L'intelletto e le sue creazioni - La mente "motore del divenire" - Le maschere spirituali dell'io - Il falso e il vero Maestro - Come si percorre il Sentiero -
L'equilibrio interiore - La liberazione dall'ambiente - Il riscatto della volontà - La ricchezza interiore - I frutti del vuoto interiore - I negatori della vita -
La divinità interiore - Comandare e ubbidire - Donarsi e tacere - Lo splendore della verità - L'insostituibile insegnamento della vita - Il dono più prezioso -
Il
labirinto e l'uscita - Gli errori delle religioni: il mondo
Indipendenza tra senso dell'io e autocoscienza - La vecchia psiche e la nuova psichiatria (esempio del computer)- Elettronica e microchirurgia -
Dalla parte dell' "io"- Dalla parte di Dio - La "resurrezione della carne" - Domande senza risposta -
Il vero destino dell'uomo - la vera sopravvivenza - La logica della verità - L'ideologia della sopravvivenza (Congresso di Camerino)-
Il giusto modo di credere -Il giusto modo di agire - Invito alla responsabilità - Lo spiritismo di punta - Come distinguere le entità -
Gli spettacoli del fanatismo - La responsabilità del medium.
L'intelletto e le sue creazioni
Guardando
le forme della vita animale è facile constatare che ciascun individuo agisce in
conseguenza di stimoli che gli vengono o dall'ambiente o dai suoi corpi che
presiedono alla vita biologica di sensazione e istintiva. Se si togliessero
questi stimoli, l'animale non agirebbe più. Nell'uomo,
a questi impulsi si aggiungono quelli che vengono dal suo intelletto, per cui
se in lui venissero meno gli stimoli comuni agli animali egli continuerebbe ad
agire spinto dai suggerimenti che scaturiscono dalla vita di pensiero e che,
nell'uomo, rappresenta la parte predominante. Per
constatare la verità di quest'ultima affermazione basta che analizziate voi
stessi, alla ricerca di che cosa è che vi muove ad agire, che non è certo il
semplice soddisfacimento delle necessità vitali. Già il fatto che le necessità
vitali di un uomo sono di più e più complesse di quelle di un animale dipende
da istanze di ordine mentale e non fisiologico. Già da questo si ha la misura
di quanta parte abbia la mente nella
vita di un uomo. A
maggior riprova, esaminate i problemi connessi al soddisfacimento delle sole
necessità di natura fisiologica comuni agli animali, come il bisogno di
nutrirsi, ripararsi e accoppiarsi. Tali
necessità nell'uomo non solo, come ho detto, sono assai Anche
quando lavorate per guadagnare il denaro occorrente a soddisfare le necessità
della vostra vita (che, come ho detto, non sono solo quelle limitate
all'indispensabile) voi non adoperate la mente solo per coordinare e dirigere
le vostre azioni, bensì l'adoperate anche per esprimere voi stessi, cioè per
valorizzare ciò che fate e quindi la
vostra persona: la adoperate per pianificare, per raggiungere un vostro scopo
che può essere anche quello di fare meno possibile. E questo fare meno
possibile può essere ispirato non solo dalla pigrizia; può avere motivazioni
più sottili; può essere considerato e perseguito come dimostrazione della
propria furbizia; può essere insomma la conseguenza di una concezione di se
stessi nella quale si è tanto più bravi e più "dritti " quanto più si
riesce a sottrarsi a quelli che, in verità, sono i propri doveri. Tutto ciò dice che anche in quelle che sono attività volte a soddisfare semplici necessità fisiche si innestano motivazioni più sottili che riguardano la persona, il modo di essere dell'uomo nella società, cioè motivazioni di ordine mentale.
La
mente "motore del divenire" Grandissima
parte dell'attività dell'uomo ha una radice mentale. Il "motore del
divenire" del mondo umano, che poi è l'impulso che fa agire gli uomini, per
la maggior parte di essi è voler possedere oggetti, beni, persone, avere il
potere sugli altri, essere al centro dell'altrui; attenzione e stima e quindi
essere in una posizione in cui, per merito, si è distinti dagli altri. Tutto
questo chiaramente non sorge da necessità fisiche ma è un'attività che nasce
dalla mente dell'uomo. Ciò è tanto vero che se nell'uomo cessassero gli stimoli
di natura Se
si prendono in esame gli impulsi di natura mentale, cioè psicologica, si
osserva che essi non sono mai puramente mentali, ma sono sempre legati
all'appagamento di sensazioni, le quali non necessariamente scaturiscono dai
sensi. Direi, anzi, che gli impulsi mentali che spingono gli individui a
ricercare sensazioni legate ai sensi
sono in numero esiguo rispetto a quelle non in relazione con l'attività
sensoria. Inoltre,
come gli stimoli che tendono a soddisfare le necessità comuni agli animali sono
usati per costruirvi sopra un mondo di situazioni psicologiche, allo
stesso modo, sulle sensazioni
discendenti dai sensi l'uomo crea tutta una attività d'ordine mentale nella
quale l'attività dei sensi diventa solo
un pretesto: per esempio, il piacere di ascoltare musica, che diventa volontà
di apparire un raffinato intenditore, e via dicendo. Come prima dicevo, anche
gli impulsi psicologici che Tutto
questo perché c'è uno stretto collegamento fra il corpo delle sensazioni ed il corpo mentale.
Approfondendo, si potrebbe fare una classificazione delle sensazioni
distinguendole in quelle originate dai sensi, e quindi dal mondo materiale, e
quelle originate da motivi psicologici, cioè da un mondo più rarefatto. Un tale
approfondimento riserverebbe molte sorprese. Guardate, per esempio, il voler
possedere beni materiali. Non
c'è desiderio più materiale di questo, si direbbe con un giudizio superficiale;
invece un simile desiderio nasce dalla mente, è di natura psichica perché può
essere determinato, per esempio, dalla ricerca di una sicurezza che l'individuo
identifica nel possesso di beni; oppure può discendere dal bisogno di
valorizzare la propria persona attraverso la ricchezza, nella convinzione che
quanto più l'uomo riesce ad accumulare
beni materiali e tanto più vale. Il goloso è molto più sensuale
dell'avido di be ni materiali; così come un anacoreta può essere molto più
avido di un ricco mercante. La psicologia dell'uomo è complessa e può rivelare
motivazioni di condotte assolutamente insospettate. Le
maschere spirituali dell'io In
molte altre occasioni abbiamo parlato dell'io, dei sottili processi mediante i
quali realizza le sue trame ambiziose; abbiamo anche accennato alle
mimetizzazioni che l'io è capace di attuare, mascherando intenzioni
assolutamente egoistiche con atteggiamenti altruistici. Sempre per la stessa capacità mimetica, l'io e il suo
bisogno di valorizzarsi molto spesso si nascondono dietro modelli di vita
improntati all'umiltà, alla spiritualità. Abbiamo detto di religiosi e
spiritualisti che, nell'apparente dedizione a Dio della loro vita, sono volti
invece a guadagnarsi una posizione di rilievo nel regno celeste; cioè sono più
ambiziosi di quelli che una posizione di rilievo cercano di averla nel mondo
dibattendosi, arraffando, sfruttando le risorse della società umana. Voi
potete pensare che questo argomento non sia di interesse generale dato che
esiste una crisi di vocazioni religiose; ma siccome, in compenso, c'è
un'inflazione di organizzazioni che hanno come fine quello di realizzare l'uomo
spirituale, una riflessione sui motivi e gli atteggiamenti di chi persegue una
tale realizzazione credo che sia doverosa. L'uomo in cui domina l'io fa tutto in funzione di se stesso; tutto quello che fa deve portare, alla fine, un contributo alla valorizzazione della sua persona. Anche quando sembra che agisca per aiutare gli altri, l'azione altruistica nasconde come minimo il desiderio che la sua generosità sia risaputa e il suo prestigio accresciuto. Se qualcuno gli proponesse di donargli l'arte di Michelangelo per creare opere che però nessuno saprebbe mai di chi sono, con tutta probabilità non accetterebbe ciò che non gli darebbe alcun vantaggio. L'azione solo per la giustezza dell'azione in sé è sconosciuta all'uomo egoista, all'uomo dominato dall'io. Ora, il fatto che un tale uomo volga il suo interesse e la sua azione
nel campo dello spirito non può significare che il suo modo di concepire il mondo è cambiato;
sicuramente egli ha solo spostato la sua attività, ha solo cambiato genere,
probabilmente perché spera di riuscire ad affermarsi e a valorizzarsi meglio in
quel campo di quanto non riesca in altri. E infatti un religioso, uno
spiritualista può benissimo essere tale con il solo intento di voler possedere
oggetti, beni, persone; avere il potere sugli altri; essere al centro
dell'altrui attenzione e stima, e quindi in una posizione in cui, per merito, è
distinto dagli altri. Costui
può benissimo essere religioso e spiritualista per le stesse ragioni che
muovono, fanno agire un laico. Siccome l'uomo tende a realizzare fuori di sé le situazioni che possono appagare le sue intime aspirazioni - cioè quello che nasce come interiore necessità deve sboccare nel mondo esterno, soddisfarsi, trovare appagamento esteriore e quindi appagamento interiore -, un uomo che pensa di trovare nel campo religioso-spirituale la valorizzazione della sua persona reciterà quanto meglio possibile il suo ruolo non solo per convincere gli altri, ma anche per meglio raggiungere il suo scopo. Disgraziatamente, però, la
verità di se stessi non è l'azione, bensì l'intenzione. La mèta che un simile
uomo potrà raggiungere sarà quella di essere stimato un grande spirito, ma la
sua realtà sarà ben diversa. Lo tengano presente coloro che dedicano tutta o
parte della loro vita allo spirito, a Dio: come e più di ognuno hanno il dovere
di chiedersi la ragione che li anima. La loro vocazione chiede come compenso la
protezione divina, e quindi l'assenza di problemi e dolori? Se
così fosse, resterebbero delusi. Oppure si sacrificano per avere una ricompensa
nell'altra vita? Se così fosse, perderebbero tempo. Tale invito non è diretto solo agli ecclesiastici; lo è anche ai religiosi, e soprattutto ai gruppi spintici, spiritualisti e simili, e a coloro che si dedicano a discipline che mirano a dare "poteri " o addirittura a far evolvere. Il
falso e il vero Maestro Innanzitutto un avvertimento, che riguarda il vostro rapporto con una simile realtà umana, cioè con chi, facendo leva sulla vostra aspirazione, sul vostro desiderio, cerca di mettervi un'etichetta, di catturarvi, spesso promettendovi poteri o privilegi spirituali. Da moltissime parti ho sentito pseudo Maestri affermare
che seguire i loro corsi di istruzione reca il dono di annullare i semi dei
karma negativi. Chiaramente questa è un'esca per tenere avvinti a sé quelli che
stanno ad ascoltarli. E di queste esche ne vengono usate moltissime. Alcuni
promettono poteri paranormali, che gli incoscienti desiderano ardentemente al
punto di inventarseli. Le promesse, fortunatamente, non sono poi mantenute, ma
la colpa è attribuita agli aspiranti che
non riescono a seguire le prescrizioni, Quando
si vogliono tenere avvinte le persone c'è sempre un movente egoistico, perché
il vero Maestro al massimo arriva a proporsi, mai ad imporsi. Quando così non
è, siate certi Al
vero Maestro che agisce in purezza non interessa affatto avere discepoli e
seguaci perché non si serve di loro per crescere in importanza agli occhi degli uomini; non cerca di
apparire un depositario di verità esoteriche, spacciando per segreti divini
notizie che, al massimo, hanno il valore di un pettegolezzo. E,
questa è la cosa più importante: quale insegnamento viene impartito. Al limite,
anche il peggiore degli insegnanti può
essere tramite della comprensione del discepolo. La comprensione del discepolo
dipende dalla sua maturazione e quindi non può essere donata dal Maestro.
