi impalpabile, tutti eravamo attentissimi.    

 

Successivamente, rivolsi io una domanda a François, chiedendo un incoraggiamento e mi rispose bonariamente, facendomi capire che mi conosceva già bene. Non me ne stupii.

Quante volte l'ho chiamato mentalmente e gli ho mandato i miei pensieri!  

Al suo saluto di commiato, quindi, nel silenzio generale, e dopo qualche istante di attesa, si presentò Michel, la Guida fisica di Roberto.      

Nel buio apparvero due mani luminose, fosforescenti, si movevano velocissime e lavoravano « qualcosa «: si stava formando un apporto.   

Ebbi, in quegli attimi, come un'inspiegabile intuizione, mi volsi verso Domenico e sottovoce gli dissi, sicura: « E' per te «. Lui non mi badò: era molto intento al prodigio che si stava compiendo. Ma, subito dopo, Michel chiamò proprio lui porgendogli qualcosa. In quel momento anche le mani di Domenico si illuminarono e ricevettero l'oggetto donato.

 

Non riuscivo a staccare gli occhi da tutta quella luce.      

Ad un tratto sentii una voce bassa, quella di Michel, che chiamò: « Claudia, vieni qui «. Sbalordita e commossa, risposi a quella voce porgendo le mie mani a quelle dell'Entità protese verso di me. Esse mi accarezzarono ripetutamente e istantaneamente diventarono quattro le mani avvolte di luce e di fosforescenza. Poi mi sentii toccare la fronte, fare un segno di croce, una carezza sui capelli, mentre ero inginocchiata per terra, e fui tutta inondata di calore, forza, benessere, sentivo fluire in tutta la mia persona delle energie benefiche e rimanevo attonita, in umile silenzio a ricevere quel prezioso dono spirituale.      

Ritornò di nuovo il buio, Michel lasciò il posto ad altre Entità.    

 

Riandando col pensiero a quella seduta, ricordo ancora che si presentarono pure Dali ed Alan, i quali hanno salutato chi per la prima volta assisteva a quella riunione e poi conversato con tutti i presenti.  

Si manifestò anche l'Entità della piccola Lilli, il cui intervento attenuò in parte l'emozione generale che si era creata, specialmente dopo la manifestazione della Guida fisica. Lilli,  con la sua vivacità ci bimba e con i suoi gridolini scherzosi, accarezzò un po' tutti noi.

 

Prima di recarmi a casa di Roberto (pensando ad una sua eventuale apparizione in seduta), avevo nascosto nella manica sinistra, all'altezza del gomito, un marron glacé, poiché mi era stato detto tempo addietro che Lilli li gradiva da incarnata e che a volte, quando si manifestava, li cercava e

le venivano dati. Così, quando l'ho invitata a prendere «qualcosa» che le avevo portato, sentii subito una mano velocissima infilarsi nel mio braccio e far sparire il piccolo dolce nascosto.

Sono stata anche ringraziata!     

 

Questa è stata la mia prima esperienza diretta con alcune delle Entità di Roberto. Ed è stata veramente bellissima; ma ricordo che mi ci volle, dopo, qualche minuto per ritrovare me stessa. 

Durante ciò che era avvenuto non avevo capito il significato di quello che avevo avuto; ma più tardi, meditando e ricordando, mi convinsi che quanto mi era stato dato era un segno molto importante e significativo, tanto che ringrazio spesso anche oggi Michel e Roberto per quei momenti così indimenticabili, così intensamente vissuti. Da quella sera dell'8 gennaio 1983 mi sentii molto cambiata per quell'avvenimento che mi aveva in modo così tangibile avvicinata ai Maestri del Cerchio.      

 

Un anno dopo, cioè il 7 gennaio 1984, ho avuto il secondo invito a partecipare ad una seduta. Ero più preparata a quell'incontro, ma sempre ugualmente emozionata e felice. Riascoltai nuovamente le Voci dei Maestri, la Voce di François. Quest'ultimo, ad un certo punto, dopo aver risposto alle domande di alcuni fra i presenti, mi ha improvvisamente chiamata, quasi per incitare anche me a parlare. Naturalmente non me l'aspettavo e la sorpresa e l'emozione me l'hanno, in quel momento, impedito. 

Comunque, fattomi coraggio, ho chiesto a François se il sogno fatto mesi prima e nel quale lui ed io ci eravamo così veridicamente incontrati, era realtà.

La sua risposta fu affermativa, con mia grande gioia.     

