La taumaturgia e la forza del pensiero - Gli incantesimi della psiche - Le forme-pensiero collettive -Le proiezioni della volontà -
L'occulto e i fantasmi della mente - La mente: arma a doppio taglio - Ossessioni e possessioni - Il mercato delle fatture - L'antidoto per ogni superstizione -
L'importanza dell'intima convinzione - Determinismo - Libero arbitrio - Libertà - Karma - Il ruolo della volontà - Il condizionamento ambientale -
La verità sugli Spiriti liberi - I "salti" dell'autonomia relativa - Impossibilità del "libero arbitrio" - Il caso non può esistere - La dinamica del karma -
Il karma e la coscienza - La catena e il riscatto - Mantra del karma - L'ideologia della conquista amorosa - La disciplina della psiche -
La disciplina del corpo - La gelosia - La caduta delle limitazioni - Amore e "sentire"- Amore e sessualità - Castità e "sentire" -
Le conquiste cosiddette "spirituali" - Sessualità naturale - Mezzi della evoluzione del "sentire"- I segreti del cuore -
L'istinto del "gruppo" nell'animale e nell'uomo - L'egoismo di natura e la conquista della coscienza - L'essenza del puro amore -
La famiglia del futuro - L'utopia realizzata - Il mondo dei figli - La "comune" ideale -
PARTE PRIMA TEMATICA DELLA VITA UMANA
La taumaturgia e la forza del pensiero
In
antico, quando gli uomini credevano alle favole, i re erano considerati
semidei, possessori di qualità taumaturgiche. Non
di rado, infatti, alla presenza dei re fra il popolo avvenivano guarigioni
miracolose. Ammessa
l'esistenza di poteri taumaturgici nell'uomo, non è incredibile che qualche re
ne fosse dotato. Semmai è incredibile che l'essere re implicasse essere
taumaturgo: tanto incredibile quanto che l'essere taumaturgo implichi
necessariamente essere re. Siccome le guarigioni avvenivano invece con tutti i
re che si sono succeduti finché l'usanza è stata seguita, la logica fa
concludere che quando i sovrani non erano dotati di poteri terapeutici le
guarigioni avvenivano per l'altro meccanismo della taumaturgia: la fede. «
Donna, la tua fede ti ha salvata» dice il Cristo alla donna guarita
dall'emorragia, confermando così che talvolta è la fede ad operare il miracolo.
Dico talvolta perché, talaltra, invece lo stesso Cristo sentenzia: « Sia fatto
come tu chiedi» cioè è Lui l'operatore: il questuante è solo l'oggetto dei Suoi
poteri. L'errore
che voi comunemente fate, studiando certi fatti paranormali, è quello di credere
che un dato tipo di fenomeni abbia una sola spiegazione. Ho detto «
paranormali» cioè quasi normali ma non ancora anormali. Ora, il concetto di
normalità deriva da definizioni, misure oggettive?, o semplicemente da una
statistica?, o da un metro individuale? Per quello che ci interessa non sapremo
mai quando una guarigione è avvenuta ad opera di un medicamento o della fede
nella medicina, pur restando essa una normale, usuale, naturale guarigione. Se
poi per « paranormale « s'intende che cosa sta al di là del mondo umano, allora paranormale non è la
guarigione ma è la ragione per la quale il malato è guarito. E
paranormale è anche la ragione per la quale il malato è morto. Ma non di questo
parlerò, perciò vada per il
C'è
uno strano meccanismo all'innesco dei poteri paranormali negli individui.
«Datemi un leva, un punto di appoggio e solleverò il mondo» pare abbia
affermato Archimede. Il punto di appoggio dei poteri paranormali è la
convinzione che altri agisca al posto del vero attore.
Ecco
un mistico ben visto dal Padreterno: le sue preghiere sono sempre ascoltate, le
vostre no! Se volete andare sul sicuro, rivolgetevi a lui ed avrete la grazia.
Ma non è tutto: lui stesso non ha alcun potere; è qualche divinità che fa il
miracolo. E il bello è che lo fa davvero. Chi
è che muove mobili e suppellettili in una seduta spiritica? Gli spiriti. Il
medium non c'entra. E chi è che piega chiavi e cucchiai e conferisce facoltà
telepatiche? Gli extraterrestri. Chi invia messaggi da altri pianeti che
ammoniscono l'uomo a non fare il birichino e a non rompere il delicatissimo
equilibrio delle sfere cosmiche? Sempre
gli extraterrestri, e senza nemmeno pagare le spese postali! Non
crediate di ravvisare in tutto ciò un
atteggiamento psicologico riconducibile alla megalomania. « Quale megalomania?
- qualcuno può chiedere, - se chi agisce ne attribuisce il merito ad altri? «.
Un
uomo che rappresenti se stesso, che agisca in proprio, per quanto grande voglia
apparire non riuscirà mai a sembrarlo come chi dice di rappresentare una
Divinità, uno Spirito che tutto sente e vede, o una legione di esseri
divinizzati da una scienza ed una tecnica giunte a tutto potere perché a Gli
incantesimi della psiche La
leva psicologica non esiste solo per chi ha poteri paranormali e soprattutto
non ha solamente effetti attivi ma li ha anche passivi, autolesivi: ed ecco i perseguitati dalla sfortuna, le
vittime del maleficio, gli appuntaspilli del Padreterno. E'
come una sorta di reazione a catena. Basta una serie di fortuite circostanze e
il poveretto si convince d'essere vittima di una persecuzione, e diventa il
persecutore inconscio, ma non perciò meno spietato, di se stesso. Se poi per
ventura possiede dei poteri paranormali, allora gli effetti si moltiplicano
anche sul piano concreto e la sua convinzione diventa convinzione anche degli
altri. E non crediate che per rompere l'incantesimo basti svelare il
meccanismo, così come io adesso ve l'ho svelato; giammai! Talvolta una sorta di
masochismo lega la vittima al suo ipotetico « possessore «; talaltra la
malattia, o la sfortuna, o la possessione, diventano comodi alibi per la
propria incapacità o la propria pigrizia; per non parlare poi della solidarietà
che le vittime ricevono, almeno a parole, da parte dell'altrui considerazione.
Solidarietà che è sempre gradita e alla quale è difficile rinunciare. Per
questi motivi, ed altri, chi ha abbracciato una spiegazione vittimistica della
propria esistenza difficilmente vi rinunzia. La psiche umana è un apparato
estremamente proteiforme ed è assai difficile smuoverla dall'indirizzo che ha
preso; più difficile che indirizzarla.
Ci
pensino i propugnatori della libera educazione dei fanciulli. E' giusto non
creare complessi ai giovani, ma è anche giusto insegnare l'autodisciplina,
perché controllarsi significa spostare la propria attenzione anche al di fuori
della sola propria persona, rivolgere il proprio interesse anche ai diritti e alla
vita degli altri. Se questo sia o non sia giusto, non importa che lo dica il
mistico o il moralista, basta il sociologo. O la società umana è un
assembramento di individui che ha lo scopo di far prevalere il più forte, il
più dotato sugli altri, così come avviene per certi animali che vivono in
gruppi; ma allora, chi
Questo
è il vero scopo, ed è talmente evidente e attuale, nel presente momento, questa
sorta di iniziazione generale e generalizzata, che anche gli insegnamenti
etico-spirituali, che una volta venivano dati da poche Guide per molti uomini,
ora affioreranno nell'intimo di ognuno. E vi assicuro che quella che possiamo
chiamare l'unitarietà della dottrina non ne soffrirà più, di quanto non ne
abbia sofferto in passato quando, pur essendo poche le fonti, moltissime e
disparatissime erano le interpretazioni.
E'
il momento in cui il protagonista della storia è il singolo, con la sua propria
consapevolezza. Non per nulla in questa direzione, a questo scopo mirano le
nostre comunicazioni. Miriamo, fra l'altro, a darvi quella autonomia di
giudizio e di comportamento propria di chi ha le idee chiare: chiarezza di idee
che viene anche, se non soprattutto, dalla conoscenza. Chi conosce, sa, fra l'altro, che non si sfida impunemente Le
forme-pensiero collettive Vedere
quell'uomo? Di lui si direbbe che è il ritratto della serenità. Sì, la sua vita
è quella di un gaudente; lui non conosce le sofferenze del cilicio e della
penitenza, forse perché ha capito che Dio non va temuto e che non serve
genuflettersi per sembrare degli agnelli quando, nell'intimo, si è belve
fameliche. Con la sua mania di dire la verità
e ciò che pensa, si è beccato la scomunica. Ma a lui la scomunica non fa
paura. Lui sa che Dio non è al servizio degli interessi degli uomini avidi e
che la « scomunica non sale al cielo» come sentenzia un vecchio proverbio sulla
fauna equina. Si
può comandare al sole di splendere solo su certi e lasciare all'oscurità altri?
Ma
che accade? Il sorriso di sicurezza del « nostro « si smorza: i suoi affari
incontrano difficoltà impreviste, incidenti gli
accadono, rovesci di fortuna. Veramente si direbbe che il Padreterno volesse
sculacciarlo! Ma fermiamoci qui, fermiamoci cioè prima che la leva psicologica
entri in azione ed il poveretto decreti o la sua rovina o il suo rientro in
seno a Madre Chiesa.