Perciò un discepolo "pronto " comprenderà e sboccerà da qualunque
parte gli giunga la Verità. Certo,
quando si vedono "istruttori " ordinare ore e ore di meditazione, e
la recitazione di salmi o mantra, ben sapendo che questo fa parte di un programma
per tener avvinte le persone, non si può fare a meno di scoprire il gioco, Qualunque
organizzazione, scuola e via dicendo che accoglie proseliti solo per la loro
volontà di adesione, se non vuoi vederseli fuggir via dopo il primo momento di
entusiasmo deve mantenere desto il loro interesse. Un mezzo, per esempio, è
mettere i seguaci al centro di una attività che faccia loro rivestire un ruolo
creativo determinante nei confronti di se stessi o degli altri; quando questo
non si può fare sul piano materiale, si ricorre all'irraggiungibile piano
spirituale. Certo, lo sforzo che si è disposti a fare per se stessi può essere
sostenuto più lungamente. Perciò che cosa c'è di più adatto che gorgheggiare
salmi e formule, quando si tratta di aiutare gli altri? Non
gettate il vostro tempo e le vostre energie in rituali inutili. Se volete fare
qualcosa per gli altri, fatelo direttamente sul faticoso piano concreto e non
comodamente a distanza, col pensiero. E
per voi stessi, ora, chiedetevi con tutta sincerità: perché seguite maestri,
scuole e discipline? Per diventare più potenti, più importanti?, per liberarvi
dai karma dolorosi?, per essere al centro dell'altrui attenzione?, per catturare
l'altrui considerazione? Se così è, lo fate per accrescere il vostro io. Può essere una scelta; anzi, quando così, imperiosamente si sente, non si riesce a ragionare, a fare diversamente; ma non si parli dà " spirito ", di "purificazione ", di "unione "!
Come
si percorre il Sentiero La
condotta più spirituale che può esservi è quella di voler purificarsi
dall'egoismo, dall'io, che è l'unica purificazione vera per realizzare l'unione
del proprio essere, che poi è la "comunione con tutti gli esseri", l'unica vera "unione"! Se poi le associazioni, le scuole, le
discipline che seguite vi dànno distensione, serenità, forza, hanno dato tutto
quello che possono dare. Di più non potrebbero. Ciò che potete realizzare da
quella condotta, come equilibrio, sicurezza di sé, volontà, non deve essere da
voi considerato fine a se stesso bensì come punto di partenza per dare un aiuto
efficiente agli altri, per non avere bisogno di aiuto ed essere, così, in grado
di aiutare. E'
una concezione ben diversa da quella in cui lo sviluppo di sé ha lo scopo di
elevare al di sopra degli altri per godere della propria superiorità. E' la
massima evangelica: « I massimi debbono servire i minimi «. E una concezione
che non vi aliena dalla vita, dal
mondo. La
giusta posizione di chi crede in un senso spirituale della vita non è quella
che porta a isolarsi, ad allontanarsi dal mondo; è quella in cui la vita
contemplativa è concepita, al massimo, come una fase transitoria, come una
pausa per una riflessione, perché è proprio dal contatto con i propri simili e
con le più disparate situazioni che si raccolgono gli stimoli necessari ad
ampliare la propria coscienza. Seguire
la " via dello spirito " non significa far crescere d'importanza il
proprio io in un ambiente cosiddetto spirituale, ma che di spirituale ha solo
il nome. La
verità di se stessi è l'intenzione. Perciò è perfettamente inutile modificare
la propria condotta, la propria veste, quando l'intenzione rimane la stessa.
Piuttosto restate al vostro posto e modificate le vostre intenzioni,
convincendovi che ognuno Solo
questo deve essere il movente che spinge ad aiutare i propri simili, quando non
si è spinti dall'amore per essi. Questo significa dare il vero senso spirituale
alla propria vita: vero perché universale; che può essere accettato anche da
chi allo spirito non crede; vero perché non è alienante, non esalta l'io non è
fanatico. E
quanto è facile, per voi, cadere nell'esaltazione; dopo di che attribuite virtù
miracolose alle diete, i rimedi, le discipline di cui vi siete innamorati. Vi
dò anch'io una prescrizione per recarvi sollievo, senso Chi
da queste mie parole sarà toccato nei suoi interessi egoistici, certamente
affermerà che esse vengono da entità basse, ignoranti, da forze negative. Così dicendo
commette un errore grossolano: vuol distruggere il valore di una affermazione
ne distruggendo chi la fa; e ciò è manifestamente illogico perché il valore di
un messaggio non dipende dal valore di
chi lo pronuncia ma dal suo significato. Quest'ultimo vale discutere, non
altro: e questo vi invito a fare.
CLAUDIO L'equilibrio interiore
Om
Mani Padme Aum Salve,
fratello caro. Molte volte ti è stato ripetuto che il tuo corpo fisico è solo un mezzo, uno strumento che ti permette
di manifestarti nel piano della materia più grossolana. Le
discipline dettate dalle filosofie orientali ti esortano a non identificarti
con il tuo corpo, con le tue sensazioni o coi tuoi pensieri, perché tu sei
altro di tutto ciò. Purtroppo queste affermazioni, che sono in sé vere, quando
sono male interpretate conducono a concezioni e comportamenti errati. Uno degli errori che puoi commettere,
fratello caro, è quello di credere che il corpo, le sensazioni, i pensieri non
abbiano alcun reale valore e che tu, come uomo, debba tenerli in nessun conto.
Venendo a sapere che i tuoi pensieri,
le tue sensazioni sono, in effetti, attività di altri corpi indipendenti dal
fisico, ossa sono parti del tuo essere, tu poi commettere l'errore di credere
che vi siano delle parti più importanti di altre. Vorrei
farti ben capire come tutti questi siano errori non solo dicendoti che, invero,
le cose stanno diversamente, ma facendoti comprendere come, in realtà, esse
sono. Tu devi considerare il tuo corpo fisico, il tuo corpo astrale o delle
sensazioni e desideri, il tuo corpo mentale o dei pensieri, una sorta di
macchina, di automatismi che funzionano
rispondendo, reagendo a degli stimoli. Se tu potessi mettere uno di
questi corpi in un ambiente asettico, in cui ricevesse un solo stimolo di
natura nota, tu potresti osservare la relativa reazione e scopriresti che essa
è analoga a quella dello stesso corpo di un tuo simile, ma non è mai identica.
Nulla, nel Cosmo, è mai identico ad un'altra cosa. La massima eguaglianza che
si riscontra è la similitudine, l'analogia; mai l'identità. Gli
stimoli che fanno reagire e funzionare i tuoi veicoli, facendoti insorgere
pensieri, sensazioni, emozioni, desideri, facendoti compiere azioni e
incontrare esperienze non provengono tutti dal tuo profondo essere e dalla tua
vera natura. Facendo
questa affermazione, due sono i concetti che io debbo chiarire: qual è il tuo
profondo essere e quali altri stimoli fanno reagire i tuoi veicoli. Il
nucleo di te stesso, ciò in cui si riassume tutto te stesso, la vita di tutte
le parti di cui sei costituito, che è la tua vera natura, è quel quid che
da solo dovrebbe dirigere ed ispirare
l'attività di tutti i tuoi veicoli. Questo quid, rivelato dalle sensazioni, dai
pensieri, è pura coscienza di esistere, è il tuo sentire più profondo e più
vero; tuttavia, in te uomo, non è più importante delle altre parti che ti
costituiscono. Nell'uomo
evoluto, quello in cui la coscienza individuale è costituita, gli stimoli che
fanno agire i veicoli provengono unicamente da questo quid ed allora quell'uomo
è padrone di se stesso, della sua mente e delle sue emozioni; agisce sotto la
sua volontà; ha un suo pensare, un suo desiderare, un suo volere. Ma prima che
la coscienza sia costituita, gli stimoli che mettono in moto la mente e i
desideri che fanno agire l'uomo possono venire dall'ambiente in cui vive, dalla società che lo attornia. Fratello
caro, se tu volessi guardare dentro di te con sincerità ti accorgeresti che sei
dominato e preda di un gran numero di suggestioni, che tu credi siano tuoi
bisogni essenziali e non ti accorgi che sono invece solo delle pseudo-necessità; Non solo: le influenze a cui soggiaci non riguardano solo la tua vita sociale, i tuoi comportamenti con gli altri; si insinuano nella tua mente, diventano tue opinioni, e tu pensi non come senti ma come gli altri vogliono che tu pensi. E così è anche dei desideri. Se tu potessi essere messo in una sorta di ambiente sterile alle influenze ed ai condizionamenti che ne derivano, ti scopriresti molto diverso da quello che credi di essere.
La
liberazione dall'ambiente Udendo
queste mie parole, subito trai la conclusione che gli stimoli che tu ricevi dal
tuo mondo siano deleteri ai fini della tua evoluzione, perché si sostituiscono
alla tua vera natura e ti impediscono di essere te stesso. Vedi, fratello caro,
quando la coscienza è embrionale, la mente ed il tuo corpo astrale hanno
un'attività che è provocata eminentemente dagli stimoli ambientali, e si hanno
delle esperienze che hanno origine dal fatto che si recepiscono quegli stimoli.