 

Che dire ancora a questo punto? Posso senz'altro affermare che questi incontri con i Maestri, ascoltare il loro  dire, le affettuose e fraterne esortazioni Loro e di François (che sento particolarmente vicino), è stato ed è un aprire nuovi orizzonti per poter scoprire a poco a poco chi veramente noi siamo e cercare di conoscere, almeno in parte, l'essenza, il vero scopo e il « perché « della Vita, dell'esistere.

 

 

 

12 febbraio 1983 - Teresa Ravaldini

 

Nel pomeriggio di quel secondo sabato di febbraio 1983, avevamo assistito alla consueta riunione pubblica del Cerchio Firenze 77, presso la Libreria Alpha Centauri, in Via del Porcellana. La sera alle 9 eravamo invitati alla seduta: io, mio marito e gli amici Cesanelli.

Nonostante avessi già partecipato in passato, devo dire che ero un po' emozionata. Avvertivo una leggera agitazione interiore, anche perché - indipendentemente da quanto mi aveva pronosticato una sensitiva - sentivo intimamente che l'apporto quella sera sarebbe stato destinato a me. E questa sensazione durava già da qualche giorno.    

Roberto ci accolse come sempre, col suo bel sorriso. Ci sedemmo, e a me fu assegnato un posto sul divano, proprio di fronte a lui. Non mi è mai piaciuto stare in prima fila, perché la cosa mi mette sempre un po' a disagio, ma il medium mi disse di rimanere lì.

 

Partecipavamo in molti a quella seduta, tanto che, data la modesta dimensione della camera, alcuni dei partecipanti si

erano seduti su cuscini direttamente sul pavimento.

Poi le luci si spensero e la seduta ebbe inizio. Si manifestarono Dali, Lilli ed altri ancora.  Poi di nuovo il silenzio, in un buio impenetrabile. Ma ecco che a un tratto cominciai a vedere una strana luminosità emanare dalle mani di Roberto, mentre la "Guida fisica" annunciava la sua presenza. Mi è sempre stato un po' difficile definire quella luminosità, ma vedevo le mani del medium strofinarsi fra loro come se si stesse lavando. Non saprei dire quanto questo durasse, perché in quei momenti, completamente assorbiti da quanto si sta verificando, non si ha più la nozione del tempo.     

 

A un certo punto sentii pronunciare il mio nome (Teresa), ma rimasi come inchiodata al divano e non mi mossi. Riccardo Cesanelli, che era seduto accanto a me, disse: "Vai, dicono a te". Allora mi alzai. Feci solo qualche passo, perché ero molto vicina alla poltrona di Roberto. Ebbi un attimo di esitazione e dovetti farmi violenza, perché quelle mani fosforescenti tese verso di me mi avevano bloccato. Ma fu solo un attimo. Mi inginocchiai e protesi le mie mani: appena sentii quelle di Roberto calde, vive, tutta la tensione svanì. 

Mi sentii porre fra le mani un oggetto che sul momento non capii esattamente cosa fosse.  

Al tatto mi sembro, una corona del rosario. L'Entità mi disse: "Questo è per te".  

Rimasi in ginocchio ancora per poco vicino a lui. Mi sembrò strano che la tensione fosse completamente scomparsa; del resto, non avvertivo neppure altre emozioni e  mi sentivo come svuotata di ogni sentimento.      

 

Ritornai al mio posto stringendo fra le mani il dono, e da quel momento non fui più in grado di seguire bene la seduta. Un paio di volte, nonostante il buio, aprii le mani tentando di intravedere l'apporto, e ogni volta una luce viva si sprigionava dal loro interno, tanto che le richiudevo immediatamente per timore che l'oggetto potesse dissolversi.       Poi la seduta terminò. Le luci si riaccesero e finalmente potei vedere il dono, la cui luminosità era completamente scomparsa. Si trattava di una catenina con un ciondolo a ferro di cavallo. All'interno di questo e sulla chiusura della catenina stessa vi erano due lettere maiuscole: V e B. (Foto n. 12).

 

Quando ripenso a questo dono mi accorgo che, a parte il fenomeno straordinario attraverso il quale mi è pervenuto, ciò che conta non è l'oggetto in sé e l'eventuale suo valore, ma soprattutto il fatto che dall'altra dimensione "qualcuno" abbia pensato a me. E questa è la cosa più emozionante, che mi commuove e mi rende felice.

 

 

19 febbraio 1983 - Francesco Pertossi

 

E'il 19 febbraio 1983, a Firenze. Invitati a partecipare ad una seduta del Cerchio Firenze 77, entriamo nel piccolo ambiente dove già sono alcune persone e ci accoglie il sereno sorriso di Carmen prima, poi di Roberto.      