Se
si esclude il meccanismo della leva psicologica, capace di innescare poteri
paranormali in chi li possiede e di provocare effetti psicocinetici punitivi,
che cosa è stato che ha fatto troncare
il sorriso di sicurezza dello scomunicato?, che ha aperto la prima falla
attraverso la quale nel suo animo si è insinuato il dubbio? Fortuite
circostanze avverse? Certo, possono essere casuali coincidenze. Ma può essere stato qualcos'altro: possono essere
stati gli effetti della catena di pensieri creata dalla opinione pubblica
contraria. Ripeto:
non si sfida impunemente la sentita riprovazione di molti se non si è
adeguatamente protetti. La condanna da parte dell'opinione pubblica, che si
mantenga sostenuta nel tempo, è fatale per il condannato. Ripeto: non parlo
delle Le
proiezioni della volontà Il pensiero è qualcosa: è un canale di manifestazione, di attività del pensatore così come lo è l'azione nel piano fisico. E come l'azione nel piano fisico può portare o non portare i voluti effetti in dipendenza di molti fattori - non ultimi fra i quali quelli karmici - così è del pensiero. In ogni caso, indirizzare dei pensieri intenzionali nei riguardi dei propri simili non è mai un atto che cada nel vuoto. Spero che quello che vi dico vi stimoli ad
aiutare i vostri simili almeno con il pensiero e non insegni, invece, ad
abbreviare la fine di un ricco nababbo a chi ne sia l'erede universale. Disilludo
subito chi intendesse servirsi della forza del pensiero per questo fine. Il
desiderio passionale annulla la proiezione della volontà; così come temere
che una cosa accada, Perciò il
Queste
cose vi dico perché siate consapevoli di quello che ognuno di voi può scatenare, provocare. Perciò, abbiate senso
di responsabilità; non siate canali di pensieri grevi, apportatori di
risentimento, ma siate creature che, anche senza volerlo, esaltano le doti
migliori di chi le avvicina; che con l'esempio
della loro vita sono modello di riferimento per chi preferisce
le azioni alle professioni di fede; che pur possedendo doti meravigliose non le
ostentano e preferiscono l'anonimato alla gratificante popolarità. KEMPIS
L'occulto e i fantasmi della mente
Questo
vale non solo per le scoperte scientifiche ma anche per le ideologie. Chiaramente
il discorso cambia per le ideologie che in sé contengono propositi di
aggressione e di violenza; ma quando una concezione filosofica, una fede
religiosa, pur improntate ai buoni rapporti fra gli uomini, diventano invece
motivo di divisione, di fanatismo, di odio, non può essere fatto carico di
tutto ciò a chi quelle filosofie e quelle
Invero
questo è molto confortante per noi che, manifestandoci con un mezzo
paranormale, indubbiamente abbiamo contribuito a rafforzare quanto meno la credenza in quel mondo, anche se ciò
non era e non è il nostro scopo. Tuttavia, anche se non abbiamo nessuna
responsabilità per quello che in nome del paranormale l'uomo riesce a
estorcere, ci sentiamo
Se
esiste la possibilità di ricevere messaggi intelligenti da una dimensione
sconosciuta, se si producono fenomeni che sembrano contraddire le leggi
conosciute della materia e confermare l'esistenza di un mondo ultramateriale,
ciò non vuol dire che sia vero tutto quel mondo di tenebra e di paura, di malocchi, di incubi, di streghe e di
fantasmi tanto caro agli amanti del brivido, agli sfaticati, a quelli che
cercano un pretesto per star male e far star male per qualche loro ragione
psicologica.
La
mente: arma a doppio taglio La
mente dell'uomo è uno strumento meraviglioso ma, proprio per questo, capace di
assecondare in modo genialmente perfido le nascoste, inconfessate intenzioni e
aspirazioni di creature deboli e squilibrate. Una
volta, parlando dei fantasmi della mente, ebbi occasione di dire che solo il
dieci per cento del dolore provato dall'uomo è dovuto al corpo fisico: il resto
è conseguenza dei fantasmi creati dalla mente. Ebbene, ad essere precisi, anche
quel dieci per cento dovrebbe essere suddiviso fra le malattie non volute e
quelle volute dall'uomo e quindi procurate dalla sua mente.
François
Broussais afferma di avere constatato che, durante le epidemie di colera, erano
più soggetti ad essere contagiati coloro che avevano paura di ammalarsi di
coloro che si sentivano immunizzati; e più recentemente ha avuto la prova che
perfino infermità causate da fatti traumatici, quali ad esempio cadute, hanno
sovente all'origine una mancanza di reazione istintiva muscolare con cui
l'organismo normalmente ne riesce a uscire indenne da percosse per cadute e
incidenti. A tacere poi delle malattie organiche, nelle quali gioca il venir meno delle difese naturali per effetto
di una inconscia volontà di ammalarsi. Non
vi deve sembrare incredibile tutto ciò. Analizzatevi: quante volte vi sentire
stanchi, di cattivo umore, depressi, senza che vi sia una ragione oggettiva;
quante volte attribuite la causa della vostra scontentezza a situazioni che
possono anche essere di fatica, non piacevoli, ma che obbiettivamente non sono
così drammatiche da causare un annientamento quale lo provate. Rendetevi conto
che, molto spesso, c'è quasi un bisogno di soffrire; molto spesso si vuol
soffrire per soddisfare una necessità psicologica. Non sto dicendo una cosa
nuova: sto solo affermando che questa sorta di masochismo è più diffusa di quanto
si creda, anche se non raggiunge livelli evidentemente patologici. Le
ragioni possono essere molte, dalla ricerca di espansione per un senso di colpa
alla volontà di mettersi in evidenza, al bisogno di colmare un vuoto interiore, e via dicendo. Ripeto: la
mente dell'uomo è uno strumento meraviglioso, ma che, se non saputo dominare,
può diventare un raffinatissimo strumento di tortura o condurlo in una
dimensione che non stento a definire da incubo, sia per l'angoscia che fa
provare, sia perché ben poco ha di oggettivo e tanto di fantasioso sogno. La mente dell'uomo è il vero mondo dei fantasmi, delle possessioni, del terrore e della magia nera. Ossessioni
e possessioni Lo
stesso contributo che abbiamo dato a far credere in una dimensione ultramateriale
lo vogliamo dare a distruggere la convinzione che in questa dimensione vi siano
spiriti e diavoli pronti a impossessarsi di voi al minimo comando di
chicchessia e possedervi per la vostra rovina. Certo,
nel cosiddetto " aldilà " ci sono anche entità di esseri che non sono
stinchi di santo, ma sono nella loro dimensione e non possono interferire nella
vita degli uomini. Il
male che può venirvi non vi viene dagli spiriti e neppure dai diavoli; può solo
venirvi dagli uomini e, a ben guardare, solo da voi stessi. Sì,
l'ho già detto un'altra volta, ma torna utile ripeterlo: nessuno può, soffrire
senza ragione del male che gli viene da un suo simile, né può avere tanta
libertà da sacrificare un suo simile se
il suo simile non debba essere sacrificato. E
Una
domanda che viene fatta a chi crede nel mondo degli spiriti, come lo chiamate,
è se sia possibile che l'uomo sia posseduto da un fantasma. La risposta è affermativa:
un fantasma, ma della sua mente! Nessun altro può possederlo in forma
ossessiva. Per
la totalità dei casi di persone che si dicono preda di spiriti, gli spiriti non
c'entrano affatto; c'entrano invece le creazioni della loro mente che assurgono
a manifestazioni isteriche. Anche quando si hanno manifestazioni paranormali,
quali spostamenti di oggetti, pronuncia di lingue sconosciute al posseduto,
odori nauseabondi, eccetera, è solo vero che il posseduto ha facoltà
paranormali che mette in opera nello psicodramma di ossesso che sta vivendo;
niente altro! Lo spirito che lo possiede è creato dalla sua mente per una di
quelle ragioni che fanno ammalare altri e che, in fondo, in un senso o
nell'altro, muovono, fanno agire tutta l'umanità. L'esorcismo è solamente un mezzo attraverso al quale, talvolta, il posseduto si convince che chi lo possiede viene scacciato, e quindi guarisce. Raggiungere una tale convinzione dipende da molti fattori, ma tutti riguardano sempre il riscontro psichico del posseduto, ed ogni caso è un caso singolare. Il
mercato delle fatture E le malie, il malocchio, le fatture?, cioè la possibilità che avrebbero alcuni di farvi soffrire a distanza usando poteri occulti? E' una possibilità di gran lunga minore di quella che avrebbero usando un'arma o giocando sulla vostra debolezza psicologica. Teoricamente è possibile che chi è dotato di un potere paranormale, come per esempio una forte capacità ipnotica, riesca a farvi star male e, facendo leva poi sulla vostra autosuggestionabilità, farvi ammalare veramente. Ma quanti sono gli ipnotizzatori capaci di agire senza contatto
diretto col soggetto?, e, fra questi, quanti si votano ad una simile attività?
E forse quei disonesti mercanti che si dicono capaci,
Quando qualcuno vi dice: e Tu sei vittima di una fattura che posso annullare, se mi paghi» e voi ci credete, datemi ascolto: spendete quel denaro andando dallo psichiatra. E non mi portate a riprova il fatto che vi sentite male, che la vostra vita sociale, il vostro lavoro non vanno come vorreste: domandate in giro a quante sono le persone soddisfatte della loro salute e della loro vita e vi renderete conto che, se la ragione fosse quella, ci sarebbero più fatture che uomini. Inoltre, esteriorizzare la propria volontà quando questa facoltà non è data dall'evoluzione, e quando lo si fa per danneggiare, conduce irrimediabilmente alla pazzia. Perciò l'umanità sarebbe un manicomio assai più di quanto lo sia. L'antidoto
per ogni superstizione Datemi
ascolto: statevene tranquilli, non temete il mondo occulto; se mai, abbiate
paura della vostra mente. Lì sono i fantasmi che vi perseguitano, lì le
maledizioni che non vi danno pace, lì le pozioni che vi fanno cadere ammalati. E
come fare a non cadere in una simile autosuggestione? Innanzitutto non
credendovi e, meglio, convincendosi di essere inattaccabili. Il
punto più debole e più vulnerabile della vostra persona è la parte psichica.
Uno psicologo capace può manovrarvi come vuole ed operare una vera
fascinazione. Queste sono le fatture che dovete temere! Non fate opera di
autosuggestione a danno di voi stessi ma, semmai, per caricarvi di ottimismo e
di convinzione di riuscire. Per
tutti ci sono dei periodi nella vita in
cui vi sono più problemi di quelli che si prospettano in altri, ma questo non
significa che qualcuno vi ha lanciato una maledizione. Quando vivete periodi
faticosi, siete tesi e mettete in relazione i L'importanza
dell'intima convinzione Ancora
ribadisco l'importanza dell'intima convinzione nella riuscita della vostra
attività; e l'intima convinzione è tanto più determinante quanto più siete
impegnati ai limiti delle vostre possibilità. Un atleta impegnato a superare un
record, se non crede alla sua possibilità di farlo non lo farà mai. Quando
attraversate dei periodi difficili, le vostre possibilità diminuiscono molto ed
è come se agiste a livello di superamento di record; perciò può accadere che
non riusciate anche nelle cose che normalmente fate senza pensare. Tale è la
spiegazione della sfortuna che sembra perseguitarvi.