Se quelle esperienze sono amorali, significa che non si ha un sentire che lo
vieterebbe, una coscienza che farebbe respingere la suggestione esterna. A
mano a mano che si cresce interiormente, si diventa sempre più indipendenti
dall'ambiente in cui si vive, dalle sue influenze: la coscienza si costituisce
dando una sempre maggior autonomia di pensiero e di desiderio, uniformando
sempre di più
la propria volontà alla volontà del
Tutto-Uno sino a quando la mente e le emozioni rispecchiano solamente il
sentire profondo, e il volere
rispecchia il volere divino. Certo,
fratello caro, si tratta di un processo graduale che comprendo una lunga serie
di falsi in cui i pensieri, le sensazioni, le azioni indotte dall'ambiente via
via cedono il passo a quelle dettate dall'intimo essere. Quindi proprio
vivendo, proprio soggiacendo agli impulsi ambientali tu impari, per reazione, a
diventare padrone di te stesso, a prendere coscienza del tuo essere. Vivendo
hai delle esperienze che sono provocate in te dall'ambiente in cui sei, e poco
a poco prendi coscienza di te stesso. Tu
non vivi più seguendo l'istinto, come è nel regno animale, Via
via che tu sperimenti la vita con tutto ciò che essa comporta, il tuo sentire
profondo si amplia, la tua coscienza si espande. Ad un tale arricchimento
corrisponde una vita di pensiero e di emozione più tua, più sottratta alle
influenze ed alle suggestioni ambientali. Il
cammino è faticoso e doloroso: il dolore è il naturale correttivo che ti
distoglie dalla direzione sbagliata, che ti fa comprendere ciò che non riesci a
capire. Ma tu puoi, anzi tu devi raggiungere la stessa mèta con altri mezzi,
ossia partecipare attivamente alla presa di coscienza di te stesso. Perciò è
importante che tu ponga attenzione al tuo intimo per comprendere fino a che
punto tu sei preda delle suggestioni ambientali; fino a che punto ti lasci
trascinare o condizionare dai tuoi simili. E' vero che tu senti la suggestione in te e, se la senti, ciò significa Che tu non hai superato l'idea di possedere ciò che desideri, perché se tu l'avessi superata non cadresti preda della suggestione; e quindi l'ambiente sociale non è responsabile dei tuoi desideri ma sei tu che non sei padrone di te stesso, maturo, spiritualmente adulto; tuttavia, se non poni attenzione al processo che si svolge in te, se non ti rendi conto di quanto sei dominato, non raggiungerai mai quella coscienza di se stessi che rende liberi e maturi. Il
riscatto della volontà Non
essere abbandonato come le foglie cadute al vento. Sii consapevole di quanto
sei vulnerabile e ricettivo all'altrui influsso. Più che desiderare ciò che
altri ti fanno desiderare, devi avere un tuo desiderare; e più che un tuo
desiderare, devi avere un tuo volere: Tu devi anche essere conscio che, come
uomo, sei un essere costituito di più parti, nessuna delle quali è più
importante delle altre, ma tutte debbono essere armonicamente unite e svolgere
ciascuna la funzione che le è propria, in dipendenza del tuo vero, profondo
sentire, sotto Tu
devi trovare il giusto equilibrio dell'attività dei tuoi
Lo scopo della tua vita non deve essere costituito dalla sola attività di un
tuo veicolo. Non devi imperniare tutta la tua esistenza sulla valorizzazione
del tuo corpo fisico, non devi spenderla nella sola ricerca di nuove emozioni o
nell'appagare tutti i tuoi desideri, non devi fare del tuo pensiero l'unico
interesse della tua vita, altrimenti cadi nell'eccesso ed ogni eccesso è sempre
squilibrio. Il
tuo vivere, fratello caro, deve rappresentare la giusta misura fra la cura del
tuo corpo, la vita di sensazione e l'attività intellettiva. Ogni tuo corpo è
costruito per avere una giusta attività; è dannosa tanto l'inerzia quanto
l'eccessiva azione. Esaminati
con sincerità, osserva se sei preda di eccessi e ristabilisci il giusto
equilibrio. Sii tu a farlo prima che la natura, attraverso dure lezioni, ti
convinca della necessità di perseguire
la temperanza. Ricorda:
come l'evoluzione conduce gli esseri a riconoscersi in Uno solo, Unico Essere,
così tu cerca l'unione armoniosa e consapevole delle parti che costituiscono il
tuo essere di uomo. Om
Mani Padme Aum
FRATELLO ORIENTALE
La ricchezza interiore
L'uomo
della civiltà occidentale riversa tutta la sua attenzione sul mondo da lui
creduto esterno, e tutta la sua attività la indirizza verso fini che hanno
attinenza con quel mondo. Anche la preparazione, la cultura, la professionalità,
la perizia, insomma tutte quelle doti che sono patrimonio della persona, sono
importanti solo per quanto possono valere nella società, per quanta importanza
possono attribuire a chi le possiede e, conseguentemente, per quanta stima o
prestigio riescono a fargli riscuotere. Questo
finalizzare la propria vita verso obbiettivi che riguardano il mondo esterno,
fa sì che l'intimo dell'essere, con tutti i suoi moti dell'animo, rimanga per
l'uomo occidentale assolutamente sconosciuto. Le ragioni che determinano i
comportamenti, almeno quelle più recondite, rimangono ignorate, e quando i
comportamenti sono anomali si vorrebbero correggere senza prendere in
considerazione le cause intime che li scatenano. A
tale ignoranza della propria vita intima fa coronamento Chi
non è capace di vibrare interiormente, chi si annoia se non è posto in
contatto con situazioni dinamiche che
dànno sensazioni forti, chi non ha la sensibilità di sentirsi pago anche con la
sua sola vita intima, è una creatura che non possiede la più vera e la più
bella ricchezza, quella interiore. Avere
una vita interiore od essere interiormente ricchi significa trovare nel proprio
intimo tutti quegli incentivi, quei motivi che fanno vivere e che generalmente
sono cercati nel mondo esterno; significa avere una vita di pensiero che non
sia vòlta esclusivamente a indirizzare e dirigere la propria attività;
significa non annoiarsi restando soli con se stessi e avere tanta sensibilità
da emozionarsi con la meditazione come altri si emozionano nell'ammirazione,
per esempio, di paesaggi sconosciuti. Tutto
ciò non significa vivere staccati dalla realtà, in un mondo di fantasia; al
contrario; significa vivere più intensamente, avere la capacità di vibrare non
solo con gli stimoli grossolani ma anche con le sole sfumature; soprattutto
significa avere delle doti e delle
qualità interiori tali da costituire un mondo in attività anche nell'isolamento
più totale, ed essere, in mezzo agli uomini, un punto di orientamento da cui
possano trarre forza e ispirazione per la loro vita. Chi
possiede la ricchezza interiore non vive mai solo per se stesso; ecco perché
essa non può e non deve essere considerata come un insieme di qualità di cui
ornarsi. Sarebbe un errore considerarla fine a se stessa; e se è auspicabile,
non lo è perché valorizza chi la possiede; è importante e auspicabile perché
amplia lo spazio in cui l'uomo può avere esperienze e, quindi, stimoli che
incrementano il destarsi alla vita di coscienza. Chi
non ha una sua vita interiore, chi cerca stimoli esclusivamente dalle
situazioni del mondo esterno, finisce
col saturarsi di quelle situazioni, e per trovare nuovi stimoli, si direbbe per
fuggire la noia, per richiamare l'attenzione degli altri su di sé, per colmare
in qualche modo il suo vuoto interiore, State attenti a non far diventate scopo della vita i vostri malanni più o meno immaginari; cercate di non creare, o di non esagerare, i vostri problemi; cercate di non farli diventare qualcosa che serva a colmare il vostro vuoto interiore. Chi dà sapore alla vita solo per mezzo degli stimoli che gli vengono dal mondo esterno, quando questi gli vengono a mancare, o non gli dicono più nulla, si trova faccia a faccia col suo vuoto interiore e resta attanagliato dall'angoscia. Nasce così il problema di come sfuggire all'angoscia.
I
frutti del vuoto interiore Le
soluzioni che si adottano possono essere molteplici e più o meno tragiche.
Dalla ricerca di conforto e di aiuto da parte di qualche sedicente maestro,
alle droghe e al suicidio. Certo
è che le soluzioni sono tutte errate
perché non sradicano la causa dell'angoscia che, appunto, è il vuoto interiore,
ma si limitano a tamponare l'effetto cioè a tacitare l'angoscia stessa. Cercare
il conforto della protezione di qualche "istruttore spirituale " è
una illusione. Nessuno può fare per il singolo quello che il singolo
personalmente, individualmente deve
fare; nessuno può togliervi quello che, inevitabilmente, per il vostro
progresso individuale, dovete fare. Chi vi promette avanzamenti nella via dello
spirito, o immunità dagli avvenimenti dolorosi, vi illude. Noi stessi, se
erroneamente pensate che vi promettiamo tutto ciò, siamo per voi involontaria
fonte di illusione. Non
dovete venire a noi sperando che noi possiamo farvi Noi
siamo come il cibo per l'affamato, il quale non si sazia al solo guardare il
cibo ma deve portarlo alla bocca, altrimenti non si sfamerà, né si sfamerà guardando
gli altri sfamarsi. Non dovete venire a
noi sperando che noi, per voi, risolviamo i vostri problemi o vi diamo serenità
allontanando i motivi del vostro affanno. Noi, al massimo, possiamo insegnarvi
a risolvere i problemi, a trovare in voi stessi quella forza Ricorrere
alla droga per obliare l'angoscia che nasce dal vuoto interiore è eludere il
problema nel peggior modo. Non si deve credere, però, che drogati siano solo
Coloro che assumono sostanze chimiche alienanti. Se drogato è colui che è
ricorso a eccitanti per stordirsi e sfuggire all'assillo dei propri problemi o
alla noia del proprio vuoto interiore, i drogati sono molti di più di coloro
che sono bollati con un tale
I
negatori della vita Vi
sono alcuni che, non sapendo come colmare il proprio vuoto interiore, finiscono
con l'uccidersi. Rifiutano la vita che, a loro giudizio, non sa dare un valido
motivo di essere vissuta e non si accorgono che, invece, sono loro che non
sanno trovare una ragione di vita. Piuttosto
che rifiutare la vita, qualunque scopo si dia ad essa, sarà sempre uno scopo
valido. Forse vivere solo perché si ha uno scopo che trascina, una qualunque
mèta che si vuole raggiungere, può essere simile a trovare nelle droghe eccitanti
lo
stimolo a vivere; ma piuttosto che non vivere, cioè essere abulici, inerti,
rinunciatari, è meglio essere degli esaltati, dei fanatici, degli invasati.
Cadere nell'abulìa, nell'inerzia, nell'assenza di desiderio, è come suicidarsi,
perché il desiderio è vita e vivere, anche in modo opposto al raggiungimento
delle qualità interiori, alla fine porta sempre a quelle qualità, alla
costituzione della coscienza individuale. Dal proprio vuoto interiore alcuni sono portati a distruggere le qualità degli altri, dei loro simili , per sentirsi meno poveri, meno mancanti della vera ricchezza. Sono creature che comunemente si definiscono ciniche perché beffardamente disprezzano tutto. Così facendo, oltre che distruggere se stessi distruggono
gli altri. Ciò è una forma di omicidio perché, come è suicidio l'abulia, il
rinunciare a lottare per vivere, così distruggere Chi
veramente vale non ha bisogno di
minimizzare il valore altrui; non teme il confronto perché neppure se lo pone;
non vive per essere il più bravo ma ciò che fa lo fa per amore al fare, al
creare. Chi ha questo amore non sente sacrificio e non chiede ricompensa; la
sua ricchezza interiore è mercede sufficiente; non aspetta che gli altri
facciano o diano l'esempio; non è trascinato dalla decadenza e dal dilagare
della disonestà e dell'angoscia e dell'ingiustizia ma, al contrario, vi si
oppone facendosi modello di comportamento, perché sa che quando gli scandali si susseguono senza più scandalizzare, quando la giustizia
colpisce solo i deboli ed i poveri, quando
la ragione più non vale e si pensa solo ai propri quando
si cerca solo lo svago, quando
il divertimento più non diverte, quando,
per fare il proprio dovere, è necessario avere paura, allora, perché non accada
il peggio, è
il momento di capire che ognuno è responsabile e
che a ciascuno individualmente spetta
rendere bello e funzionante il suo mondo.
CLAUDIO La divinità interiore
Sorelle,
fratelli, la mia gioia di questo momento mi viene da voi, dal tatto che voi
state ad ascoltarmi, mi accogliete. Come desidero, perciò, contraccambiare la
gioia che mi date. Oh se riuscissi ad esservi utile! Certo
non lo potrei tentando di spiegate la perfezione di Dio. Io sono così poca cosa che non posso certo aspirare a
capire tanta immensità. Ma tutto quello che sento in me, Dio me ne fa dono
immeritato. E' come se il Suo potere, a cui nulla è impossibile, quell'oceano
infinito ch'Egli è, entrasse e si
facesse contenere in una piccola piccola coppa. Sì, anche a chi è ben
poca cosa Egli si rivela in tutta la Sua grandezza. Ma Egli si rivela solo quando abbiamo imparato ad amarLo nelle Sue creature; e quanto poco impegno, invece, mettiamo in ciò! Anzi cerchiamo, facciamo di tutto per mettere fra noi e loro delle barriere. Anche quando una simpatia, un amicizia sbocciano grazie ad un moto istintivo e inconsapevole, col volere mettere i punti sulle i, col voler dare sapore al sale, finiamo col raffreddare ed estinguere il reciproco slancio.
Forse se
ponessimo più attenzione a noi stessi, alle nostre imperfezioni, ci sarebbe più
facile capire i difetti dei nostri simili, perché " simili " si chiamano non solo per l'aspetto fisico,
ma anche e soprattutto per l'essere interiore. Sicuramente
nessuno è perfetto; è fin troppo facile trovare E' più facile negare Cristo che seguirne il Vangelo. E anche quando non Lo si nega, è più facile dire che fare.
Comandare
e ubbidire Generalmente
all'uomo piace sentenziare, disporre, comandare. Ma chi è preposto al comando dovrebbe sempre pòrsi,
nell'intimo suo, nei panni di chi deve eseguire e non chiedere di più di quanto
egli stesso possa sopportare. Chi è preposto al comando sia consapevole della
responsabilità che ha, essendo responsabile di coloro che dirige; il suo ufficio non si esaurisca con
l'ostentare il suo grado, col gloriarsene: piuttosto sia preoccupato per quello
che l'ufficio comporta. E chi è in sottordine, subordinato, non si senta perciò
privo di importanza. Lo
stesso Cristo, dicendo « Padre, sia fatta la Tua volontà e non la mia» ci ha
insegnato la via dell'ubbidienza e ci ha svelato che essa è comandata da Dio.