Ho usato il plurale ed ecco il perché. Siamo quattro persone che vengono da Roma, legate da vincoli di parentela e accomunate da un sincero interesse per l'insegnamento dei Maestri del Cerchio.   

In tutti noi si avverte la tensione dell'attesa: per qualcosa in cui si spera, per qualcosa che si teme non avvenga; per qualcosa che, comunque, rappresenta l'incognito.

Roberto domanda ai cinque "nuovi amici"  (come li chiamerà poco dopo François) come sono giunti al Cerchio. Per prima risponde una signora fiorentina, vedova da circa  due anni: traspare dalla sua espressione una certa ansia o preoccupazione.  

Per ultimo tocca a me raccontare come sono pervenuto al Cerchio pur provenendo da un forte scetticismo nei confronti dei "miracoli" paranormali (alla Uri Geller, per spiegarmi: avevo accolto con soddisfazione molte conclusioni demistificatorie delle note trasmissioni televisive di Piero Angela; e tuttora sono convinto della scarsa affidabilità dei fenomeni pubblicizzati e "venduti").

 

Poco meno di un anno fa, l'ascolto (e sono grato a chi lo propose) della registrazione della voce del Maestro Kempis,

insieme alla lettura di alcuni scritti mi fecero immediatamente « sentire « l'autenticità del Cerchio e forse appena intuire la grandiosità e la bellezza dell'insegnamento in esso svolto.       Ciò che invece taccio a Roberto è l'imbarazzo che provo stasera. Sono rimasto sorpreso (felicemente, perché lo avevo sperato) di essere stato ammesso ad una riunione in così breve tempo; mi sento come uno studente di liceo che venga invitato ad un seminario di specializzazione post-universitaria sulla filosofia: non sono pronto! Perché sono stato accettato?

 

Dopo le risposte (siamo una quindicina di persone sedute quasi in cerchio, alcune su cuscini a terra) segue una conversazione generale, brevissima, ed ecco che Roberto chiede ad alcuni di noi di non tenere i piedi incrociati, almeno per un poco, mentre alcuni ragazzi provvedono a calare l'avvolgibile, a sistemare il piccolo microfono a collare sullo strumento, a spegnere le luci. Si forma la catena. E' il buio.  

Sono seduto quasi di fronte al medium, non più distante di tre metri; sono colpito dalla rapida successione degli eventi: pochi respiri profondi dello strumento, ed ecco la calorosa voce di François che saluta i presenti, dà il benvenuto ai «nuovi amici» e rassicura che queste riunioni avvengono per il bene di chi vi partecipa e mai nulla di male è accaduto ad essi. Risponde poi alle domande dei presenti con grande e direi amorevole disponibilità; e il suo conversare è così piacevole che mi sembra sia trascorsa al massimo mezz'ora (dalla registrazione risulterà quasi un'ora) quando annuncia il suo congedo e ci lascia con il suo ormai abituale « a presto, cari, a presto «.

 

Che peccato, penso, è già finito! Beh, non potevo pretendere che intervenissero i Maestri, magari al gran completo: è stata ugualmente un'esperienza bellissima, e sento di essermi affezionato a François.

Il buio è sempre assoluto.

I respiri profondi dello strumento mi fanno credere che stia per risvegliarsi e mi aspetto da un momento all'altro che qualcuno parli e poi accenda le luci; ma il respiro continua, sembra quasi con fatica. Ad un tratto una voce, sommessa e rapida, dice:   « Buona sera, sono  Michel «.  

 

Penso di non aver capito bene la voce, e l'attribuisco erroneamente allo strumento, che ritengo ormai sveglio, meravigliandomi invero che saluti i presenti. Ancora silenzio e buio. Poi mi accorgo di un minuscolo punto luminoso, pulsante , di fronte a me. Solo ora comprendo il mio errore: la riunione non è terminata; ci sarà forse un apporto?   

E' difficile, nel buio assoluto, mettere a fuoco il punto luminoso, determinarne la distanza e la posizione esatta. 

Dovrebbe trovarsi dov'è Roberto. Intanto il punto smette di pulsare, s'ingrandisce, sembra ruotare su se stesso, contenere una spirale. 

Ora i punti sono più di uno, si ingrandiscono, si muovono, scintillano, ovvero da essi si distaccano faville, si innalzano vapori che si disperdono verso l'alto dopo venti, trenta centimetri e anche più, emanano da un alone luminoso che circonda, mi pare di distinguere, le dita delle mani dello strumento. La voce: "Francesco, vieni qui"..       

Ancora una volta non sono sicuro di aver capito bene.