Siate ottimisti e fiduciosi; tanto, le cose che debbono necessariamente accadervi nessuno può stornarvele, e quelle che ricadono nella probabilità che invece possano essere evitate è più facile che le evitiate con l'ottimismo che con la paura. Datemi
ascolto: bruciate la convinzione nella potenza dei maghi, streghe e fatture, onnipotenti
solo nel regno dell'ombra, del sogno e della fantasia. Abbiate fiducia in voi
stessi. Nessuno
può darvi ciò che non riuscite ad avere, a fare vostro. Liberatevi dalla
superstizione! Il
mondo dell'occulto, la dimensione ultramateriale non esiste per soffocare
l'uomo ancor più, ma per fargli superare i limiti del mondo materiale, per
aprirgli nuovi spazi e nuove possibilità. Aiutateci
a suonare quelle campane che, all'alba, coi loro rintocchi, fugano i fantasmi
della notte e sprofondano nel nulla, quali inesistenti realtà, incubi e paure,
retaggio di tormentati sogni.
KEMPIS Determinismo - Libero arbitrio - Libertà - Karma In
effetti, quanto esiste costituisce un sol Tutto a tal punto inscindibile che,
da qualunque parte lo si attacchi, di legame in legame, di conseguenza in
conseguenza, fa compiere il giro completo dell'Esistente. Non c'è atomo, nel
vero senso termine, che sia assolutamente isolato, che sia indipendente. Una
catena di dipendenze lega ogni parte, ogni elemento, ogni unità che
costituiscono il Tutto e li lega non solo di fatto ma anche in senso logico;
anzi, la dipendenza di fatto esiste in conseguenza del legame logico. E siccome
tutto quanto esiste è Manifestazione di
Dio, seguirne lo svolgimento logico
Eppure
ci sono stati insigni pensatori che hanno interpretato la dipendenza nella
successione degli eventi in modo diametralmente opposto. A cominciare da
Democrito fino ai positivisti, ai neopositivisti, ogni fenomeno, ogni evento,
ogni avvenimento è secondo loro meccanicamente e necessariamente
Una
siffatta conclusione, se fosse giudicata con il criterio di quei pensatori, che esclude ogni
alternativa, li dipingerebbe come persone prive di logica e di spirito di
osservazione; tenendo invece presente la visione limitata della realtà limitata
che essi hanno presa in considerazione, si può capire il loro errore concettuale.
Certo,
anche animati dalla più ampia indulgenza, non si può fare a meno di chiedersi
come si possa escludere il finalismo dallo svolgimento degli eventi umani e
naturali. Escluderlo, infatti, non significa escludere solo che tutti gli avvenimenti perseguono fitti
voluti dalla divina provvidenza - questo lo escludo anch'io, che pure mi
considero finalista - ma significa
escluderlo in senso assoluto, cioè credere che tutto quanto si realizza sia
senza scopo, che tutto sia casuale. Difatti, o tutto è così veramente (ma come
si spiega, per esempio, la possibilità dell'uomo di raggiungere un suo fine personale, o il fine raggiunto dalla
natura con la riproduzione?) oppure, se si ammette la possibilità che si
realizzi anche un solo avvenimento per un fine, allora, per la logica, ll
determinismo è relativo e, per la logica, non si può escludere che eventi o
avvenimenti di una portata che sfugga all'osservazione diretta dell'uomo
possano perseguire anch'essi un fine.
Un'altra
affermazione dei deterministi è, come ho detto, che ogni avvenimento è
meccanicamente causato da un altro precedente, cioè l'esistenza di una catena
di cause e di effetti in forza della quale tutto accade e che non lascia posto
a possibilità non realizzate, in quanto tutto è inderogabile necessità, dunque
assenza di libertà, di autonomia anche relative. Affermare
che una cosa è possibile significa non escludere che possa realizzarsi il
contrario. Tuttavia, secondo certi pensatori deterministi, possibilità è solo
realtà, perché si realizza solo ciò che è veramente possibile. Una possibilità
logica o concettuale non diventa possibilità di fatto, non perché qualcuno non
la realizza, ma perché c'è qualche fattore che la rende irrealizzata; perciò,
non potendosi realizzare, è impossibile. E' ma
le condizioni sono rigidamente fisse, o alternabili? E qui il problema si
ripropone, cioè il discorso rimane logico solo se si postula una realtà
deterministica, altrimenti no; quindi in se stesso non può servire a dimostrare
che la realtà sia di tipo deterministico.
Ma al di là di sottili disquisizioni filosofiche, veramente una catena di cause e di effetti rende fatale ogni avvenimento?, oppure c'è, sia pure in modo relativo, e non sempre, la possibilità di variare? Continuando a giocare con la filosofia, potrei rispondere: «Sì, ogni avvenimento ha una causa» e non sbaglierei. «Tutto è karma» dicono gli orientali. Se una cosa è accaduta, con gli elementi che sono entrati in gioco, non poteva non accadere. Ma è chiaro che, fra gli elementi, può esservi anche la volontà e quindi la scelta di qualcuno. Tuttavia, se la scelta è stata quella che è stata, esiste un motivo,
qualcosa che ha fatto pendere l'ago della bilancia da una parte piuttosto che
dall'altra. Fra due o più possibilità, quella che viene scelta indubbiamente ha
un motivo in più di attrattiva rispetto alle altre; diversamente, solo tirando
a sorte si potrebbe decidere. In fisica, forze eguali e contrarie si elidono. Se
le possibilità egualmente premessero, il soggetto rimarrebbe immobile, come
l'asino di Buridano insegna. Ma se una possibilità preme più delle altre,
indubbiamente c'è una catena, c'è una causa; causa che, a sua volta, è legata
ad un'altra, e così via.
Il
ruolo della volontà Ad
esempio, se fra la possibilità di passare la serata in casa o di andare al
cinema, si sceglie la prima, c'è una ragione . Supponiamo che sia la
stanchezza. Ma anche la stanchezza ha un suo motivo, e via dicendo. In sostanza
sembrerebbe che avessero ragione i deterministi a tal punto che il
determinismo, dagli avvenimenti dell'Universo, si estenderebbe alla vita
dell'uomo, così che non esisterebbe libertà di scelta. Supponiamo
che sia vero - come è vero - che tutto è legato, determinato da qualcosa che
sta a monte; non c'è dubbio, l'effetto è conseguenza della causa; però esiste
una catena
Se
alla possibilità di passare la serata a casa, per riposarsi, si aggiunge il
pensiero che ciò dispiace ai propri familiari che vogliono distrarsi,
indubbiamente si introduce nella serie di cause che riguardano l'attività del
corpo fisico una ragione che va contro lo svolgimento naturale a cui quelle
cause porterebbero; si introduce cioè un elemento di altra natura che va a
turbare l'ordine logico delle cose e che consente di svincolarsi dalla catena
deterministica di un certo mondo.
Mi si obbietterà che un uomo stanco, il quale rinuncia al riposo per assecondare il desiderio dei suoi familiari, soffoca il suo, quindi subordina il suo agire al volere degli altri e perciò non è affatto libero. D'altro canto, anche se seguisse il suo desiderio di rimanere in casa, la sua scelta sarebbe determinata dalla necessità del suo corpo, perciò per libertà si può solo intendere possibilità di sottrarsi agli effetti di una rigida catena di cause dello stesso genere che imporrebbero una condotta diversa da quella che si riesce a tenere. Libertà non è possibilità di fare ciò che si vuole nel senso di ciò che si gradisce (che è pur sempre conseguenza di una necessità) ma possibilità di sottrarsi ad uno stato di necessità. Ecco perché è la volontà che rende liberi. Il
condizionamento ambientale Il
discorso, poi, delle condizioni esterne di tipo sociale od altro che possono
vietare di tradurre in atto la propria volontà è successivo, secondario
rispetto a ciò che si deve intendere veramente per libertà, che, ripeto, non
può significare possibilità di scegliere al di fuori di ogni influenza ma
possibilità di indirizzare la propria attività, la propria vita, facendo
prevalere la catena di cause, di motivi, di ragioni, ora di un mondo e ora
dell'altro. Questo rappresenta la libertà dell'uomo o quello che l'uomo ha di
più simile alla libertà, perché gli consente di sottrarsi ad un rigido
meccanicismo materiale.
Certo,
affermando che tutto è uno, come dicevo all'inizio, Primo:
nessuno è dotato di libertà assoluta. Secondo:
anche nell'ambito della libertà relativa, tutto è costruito in modo che nessuno
venga a patire ingiustamente delle scelte di un altro. Nè
può essere diversamente da così: quella che potrebbe La
verità sugli Spiriti liberi Consentitemi
di aprire una parentesi che in qualche
modo è attinente all'argomento libertà, anche se non si tratta di libertà degli
uomini ma dei trapassati. Fra gli spiritualisti è diffusa la convinzione, per
altro indotta dai loro "istruttori", che l'entità, lo spirito,
l'essere disincarnato di una certa evoluzione scelga le sue reincarnazioni
future. La sua libertà sarebbe tale da consentirgli una simile scelta. Già
una volta sono entrato in argomento, ma temo di non essere stato
sufficientemente esplicativo. Perciò vi ritorno, facendo appello al senso
critico e alla logica di chi mi ascolta e ricordando agli spiritualisti che
essere tali non comporta automaticamente dover abbandonare il buon senso e il
raziocinio, perché la Verità è essenzialmente logica e convincente. Allora,
giudichiamo una tale affermazione per quello che è in sé, sottraendosi alla
suggestione che può esercitare la sua provenienza da presunte alte sfere
spirituali.