Dire con convinzione « sia fatta la Tua volontà « è avere trovato la sicurezza
che il dolore che incontriamo è sempre
il frutto dei nostri errori, è sempre il frutto della nostra incomprensione, e
che Dio lo permette per il nostro vero bene, per un fine non di vendetta ma di
amore. Ripetiamo con convinzione le parole del salmista: " Signore, Tu sei il mio Pastore, io non mancherò di nulla; mi fai
riposare su verdi pascoli, mi conduci presso acque tranquille, ristori l'anima
mia. Anche se camminassi nella valle delle tenebre non temerei nulla di male,
perché Tu sei con me ". «
Oh, Padre, fa' ch'io Ti veda attraverso le creature; fa' ch'io non mi fermi al
lato tristemente umano, agli inevitabili limiti, ai diletti più, o meno
scostanti; fa' ch'io non consideri la loro abilità, la loro sicurezza, la loro bellezza
come qualcosa che appartiene a loro ma che li consideri Tuoi doni, quali in
effetti sono; fa' che al di là di ogni apparenza io veda Te, Essere per
Essenza, di cui noi siamo riflessi, tanto più somiglianti quanto meno siamo
limitati. «Ciò
che Tu vuoi che l'uomo faccia e come
l'uomo sia non è un mistero solo che l'uomo lo voglia, che se lo domandi. E non
si può neppure dire che fare la Tua volontà sia faticoso, costi sforzo; lo è
quando l'uomo non vuole, ma quando ci si abbandona a Te, quando si dimentica se stessi, il proprio
guadagno, il voler apparire, allora la Tua via porta innanzi con sicurezza, con
la gioia nel cuore e una forza che tutto fa superare. «
Se si fissano in Te i nostri propositi Tu non ci abbandoni, ricolmi di
consolazione la nostra vita. Capisco, o Signore, che è a Te che dobbiamo
consapevolmente e volontariamente venire. Dicci dove dobbiamo guardare per
vederTi e non vedere altro. Se, come dice sant'Agostino, quelli che si
rifugiano in Te è con la fede che Ti trovano, dacci, o Signore, la fede; se è
con la virtù, dacci la virtù; se è con la scienza, dacci la scienza. «Forse per trovarTi, o Signore, dobbiamo lasciare il mondo, gli affetti, la famiglia, il lavoro? E' proprio indispensabile che rinunciamo a tutto, ci isoliamo? No, Tu non lo vuoi necessariamente, tanto più perché se l'uomo non supera dentro di sé l'attaccamento smisurato alle cose sensibili è inutile che fugga il mondo; lontano che vada con sé recherà sempre nel suo cuore le sue innumerevoli brame. Invece, se pur restando nel mondo, nella famiglia, pur lavorando, compirà le sue azioni anonime, insignificanti, dedicandole a Te, se amerà e servirà di più i suoi cari donando a Te quella vita apparentemente inutile; se cercherà di pulire, abbellire, facilitare la vita degli altri per amore a Te; o Signore, allora sì che Ti mostrerai«.
Donarsi
e tacere Tutto
sta nell'intenzione: essa santifica le cose più inutili, le azioni più comuni.
Chi nell'intenzione si dona al bene altrui vive unito a Te, o Padre, e tutto
ciò che fa diventa soprannaturale. Dio
è presente in tutte le Sue creature; infatti niente e nessuno può esistere se
non per Iddio, in forza del Suo continuo comunicare l'essere. Tutto è opera
della Sua sostanza e in tal modo Dio è dappertutto; ognuno di noi, per parlare
col Padre e godere della Sua compagnia, non ha bisogno di salire Dunque,
o Signore, non avrò bisogno di viaggiare in lungo e in largo il mondo per
trovarTi, ma anzi quanto più il mondo mi sarà estraneo o indifferente, pur
rimanendo io in esso, più facilmente Ti troverò. Ora
lo so, o Signore, io stessa sono il luogo dove Tu dimori e Ti nascondi; posso
dunque non essere felice sapendo che Tu sei con me? Tu sei il mio vero essere;
che cosa posso volere di più?, che cosa cercare ancora fuori di me, se Tu, il
Tutto, sei in me ed arricchisci e colmi l'inutilità che io sono? Eppure
anche il mondo sensibile a noi esterno, se sapessimo osservarlo con attenzione,
ci richiamerebbe a Dio, alla Sua incommensurabile grandezza. Ma
l'uomo si serve del mondo solo per appagare i suoi desideri egoistici, per
cercare la sua gloria, e così trascura di osservare con attenzione quanto lo
circonda e che in ogni particolare rende testimonianza alla grandezza di Dio:
tutto, dalle meraviglie della natura alle invenzioni con cui inavvertitamente,
senza imposizioni, richiami gli uomini a Te; Tu elargisci agli uomini il bene
in una forma così umile e silenziosa che essi credono sia prodotto della loro
fatica e della loro abilità; credono sia loro proprietà. Sorelle,
fratelli, Dio non vuole che la vita dell'uomo sia sofferenza, sofferenza e
rinuncia, ma gli ha dato anche la gioia; e non solo quella spirituale e tutta
interiore che può effondersi con l'estasi nell'animo del santo; non solo quella
rarefatta e intellettuale dell'uomo raffinato; ma anche quella che può Nulla
e nessuno, nella vita dell'uomo, deve essere esclusivo Perciò non amate solo voi stessi; e quando avete compreso ciò e amate gli altri, allora considerate che non dovete amare solo alcuni; se non siete capaci di altro amore più impersonale, fate dell'amore ai vostri familiari lo scopo della vostra vita; e quando sarete riusciti a dedicare tutti voi stessi a loro, ricordate che la vostra vita non può avere quel solo scopo. Lo
splendore della verità Sorelle,
fratelli, dimenticate quella domanda che insistentemente vi fate tutte le
volte che la vita vi si propone: che
cosa ho da guadagnare o che cosa ho da perdere? Siate leali con voi stessi e
con gli altri; non vi difetti la
sincerità. Dice
sant'Agostino: « Liberami, Signore,
dalla lingua ingannatrice, insegnami a non dire menzogna, a non spargere
diffamazione, a non lanciare calunnie, a non rendere falsa testimonianza «.
Così io dico a voi: abbandonate ogni forma di simulazione, doppiezza e
formalismo. Rifuggite procedimenti Le
vostre parole corrispondano ai pensieri. Pensare una cosa e dirne un'altra allo
scopo di ingannare, di assecondare la
propria causa, divide gli uomini da Dio, mentre il nostro destino è l'unione. «
Signore, in Cristo Tu sei il Dio della
pace, della misericordia, della verità, dell'amore. Fa' che quella pace, quella
misericordia, quella bontà, quell'amore ci uniscano e siano con noi e fra noi
in tutti i giorni della nostra vita. «
Tu sei il Dio dell'unione: fa' che lo spirito ci unisca consapevolmente gli uni
agli altri in un solo corpo con la comunione dell'amore, della comprensione di
una sola verità. «
Signore, Dio del Tutto, rendici degni del miracolo che stiamo vivendo. Amen.
Amen, Amen «. TERESA
L'insostituibile insegnamento della vita
Miei
cari amici, Alan vi saluta. Lasciate
che io vi chiami amici e voi pure consideratemi così, perché non ho da offrirvi
altro che la mia amicizia; non ho l'altezza spirituale dei Maestri che
abitualmente ci istruiscono; posso parlarvi solo di me stesso, delle mie
esperienze. Nella
mia ultima incarnazione, che fu nel secolo scorso, fui un ufficiale al servizio
di Sua Maestà Britannica, in India, dopo cessata la disperata resistenza dei
Maratti. Credo
che, nella vita di ogni uomo, la cosa più importante Mi amava profondamente e mi era devota in modo inimmaginabile: pensate che non mi fece mai capire che odiava la vita militare perché immaginava che io mi sarei dispiaciuto. Grazie all'amore che c'era fra noi, in virtù di quell'amore,
la
mia vita in maturità prese un indirizzo del tutto diverso da quello che seguivo
in gioventù. Infatti in giovane età ero un perfetto militarista che odiava il
nemico, e il nemico erano quei poveri diavoli
indiani che si opponevano alla colonizzazione dell'India. Mi ricordo che
odiavo particolarmente il capo di certi « ribelli» così noi li chiamavamo. Una
volta sentii parlare di un certo asceta-santone che si diceva avesse la doppia
vista e riuscisse a sapere cose segrete. Pensai di andare a trovarlo e di
interrogarlo perché mi svelasse il nascondiglio del mio odiato nemico. Babaji,
quello era il nome del Guru, mi guardò lungamente in silenzio e poi mi disse: «
Tu presto troverai il tuo nemico senza che sia necessario che io ti sveli il
suo nascondiglio. Ma sarà grazie a lui e all'amore che porti alla tua compagna
che tornerai da me completamente trasformato «. La
profezia si avverò in pieno di lì a poco. Un giorno, in una battaglia, in un
luogo della penisola del Deccan, mi trovai in un corpo a corpo con il mio
odiato nemico; e quando lui stava sotto di me ed io ero per strangolarlo, il
suo volto, nella mia visione, si trasformò in quello dolcissimo e amatissimo
della mia Maud. Fu come una folgorazione! In quell'istante compresi che ciò che
odiamo è solo un'immagine e che ognuno che odia non riesce a vedere oltre le
sue limitazioni, altrimenti comprenderebbe che odiare è uccidere la propria
capacità di amare. Io non sapevo niente di reincarnazione, di evoluzione, insomma di tutte quelle cose che danno un significato ed una logica ragione alla vita. Ma solo da
quella visione capii che solamente l'amore è costruttivo e che il dovere di
ognuno verso gli altri è quello di costruire, perciò di amare. Da quel giorno il mio atteggiamento verso la vita cominciò a cambiare. Cercai quale poteva essere una visione delle cose che potesse spiegare logicamente e sentimentalmente la folgorante conclusione a cui mi aveva fatto giungere la visione avuta. E in questa ricerca la
mia Maud mi assecondava pienamente e preziosamente. La sua sensibilità la
faceva pronta a Tornai
anche da Babaji e da lui ebbi quella chiarezza di Conobbi esseri che consumavano la loro esistenza nell'amore al prossimo: una cosa meravigliosa, non c'è dubbio, ma è meravigliosa più per chi ama che per chi è amato.
Il
dono più prezioso Io
credo che, per quanto sia grande l'amore dei santi, gli effetti di quell'amore
sugli uomini che ne sono l'oggetto non sono mai all'altezza di quell'amore, e
ciò non per difetto di chi ama. Per quanto sia grande l'amore di Dio per le Sue
creature, non è mai tanto efficace nei loro confronti quanto lo è la vita. La
vita è il mezzo che rende produttivo l'amore di Dio per l'uomo; senza un tale
mezzo, perfino l'amore infinito sarebbe privo di effetti, fine a se stesso. La
vita insegna sempre, anche quando si va dalla parte Parole
grosse che possono spaventare, lo capisco. Però, alla fin fine, il modo
migliore di raggiungere una tale mèta è fare della propria esistenza un
esempio. Io
non voglio farvi delle prediche: quello che dico è La
maggior parte degli uomini è convinta che il mondo, che la società si possa
modificare modificando l'ambiente, le istituzioni, insomma quello che sta
all'esterno dell'uomo. I nostri Maestri hanno ripetuto fino alla noia che ciò
non è sufficiente per far cessare lo sfruttamento, l'ingiustizia, la
sopraffazione, la violenza. Il primo cambiamento, quello più importante, devo
avvenire nell'intimo di ognuno, e non è cambiamento che riguarda solo i gusti o
la mentalità; il che riguarderebbe pur sempre l'intimo dell'uomo; è una
trasformazione del più profondo essere interiore, del sentire; una diversa
natura. Se
in una società in cui l'onore di un uomo è legato alla fedeltà sessuale della
compagna si riuscisse a far comprendere che il valore di un essere umano non
può risiedere in quei fattori aleatori e non dipendenti dalla sua volontà, per
i quali egli non viene tradito, è certo che la questione, con tutti i tormenti
che l'accompagnano, non sarebbe così superata. Infatti la natura degli uomini
che vivono in quella società creerebbe nuovi costumi, nuovi pretesti per sfogare
in altre direzioni il desiderio di spadroneggiare, soffocare, assoggettare;
desiderio che ora è esercitato e addirittura idealizzato nella figura dell'uomo
capo-famiglia, padrone assoluto. Quello che occorre è un cambiamento di sentire, più che un cambiamento di pensiero. Quando c'è un diverso sentire, il diverso pensare è automatica conseguenza. Ma solo la vita con le sue esperienze e le inerenti riflessioni apre la via a un diverso sentire, il solo che può realizzare un mondo migliore.