Inoltre, in famiglia mi chiamano Franco e con questo nome si sono rivolti a me per tutta la giornata i tre familiari con i quali sono venuto qui da Roma. Poi, non so se ci siano altri presenti di nome Francesco. Sono perplesso.

"Francesco!".   

Il tono è quasi imperioso. Corrado, seduto alla mia destra, mi afferra per il braccio e mi spinge in avanti, sussurrando: « Francesco, vai «; altrettanto fa Carmen, che siede a terra davanti a me, un poco a sinistra.      

E' proprio me che chiama. Perché?    

Mi alzo; un passo avanti, ma inciampo nei piedi di Carmen che sono davanti alla mia sedia; mi chino, urto ancora contro un cuscino dove forse è seduto un ragazzo, metto a terra una mano ed un ginocchio; lì mi fermo.      

Sarò forse a circa un metro dalla sedia da cui mi sono alzato e non oso muovermi oltre: sono ossessionato dalla preoccupazione di disturbare il fenomeno e la concentrazione dei presenti. La distanza tra me e lo strumento dovrebbe essere ora di circa un metro o poco più. Ho l'impressione di vedere le sue mani, o meglio le sue dita, un poco più vicine, così che distendendo il mio braccio sinistro in avanti, un poco in alto, potrei toccarle.

Ancora la voce: "Questo non è per te".

Poi: "Voglio che tu veda".

E vedo le dita luminose: una luce simile, ma pure diversa, alla fosforescenza; l'impressione è che provenga non dalla superficie, ma contemporaneamente dall'interno e dall'esterno di quelle dita che continuano a manipolare qualcosa.

Le due mani si muovono orizzontalmente, ora toccandosi con la punta delle dita ora distaccandosi di tre o quattro centimetri, come se tendessero un elastico e scorressero su una bacchetta diritta ed oscura, tenuta tra i pollici e gli indici, a me visibile solo perché circondata da un alone luminoso proprio come una corona solare in eclisse totale, che ne delinea il contorno. Sotto le dita, come racchiuse nel palmo di ciascuna mano, vedo anche due piccole masse, come due uova di piccione, tanto luminose da non poterne distinguere i contorni: erroneamente credo che siano parti dell'oggetto in formazione, come due ali di farfalla dispiegate.

"Toccalo".

Alzo la mano destra all'altezza del mio viso; ma, confuso, come ho detto, sulla dimensione dell'oggetto, mi fermo e chiedo: "Dove?". Allora le due mani si muovono di scatto verso il mio indice puntato e contro di esso premono con energia la barretta scura.

"E' morbido, senti?".

"Sì", rispondo. Tocco qualcosa di molto plastico, è come un laccio di liquirizia morbida, che ora mi viene addirittura girato intorno al dito, che sento proprio stretto da questo "laccio".

Le mani si discostano, ma sono sempre molto vicine al mio viso, tra uno o due palmi di distanza, e continuano a lavorare la barretta, sulla quale è ora concentrata la mia attenzione. Dalle dita e dall'oggetto in formazione continuano ad innalzarsi ( e così durante tutto il fenomeno) vapori luminosi, di colore bianco-verdino, quasi celestino.

"Toccalo ora, è più duro, vero?".

Sì. E' più consistente. Come una gomma per cancellare un poco dura. Premendo col mio dito sull'oggetto ( e le stesse mani del mezzo aiutano questo movimento), esso cede leggermente.

 

Poi il lavoro delle mani continua, con le stesse modalità di prima.

"Tocca ancora: è dura adesso, vero?".

E di nuovo tocco con l'indice destro la barretta. Sì. Non cede. E anche non è più liscia, ma sulla superficie avverto alcuni leggeri rilievi, come dei piccoli cerchi, posti lungo la barretta, rilevati forse di mezzo millimetro, ma non posso accertare altro, che le mani si discostano dal mio dito e continuano la manipolazione. Con stupore mi accorgo che il mio indice è divenuto luminoso in punta e su questa è come rimasta una scheggia dell'apporto: una favilla dalla luce crepitante e dalla quale si innalza una scia ondeggiante di fumo-vapore, sempre di colore avorio-verdino.

Un poco timoroso di disturbare il fenomeno "distraendomi" ad osservare il mio dito, un poco volendo quasi conservare e proteggere la scheggia fumante, impedire che si consumi svaporando, racchiudo l'indice tra le altre dita raccolte a pugno; poi, però, il pensiero che forse devo non nascondere agli altri alcuna parte del fenomeno mi fa riaprire la mano e distendere l'indice avanti, in vista degli altri.

"adesso devo fare lo spillo".