Si
dice che ogni entità di ragguardevole evoluzione sceglierebbe la sua successiva
incarnazione cioè esaminerebbe l'ambiente, le persone, le esperienze che le sue
possibili incarnazioni offrono, e deciderebbe per quelle che più gli si
confanno, né più né meno di come si fanno acquisti al mercato. In una simile
affermazione non si tiene conto che chi sceglie non è il Re dell'Universo, che
ha di fronte a sé varie vite su cui far cadere la sua scelta, potendo farlo
poiché tutti gli altri sono al
suo servizio. Una vita, come ho detto, comprende incontri con altri,
appartenere ad una famiglia, e così via, e quindi non può essere scelta da un singolo
come se si realizzasse per lui solo. E se non sceglie quella vita ma un'altra,
che ne è di quella che, evidentemente, è già stata scelta da altri? Viene a
mancare di un personaggio? Ma in tal modo verrebbero a modificarsi le
condizioni per le quali è stata scelta dagli altri personaggi; perciò, forse,
rimarrebbe fra le offerte: "Per rimanenza di magazzino, occasione vantaggiosa. Offresi vita come figlio unico di madre vedova. Evoluzione notevole assicurata"! Vi rendete conto quanto sia illogico tutto ciò? Questo
discorso mi serve anche per farvi riflettere che la libertà non può essere
assoluta e che non potrà mai darsi che qualcuno possa arbitrariamente
costringere altri, se non sono gli altri che debbono essere costretti; perché,
ripeto, diversamente da così, quella che sembrerebbe libertà sarebbe solo
prepotenza di pochi. Perciò, se così è,
tutto non può essere che ordinato e misurato. Niente può essere lasciato alla
scelta inconsulta di chicchessia, che infine porterebbe ad un caos generale. D'altra parte, questo non significa che non vi sia un margine di libertà individuale, altrimenti non sarei qui a criticare il determinismo. I
"salti" dell'autonomia relativa Ci
fu un filosofo che lo criticò affermando che la distinzione della scienza in
chimica, fisica, biologia, eccetera, non deriva da una convenzione opinabile,
bensì dal fatto che i fenomeni seguono ordini assolutamente distinti perché
fanno parte di mondi inconfondibili, ciascuno
dei quali con caratteri nuovi, originali, imprevedibili rispetto
all'altro; inoltre, ciascun salto da un ordine all'altro è sempre una smentita
al principio di casualità, anzi rivela il principio di autonomia della natura
da un rigido meccanicismo: principio confermato dalla irriducibilità dei
fenomeni biologici a leggi chimiche e fisiche e dalla irriducibilità della
coscienza umana alla vita animale. E'
una critica molto interessante e vera nella misura in cui non faccia credere
che la libertà sia maggiore di quella che in effetti è: vera perché la concatenazione
delle cause, la serie dei fotogrammi - nel nostro linguaggio -, lascia alla
vita, a colui
Ma
perché no al determinismo? Innanzi tutto perché esso esclude ogni finalità
negli eventi, e perché interpreta questa esclusione come logicamente
inconciliabile con l'esistenza di Dio.
Anche
su questo ci sarebbe molto da dire: per esempio che Anche in matematica, che pure è la scienza più esatta che vi sia, l'espressione algebrica mista rimane vera sostituendo alle lettere più di un valore; addirittura, l'equazione indeterminata è soddisfatta, cioè rimane vera, per un numero infinito di valori delle incognite.
Le leggi della fisica, poi, rimangono valide anche in presenza di variabili, sicché pure nell'ambito di un rigido determinismo potrebbe coesistere la variabilità e quindi l'alternativa. In fondo è questo che noi abbiamo sempre affermato: cioè l'esistenza di una libertà relativa che non va ad interferire in modo indeterminato nell'ordine generale dell'esistente; anzi, l'interferenza è utilizzata per riportare l'equilibrio laddove esso difettava. Ma al di là di come è strutturata la realtà del mondo nel quale viviamo, non è forse l'Universo una fonte imperitura di meraviglie?, non è forse la vita un miracolo inestinguibile?, non è forse la coscienza dell'uomo un prodigio tanto più vertiginoso quanto più fosse il prodotto della materia? Ammettiamo pure che tutto sia l'effetto di un rigido determinismo: ebbene, viva la faccia del determinismo!
Se è il determinismo, se è il caso, se è il caos che producono le meraviglie naturali che non finiscono mai di stupirci, per me il determinismo, il caos, il caso sono Dio! Se l'Esistente, comunque sia strutturato, è capace di trasformare la materia bruta nella commozione, nel pensiero dell'uomo, mi domando che cosa può avere di più di ciò un Dio. Se è l'assenza di variabili, varianti, scelta, libertà, che hanno trasmutato l'insensibilità materiale nella coscienza del santo, ben venga l'assenza di libertà. Impossibilità
del "libero arbitrio" Ma
perché l'Occidente dà tanta importanza alla libertà nella ipotesi di come sia
strutturata la realtà? Evidentemente per l'influenza della teologia, la quale
annette grandissima importanza al fatto che l'uomo sia libero nelle sue scelte
e quindi sia il solo responsabile della sua salvezza e della sua dannazione. Non
voglio qua ricordare la dottrina del libero arbitrio, che addirittura pone
l'uomo, nelle sue scelte, non solo al di fuori delle sue passioni e del suo
raziocinio, ma anche dalla
Questa
e una visione più vera perché più misurata: infatti, non pone l'uomo al di
fuori di ogni causa determinante, esterna o interna, ma gli attribuisce la
facoltà di agire autonomamente anche in presenza di esse. Ora,
se si osserva la vita dell'uomo, non si può non ammettere che anche la
possibilità di sottrarsi alle varie influenze sovente gli viene a mancare; o,
più precisamente, ci sono molti eventi che non sono conseguenza di decisioni,
di scelte, ma che gli capitano addosso come inaspettati ospiti. E' così; non si può non riconoscere, nella vita di ognuno, una certa fatalità; il fatto che Tizio, camminando per strada, riceva in testa la classica, simbolica tegola, non è certo frutto di una sua scelta. A che cosa è dovuta, allora, la fatale coincidenza? Al caso? Il
caso non può esistere Anche
se si ammette il determinismo, che è negazione dell'esistenza di Dio, per
coerenza logica si deve escludere il caso. Se tutto è infatti una rigida
concatenazione di cause, nulla è lasciato alla casualità, all'evenienza
fortuita; né il caso può essere all'origine della serie delle cause, dico io,
sempre per coerenza logica; quindi il determinista, suo malgrado, crede in Dio.
Se
poi si ammette l'esistenza di Dio, può esistere il caso? o quello che si chiama caso, e che come tale
dovrebbe essere prova dell'inesistenza di Dio, non è piuttosto e proprio per la
sua singolarità motivo dl riflessione, di convinzione che qualcosa di superiore
guida le sorti degli uomini? Se si ammette l'esistenza di un Ente Supremo,
anche nella sua accezione più antropomorfa, si può ammettere che vi sia
Sicché,
se il caso è previsto e utilizzato nel divino programma, non è più caso. Chi
crede, in Dio non può credere al caso. E allora? Il caso non può esistere,
tanto che si creda la realtà una rigida concatenazione di cause priva di ogni
finalità e trascendenza, quanto che si creda la vita Manifestazione Divina.
Ma allora, quegli eventi che non sono conseguenza di scelte o effetto di situazioni cercate; che capitano improvvisi a mutare anche radicalmente la vita; se non possono essere fortuite coincidenze, dato che il caso non può esistere, come si debbono considerare? Evidentemente in modo diametralmente opposto, cioè punti fissi dell'esistenza dell'uomo, passaggi obbligati. Quello che a taluno può sembrare circostanza casuale è invece un ineluttabile appuntamento. E se è vero, come è vero, che tutto ha una causa, anche quegli avvenimenti che non trovano causa nei comportamenti immediatamente precedenti o volutamente promossi hanno una causa evidentemente più remota; furono promossi in un tempo non raggiungibile dalla memoria: non sono karma, ma fanno parte del karma. La
dinamica del karma Come
è di moda questo termine in Occidente! E come si usa a sproposito! Il karma è
sinonimo di destino, di punizione, di prova; mentre, in effetti, il karma è attività:
è né più né meno che un effetto, parte di quella catena di cause, tanto cara ai
deterministi, che muove la vita degli esseri.
Karma
quindi è tutto: non è solo l'evento eccezionale che muta inaspettatamente e
involontariamente la vita. Karma è il
mal di pancia del goloso, è la muscolatura dell'atleta allenato, è il biondo
dei capelli che la signora si è decolorati, è il germoglio del seme seminato
nel terreno fertile, e via e via. Il
karma non è destino, se con ciò s'intende qualcosa che accade senza spiegazione
e senza volizione; non è punizione perché, in sé, non è né buono né cattivo, ma
della stessa natura della causa di cui è effetto. A conferma di ciò cito
l'affermazione dei naturalisti secondo cui la vita della natura è
incomprensibile se non si ammette il principio di causalità, cioè se non si postula che mantenendo, modificando,
sopprimendo la causa, si modifica, si mantiene, si sopprime l'effetto. Il karma non è prova; semmai è insegnamento, perché completa l'esperienza promossa, e, dall'esperienza, si impara. Il
karma e la coscienza Dicendo
che karma è attività, azione, si può erroneamente credere che riguardi
solamente la materia, il piano fisico. Ho detto prima che esiste una catena di
cause e di effetti per ogni mondo e quindi per ogni tipo di attività dell'uomo:
per quella fisica, per quella di sensazione, per quella pensativa e così via.
Quel « così via « sta per mondo del sentire, per coscienza dell'uomo, vero
bersaglio e fonte del karma, perché è qui che si ripercuotono, si incidono le
esperienze, è da qui, dalla sua eventuale carenza o ricchezza, che l'uomo
indirizza
Il
karma, quindi, è solo una situazione esteriore nella misura in cui essa serve a
produrre quel fermento interiore che dona comprensione e, quindi, coscienza. E'
logico che sia così. Ogni attività non è mai solo di un mondo: per esempio
l'azione fisica è preceduta, accompagnata, seguita da sensazioni e pensieri, ed
è promossa o permessa dal sentire, dalla coscienza dell'uomo, perciò l'effetto
deve essere globale, andando poi a colpire il fulcro dell'individuo, quello da
cui ha origine il mondo di essere, il vero responsabile dell'attività
individuale. Tutto
avviene in modo molto semplice nella dinamica, anche se, nel dettaglio, il
karma è stato assimilato ad una corda formata da moltissimi fili.
Supponiamo
che Tizio sia avaro. Intanto, lo è perché la sua coscienza non è costituita a
tal punto da impedirgli di
Il nostro avaro penserà da avaro, desidererà da avaro, agirà da avaro, cioè alimenterà una catena di cause in cui ogni genere di attività umana è improntata all'avarizia: attività fisica, di sensazione, di pensiero. L'effetto delle sue attività non poteva che ripercuotersi a livello fisico, astrale e mentale. In che modo si ripercuoterà? Qui, per rispondere, si deve conoscere la ragione dell'avarizia, al di là della mancanza di altruismo. Supponiamo che sia non voler dare agli altri, desiderare di accumulare per essere più degli altri. Le cause mosse lo porteranno, come effetto, in situazioni da cui capirà che non serve avere un desiderio smodato di beni e di ricchezze. Tale comprensione scaturirà, per esempio, dal vivere in una successiva vita una situazione in cui egli vivrà l'avarizia di un suo simile e ne sarà la vittima. A quel punto egli ha imparato a non essere
Molti
credono che il karma si provochi facendo una scelta errata, consci però di
errare, e che solo allora si muova la causa che richiamerà l'effetto doloroso.
Una tale visione sarebbe giusta se il dolore fosse punizione, ma così non è: il
fine del karma è di dare quella coscienza la cui mancanza fa essere l'individuo
in modo non armonico alla realtà di unione del Tutto. Siccome la mancanza c'è
tanto che uno ne sia consapevole quanto che non lo sia - anzi, semmai chi non
ne è consapevole è ancora più carente - è chiaro che non ha nessuna importanza,
agli effetti del karma, che lo si sia chiamato consapevolmente o meno.