Il
labirinto e l'uscita Permettetemi
di dirvi di non confondere il progresso di cui noi vi parliamo con un
incremento delle necessità individuali, con un maggior desiderio di beni non
essenziali. Il modo di vivere di ognuno deve essere semplice. La mente non deve
essere volta a sensibilizzare l'uomo su quanto e su quello che gli altri hanno
di più, o se si è abbastanza considerati e riveriti. Per quanta importanza
riusciate a riscuotere dai vostri simili, sarà sempre una cosa effimera e che
non vi appartiene e, dicono i nostri Maestri, non aumenterà di un atomo quello
che siete in realtà. Ha
un senso perdere la propria serenità per accumulare? L'arraffare per
l'arraffare, poi, oltre che essere proprio dell'avidità e quindi non essere
morale, non è nemmeno intelligente perché non tiene conto che elevare a sistema
un simile comportamento equivale a distruggere l'economia, a rendere disumana e
crudele la società. Dopo di che si chiede aiuto a Dio perché metta le cose a posto.
E quante invocazioni di aiuto salgono al cielo! Così
succede perché non si è compreso il vero significato della vita; non si è
compreso che la vita è una occasione che gli esseri hanno per rendere
costruttivo il loro esistere,; un mezzo per guardare oltre l'orizzonte del
proprio egoismo e della propria limitazione. E quando gli esseri così non
fanno, la vita è la sola educatrice che possa indurre a tanto. Allora essa si
trasforma in un labirinto in cui l'uomo si sbizzarrisce come può, facendosi
guidare, quanto gli è più possibile, dal capriccio, per portare all'esterno di
sé gli impulsi che dall'interno premono. Per
quanto caos possa creare questo modo di vivere dell'uomo, quindi per
quanto complicato possa essere il mondo
umano, la vita, con spinte dall'interno all'esterno dell'uomo, in modo sicuro,
perfetto, meraviglioso, conduce gli esseri a rendere costruttivo il loro
esistere, a guardare oltre l'orizzonte del loro egoismo. Se
dunque la vita vi infligge dei colpi, non invocate il cielo perché siate
risparmiati. Essi sono il vostro vero bene. L'uomo
può errare e perciò allungare il suo cammino; la vita Vi
ringrazio, o amici, di avermi dato l'opportunità di parlarvi, anche se quello
che ho detto non è così importante come le cose celestiali di cui ci parlano i
nostri Maestri. Ma Gli errori delle religioni: il mondo Qualcuno
disse: «Nel momento che si nasce si comincia a morire». Noi
vi diciamo: « Nascete all'oggi, morite all'ieri e sarete sempre vivi, non
cadaveri ambulanti «. Il
più grande dono: il dono della vita! Ma
voi non siete d'accordo con me: siete un po' tutti degli stanchi e sfiduciati
della vita, poveri fratelli senza entusiasmo, timorosi di vivere, timorosi di morire. «
La vita è una prova, è vero fratello? Qua non v'è felicità, bisogna cercare
solamente di restare in grazia di Dio per meritarsi la vita eterna «: ecco il
ritornello che da secoli E
quando gli uomini cercano qualcosa di più convincente, parlano gli
"spiriti" con parole nuove: « Questo vostro mondo non è il mondo
della realtà; la vita comincia dopo la morte «. A
voi piacciono queste spiegazioni, perché vi scusano un po' con voi stessi e con
gli altri per quello che non avete fatto. Se
interrogate una creatura che in vita sua non abbia fatto niente, vi risponderà
che le è stato impedito di "fare" : malattie colpi del destino,
rovesci di fortuna e via dicendo. Come se l'uomo esistesse solamente per essere
impedito. Sono Il
mondo non è una valle, di lacrime per disposizione divina, non è terra di
continuo dolore a sé stante, ma parte di quel Tutto-Uno che si chiama Assoluto, in cui
ogni suddivisione è convenzionale essendo unica la Realtà. Convincetevi
di questo e la vita vi apparirà sotto una luce diversa. Se
pensate infatti che sia un esilio per l'uomo, siete portati a trascorrerla in
un modo che è un compromesso tra ciò che ritenete piacevole e ciò che fate con
sforzo, chiudendovi, «Fratello,
credi alla legge dell'evoluzione?». E' comodo credervi. Voi dite: "L'evoluzione avviene in ogni modo; giungerà comunque l'ora della mia
liberazione". «
Fratello, credi al karma? Guarda quella creatura quanto Non
è così, purtroppo? E' l'uomo che interpreta erratamente, che vive tra
compromessi illudendosi di trarne due o più vantaggi. Non
è importante credere alla legge dell'evoluzione: se non vi muovete, tali siete
e tali resterete. Non
è importante credere al karma, fratello che ci credi: anzi, se nel timore di dio
che possa ricadere su di te vivi in Non
potete certo dire di amare i vostri fratelli se, considerando che essi si
trovano in difficoltà per loro stessa cagione, credete di essere in diritto di
disinteressarvi dal prestare loro aiuto. Dovete
intendere nel vero senso i nostri insegnamenti; non dovete sfuggire a voi
stessi, illudervi; ma dovete essere esattamente edotti di tutti quei "come
" e "perché " che determinano la
vostra condotta e che corrispondono ad altrettanti " come " e "
perché ", misteriose incognite della vostra esistenza. Non
dovete pensare che la vita sia una prova, che la vita sia un castigo, che sia
una ed una sola delle molte incarnazioni necessarie al conseguimento della
Realtà. Così, facendo, voi riguardate alla vita come a qualcosa che bisogna
sopportare di buon animo e che non è completa in sé, mentre proprio per questo
è il più gran dono. La
vita è completa in sé. Ognuno
prende esattamente da essa quanto a lui fa bisogno. Noi,
i Maestri, Cristo stesso, nessuno può sostituirsi all'insegnamento della vita. Rapporto tra cervello e psiche - Si
riconosce, nella vita dell'uomo, una attività fisica che viene espletata dal
corpo fisico dell'uomo; inoltre, si riconosce una attività di sensazione, che
si incentra in quello che abbiamo chiamato corpo astrale; ed infine una
attività intellettiva alla quale presiede il corpo mentale dell'uomo. Senza un corpo fisico non si agisce
nell'omonimo piano; così, senza il corpo astrale, non si hanno né sensazioni né
emozioni; senza il corpo mentale non solo non si ha attività intellettiva vera
e propria ma non si riconoscono neppure le sensazioni e le emozioni, né si
possono coordinare le azioni. Il
corpo astrale è più sottile del fisico ma più grossolano del mentale; tuttavia
ciò non significa che i tre corpi siano totalmente indipendenti; né questo deve
farlo pensare il fatto che alla morte del corpo fisico gli altri due corpi
sopravvivono per un certo periodo di tempo.
Per
rendere più esplicativo questo discorso dirò che, come Oggi,
questo termine così antico è diventato di uso comune perché accontenta tanto il
materialismo della scienza e dei positivisti, quanto lo spiritualismo di chi
crede che la realtà non sia tutta materiale. Che
cos'è la psiche? E' il complesso di tutte quelle facoltà e di quei caratteri
che dirigono l'attività e l'esistenza dell'uomo; cioè di quelle qualità, non
fisiche, che poi caratterizzano un individuo e lo diversificano da un altro
della stessa specie. Così, è psichica l'attività mentale istintiva o
intellettiva; è psichica l'attività sensoria e di percezione; ma sovrana
creatura della psiche è l'io. Quando si parla di io, comunemente si intende il proprio essere e, più comunemente ancora, la coscienza di esistere; ma ciò non è esatto. Infatti, già da quello che asseriscono la psicoanalisi e la psicologia sapete che una tale concezione, che lega l'io alla coscienza, è un errore, perché l'io ha aspetti subconsci ed inconsci, quindi non è tutta coscienza. Ma prima di parlare di un tale errore, vorrei dire qualcos'altro.
La
vecchia psiche e la nuova psichiatria Fin
qui mi sembra di avere, anche se solo accennato, fatto capire che la psiche
della scienza umana o della umana conoscenza è né più né meno che l'attività
del corpo astrale e del corpo mentale, secondo la nostra nomenclatura. Ora, in ordine ad un vecchio modo di concepire l'uomo che è la conseguenza non di una analisi ma di un modo di vedere il mondo in chiave, più che religiosa, direi chiesastica, la psiche era un complesso di caratteristiche totalmente indipendenti non solo dall'ambiente, dall'educazione, ma anche e soprattutto dal corpo umano. La psiche faceva parte dell'anima, perciò era, come quella, immortale, dono di Dio. Parte di questa concezione, e precisamente
l'indipendenza della psiche dal corpo, fu adottata dagli spiritisti, i quali vi
aderirono interpretando che i defunti si manifestavano con la personalità avuta
in vita proprio perché essa era una parte D'altro canto la moderna psichiatria, provando con l'esperienza scientifica che il modo di essere dell'individuo, cioè la personalità, come l'umore, come le facoltà mentali, sono dipendenti da certe cellule cerebrali (al punto che anche gli stimoli ambientali ed educativi si imprimono nella personalità solo perché condizionano i processi biochimici di quelle cellule) ha dato un colpo alla interpretazione spiritica dei fenomeni medianici. Se infatti la personalità è strettamente legata alle cellule cerebrali, come per esempio lo è la memoria, a tal punto che l'una può cambiare e l'altra può sparire in conseguenza di lesione dell'encefalo, come potrebbe la personalità rimanere integra dopo la morte del corpo? Se uno spirito comunicante
si presenta in una seduta medianica con la personalità che aveva in vita e
ricordando episodi accadutigli, e se
invece la psichiatria ha dimostrato che
tali qualità mentali sono strettamente connesse al cervello fisico,
cervello che lo spirito non ha più, due sono le soluzioni: o lo spirito non è
uno spirito, ma semplicemente una drammatizzazione, una ricostruzione di una tale personalità che il
medium opera impiegando le proprie facoltà chiaroveggenti; oppure c'è qualcosa,
nel meccanismo cervello-personalità-anima, che ancora non è stato compreso. E'
inutile dichiarare che io propendo per quest'ultima soluzione, anche se non
escludo che certe comunicazioni spiritiche siano drammatizzazioni medianiche;
cioè affermo che
non necessariamente le sedicenti comunicazioni spiritiche sono veramente tali:
esse ricoprono una gamma che va dalla frode conscia a quella inconscia, come è
la drammatizzazione, fino alla pura e vera comunicazione spiritica, peraltro
molto rara . Ma la questione non verte sul fatto che sia possibile o meno la comunicazione dei disincarnati. Trovo più interessante cercare di chiarire, per quanto è possibile, con termini non complicati, perché mai la personalità sembra strettamente dipendente e legata a certe parti anatomiche del cervello. Noi abbiamo sempre affermato che l'encefalo
- specie nelle sue parti costituenti: cervello e cervelletto - costituisce una
sorta di apparecchio rice-trasmittente dell'attività degli altri due corpi:
quello astrale e quello mentale. Però va precisato che l'attività del
cosiddetto "istinto naturale" (che governa Allora, com'è possibile che, alterando le cellule cerebrali - cioè di un corpo che, secondo le nostre affermazioni, è semplicemente un ricettore del corpo mentale ove ha sede la vera attività omonima - si modifica invece, anche profondamente, l'attività psichica, così come è stato osservato dalla psichiatria e dalla neurochirurgia? Mi servirò di un esempio che per voi è di attualità: il calcolatore elettronico.