E le mani si allontanano di poco, innalzandosi leggermente, e continuano a scorrere lungo la barretta.

Poi di nuovo la voce: "Questo lo manda Giovanni"; e le mani si allontanano e si spostano alla mia sinistra.

"Giovanni vuole che lo dia a te, e tu sai perché".

Due altre mani vedo aprirsi sotto quelle dello strumento, luminose come queste, e da queste pronte a ricevere il dono.

 

Subito dopo, le mani dello strumento ritornano avanti a me, ora più vicine ora più lontane, in un gioco di luci di faville di vapori di movimenti, difficili da ricordare nell'esatta successione. Ora più luminose, con faville e vapori, veloci, ora come un fuoco che stia per spengersi si muovono appena, oscurandosi; ora vicine tra loro, ora lontane, una quasi a terra alla mia sinistra, l'altra in alto alla mia destra, molto in alto, direi oltre la possibile apertura delle braccia.

 

Poi le luci si attenuano, si riducono a punti luminosi sulle punta delle dita, si avvicinano a terra, sono un solo punto luminoso sempre più piccolo, sempre più tenue, pulsante, che sempre più lentamente ritorna verso la poltrona del medium.

Guardo verso il mio indice: anche la sua luce è scomparsa.

 

Durante tutto questo, non ricordo in quale momento, forse verso la fine, la voce invita: "Concentratevi". Retrocedo nel buio, chinato, verso la mia sedia e dopo un paio di brevi passi la urto: mi blocco.

Ma subito si ode un respiro profondo, un fruscio dalla poltrona di Roberto, e con un profumo di rose sento provenire dall'alto la voce di Teresa, che riconosco per averla già sentita in alcune registrazioni: alle sue parole provo un senso di mistica commozione. Quando percepisco, sulle ultime parole di Teresa, il rumore provocato dal corpo dello strumento che si adagia nuovamente nella poltrona, oso sollevarmi e sedermi sulla sedia. Da qui posso quindi sentire la voce di Alan (riconosco l'accento inglese), che si assume il compito di chiudere la riunione.

 

Molto rapidamente lo strumento esce dalla trance e vengono riaccese le luci. Siamo tutti, noi nuovi, molto attoniti.

Osserviamo tutti l'apporto, donato alla signora fiorentina, sul cui viso vi è ora un'espressione serena, felice anche ce emozionata. Ha ricevuto in dono una spilla costituita da una barretta di metallo color oro, larga 5 o 6 millimetri e lunga forse 4 centimetri, sulla quale sono montate, allineate, tre pietre color verde smeraldo. E, cosa ancor più straordinaria, tutti possiamo notare che la spilla costituisce una parure con l'anello che porta al dito, un cerchio d'oro con tre smeraldi affiancati, ultimo regalo del marito. (Foto n.13).

Quindi alcuni commenti, brevi; Roberto è stanco (si toglie di dosso una piccola scheggia di metallo dorato). Saluti, grazie, arrivederci a presto: e siamo fuori, per le strade antiche di Firenze, a commentare, a raffrontare le impressioni di ognuno, a ribadirne i particolari, quasi si abbia timore di perderne la memoria.

Ma si potrà mai scordare una vicenda tanto straordinaria?

 

 

 

19 febbraio 1983 - Anna Fiore

 

Il 19 febbraio potei prender parte "miracolosamente" ad una seduta del "Cerchio 77" la cui ricerca ossessionante da parte mia risaliva al settembre 1981.

Il giorno precedente avevo conosciuto Roberto, il medium straordinario ed unico, dal quale emana a chi l'avvicina una gran pace ed una illuminata bontà, tramite la dottoressa Carmen B.Z., anch'ella un trait-d'union decisamente predestinato.

 

Lasciai con un senso di dispiacere la casa del medium, ma pochi istanti dopo rimasi incredula e felicissima quando Carmen mi comunicò l'invito di Roberto alla seduta per la sera seguente. Nessuno si sarebbe mai aspettato - io meno di tutti - un invito così deciso ed immediato.

 

La sera del 19 non ero emozionata per quello che "esteriormente" avrei visto ed udito: da quasi due anni leggevo e rileggevo i libri pubblicati dal "Cerchio" ed ero certa della coerenza, della veridicità e della luce degli alti insegnamenti delle Entità comunicanti, le quali, d'altro canto, avevano confermato molto di ciò che avevo recepito dal mio interessamento a letture e studi sul problema della vita dell'uomo post mortem fin dall'adolescenza. Temevo, però, che la mia domanda strettamente personale ed affettiva non avrebbe avuto risposta.