Gli
aspetti principali della legge di causa-effetto si possono riassumere come
segue: 1.
Ogni attività promossa o indotta o liberamente avviata reca con sé un effetto. 2.
Tale principio vale per il mondo fisico, per quello delle sensazioni, per
quello del pensiero; insomma per ogni mondo e per ogni categoria di fenomeni. 3.
L'effetto è della stessa natura della causa ed
è strettamente legato ad essa. 4.
Si creano cause tanto volontariamente quanto involontariamente, perché
l'accadere dell'effetto non è subordinato alla consapevole consumazione della
causa. 5.
L'effetto ricade su chi ha mosso la causa. 6.
L'effetto ricade col fine di dare coscienza al soggetto che lo promosse. 7.
L'effetto ricade quando il soggetto è pronto a comprendere, cioè quando il
soggetto, dall'effetto, trova la coscienza
La
catena e il riscatto La
catena di cause e di effetti che muovono e promuovono la vita degli individui
si incrociano ed hanno continue ricorrenti connessioni. Non può essere
diversamente: se tutto è Uno deve esistere una stretta dipendenza fra i
soggetti. Come prima ho detto, non c'è una sola particella elementare che sia
assolutamente isolata. Qualunque cosa ha un rapporto di dipendenza con qualcos'altro. Se esistesse, per assurda ipotesi, qualcosa che fosse
assolutamente indipendente, sarebbe fuori della realtà. Perciò nessuno può
essere fuori dalla catena di cause e di effetti, di dipendenze, che lega tutto
quanto esiste. E
se si dice che tutto è karma, lo si dice perché appunto karma è la catena di
cause e di effetti che lega il Tutto. Nessuno può sottrarsi al karma.
Certo,
c'è karma e karma, ma soprattutto c'è la possibilità di compiere quei salti di
qualità nella catena di cause e di effetti di cui prima parlavo. Compiere salti
di qualità costituisce la libertà, l'autonomia dell'individuo. Ora,
siccome la libertà è la possibilità di agire in modo contrario a quello a cui
condurrebbe una catena di cause e di effetti; e siccome è la coscienza
costituita che dà all'individuo lo facoltà di sottrarsi agli impulsi dei suoi
veicoli inferiori (egoismo, passioni e via dicendo) e conseguentemente agli
timoli ambientali; e siccome la coscienza si costituisce quanto più si evolve e
viceversa; è chiaro che la libertà è proporzionale all'evoluzione. Ma
badate bene: l'evoluto non è fuori da ogni catena di cause e di effetti perché
sarebbe fuori dalla Realtà. Egli compie salti di qualità; cioè per la sua
coscienza sente in modo che gli consente di non essere trascinato
inesorabilmente dalla necessità; che gli permette di vivere in modo sereno ciò
che, per altri, è fonte di angoscia; che non gli fa creare ombre torturatrici e
che non gli fa muovere cause che portano effetti dolorosi. Tuttavia questo non
significa che l'evoluto non senta, per esempio, la stanchezza quale effetto di
una causa da lui promossa. Quella stanchezza la vivrà in modo diverso dall'inevoluto non ne sarà condizionato, saprà come smaltirla brevemente, ma
non potrà non avvertirla.
Il
karma - o quello che si intende con questa parola - cioè una condizione
limitante simile per più persone, è vissuto in modo diverso anche se presenta
la stessa impostazione. Una cecità, per esempio, può essere vissuta serenamente
o angosciosamente. In modo analogo, fra più persone fare una stessa cosa può
dar luogo a karma diversi. Ed è logico che sia così: infatti il vero bersaglio
e la vera fonte del karma, come ho detto, è la coscienza individuale; quindi è
il sentire, l'intenzione, che pilota tutta l'attività dell'individuo, ed è
quello che deve essere corretto e che quindi è oggetto dell'effetto
Se
la natura, il contenuto dell'effetto, fossero analoghi solo a quella che è
stata la manifestazione esteriore dell'individuo agente, l'effetto non farebbe
quasi mai centro perché quante azioni nascondono intenzioni opposte a quelle
che possono trasparire. Una condotta altruistica che nasconda un fine egoistico
non può recare un effetto eguale a quella condotta per intenzione. Infatti
l'effetto non è un premio o un castigo, è qualcosa che tende a correggere
all'origine la natura di chi
Pensate
un po', per giungere a ciò, di quanti fattori deve tener conto il karma! Eppure
tutto si attua mirabilmente. Non
c'è nessuno che tiene registri di dare e di avere ma, per il principio di
causa-effetto, la concatenazione in qualche modo intuita dai deterministi è
garanzia che niente cade a vuoto, che tutto si tramanda, che tutto ritorna come
immagine riflessa di se stessi, perché si prenda cognizione delle proprie
deficienze, e si colmino. La
concezione della Realtà in cui niente avviene casualmente
La
possibilità dell'uomo di sottrarsi a influenze e impulsi, allorquando è capace
di compiere un salto di qualità, gli conferisce quella autonomia che lo
riscatta dalla rigida tutela a cui sono sottoposti gli esseri con una coscienza
elementare. Guardandosi attorno si può verificare tutto ciò e crederlo senza
dover compiere atti di fede, senza forzature, con il solo strumento del
raziocinio. A quel punto non si può che
riflettere ed esclamare, rivolgendosi a quell'Ente inafferrabile che pure deve
esistere e che, se esiste, non può che essere la vera ragione del tutto: «
Signore, la logica mi fa concludere che il caso non può esistere e che una
catena di cause e di effetti mi indirizza nel mio vivere, pur consentendomi
quella libertà che è ignota agli esseri dalla coscienza in potenza. «
Signore, posso riconoscere il fine immediato della vita naturale, che è quello
di perpetuare se stessa; perciò ragionevolmente posso credere che tutto ciò
abbia un fine più ampio che sfugge alla mia constatazione. «
Se Tu sei capace di trasformare la materia insensibile nella coscienza del
santo, allora, Signore, Tu sei amore, e benché non abbia la percezione di
quanto Tu sei, umilmente Ti ringrazio con tutto l'amore di cui sono capace e
che Tu, giorno per giorno, istante per istante, alimenti, alimentando la mia
stessa esistenza. «
Signore, fa che il Tuo amore riunisca tutti noi, Tuoi esseri, e che non venga
mai meno; ma anzi sia sempre in noi, giorno per giorno, istante per istante,
perché così Ti conosceremo e nulla più, ci sarà oscuro «.
KEMPIS Mantra
del karma Ciò
che semini raccoglierai, non dimenticarlo. Da
ciò che fu viene ciò che è e che sarà. Lo
schiavo può nascere principe per le virtù che ebbe, il regnante può tornare
in vesti di straccione ed errare senza pace per ciò che fece o non fece. L'Assoluto
che sente e vive in te e attraverso di te, soffre e gioisce per i tuoi peccati
o i tuoi meriti, ma le sue leggi sono immutabili, permangono, non possono
essere spezzate o frodate. Il bene è compensato con pace e tranquillità, Il
Signore che è in te non conosce collera né perdono, ma preciso è nelle sue
misurazioni. l tempo per Lui non Colui
che ha rubato restituisce; colui che uccide sarà ucciso; colui che aiuta sarà
aiutato; colui che comprende sarà compreso. Questa è la legge di giustizia
dell'Assoluto. La sua mèta è la consumazione. Abbi
dunque la forza di sopportare ogni pena per pagare ogni tuo debito; compensa
con tanto bene ed amore il male che ti è fatto; sii giorno per giorno giusto,
misericordioso e puro, e il dolore non ti seguirà più. Ricorda
sempre che ciò che farai a te sarà fatto. I frutti ti seguiranno nel cammino. FRATELLO ORIENTALE
L'ideologia della conquista amorosa
Non
vi sarà sfuggito che Coloro che guidano i nostri passi verso una esistenza più
consapevole chiamano ora, con particolare amore, i giovani. La saggezza e la
lungimiranza delle Guide ha disposto che siano testimoni di queste
comunicazioni affinché ne diano a loro volta
testimonianza diretta fino ad un futuro il più lontano possibile. Penso
che l'attenzione e l'attestazione più efficace che tali giovani possano rendere
non sia quella di poter dire: « Io vidi, assistetti in prima persona» ma sia
quella che essi, con la propria condotta, con la concezione della loro vita,
possano mostrare. Cosicché mi rivolgo proprio a loro con l'intento di dare un consiglio che contribuisca ad
annullare una stortura mentale abbastanza diffusa e a evitare gli effetti
negativi di una simile concezione. Fra
i giovani che hanno passato la fase del primo amoreggiamento facilmente si può
diffondere, e si diffonde, la convinzione secondo cui quante più conquiste
amorose si riescono a collezionare e tanto più si è "in gamba ", si è E'
chiaro che questo, fortunatamente, riguarda in modo più diffuso i giovani
maschi; tuttavia anche le femmine non ne sono immuni, specie in una forma
diversa: nella forma in cui ritengono un rapporto sessuale non più, importante
di un buon pasto, sicché può avvenire, senza remore, tutte le volte che se ne
senta il desiderio. Certo,
ci sono altri problemi che riguardano i giovani, ben più preoccupanti perché insidiano
più pericolosamente la loro salute psichica e fisica; tuttavia tali minacce
sono così evidenti che non c'è bisogno di svelarle; perciò preferisco parlare di quelle che minacce non
sembrano, anzi sembrano motivi di efficienza e di merito, mentre, in realtà,
sono tutt'altro. La
questione non riguarda solo i giovani; ne sono interessati anche molti adulti,
e non solo perché hanno lo stesso tipo di deformazione mentale, ma perché sono
gli adulti che, col considerare "in gamba " i giovani conquistatori
di corpi, valorizzano la relativa figura. Io non voglio certo fare il moralista, non ne ho le carte in regola: se parlo di una cosa che riguarda anche l'etica non è tanto perché sia amante dei retti comportamenti per i retti comportamenti in sé, quanto perché un simile atteggiamento mentale è dannoso alle condizioni fisiche e a quelle psichiche tanto di chi agisce, quanto di chi subisce. Ciò posso affermarlo per esperienza diretta. La
disciplina della psiche Cercate
di non coltivare una simile mentalità, che vi porta a fare e ad ostentare
conquiste cosiddette amorose ma che di amore non hanno nulla. Soffermatevi
ad analizzare il vostro impulso a collezionare avventure galanti. Secondo gli
studiosi della psiche, chi ostenta una particolare qualità, creduta tale, chi
ha un atteggiamento che lo fa apparire in un determinato modo, molto spesso lo
fa proprio perché in quell'aspetto della sua personalità è carente.