Elettronica
e microchirurgia Questo
apparecchio si può convenzionalmente considerare diviso in due blocchi: il
terminale, dove si immettono e si estraggono i dati per la elaborazione, ed il
calcolatore vero e proprio, il quale è cosa diversa dal terminale in sé. Ora,
chi ignorasse l'esistenza ed il funzionamento del calcolatore elettronico
crederebbe che l'intero apparecchio fosse racchiuso nel terminale ed in quello
identificherebbe la sede di tutte le funzioni svolte dall'apparecchiatura
composta da terminale e calcolatore. Allo
stesso modo è delle facoltà psichiche, che hanno, nel cervello, la porta di
entrata e di uscita, per così dire; cioè una sorta di terminale; un terminale
però non passivo ma intimamente connesso col corpo astrale e con quello
mentale, tanto connesso che i cambiamenti che avvengono nelle cellule per opera
degli impulsi ambientali - e sono cambiamenti che riguardano la biochimica
delle cellule oppure i cambiamenti di natura organica anche traumatica -
immediatamente si riflettono sui corpi astrale e mentale modificando il
comportamento psichico dell'individuo. Supponiamo
che, con un intervento chirurgico specializzato, ad un uomo venga cancellata
una parte della memoria mediante un'azione sulla parte del cervello che, si
dice, presiede a quella funzione. In
effetti il chirurgo, agendo sul cervello, agisce indirettamente anche sul corpo
mentale di quell'uomo e agisce a tal punto che se il paziente trapassasse e si
manifestasse in una Se
ammettiamo che fra le cellule del cervello e i corpi astrale e mentale vi sia
un'intima connessione; tale che ciascun cambiamento a livello organico delle
une si ripercuota sugli altri due, dando diversità di comportamenti psichici;
si comprende come la psichiatria identifichi esclusivamente in tali cellule la
sede della personalità umana. In altre parole, e cercando di chiarire con un esempio, si può dire che chi manovra un terminale di un cervello elettronico e introduce dei dati nell'apparecchio amplia la memoria dell'apparecchio intero, che è composto di terminale ed elaboratore. Allora, ammessa questa stretta interdipendenza dei due corpi, risulta chiaro che sia difficile credere, a chi ne veda uno solo, che le rispettive funzioni siano svolte da quel solo corpo e siccome gli uomini, appunto, vedono solo ciò che i loro occhi fisici fan vedere - ossia dei due corpi solo il corpo fisico -, pensano che in questo corpo, precisamente nel cervello, abbia sede la psiche dell'uomo. Ecco come nasce l'errore di giudizio della scienza umana circa la collocazione della psiche; errore giustificato, se si considera la possibilità umana di conoscere; ma che diventa arroganza allorché la scienza stessa non tiene conto che, nella conoscenza, ha precisi limiti che la condizionano e trae delle conclusioni che considera definitive.
Dalla
parte dell' «io» Ed
ora la questione che più mi preme. Alcuni affermano che la L'egoismo
deve
essere superato e sostituito da una diversa maniera di concepire la vita,
altrimenti è la morte. Tuttavia, anche se non posso dimostrare quello che
asserisco, posso renderlo plausibile ed accettabile dalla logica. D'altra
parte, anche chi asserisce il contrario delle mie affermazioni non è certo in
grado di dimostrare ciò che dice; quindi ognuno, poi, sceglierà quello che gli
sembrerà più logico. Già
negli animali individualizzati, ossia quelli che rispetto ad altre specie hanno
uno spiccato senso di individualità, lo Che gli organismi, anche i più semplici, abbiano una vita di
sensazione, ve ne fanno testimonianza gli studiosi dell'evoluzione biologica, i
quali sanno benissimo che se negli organismi semplici o complessi non vi fosse
stata la sensazione, com'è, per esempio, nei robot costruiti dall'uomo, non vi
sarebbe stata evoluzione. Laddove esista anche la più debole forma sensitiva, cioè al di sotto degli organismi vegetali, c'è sempre un sentirsi d'essere, quantunque non vi sia il senso dell'io; proprio perché, appunto, la sensazione è la prima forma di coscienza d'esistere, e ciò è a tal punto vero che, nel linguaggio umano, la sensazione si definisce « modificazione della coscienza a seguito di stimoli esterni ed interni «.
Dalla
parte di Dio Ma guardiamo ora la questione dal lato opposto, cioè dalla parte di Dio. Se la coscienza d'essere fosse legata e dipendente indissolubilmente dall'io, ne deriverebbe che Dio o sarebbe un io infinito oppure non avrebbe coscienza d'esistere. Scartata subito Consideriamo
se possa esistere un io assoluto, o se ciò non sia una contraddizione in
termini. L'io
nasce da una concezione della realtà in cui il soggetto ne è - o crede di
esserlo - solo una parte. Questa concezione della realtà scaturisce dal fatto
che il soggetto vive, vibra, solo attraverso le sensazioni e la percezione in
genere, cioè Da
tutto questo nasce la concezione di un mondo esterno, Ora, se l'uomo avesse desti altri sensi e, perciò, avesse una gamma di ricezione più estesa, automaticamente nella sua considerazione allargherebbe l'esistenza del suo essere; e se la possibilità di ricevere - o meglio ancora, di essere in contatto - fosse estesa all'intera realtà, allora non esisterebbe più un mondo esterno, e di conseguenza un io e un non-io, ma vi sarebbe una coscienza completa del Tutto. Ma Mi
pare quindi chiaro che non si possa confondere la coscienza d'essere con l'io
solo per il fatto che l'uomo identifica erroneamente questi due termini. L'io
esiste solo a livello umano, mentre il sentirsi d'essere esiste sia a livello
subumano, laddove è legato al solo mondo delle sensazioni, cioè dove non c'è il
senso dell'io; sia a livello umano, dove prende corpo ed è identificato con l'io egoistico e personale; sia a livello
superumano o divino dove l'io è trasceso e la coscienza si espande talmente da
identificarsi con la Realtà, cioè essere la Realtà stessa. Diversamente
da così la reale qualità e condizione del Tutto La "resurrezione della carne" Non
c'è dubbio che una situazione, una ideologia, una concezione della vita
piacciono, si accettano liberamente quando danno - o per lo meno promettono -
qualcosa: cioè quando valorizzano la persona, l'io. Allo stesso modo, una
situazione, una ideologia, una concezione della vita si respingono allorché non
gratificano l'io personale ed egoistico. Per
questa ragione il concetto dell'io che viene trasceso, della comunione degli
esseri, dell'identificazione con Dio, lascia molti - nella migliore delle
ipotesi - indifferenti. Pensate come è grande l'istinto di conservazione
dell'io! Nel dubbio che l'identificazione in Dio possa portare
all'annichilimento dell'essere, all'annullamento dell'io, si preferisce credere
che la vita di limitazione, solo nella quale può esistere l'io - questa
condizione in fondo miserevole - continui eternamente. Certo,
nella condizione di esistenza di
coscienza assoluta a cui ogni essere è destinato non è concepibile il senso di
separatività su cui si fonda l'io; ma ciò non significa che, non sentendo più
in termini di limitazione, di separazione, vi sia automaticamente Al contrario: si trova la coscienza d'essere, d'essere il Tutto. E scusate se non ho altro da offrirvi in cambio dell'io. D'altra parte, se tutto questo non vi piace, se vi ripugna l'idea della comunione degli esseri, se preferite l'individualismo integrale, c'è la meravigliosa concezione della resurrezione della carne che può appagarvi in pieno.
Domande
senza risposta Pensate
che meraviglia: al suono delle trombe del giudizio ogni uomo resuscita dalla
cenere e riacquista le sue caratteristiche psico-fisiche per un tempo senza
fine! Questa almeno è stata la riaffermazione dottrinale, ufficiosa, di un Papa
che non sa più che espediente trovare per mantenere a galla una barca piena di
falle, e non capisce che se ancora fa presa sulle genti non è per la dottrina,
la teologia che egli può offrire, ma per qualcosa di più grande e più vero: il
bisogno dell'uomo di rivolgersi al Divino, di avere aiuto, protezione, ma
soprattutto di credere che la propria vita abbia un senso. Certo,
se si paragona quella riaffermazione ad una legge emanata, ci voleva subito
dopo il regolamento, o quanto meno una circolare esplicativa, perché
contrapporre al concetto di evoluzione, di identificazione in Dio, il concetto
dell'uomo di carne che rimane integro con le sue caratteristiche psico-fisiche
per l'eternità, senza spiegare un po' di più, è certamente poco. Quali
caratteristiche psico-fisiche? Perché dall'infanzia alla Credo
che, senza sprecare profonde speculazioni filosofiche, il semplice buon senso
impedisca di sostenere una simile ipotesi; quindi c'è da credere che l'uomo
risorto abbandoni tutti i suoi difetti e presenti solo virtù. Certo, però, non
si può dire che conserverà la sua personalità. E le caratteristiche fisiche?
Pure lasciando perdere la bellezza o la bruttezza del corpo, che possono essere
opinioni, non c'è dubbio che i difetti Che dite?, non siete soddisfatti
delle vostre caratteristiche e quindi non vorreste conservare per l'eternità la
vostra insoddisfazione? Allora non c'è che da augurarsi che automaticamente lo
siate, oppure che per caratteristiche fisiche siano intese altre; per esempio,
che so, il sesso. Per
carità, che cosa mi è sfuggito! Il sesso porta con sé una valanga di problemi,
complicazioni, insoddisfazioni. E poi, c'è da supporre che la vita, dopo la
resurrezione della carne, sia una vita asessuata, come quella degli angeli o di
Adamo ed Eva prima della cacciata dal paradiso terrestre, quindi « sesso «
inteso così semplicemente, come fattore esterno somatico. I
soliti prolissi potrebbero chiedersi: « Ma che cosa ci sta a Ma questo sarebbe ben poco; tanto meno in senso
psicologico di personalità, perché se levate o quanto meno modificate ad un
uomo le sue inclinazioni, il suo carattere, ditemi se non modificate il suo
modo di essere e quindi la sua identità, se per identità si intende, appunto,
mantenere immutato il proprio essere. E nel concetto della resurrezione del
corpo, l'identità deve essere strettamente legata alla conservazione delle
caratteristiche psico-fisiche, altrimenti che senso avrebbe conservare tali
caratteristiche? Certo,
se il destino celeste dell'uomo è quello di restare un tempo infinito con le
sue caratteristiche psicofisiche, è un destino ben misero, perché non c'è
dubbio che tali caratteristiche condizionano e perciò limitano l'essere. Chi
può affermare il contrario? Chi può ragionevolmente sostenere che i nostri vizi,
le nostre debolezze o semplicemente i nostri gusti Il
dilemma logico della resurrezione del corpo, credenza - badate bene - che non è
esclusiva del cristianesimo, perché è condivisa dal giudaismo, da cui appunto
l'hanno tratta i cristiani, e dallo zoroastrismo, è un dilemma che si pone in
questi termini: l'uomo, risorgendo con le sue caratteristiche psico-fisiche,
rimane condizionato da esse. E allora, lasciatemelo dire, che futuro
miserando! Oppure non ne è
condizionato, godendo di uno stato perfetto, ma allora ditemi che cosa ci
stanno a fare tali caratteristiche e, soprattutto, come si estrinsecano. Vi immaginate se gli uomini, da Adamo in poi, risorgessero con i loro caratteri umani, che campionario vi sarebbe nel regno celeste? L'uomo delle caverne come sosterrebbe l'accostamento psico-fisico con il raffinato intellettuale del futuro?
Il
vero destino dell'uomo Noi
affermiamo un diverso destino dell'essere, in cui non esistono limitazioni; ma
questo è possibile solo in una condizione di esistenza in cui non esiste
carattere, personalità; in cui non esiste separatività e quindi rapporto
dialettico; ma esiste completezza di sentire, comunione integrale, immedesimazione
col Tutto. In
tale condizione sopravviviamo non come ci sentiamo di essere in questo momento,
perché la nostra identità non è legata ai nostri limiti e per conservare e far
sopravvivere l'identità non è necessario conservare a far sopravvivere i limiti.