Al momento opportuno, creato l'ambiente e fatto buio, invitata con i miei compagni di seduta - quattro venuti da Roma, ai quali sono particolarmente legata dal meraviglioso avvenimento che ci accomuna - a concentrarci, dopo pochi attimi il respiro affannoso del medium ci avvertiva del sopraggiungere dell'Entità François, che, dopo i riti di saluto ed il benvenuto affettuoso ai nuovi ospiti, seppe mettere i partecipanti a loro agio.

 

Dietro invito rivolto a tutti dall'Entità di formulare delle domande, domandai subito con un fil di voce, se ben ricordo, se il compagno della mia vita, Gianni, che ha lasciato questa Terra, fosse sereno. Dopo la risposta positiva ed esauriente di François su Gianni, ed anche nei miei riguardi, una gran pace scese in me, una quiete dell'anima così inaspettata e "mai provata", che poi, più che seguire la conversazione fra l'Entità ed i compagni di riunione, assaporai la dolcezza ineffabile di questo vivere interiore. Sentivo solo tanti profumi dolci e freschi e ritornai del tutto in me, quando il mio cuore cominciò a battere disordinatamente, mentre le mani di Roberto, di una luminosità opalescente, componevano qualcosa che sentivo destinata a me. Ero lontana da Roberto e mi spingevo sempre di più verso la luminescenza, finché una voce calda e piana mi sussurrò: "Da Giovanni per te", e sentii depositarmi nelle mani un oggetto luminoso, come di fuoco, che tenni stretto fino alla fine.

 

Con l'oggetto fra le mani, il cuore tornò al suo ritmo normale.

Al congedo di François, sentii stringermi una mano, e pensai che fosse Simona, seduta alla mia sinistra; e poi ebbi anche una carezza, che Simona mi disse essere stata di Michel, come la stretta di mano era stata di François. Poi vennero ancora Alan e la dolcissima Teresa, con  le sue parole d'amore e di pace, col suo profumo di rose.

Tutto ebbe termine: si riaccese la luce e credo di essere apparsa come frastornata. Furono gli altri, Carmen, a rilevare che la spilla magnifica, con tre pietre color verde smeraldo a forma di cuore e brillantini, formasse parure con un anello a me carissimo, l'ultimo regalo di Gianni, che porto sempre e che anche quella sera avevo al dito. (Foto n. 13).

Sentivo la portata dell'avvenimento così precipitoso e folgorante come un segno dell'Amore Divino anche per me, che sento di valere così poco.

 

Uscii dalla riunione calma e serena, pur valutando la grandiosità del fatto e dolendomi di dover lasciare quella casa.

Va da sé che ora, quando non sono presa dalle cose e dal lavoro materiale di tutti i giorni, vivo col pensiero rivolto a Roberto, alle Entità che ci guidano, ai componenti il "Cerchio", a Gianni, con serenità e raddoppiato fedele amore, ma soprattutto col pensiero a Dio (sentito ora in maniera diversa) come fin da piccola ho sempre fatto.

 

 

29 ottobre 1983 - Paola Righettini

 

Il 29 ottobre 1983 è una data che rimarrà impressa nel mio cuore e nella mia mente. Dopo anni di attesa, finalmente mi trovo ad assistere ad una seduta dell'ormai famoso Cerchio Firenze 77.

Sono emozionata, anche se mi sento perfettamente a mio agio per l'accoglienza di grande cordialità riservata agli amici miei ed a me. Ma soprattutto resto ammirata ed affascinata dalla dolcissima personalità del medium, che ho conosciuto appena venti giorni fa a una riunione pubblica del Cerchio.

Siamo una ventina di persone e ci riuniamo attorno al medium. Il posto che mi viene assegnato è di fronte a lui, ad una distanza di circa due metri. Dopo una breve conversazione, egli fa spegnere la luce e, nel buio assoluto, formiamo la catena.

 

In pochi minuti, tre o quattro al massimo, il medium cade in trance, senza provocare particolari rumori, se non quello di un forte e ritmico respiro. Ancora un istante e si sente la voce di François, che saluta tutti e, in modo particolare, i nuovi venuti. Ha inizio così una interessantissima "lezione.i.b1:;", alla quale siamo invitati a partecipare personalmente ponendo le domande che desideriamo.

 

Non sono certo la persona adatta per giudicare un così alto insegnamento, ma voglio comunque dire che esso è veramente valido e profondo e ci offre, con la logica ineccepibile dei concetti, una grande utilità per il nostro rapporto con il mondo, e soprattutto ci fa sentire più buoni e sereni.