Pensate,
poi, che l'atto sessuale in sé non è peccaminoso, anzi è un complemento meraviglioso;
ma, appunto, quando non è la ragione prima di una relazione. Quando è il
naturale completamento di un affetto, quando è ispirato da un sentimento, solo
allora è liberatorio ed appagante. Quando invece il sentimento non c'entra,
invita a considerare gli altri
Avere
rapporti sessuali sempre con persone diverse finisce col condizionare la
propria capacità di accoppiamento e dare impotenza allorché non vi sia lo
stimolo della novità. L'atto sessuale, per sussistere, deve sempre essere
innescato da qualcosa. Ma il giusto innesco è solo il sentimento. L'atteggiamento mentale del conquistatore amoroso danneggia psichicamente non solo perché rende cinici ma anche perché, a poco a poco, diventa una sorta di ossessione, per cui l'avventura sessuale finisce con l'essere più importante e più ambita di ogni altra cosa, a tal punto che, in mancanza di quella, tutto il resto diviene indifferente. Quindi l'avventura
sessuale diventa lo scopo della proprio vita, il che è abbastanza squallido ed
alienante. Il
fatto, poi, che spesso sia l'elemento femminile ad invitare e che quindi sia
obbligo approfittare o soggiacere all'invito per non perdere in reputazione,
non è certo un valido motivo per giustificare un comportamento vagheggino:
anzi, dovrebbe essere un'occasione per dimostrare a se stessi la propria
autonomia e la capacità di sottrarsi alle influenze ambientali.
Se
poi siete fra coloro che ci tengono ad avere una reputazione e al giudizio
favorevole degli altri, allora cercate di offrire, di impersonare una bella
figura di uomo con una La
disciplina del corpo Capisco che i giovani hanno molte energie da smaltire e talvolta l'esuberanza fisica ha le sue esigenze. Chiaramente, però, anche dal punto di vista medico si può raggiungere lo stesso scopo in modo costruttivo e salutare. Fate dell'attività fisica. E questo lo dico anche agli adulti.
Il corpo è costruito
Molti
decantati benefici attribuiti a positure insegnate da
Il
consiglio di trovare il tempo per fare ginnastica non lo rivolgo solo ai
giovani; è forse più utile ai meno giovani i quali, per una legge naturale,
hanno un metabolismo più lento e quindi una maggiore facilità ad intossicarsi. Astraetevi
dai problemi quotidiani con mezzi che la stessa natura, in fondo, mette a
vostra disposizione: gli esercizi fisici, meglio se fatti in compagnia e sotto
la guida di un esperto che vi faccia esercitare quanti più muscoli possibile.
Se l'esercizio fisico sarà accompagnato dal pensiero sostenuto di liberarsi
dalle tossine, non solo fisiche ma anche psichiche, diventerà un rito con
valore universale: un impegnarsi per una conquista che merita.
FRANCOIS La gelosia
Difficilmente
i moti dell'animo umano e noti sfuggono alla definizione di "buono" o
"cattivo" e, conseguentemente, al teorico « si deve avere « o « non
si deve avere «. Così
la gelosia, che è quel disappunto o quel dispiacere che certi uomini, quasi
tutti, provano quando la persona che
loro interessa rivolge la sua attenzione, il suo interessamento ad altri, è
universalmente definito non nobilitante, e riprovevole.
Una
catalogazione così drastica non tiene conto che tutto è relativo ed anche la
gelosia, unanimemente ritenuta negativa, se raffrontata ad altri moti
dell'animo umano che sgorgano da realtà interiori di maggiore chiusura verso il
proprio prossimo, può appalesarsi, al confronto, augurabile e nobilitante. La
scala di apertura e di disponibilità di se stessi verso gli altri ha il suo
inizio, il suo punto zero, in un essere che gli altri non immaginano nemmeno
che esista, cioè quello legato allo stadio di vita vegetale, in cui la massima
espressione ci coscienza si chiama " sensazione ".
Nello
stadio di vita animale, invece, v'è un'apertura, una
Certo, sul piano pratico e degli effetti è preferibile un animale buono e generoso ad un uomo egoista e crudele; ma si dà il caso che la ragione per cui esiste la vita non è quella di costruire all'esterno degli individui, ma quella di arricchire di sentire l'intimo di ognuno; non è quella di insegnare un atteggiamento, un comportamento esteriore, ma quella di dare un'intima natura; non è quella di creare le condizioni esterne favorevoli affinché ognuno sia buono e si comporti bene, ma quella di dare un intimo sentire di disponibilità e di amore verso gli altri esseri, tale da sussistere ed estrinsecarsi anche nelle difficoltà che più imperiosamente si frappongano.
Nella definizione della
gelosia come dispiacere che si prova allorquando la persona che interessa
rivolge la sua attenzione ad altri,
rientrano tutti i tipi di gelosia: da quella d'amore a quella di rivalità nella
vita che si prova, per esempio, quando nella propria professione altri riscuotono
le preferenze che si sono avute o che si vorrebbero avere. Ma
la gelosia che in certo senso riscatta il geloso è la gelosia d'amore: sì,
perché chi prova quella gelosia in qualche modo ama, anche se limitatamente ed
egoisticamente, ed è più vicino all'amore sublime di chi non ami affatto.
Attenzione, però: a volte quella che sembra gelosia d'amore è solo ansiosa
vigilanza che non venga violato il diritto di possesso che si crede di poter
vantare circa una o più persone; ed in ciò, sicuramente, non c'è amore. La
caduta delle limitazioni Certo,
la trasformazione dell'intimo dell'uomo avviene in progressione così graduale e
sfumata che quasi neppure il diretto interessato se ne accorge, per cui
dall'esterno non è possibile capire, ad esempio, la vera radice della gelosia.
La
Che
cosa siano le limitazioni si capisce tenendo presenti quali sono gli effetti
del sentire illimitato, e cioè la cosciente comunione col Tutto, la plenitudine
assoluta, la scoperta della propria vera identità nell'identificazione con
l'Essere Assoluto in cui è spenta ogni separatività; perciò, tutto quanto fa di
ognuno un essere separato, distinto, quanto fa sentire in termini di io e non
io, è limitazione; e la caduta graduale delle limitazioni corrisponde a sempre
maggiore apertura, disponibilità, slancio, amore verso ciò e chi si ritiene non io. Infatti, un essere
massimamente limitato è un essere che vive tutto compreso in se stesso, e, più
che essere al centro del mondo, come l'egoista, egli stesso è tutto il mondo,
non dico che può concepire ma che può sentire. Tali sono gli individui del mondo vegetale. A mano a mano che gli altri acquistano interesse, cioè nel regno animale, comincia a prospettarsi e prepararsi la caduta delle limitazioni; e quando l'interesse per gli altri non è dettato solo da ciò che può da essi venire, cioè nel regno umano, la caduta delle limitazioni è in atto. Perciò un essere geloso d'amore è un essere che, in qualche modo, amando, è meno limitato di chi non ama affatto; è un essere già avanzato nel processo di caduta delle limitazioni. Amore
e "sentire" Certo,
anche la gelosia d'amore conosce sfumature diverse, è più o meno rarefatta a
seconda che sia più o meno egoistica e possessiva. La forma più sublime di
gelosia è quella che rimane nascosta, non manifestata all'essere amato, ed è
una gelosia che finisce col divorare se stessa e liberare un amore più
puro.
Voi
che amate con gelosia tenete presente che la gelosia d'amore è un sentimento
meno peggiore del pessimo; tuttavia denota un amore che non è migliore del più
puro che può provare un essere limitato come è l'uomo. Certo,
piuttosto che non amare, amate con gelosia; ma domandatevi che senso abbia
essere gelosi specialmente se questo Cosa
vorreste? La fedeltà dell'amato? La fedeltà è un dono, non un vizio; è qualcosa
che si può solo ricevere, e non richiedere. Se anche si riuscisse a imporre la
fedeltà del corpo, rimarrebbe il pensiero: e si può imprigionare e soffocare il pensiero? Cosa
vorreste? L'esclusività dell'attenzione e dell'amore di chi amate? Ma l'amore
è un sentire, non un comportamento. Se
non c'è non si può richiedere, non si può pretendere. E
Già
vi vedo, o libertini, servirvi di queste parole per giustificare le vostre
avventure, il vostro desiderio di conquista. Abbiate l'onestà di non
nascondervi dietro scuse e pretesti, di riconoscere che il vostro non è amore per
più persone ma ricerca di nuove sensazioni. In Verità vi dico che è migliore di
voi chi ama con gelosia; perché, almeno, ama; Amore
e sessualità Certo,
come ho detto, si possono amare nel vero senso tante, tantissime persone, ma ciò non vuol dire che con ognuna l'amore
includa il corpo fisico; pure se è vero che anche l'amore più etereo pervade
tutto l'essere in ogni sua parte costituente, non escluso il corpo fisico; pure
se è vero che anche l'amore più sublime può trovare col corpo fisico un
suggello degno della sua nobiltà. Sì,
miei cari, sono qui per scandalizzarvi, per provocarvi dicendovi che la
sessualità, non il vizio, non è quello spauracchio, quella minaccia che è stata
considerata da quelli che cavalcavano la via dello spirito. La sessualità, non
il vizio, che è conseguenza di un amore vero e perciò spirituale non
La
castità è stata imposta per misurare, per esercitare la volontà e la
determinazione di chi voleva calcare il sentiero, non altro. Certo,
anche la sola e pura sessualità può diventare uno strumento di offesa, di male,
ma ciò non significa che in sé essa sia offesa e male; come tutte le cose che
attengono ad una condizione, essa è naturale e necessaria; ma ripeto, non
Castità
e "sentire" Se la castità forzata non fosse misura della volontà e della determinazione di chi ha fatto una certa scelta, sarebbe veramente solo negativa; se non servisse ad esercitare e sviluppare l'autocontrollo di chi vuol mantenersi casto in vista di un fine da raggiungere, sarebbe da rifuggire perché, generalmente, provoca uno squilibrio interiore assai più dannoso, anche spiritualmente, dell'atto sessuale; se il fine della castità è quello di raggiungere la padronanza dei propri impulsi, vi assicuro che quando il mantenersi casti è raggiunto con una autoimposizione che fa violenza a se stessi, al massimo l'unico impulso che si riesce a controllare è quello sessuale mentre tutti gli altri si scatenano in modo da fare dell'individuo un casto, sì, ma nevrotico, crudele e inumano. Qualunque genere di autocontrollo tenuto con
fatica traumatizzante, distruggendo l'equilibrio interiore, impedisce
quell'unione armoniosa dei propri corpi necessaria al manifestarsi del fluire
divino: tenetelo presente, voi che aspirate alla manifestazione dello spirito.