Per noi, conservare la propria identità non significa rimanere sempre come si
è, perché questo è assurdo; e poi basta esaminare la propria vita dall'infanzia
in poi per rendersi conto di quanto ciascuno modifichi il suo modo di essere.
Nessuno è mai identico, perché ogni istante è diverso. Ed è così diverso, anche rispetto agli altri, che è identico solo a se stesso, limitatamente ad ogni istante. Solo Dio è identico a se stesso e sempre identico, in quanto non muta mai. Ora, se, nonostante i cambiamenti, ognuno rimane se stesso, cioè conserva l'autocoscienza, la consapevolezza di esistere, ciò significa che l'identità non è legata alle proprie caratteristiche psico-fisiche, ai propri limiti. Per noi identità significa mantenere immutata la propria unità attraverso il mutare degli attributi; e ciò che nell'essere permane attraverso alle mutazioni, ciò che unisce una teoria di sentire, l'uno diverso dall'altro, punto comune di ognuno, è il sentirsi di esistere, la coscienza d'essere.
La
vera sopravvivenza Ma,
badate bene, neppure il sentire di esistere permane o perdura immutato.
Tutt'altro. Per convincersene non occorre poter esaminare momenti
dell'esistenza di un essere appartenenti a incarnazioni diverse; voi stessi,
esaminandovi attimo per attimo, potete rendervene conto: il vostro sentirvi di
esistere - la cosiddetta autocoscienza dell'uomo - in un momento può essere
esaltata dal buon umore, dall'entusiasmo, in un altro momento, invece, può
rivelare stanchezza, svogliatezza, abbandono; tuttavia al di là di ciò che la
coscienza di esistere rivela, fa percepire, non c'è dubbio che essa non viene
mai meno e che si mantiene nei più diversi stati d'animo: perciò è di natura
indipendente da essi. Dico di natura indipendente e non solo indipendente, perché in effetti quando il sentire non è sufficientemente ampio la coscienza di esistere è legata agli stimoli che vengono dall'ambiente e che si ripercuotono nell'individuo per mezzo dei corpi grossolani. Cioè l'individuo sente di esistere perché ha,
quanto meno, sensazioni; cosicché, dopo la morte del corpo fisico, siccome la
coscienza di esistere non può mai venire meno né avere una soluzione di
continuità, accade che l'essere ha, a breve termine, una nuova incarnazione
proprio per avere gli stimoli necessari a far manifestare la sua coscienza
d'essere. Invece poi, a mano a mano che la coscienza si amplia attraverso alle
esperienze, il sentirsi di esistere, l'auto-coscienza Questa concezione, per essere accettata, non ha bisogno di un atto di fede perché trova sostegno nella logica e nelle univoche affermazioni di chi ha sperimentato una tale condizione di coscienza.
La
logica della Verità Se io fossi Papa, eviterei di porre l'accento su questioni dottrinali che possono essere accettate solo sotto imposizione dogmatica e tacitando ll raziocinio con la comoda affermazione che « Le cose divine non possono essere comprese dalla mente umana «. Contesto solennemente questa affermazione! Certo Dio è uno stato
di coscienza che può essere compreso solo provandolo, sentendolo; tuttavia se
Egli è il Tutto-Uno-Assoluto ciò significa che ogni Suo aspetto non è
indipendente, ma è Certo
va scoperta. Però, quando si afferma che un tale concetto è la Verità, essa
Verità si dà per scoperta ed allora deve essere logica e così rimanere non solo
in se stessa ma anche di fronte a tutte le conseguenti implicazioni e sviluppi. Se
fossi Papa, eviterei anche di affrontare i problemi umani sul facile terreno
delle affermazioni che tutti possono sottoscrivere. Come, ad esempio, che ogni
uomo ha diritto ad un lavoro giustamente remunerativo, che non deve esserci
sfruttamento, ingiustizia e che la fame nel mondo deve sparire. Infatti,
osannanti folle da fedeli, e non, si compiacciono di queste parole. « Anche il
Papa l'ha detto! «. Vorrei proprio sapere perché un Papa dovrebbe dire il
contrario! Tanto più che il solo dire così non costa niente. Sono sicuro che
anche voi, senza essere papi, vedendo qualcuno in ristrettezze economiche vi
sentireste di dire: « Poverino, ti ci vorrebbe proprio un po' più di denaro! «.
E, se non lo direste, sarebbe Naturalmente,
ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. L'ideologia della sopravvivenza Questa comunicazione è stata dettata da Dali perché fosse ascoltata al Congresso di Camerino, imperniato sul tema della Sopravvivenza, svoltosi dall'1 al 3 agosto 1980. Sopravvivenza:
problema indiscutibilmente aperto alla ricerca scientifica. Chi
non è d'accordo e afferma che la ricerca scientifica deve agire in altri
campi, tenga presente che limitare il
campo di ricerca della scienza significa limitare la scienza stessa. Mentre la
vera scienza non deve conoscere
aprioristiche preclusioni. Certo, d'altra parte, se i mezzi di indagine della
ricerca scientifica si chiamano solo microscopio, è chiaro che essi non sono
adeguati allo scopo. In
altre parole, estendendo il problema, chi vi dice che ciò che voi osservate sia
la Realtà? Quello che l'uomo conosce, D'altra
parte, la conoscenza basata appunto sulla percezione non può che dare questo
risultato. La fredda strumentazione scientifica, concepita in modo da captare
ciò che sfugge Si
deve convenire, per esempio, che la sottile scia nebulosa che si osserva in una
camera Wilson non è l'osservazione diretta della Realtà ma un fenomeno
provocato da quella realtà ipotizzata dallo scienziato; ossia una prova quanto
meno indiretta; se prova, perciò, può essere. Non
v'è nessuna prova provata scientificamente, valida in assoluto, dimostrante che
la realtà sia quella che sembra essere e che viene ipotizzata dall'osservazione
di ciò che appare. Non
solo: filosoficamente, a monte della conoscenza, sta il problema « se la Realtà
sia conoscibile «; dilemma, questo, sul quale i filosofi si sono ampiamente
sbizzarriti fino a negare, con l'idealismo post-kantiano, l'esistenza oggettiva
della Realtà. Certo
se la Realtà, in sé, non esiste oggettivamente, non è possibile conoscerla. Ora,
ammettendo che la sopravvivenza esista, essa non può che far parte della Realtà
- non dell'apparenza - altrimenti il problema della sua esistenza non
sussisterebbe; ma se la sopravvivenza fa parte della Realtà che non appare, che
sfugge cioè all'indagine dei cinque sensi umani e degli strumenti costruiti in
funzione di quei sensi; allora la ricerca scientifica, che tra i suoi mezzi di
indagine non annovera altre possibilità di conoscenza che vadano oltre quelle
sensorie ordinarie, non potrà mai dare una risposta certa. Perciò occorre stare
bene attenti, perché si potrebbe dedurre che l'indagine ha dato esito negativo,
cioè la sopravvivenza non esiste, quando invece non si avevano i mezzi adatti
per indagare. Ma più che entrare nel vivo, nel merito del problema, desideriamo rivolgerci a tutti quelli che sono interessati al problema della sopravvivenza ed al riguardo, hanno un'opinione. Il
giusto modo di credere Voi,
che credete che la sopravvivenza sia un fatto dimostrato e dimostrabile, state
attenti a non costruire su questa certezza un'altra religione nel senso
deteriore della parola. Sia
il credere in modo certo alla sopravvivenza un motivo per andare incontro agli
uomini fraternamente, perché questo è il sentire che la certezza nella
sopravvivenza deve recare seco. Anche
il credere nella sopravvivenza può avere degli aspetti negativi: può, per
esempio, far perdere all'uomo il senso dell'importanza della vita terrena;
oppure condizionarlo con la paura del castigo divino tanto da farne un tepido;
peggio ancora, tanto da metterlo in mano a coloro che dell'invisibile si dicono
intermediari per plagiarlo e sfruttarlo. Il
giusto modo di credere nella sopravvivenza è quello che dà serenità, voglia di
vivere, di operare; è quello che fa realizzare se stessi ora, nel presente,
nella vita che state vivendo. Voi
che pensate, invece, che la sopravvivenza sia un fatto incerto, indimostrabile,
o che non vi credete affatto, sappiate che nell'economia delle cose siete tanto
utili quanto i più accesi sostenitori dell'immortalità dell'essere; ma non
sentitevi autorizzati ad improntare la vostra vita al più cieco materialismo,
alla sensualità più spinta, dando importanza ai soli beni materiali e alle sole
sensazioni fisiche.
Il
giusto modo di agire. Il
non credere alla sopravvivenza può essere un fatto positivo quando serva a
concentrare tutti gli sforzi sull'indagine priva di condizionanti tabù, ma con
un solo intento di migliorare le condizioni di vita del mondo terreno. Il
credere che nulla esista dopo la morte del corpo può essere estremamente utile
se spinge gli uomini ad unire le loro forze, ad essere solidali nella sventura
che - secondo l'interpretazione materialistica - il caso cieco e crudele
rovescia su di loro; quando li spinge a colmare quel vuoto, quel " nulla
" che vi sarebbe al posto dello spirito, con qualcosa che dia un
significato alla vita, la renda meritevole di essere vissuta, la riscatti
dall'essere solo una polluzione della materia. Credere
che l'uomo muoia con la morte del corpo può essere positivo quando, pur senza
la speranza che la vita abbia La
concezione materialistica, quella che nulla dà all'uomo per colmare la sua
solitudine, diventa la concezione più spirituale che vi sia quando fa dell'uomo
un essere che vive, che sente, in termini di rettitudine pur non avendo la
speranza d'essere ricompensato in vite future. E in verità io vi dico che Invito
alla responsabilità A
tutti voi, che credete e non credete, diciamo: non siate convinti d'essere i
depositari della verità assoluta, e perciò non siate intolleranti; siate sempre
disposti ad ascoltare chi non è della vostra stessa opinione. Guai a chi crede
che non vi sia nient'altro che possa fargli rivedere le sue convinzioni; o,
peggio ancora, a chi crede che non vi sia nulla di più importante di ciò che
sa. Non
fate delle vostre convinzioni un pretesto per distinguervi e dividervi da chi
non la pensa come voi. Non coalizzatevi Come in un
organismo pluricellulare ciascun organo ha una sua funzione che lo distingue
dagli altri, e tutti insieme non si combattono ma cooperano e interagiscono per
l'equilibrio vitale dell'organismo stesso, così voi non fate dell'altrui
diversità in senso lato - cioè non solo della diversità di opinione - motivo di antagonismo, di condanna; ma
sappiate vedere in Cercate
di rappresentare nel miglior modo possibile la parte che siete chiamati a
rappresentare, sì da non creare ostacoli a chi voglia riconoscersi in ciò che
credete. Ad ognuno il suo compito, ed è importante che ciascuno lo svolga con
l'unico scopo di arricchire la conoscenza dell'uomo e renderla il più aderente
possibile alla Realtà oggettiva. A
tutti voi, credenti e non credenti, auguriamo di essere soprattutto in buona
fede; di non essere portatori di interessi faziosi
od egoistici; di risvegliare le qualità migliori di chi avvicinate; di avere
una chiarezza di idee tale da costituire un punto di riferimento per il
pensiero dell'uomo; di giungere là dove siete attesi e necessari; di essere
docili strumenti del divino volere che tutti guida all'ampliamento della
coscienza individuale; di capire che in realtà non vi sono né debbono esservi
vinti o vincitori ma solo persone che, con la loro fatica, col loro impegno, in
buona fede, lavorano per riscattare l'uomo dall'ignoranza, dalla paura, dalla
dipendenza e dallo sfruttamento e ne fanno un nuovo essere con un nuovo,
meraviglioso sentire.