 

Al termine di questa importante conversazione, dopo cioè circa quarantacinque minuti, ecco la voce della Guida fisica Michel che, dopo averci salutati, ci annuncia che produrrà un apporto da donare, come ormai sua consuetudine, a un nuovo convenuto appartenente al gentil sesso.

Quasi contemporaneamente vedo apparire davanti ai miei occhi una specie di globo luminescente di colore azzurro-grigio, dal quale immediatamente si elevano, per un'altezza di circa settanta-ottanta centimetri, delle volute aeriformi, che mi sembrano di materia gassosa e che si librano come vaporose spire di fumo. Al di sotto di tutto ciò, le mani del medium si agitano con veloci movimenti. 

La Guida invita due dei presenti (che si trovano alla destra del medium) a toccare l'oggetto che si sta formando fra le dita del medium stesso. A seduta terminata, mi viene detto da uno di loro che, in quel momento, l'oggetto al tatto sembrava una ruvida barra di ghisa.

 

Dopo qualche istante, sento dire: "Paola, vieni, è per te!". Avanzo nel buio con il cuore che mi batte per la timidezza e la meraviglia: credo che, ad eccezione del mio gruppo, nessuno sapesse il mio nome, poiché ero stata presentata come "la nostra segretaria".

Il medium mi prende le mani e, con le sue, luminosissime che rendono luminose anche le mie, fa cadere fra di esse un oggetto di consistenza dura, un po' caldo. Ringrazio, unisco le mani una sull'altra, serrando l'oggetto e ritorno al mio posto.

 

Non posso dire con assoluta certezza che esso si sia formato nelle mie mani; però, ripensandoci attentamente, ho la sensazione che quando lo ricevetti fosse solo un pezzo cilindrico di metallo senza linee particolari.

La Guida fa accendere la luce centrale. vedo il medium chino in avanti con il capo reclinato e le mani protese verso uno dei presenti, al quale la Guida dice: "Guarda, guarda!".

 

Vuole che si renda conto inequivocabilmente della genuinità del fenomeno, vuole che veda bene che non esiste alcuna sostanza chimica nelle mani del medium. Fa spegnere la luce centrale e la fa riaccendere una seconda volta, esortando ancora, come prima, a guardare bene, sia sulle palme che sul dorso delle mani.

Spenta la luce per la seconda volta, mi invade un profumo delicato di rose e sento la voce di Teresa che ci trasmette un conscio messaggio permeato di misticismo, tipico dell'Entità.

Ancora qualche attimo di silenzio, e poi Lilli, che con il battito delle mani, la vocetta e le risatine, ci saluta brevemente.

 

Si riaccende la luce: il medium è completamente sveglio.

Chiedo il permesso di guardare l'apporto che ancora tengo chiuso fra le mani. E' un oggetto fine ed elegante, una spilla d'oro della lunghezza di cinque centimetri, consistente in una specie di stelo dello spessore di circa quattro millimetri, leggermente ondulato e terminate in un anello ovale del diametro di circa un centimetro, nel quale si intreccia un altro anello delle stesse dimensioni, ma leggermente più rotondo.

Quest'ultimo, anziché essere lucido, come tutto il resto della spilla, è satinato. Al centro dell'intreccio dei due anelli, quasi in un nodo, brilla un piccolissimo diamante. Nel retro della barra che funge da chiusura, appare la microscopica ma leggibile scritta "Auro". (Foto n. 14).

 

Nella mia mente ora si affollano mille domande: "Chi mi ha inviato questo dono? Che cosa rappresenta? Che significato ha questo oggetto? Sarò in grado di coglierne l'autentico messaggio e metterlo in pratica?". Lo spero proprio, perché mi sento immeritatamente privilegiata. Sono però anche immensamente felice di aver potuto assistere a un fenomeno tanto eccezionale, che mi ha fatto ancora una volta sentire intensamente, nel più profondo del mio essere e con assoluta certezza, che lo spirito è eterno.

 

Mi si potrà obiettare che queste sono soltanto misere considerazioni di carattere, per così dire, umano-sentimentale, dovute alla commozione del particolare momento, ma io sono profondamente convinta che, in queste importanti problematiche, certe osservazioni più o meno scientifiche non riuscirebbero comunque ad assumere un valore autentico ed a convincere gli scettici, che increduli sono, non per mancanza di prove sicure, ma perché condizionati da schemi mentali ormai stabilizzati e non più rimovibili e principalmente perché porgono scarsa attenzione ai puri segnali del loro intimo.

La verità, infatti, prima di tutto va sempre ricercata in se stessi ed è convincente, reale, indiscutibile solo se così la si sente nel proprio animo.