L'autocontrollo deve essere spontaneo e naturale; tutto ciò che traumatizza
impedisce la manifestazione di sentire più ampi.
In
taluni casi, ma non in quelli in cui il trauma è provocato dalla violenza a se
stessi, l'esperienza traumatica può aprire la strada alla manifestazione del
più ampio sentire; tuttavia ciò avviene a posteriori, ossia quando l'esperienza
è superata almeno nella sua parte traumatizzante; allora, nella calma che segue
la tempesta, sboccia un nuovo sentire, più ampio perché liberato da quelle
limitazioni che sono cadute con l'assimilazione di una esperienza; mai in
assoluto nel momento in cui non si è in equilibrio sboccia il fiore della
comprensione. Cercate
perciò il dominio di voi stessi per raggiungere l'equilibrio, perché la
padronanza di sé è un mezzo, qualcosa che rende più efficiente chi la possiede,
non un fine, non una mèta che si debba raggiungere a qualunque costo, anche
quello di violentare se stessi. L'autocontrollo che distrugge l'equilibrio interiore è un autocontrollo che fallisce lo scopo, la ragione della sua esistenza. Le
conquiste cosiddette "spirituali" Vi sono delle discipline che insegnano a controllarsi, a rilassarsi, e, al tempo stesso, illustrano secondo schematizzazioni diverse la struttura dell'uomo in modo che, conoscendo la propria costituzione, ciascuno sia facilitato nel rendersi consapevole delle proprie reazioni, dei propri impulsi. Quelle discipline sono utili e da
seguirsi nella misura in cui si limitano a promettere solo tutto ciò. Quando
invece promettono progressi nella via dello spirito o, peggio ancora,
acquisizione artificiale di poteri paranormali, diventano deleterie.
Tali
discipline rimarrebbero tuttavia inoffensive se non vi fossero degli ignari che
le seguissero. Perciò mi rivolgo a voi, cultori delle discipline che promettono
conquiste spirituali attraverso comportamenti irraggiungibili, così che, se le
conquiste non arrivano, la colpa è vostra. Mi rivolgo a voi per dirvi: non
perdetevi in riti unicamente formali. Non occorre perseguire privazioni inumane.
Se non siete pigri, se non siete degli intemperanti, se siete uomini di buona
volontà, avete già tutto quello che
quelle discipline, al massimo, possono donarvi.
Le
conquiste spirituali non si conquistano affatto, non sono una mèta da
raggiungere. Certo, in nome di esse si possono costruire chiese, inventare
gerarchie e scuole, ma sono tutti pretesti per creare posizioni di preminenza
sugli altri, per riscuotere considerazione e sottoposizione da coloro i quali
quelle autorità riconoscano.
La
cosiddetta " via dello spirito " - che è poi un sentire - non si
impara, non si raggiunge con la gestualità e con la ritualità. Se perciò
seguite qualche disciplina per trovare chiarezza in voi ed accrescere la vostra
comprensione, e non è poco; se lo fate per raggiungere il dominio di voi stessi
e una maggiore efficienza; e se mirate a tutto questo per meglio aiutare chi
volete aiutare, e vi auguro che siano tutti quelli che hanno bisogno di aiuto;
allora avete la nostra benedizione.
Ma se lo fate per aggiungere una medaglia al vostro medagliere, sperando di
crescere spiritualmente, allora disilludetevi: è tempo perso.
Certo,
se non avete nulla da fare, se volete occupare le ore libere, non c'è miglior
passatempo che dedicarsi a quelle discipline che promettono distensione,
equilibrio fisico e psichico. Piuttosto che stare in ozio dedicatevi a qualcosa
che sia corroborante, che in qualche senso vi giovi: ma non illudetevi che quel
sentire che fa di chi lo trova un essere nuovo si raggiunga con esercizi e
riti.
Se
poi mirate a raggiungere dei poteri psichici, oh infelici!, siate consapevoli
che disporre di essi prima che l'evoluzione li manifesti spontaneamente è come
dare a un fanciullo la sessualità di un adulto: è dare qualcosa che lo divora,
lo distrugge nel corpo e nella psiche.
Guardatevi
bene da una tale pratica che, anziché rendervi più potenti, farà di voi delle
larve; guardatevi anche da chi vi promette
poteri e conquiste dello spirito, perché certamente vuole catturarvi per un suo
fine, che può essere anche solo quello di avere dei proseliti.
Come
l'uomo impara ad agire, a dare agli altri attraverso il pensiero di ciò che può venirgliene, così coloro che promettono
ricompense divine a chi li segue vogliono sedurre e catturare mediante la
promessa di un vantaggio. In verità vi dico
che la ricompensa maggiore l'ha chi promette di dare; e chi crede di
avere, in effetti, dà solamente. Come
l'agire non deve essere ispirato dalla
ricompensa, così
il sentire che riscatta l'uomo dalla condizione in cui si trova si manifesta
quando non lo si persegue, quando si vive
rettamente, senza sperare ricompense.
Se
avete tempo libero, se volete fare qualcosa che non sia solo vuota distrazione (pure necessaria, nella giusta
misura}, allora la migliore disciplina è quella di rendervi utili agli altri,
in qualunque modo, senza aspettarvi nessuna ricompensa, nemmeno la
riconoscenza. E vedrete che le forze spese in questo
senso vi doneranno distensione, equilibrio, appagamento. Ahimè,
anch'io sto promettendovi qualcosa, perciò è meglio che mi taccia!
KEMPIS Sessualità naturale
Chi
riesce a vedere la vera condizione di tutto quanto esiste, scopre e si rende
consapevole che Tutto è Uno. Le varietà delle materie, delle forme di vita,
degli esseri non sono che diversi aspetti di una solo Sostanza, di una sola
Vita di un solo Essere. Se così è la realtà, allora, ogni qual volta la si
suddivida categoricamente in parti, come se queste fossero autonome ed
enucleabili dal Tutto, si commette un errore. Parlare
di naturale e sovrannaturale è un errore: tutto è naturale. Parlare
di spirito e materia è parlare di una stessa sostanza in due diversi stati di
manifestazione. Ciò è tanto vero che
Se
comporre un sol Tutto inscindibile è la reale collocazione di ogni elemento che
costituisce la molteplicità degli esseri e dei mondi, allora non deve meravigliare che l'analogia dei
comportamenti vi sia non solo fra enti analoghi, esistenti in uno stesso piano,
ma anche fra enti di diversi piani di esistenza: perché, come ho detto, ciò che
fa considerare diverso è solo l'apparenza. La
diversità nasce dall'apparire, dal manifestarsi diversi, ma non dall'esserlo
nella realtà. La semplice funzione - se semplice si può definire - della madre che insegna al figlio a camminare, in un primo momento sostenendolo addirittura, è analoga a tantissime altre che riguardano attività ritenute più nobili e più importanti, essendo ogni attività dell'essere, nella misura che le si confà, egualmente importante. Mezzi
della evoluzione del "sentire" Il sentire che per svilupparsi inizialmente deve essere stimolato, provocato dagli urti dei mondi della percezione, è come il figlio che, prima di rendersi autonomo nella deambulazione, è portato quasi di peso dalla madre. Allo stesso modo il sentire che poi si manifesterà ed espanderà in modo indipendente dagli stimoli del mondo ritenuto esterno è analogo al figlio che ha imparato a camminare e si sposta da solo.
L'amore verso gli altri, che è l'essenza del sentire prossimo a
svincolarsi dalla necessità degli stimoli, nasce gradualmente ed in modo
analogo a come il figlio impara a camminare. La natura ha messo a disposizione di ogni essere una fonte di stimoli atti a suscitare il germogliare dell'amore verso gli altri: tale fonte è la sessualità.
Il richiamo sessuale, fino
dalle forme di vita animali in cui principalmente è fonte di sensazioni, cioè
di stimoli atti a sviluppare il veicolo astrale degli esseri, costituisce quel
supporto nei riguardi dell'amore all'altro analogo a quello costituito dalla
madre che insegna a camminare al figlio.
Sotto
l'impulso del richiamo sessuale gli esseri sono invitati a distogliere
l'attenzione polarizzata su se stessi e a
Sotto
l'impulso sessuale, la capacità di amare si esprime al suo massimo, raggiunge
l'acme; ma se tale capacità è esigua, quando l'impulso sessuale viene meno
cessa anche l'amore all'altro; quando invece la capacità di amare ha raggiunto
un certo valore, se anche cessa lo stimolo sessuale, l'affetto, pur diminuendo
per mancanza di incentivazione, rimane, sopravvive. Ho
parlato dello stimolo sessuale nella sua forma più pura I
segreti del cuore L'istinto
sessuale, nella sua naturale ragione che, mi preme ripeterlo, è spiritualmente
quella di suscitare l'amore verso gli
altri, non è niente di sporco e vergognoso, più di quanto non lo sia una madre
che sorregge il proprio figlio per insegnargli a camminare. Non solo, ma chi
ama per raggiunta capacità di amare al di là della evocazione operata dal
richiamo del sesso, cioè ama di amore vero, può benissimo, per risonanza, avvertire
anche un moto di natura sessuale verso le persone amate. Ciò
non è affatto condannabile: è semplicemente la naturale reazione del corpo a un
impulso di amore che sgorga dalla parte
più vera dell'essere.
Naturalmente,
facendo queste affermazioni non prendo in considerazione tutte quelle
implicazioni sociali in forza delle quali la manifestazione di un amore non
canonico potrebbe scandalizzare l'amato: intendo dire che chi veramente è
evoluto ed amando altri sentisse per essi un impulso sessuale, condannabile
dalle regole sociali, certamente per non scandalizzare gli amati serberebbe nel
segreto del cuore il suo trasporto «d'amorosi sensi». In ogni altro caso,
simili problemi debbono sempre essere risolti dalla coscienza individuale,
tenendo presente che è la legge che è fatta per l'uomo, e non viceversa.
Un
altro artifizio della natura per suscitare l'amore agli altri è la maternità.