DALI Lo spiritismo di punta
Mi
rivolgo a voi che fate delle comunicazioni spiritiche il fulcro della
spiritualità; a voi, convinti spiritisti. Mi rivolgo a voi perché non facciate
dello spiritismo una sorta di religione nel senso peggiore del concetto, cioè
qualcosa che vi dà un'etichetta, vi distingue da chi non la pensa come voi o,
addirittura, di essi vi fa avversari. State
attenti a non fare del vostro spiritismo una sorta di chiesa con le sue
cerimonie, i suoi riti, i suoi sacerdoti, i suoi dotti, gli interpreti
ufficiali del pensiero, della ideologia; insomma una sorta di apparato che
intenda arrogarsi il diritto di essere l'intermediario fra l'umano e il divino
e che intenda gestire tale rapporto. Dio
non ha bisogno di interpreti ufficiali e di legali rappresentanti. Quando vuol
servirsi di qualcuno può scegliere chiunque, senza nemmeno tenere in
particolare evidenza chi, almeno intenzionalmente, dedica la sua vita a Lui, e
tanto meno chi si autodefinisce "conoscitore della Verità". State
attenti a non fare dello spiritismo una fonte di ascendente Se
veramente avete compreso l'insegnamento spirituale, sapere che nessuno deve
imporsi agli altri; al massimo può "proporsi", lasciando poi liberi
gli altri di accettarlo o meno. E quando gli altri lo accettassero, l'unica
autorità che potrebbe avere su loro sarebbe quella che gli deriverebbe
spontaneamente dall'altrui riconoscimento, dall'altrui stima, e che tuttavia
non gli darebbe alcun diritto di piegare gli altri alla sua volontà. Non
pretendete che la via dello spirito divenga uno " spazio " in cui voi
stessi emergere, in cui valorizzarvi e diventare qualcuno per compensare
l'insuccesso della vita umana. Non
ostentate la vostra fede nel paranormale e la vostra qualità di sperimentatori,
o esperti, per essere interessanti agli occhi degli uomini e destare la loro
attenzione. Non
cercate dallo spiritismo un guadagno per la vostra persona ma piuttosto fatevi
servitori degli altri, e sia la vostra State
attenti a non cadere nel facile errore di ritenervi dei prescelti, degli
eletti. Se anche amaste tanto i vostri simili da dedicare la vostra vita ad
aiutarli, Dio non vi amerebbe più di quanto ami il più egoista degli uomini.
Inoltre, l'esperienza che ciascuno sta vivendo è egualmente importante, sia che
si tratti di una esperienza mistica che di una esperienza sensuale. Non
esiste una scala di valori in cui trovino posto i vari tipi di esperienze; e
quindi non si può dire che una esperienza abbia più valore di un'altra; se mai
è importante che ciascuno tragga dall'esperienza che sta vivendo tutto
l'insegnamento che essa deve dargli, tragga il massimo profitto per la sua
comprensione. Non
fate l'errore di sentirvi unici depositari della Verità solo per il fatto che
quanto voi sapete vi è stato detto da entità disincarnate, nessuna delle quali
può sottrarsi ad una visione soggettiva della Realtà. Chi
veramente ha compreso vi dirà che la Realtà che un essere non assoluto - e di
Assoluto c'e so lo Dio - può scoprire, è sempre relativa e limitata. Non solo:
ogni Realtà, tanto più se vasta e completa, può essere fatta conoscere ad
altri, che non l'abbiano trovata dentro di sé, solo mediante il linguaggio;
cioè per mezzo di simboli; cioè non per contatto
Una tale comunicazione è sempre imprecisa e soggetta ad errori di esposizione e
di comprensione. Chi veramente vi parla con cognizione di causa sa che deve giungere a voi gradualmente, senza turbarvi, rispettando ciò che voi credete fino dove è possibile. Questo nella migliore delle ipotesi, cioè quando chi vi parla è una entità evoluta; perché, poi, può darsi benissimo che chi si erige a vostro istruttore sia qualcuno che ben poco abbia da dire. Come
distinguere le entità Molte
volte le personalità comunicanti credono di supplire alla loro insufficienza
attribuendosi nomi di personaggi celebri. Non restate colpiti da entità che
dicono, o lasciano credere di essere stati grandi uomini; giudicate quello che
dicono; quello può essere importante, non altro. Tenete
presente che sarebbe perfettamente inutile che, ad esempio, un grande mistico
tornasse per ripetere cose già dette. Al massimo la sua venuta potrebbe avere
un valore per gli astanti, un valore personale ma non generale. Se
un grande santo dovesse tornare per insegnare all'umanità, dovrebbe dire cose
nuove e non rimasticature di ciò che ha già detto. Allo
stesso modo lo spiritismo di punta, quello che esiste per seguire l'uomo nel
suo evolvere, deve rinnovarsi nel linguaggio e comunicare nuovi contenuti. La
Verità si scopre gradualmente: ciò che non conosce l'uomo di oggi sarà
conosciuto dall'uomo del futuro, perché « non c'è cosa nascosta che non sarà
conosciuta, e ciò che oggi è sussurrato verrà gridato sui tetti». Lo
spiritismo di punta deve dire qualcosa di più e di diverso da quello che dicono
religione, filosofia e scienza, altrimenti diventa un fatto personale, che ha
certamente un suo valore ma per il quale si ha il dovere di chiedersi se
veramente sia giustificato, se veramente ciò che dànno i morti non sarebbero in
grado di darlo, con eguale efficacia, i vivi.
Lo
spiritismo di punta deve diversificarsi dalla
scienza, dalla filosofia, dalla religione, ma al tempo stesso deve
fornire una valida spiegazione della Realtà che, proprio perché valida, concili la vera scienza e la
vera filosofia con i principi fondamentali delle religioni più ispirate. Lo spiritismo di punta non è una ideologia, una organizzazione, una milizia che si contrapponga a qualcuno o a qualcosa, perché è al di sopra di tutto ciò; non è neppure una disciplina, cioè materia di studio e di insegnamento, più di quanto non possa esserlo, ad esempio, la bontà. E soprattutto, non è tanto una dottrina quanto un modo di vivere, di sentire la vita. State attenti a non
farlo diventare un'evasione dalla realtà del mondo nel quale state vivendo, riducendolo solo ad una
fonte
di conforto. E' e deve essere molto di più: per esempio, un occasione per
comprendere la Realtà, e quindi dare significato alla vita e a tutto quanto
accade; un motivo per vivere più profondamente la propria esistenza,
comprendendo che è nel presente che vanno affrontati i problemi, perché la vita
è il presente. Chi,
per pigrizia, si lascia fuggire l'occasione che il presente offre, rinuncia
alla vita. Colui
che ha compreso veramente qual è il messaggio che lo spiritismo vuol portare
non commetterà mai l'errore di non dare valore al presente, di riporre tutte le
sue aspirazioni, i suoi propositi nell'attesa che il futuro gli regali ciò che
gli manca; soprattutto non si darà mai per vinto nella ricerca di una vita migliore credendo che solo la vita
futura possa esserlo. Se non cambiate il presente, il futuro sarà quale è
l'attuale. E siccome per vita migliore non si deve intendere maggiori comodità e svaghi, bensì una vita interiore più ricca ed equilibrata, neanche la vita in una dimensione in cui non esistono più problemi materiali può essere felice se non si è capaci di trovare in se stessi quella serenità che deriva dall'aver capito il vero significato dell'esistenza: serenità che non è subordinata all'appagamento dei desideri o alla mancanza di problemi.
Gli
spettacoli del fanatismo Chi
ha compreso veramente il messaggio spiritico sa che lo spiritismo non è
inutile, come taluno afferma. Certo molti spiritisti hanno, quale credenziale,
solo la loro grande fede, che però non è sufficiente a non farli cadere in
certi errori dei quali ho parlato all'inizio di questo discorso. Fra
i vari errori in cui si può facilmente cadere, quando non si è ben compreso il
messaggio spiritico, ve ne sono alcuni in cui cadono solo proprio coloro che
hanno una fede cieca. Forse, più che di fede, si dovrebbe parlare di fanatismo,
perché altro non può essere quando si crede a certe affermazioni che vengono
fatte da presunte entità secondo le quali, per blandire chi ascolta, non si ha
peritanza a fargli credere d'essere stato un grande personaggio e d'essere
investito di una importante missione. Il
valore di una persona non è qualcosa di cui ci si possa fregiare, che si possa
attribuire, che non faccia parte dell'intimo essere. Che senso avrebbe sapere
di essere stati, ad esempio, un grande filantropo, se attualmente non si avesse
più quello slancio d'amore che rende filantropi? Non lo si sarebbe più, e
l'esserlo stato non cambierebbe la realtà del presente. Per
la stessa ragione, perché dar credito
ad una entità che dice d'essere un grande personaggio quando da ciò che dice
non risulta essere nemmeno l'ombra di se stessa? Inoltre, una sciocchezza,
ancorché fosse detta da un grande personaggio, sciocchezza rimarrebbe. Perciò
date valore, se lo merita, al messaggio, e non al messaggero. Ma
l'errore che rende palese la meschinità di chi lo commette è quello di prendere
o far diventare le entità come motivo di rivalità fra gruppi di spiritisti,
ognuno dei quali cerca di collocare quelle con le quali è in contatto al primo
posto di una ideale graduatoria di importanza. E' un errore che ha del
patetico, che è mosso dallo stesso desiderio dell'amante di vedere apprezzato
il suo amato, ma che neppure in questo caso è scusabile. Certo,
si deve dare valore al contenuto delle comunicazioni, lo si deve raffrontare,
comparare, passare al vaglio della logica e del buon senso, vedere se
rappresenta una visione generale che spieghi molti interrogativi esistenziali;
spiegazione in cui si inseriscano armoniosamente i principi, i concetti più
veri e perciò più validi e più belli della mistica, della filosofia e della
scienza; dopo di che si può anche tenere in diversa considerazione i messaggi a
seconda del contenuto di ciascuno; ma fra ciò e far diventare le comunicazioni spiritiche
motivo di competizione, concorrenza, contrasto o addirittura opposizione e
financo lotta, la distanza è incolmabile. Spiritisti,
vi prego, fate in modo di non dare un si' triste
La
responsabilità del medium. In particolare mi rivolgo ai sensitivi, agli intermediari, al medium che, più degli altri, sono soggetti ad incorrere negli errori che ho accennato. Siate consci della responsabilità che avete, sapendo che si guarda a voi come a persone speciali; voi avete anche una funzione particolare, la stessa di tutti coloro i quali sono al centro dell'attenzione: essere, cioè, di esempio. A voi bene si adattano le parole che Cristo rivolse ai suoi discepoli nell'ultimo insegnamento: « Amatevi gli uni agli altri, perché solo così gli uomini potranno capire che io vi ho inviati «; cioè non agite per ambizione ma per amore. Similmente voi dimostrerete di essere strumenti di bene se farete della vostra vita la realizzazione di quell'insegnamento che, attraverso di voi, è dato ad altri, ma soprattutto se vi amerete, se non entrerete in competizione fra voi. Non considerate il fenomeno che attraverso di voi si manifesta come una vostra abilità, una vostra dote. Voi siete come la penna che scrive. Sarebbe assurdo che essa si attribuisse i meriti dello scrittore. Perciò guardatevi bene dall'inorgoglirvi, dal sentirvi superiori agli altri o, peggio ancora, dall'esigere che gli altri così vi considerino. Piuttosto siate umili come
umile è colui che dedica la sua vita ai suo prossimo. Infine,
a tutti coloro che sono propensi a prendere in considerazione il messaggio
spiritico, auguro di non cadere negli errori di cui ho parlato e che
tradirebbero l'intento del vero spiritismo e ne farebbero fallire l'esistenza. Auguro
soprattutto di costruire, di essere un punto di riferimento per coloro che
ricercano un significato della vita che vada
oltre ciò che appare; di contribuire a fare dello spiritismo qualcosa di
utile e di bello; sempre ricordando quello che è valido per tutti gli uomini ma
ancor più per coloro che vedono nell'amore, nella solidarietà verso gli altri
non un dovere che ogni uomo dovrebbe sentire solo per il fatto di essere uomo
ma addirittura un comandamento divino; ricordando cioè che è meglio sbagliare
sapendo di farlo piuttosto che ignorarlo; è meglio desiderare egoisticamente,
vivere passionalmente
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