 

 

 

21 gennaio 1984 - Elda Lolli

 

Avevo avuto occasione di conoscere già Roberto, a casa sua, in una mia precedente visita, in compagnia di mio marito (che già lo conosceva) e della mia figliola più piccola Federica. In tale circostanza ebbi subito la netta sensazione di

conoscere già la stanza nei minimi particolari. Stessa cosa per la persona di Roberto, che mi pareva di aver già conosciuto, anzi ne avevo la certezza (mi riservai di fargli in seguito alcune domande sui luoghi da lui frequentati in passato, ma purtroppo non ne ebbi più l'opportunità).

 

E veniamo al sabato sera del 21 gennaio 1984.

Non ero per nulla agitata, cosa che per il mio carattere e per la mia sensibilità (per motivi che non starò ad elencare) avrebbe potuto benissimo accadere. Dopo esserci intrattenuti su argomenti di varia attualità, è improvvisamente giunto il momento di spegnere le luci. Roberto ha chiesto una iniziale catena ch eè durata sino all'arrivo della prima Entità, François. 

Il buio era come l'inchiostro, profondo e intenso; la mia attenzione era attratta sulla mia destra da un tenue fascio di luce all'angolo di una parete, cosicché, pur non riuscendo a distinguere alcuno (nemmeno mio marito seduto al mio fianco) non mi sentivo immersa nel buio assoluto.

Non sto a descrivere gli altri concetti filosofici e spirituali, parole ed espressioni d'amore, di pace, di fratellanza, che uscivano dalle labbra di Roberto: tutto impostato al bene, all'amore, con espressioni e concetti molto profondi e con una proprietà di linguaggio che non definisco però ricercata, ma piuttosto difficile, soprattutto per una persona non adeguatamente preparata sul piano culturale ad afferrare tutti quei pensieri, molti dei quali di alto contenuto filosofico.

 

Quando "venne" Michel, si verificò il fenomeno dell'apporto, apporto quanto mai significativo nella forma e nella sostanza: una piccola chiave (da scrigno) in argento, nella cui dentellatura si leggeva la parola "ti amo", chiave che, consegnata nelle mani di mio marito con l'invito di portarla a Federica, gratificava particolarmente me. (Foto n. 16).

Successivamente fui invitata ad avvicinarmi e, da quel momento, ebbi l'impressione di ruotare in una dimensione totalmente diversa dalla mia: qualche cosa pareva mi sospingesse, con tanta dolcezza, verso quelle mani protese per accarezzarmi.

 

Non ho avuto il minimo timore, ed avrei seguito ovunque quella luce che tanta gioia, e soprattutto pace, mi infondeva.

In quel momento amavo quella voce, quelle mani carezzevoli che percorrevano la mia figura dal capo ai fianchi, le ho afferrate, erano fredde come il marmo, mi sono appoggiata su un ginocchio di Roberto: non so se ero in ginocchio o accucciata, so solo che ero tanto, ineffabilmente, felice.

 

Dopo quella indimenticabile serata, ogni 10-15 giorni, telefonavo a Roberto, ed egli si dimostrava sempre assai lieto delle mie telefonate, che si concludevano ogni volta con caldi inviti a farmi risentire. Le nostre conversazioni vertevano sulle cose di tutti i giorni e sulla sua salute. L'ultima volta che gli telefonai fu il venerdì precedente la sua dipartita.

 

Pochi giorni fa ho telefonato a sua sorella - la Signora Luciana - così, d'impulso, come rientra nel mio carattere. Le ho rinnovato le condoglianze e, naturalmente, abbiamo parlato di lui.

Al termine della telefonata, un intenso profumo di rose si è diffuso per la casa. Al momento ho pensato ad una suggestione: altre volte mi è capitato di sentire profumi, specie quello di mia madre (ma solo io). Allora ho telefonato a mio marito e gli ho riferito la cosa, ed egli mi ha consigliato di chiamare una vicina di casa per tentare di avere una conferma circa la persistenza del profumo: ma ciò non fu necessario, perché in quel momento rientrava mia figlia Federica, ed io le domandai: "Senti odore di cucina in casa?" (avremmo avuto persone a cena, quindi avevo preparato vari sughi).

La risposta di Federica fu: "Mamma, ma cos'hai fatto, un gelato alla rosa?".

Sono un soggetto facilmente suggestionabile, mi ritengo una modesta sensitiva, facile a lasciarsi un poco prendere la mano, ma la risposta di Federica... lascio agli altri interpretarla.

Se mai Roberto avesse voluto con ciò farmi un saluto, con tutto il cuore gli chiederei: "Ritorna, io ti aspetto!".

 

Continua