Anche questo mezzo per insegnare ad amare trova le sue prime applicazioni nel
regno animale. Avrete certo osservato l'affetto espresso dagli animali nei
confronti della prole per tutto il periodo del suo sviluppo. E' quel vestito
che la natura pone addosso all'essere
affinché ami qualcuno che non sia lui stesso. E l'essere ama, almeno finché
indossa quel vestito. E' il caso degli animali che dimostrano attaccamento d'amore per i propri figli talvolta maggiore di quello dimostrato dagli uomini: ma appena la natura toglie quello stimolo, l'amore ripiega su se stesso e i genitori non conoscono più i già amati figli. Nell'uomo, invece, l'amore per i figli resta anche quando casi sono ormai adulti: l'amore che la natura innesca rimane oltre l'innesco; rimane, più che l'amore per i figli, la capacità di amare. L'istinto
del "gruppo" nell'animale e nell'uomo Un
altro mezzo di cui si serve la natura per insegnare agli esseri ad amarsi è
l'istinto a raggrupparsi, a vivere in branchi, a costituire una famiglia:
insomma, la socializzazione. Anche la solidarietà che istintivamente lega i
membri del gruppo è un supporto, un sussidio simile alla funzione della madre
che sorregge il figlio per insegnargli
a camminare; è una qualità che viene automaticamente conferita perché, poi, la
si ritrovi coscientemente acquisita come indelebile natura del proprio essere.
Mentre
però avere figli, tranne le eccezioni che esistono L'animale sociale, infatti, docilmente ubbidisce al comando della natura di essere solidale verso gli altri individui del suo gruppo, mentre l'uomo raggiunge una tale mèta dopo che ha imparato ad amare suo figlio, il suo amante, anche al di là dello stimolo che la natura gratuitamente infonde. Quando ha imparato ad amare i figli adulti e l'amante che più non ispira attrattiva sessuale, allora la sua capacità di amare dovrà estendersi ad altri che possono essere i genitori, gli amici e, infine, gli estranei. Questo fatto
non deve erroneamente far pensare che
l'uomo sia meno evoluto dell'animale. La ragione vera è che l'impulso alla
socializzazione la natura lo infonde più intensamente negli animali che non
nell'uomo, e questo per evidenti ragioni di sopravvivenza delle specie. Per
socializzazione non si deve intendere solo vivere assieme in gruppi o società
ma si deve intendere " agire solidarmente in vista di un bene comune
". L'uomo deve trovare la solidarietà, che negli animali sociali è istintiva, non esclusivamente attraverso il supporto naturale, cioè l'impulso di cercare compagnia e vivere accompagnato, ma attraverso tutte le altre esperienza di relazione che gli doneranno, alfine, la vera coscienza sociale, la vera fraterna solidarietà, il vero amore altruistico, essenza del vero amore. L'egoismo
di natura e la conquista della coscienza Parlerò
infine del più forte supporto che la natura dà all'uomo per insegnargli ad
amare: l'egoismo. La natura di tale supporto è diversa da quella degli altri,
quale l'istinto sessuale o la maternità. Questi ultimi sono infatti conferiti,
sono cioè condizioni particolari che, al limite, in qualche incarnazione e per
speciali ragioni, possono anche non essere date. Mentre l'egoismo è automatica
conseguenza dell'essere uomo, cioè del concepire se stessi separati, del
considerarsi inseriti in una realtà strutturata in io e non io.
L'egoismo
non è qualcosa che l'uomo può non avere, come l'istinto sessuale o l'istinto
materno. L'egoismo l'uomo non l'ha solo quando non è più uomo, quando l'ha cioè
superato e vive altruisticamente. E mentre l'evoluto può avere ancora l'istinto
materno e quello sessuale, anche se divenuti inutili poiché egli ha già
imparato la lezione che dovevano insegnargli, invece non avrà più l'istinto
egoistico. Sembra un paradosso: l'amore di sé per imparare ad amare gli altri;
ma pure, se vi osservate con attenzione, dovete concludere che ciò è
profondamente vero. Se
l'uomo non avesse il desiderio di possedere beni materiali, se non cercasse di
mettersi in evidenza fino ad essere celebre, se non volesse accaparrare
amicizie importanti, insomma se in varie forme non cercasse di carpire qualcosa
degli altri per arricchire se stesso ed il suo mondo, l'uomo sarebbe una
cittadella chiusa in se stessa, inviolabile anche dagli attacchi esterni.
Se
non vi fosse il desiderio di contrarre relazioni coi propri simili, sia pure
dettato da ragioni egoistiche, l'uomo non incorrerebbe in quelle esperienze che
a lungo andare totalmente lo trasformano, perché non vivrebbe. Può
sembrare curioso il fatto che la natura dia all'uomo, in modo congenito, una
visione della realtà diametralmente opposta La risposta è che
tutto quanto la natura attribuisce in modo automatico non è patrimonio della
coscienza. Mentre il fine dell'esistenza di ogni essere è la costituzione della
Coscienza Assoluta. Dall'incoscienza
alla assoluta coscienza è la via dell'individualità, in cui sono collocati
individui che esprimono, manifestano gradi di coscienza sempre più
onnicomprensiva.
L'egoismo,
che è incoscienza anche quando è perfettamente consapevole, è il mezzo naturale
mediante il quale l'uomo scopre di essere l'indivisibile e indivisa parte di un
Tutto-Uno. Questa «scoperta» dona uno slancio incondizionato, un trasporto da nulla arrestato, un'effusione che non conosce dubbi nei confronti di tutti gli altri esseri. Un tale intimo sentire, di cui l'uomo inizialmente può conoscere solo frammenti, è qualcosa di simile all'amore più grande che l'uomo possa provare; benché l'amore umano, al confronto, sia come la luce di una favilla rispetto al fulgore del sole più luminoso. L'essenza del puro amore Se
il vostro amore non conosce condizioni, dubbi, tepidezze; se amate senza essere
riamati; se quell'amore vi rende costantemente felici, paghi; se
ininterrottamente vi dà la pienezza; se trovate la felicità solo nella felicità
degli amati; se date prima ancora che vi sia richiesto; e se l'amare è il solo
compenso che gioiosamente vi ripaga di ogni fatica, di ogni sacrificio per gli
amati; voi siete fra quelli che possono lontanamente immaginare cosa sia
l'Amore divino, quell'Amore che a ognuno così parla: "Figlio mio, più che amare e suscitare l'amore, voglio che tu sia l'amore stesso. Così, se è l'amore materno che può avviare un tale miracolo, ti farò
madre ed io sarò tuo figlio. Se l'amore è sensuale, allora io non mi
scandalizzerò ad esserti amante. Se sarà l'amicizia a potere tanto, io sarò il
tuo fedele amico. Ma se sarà l'amore agli altri, anonimi, allora in ognuno di
essi mi vedrai quale veramente io sono e comprenderai, essendolo tu stesso,
l'essenza del vero amore".
DALI La famiglia del futuro
La
funzione della famiglia nella storia dell'uomo è stata quella di creare un
legame morale fra individui facendo leva sui vincoli di sangue, quindi una
funzione di stretta relazione imperniata su una serie di doveri e di diritti
reciproci più che su un vero e proprio affetto. D'altra parte l'affetto non si
può imporre, per cui essendo la famiglia una istituzione che costituiva un
baluardo contro le avversità della vita, un modo per meglio resisterle, se non
vi era l'amore a tenere uniti i Quella
di raggiungere una unione fra gli individui, una collaborazione simbiotica, e,
da ultimo, una comunione amorosa, è la mèta che la natura riserva agli uomini.
I primi tentativi, Tutto
questo non appariva e non appare agli occhi degli uomini, i quali si riuniscono
in famiglie per trovare una sistemazione, una regola di vita e si dichiarano
guerra per futili motivi. Il fine ultimo a cui mira la natura - che è quello
insegnare agli uomini ad amarsi, sia pure a volte attraverso l'odio - non si
mostra evidente. L'uomo lo raggiunge inavvertitamente soggiacendo alle regole
di un codice di diritti e di doveri. Quello
che, così detto, può sembrare un tranquillo modo di vivere, all'atto pratico è
invece un alternarsi di esperienze faticose e dolci, di lotta e di conquista,
di successo e di delusione, di gelosia e di orgoglio: è, in sostanza, gran
parte della vita e perciò dell'evolvere dell'uomo. Se
non vi fossero stati i vincoli familiari ognuno avrebbe L'utopia
realizzata L'unione
di due esseri non sarà più una sistemazione ma un reciproco aiuto dettato da
amore sincero. Gli uomini faranno vita in comune senza necessità di sancire
l'unione con un rito o con un atto formale: sarà l'affetto che cementerà il
patto, e se l'affetto verrà meno e la separazione potrà danneggiare qualcuno,
sarà il senso del dovere, il desiderio di non
Coloro
che si uniranno per creare un nucleo, lo faranno col massimo senso di
responsabilità. Il reciproco rispetto sarà Chi si unirà per procreare sarà conscio degli impegni
che con una tale intenzione si assumerà; ma non saranno impegni imposti da una
rigida legislatura, bensì da un profondo senso del dovere. Sarà una condotta
che non sarà tenuta per qualche coercizione esteriore Quello
che voi chiamate matrimonio, cioè l'unione di due esseri, avverrà solo quando
l'unione sarà a coronamento di un amore reale e realizzato; un amore che non
conoscerà alcuna condizione né condizionamento, né limite, né ostacolo; un
amore che avrà le sue radici in passato esistenze o che sarà preludio a future
unioni. Chi
si sentirà invece desideroso di molteplici esperienze sessuali od anche
affettive non sarà costretto a giurare duraturo amore per averle: in tutta
sincerità farà conoscere le sue intenzioni e allorché sarà accettato lo sarà
senza riserve, e chi lo accetterà saprà quale sorte potrà avere una simile
compagnia.
E'
certo che le figure del maschio cacciatore e della donna preda-oggetto, e viceversa, non esisteranno
più. Un tale tipo di rapporto così squallido non sarà più desiderato e non vi
saranno più uomini che si vanteranno delle loro conquiste sessuali, perché ciò
non sarà più un merito o qualcosa di gratificante agli occhi altrui, al
contrario apparirà ciò che realmente è: il vizio della dissolutezza, qualcosa
di cui non vantarsi. Il
tradimento dell'adulterio, oggi così diffuso, che nella stragrande parte dei
casi nasce dal desiderio di avere altre esperienze sessuali, cadrà
spontaneamente venendo meno, negli uomini, una visione esasperata del sesso
quale l'hanno attualmente. Infatti
essi non si cercheranno più per dare sfogo
al loro istinto sessuale represso; piuttosto sarà l'affetto che si
completerà nell'atto sessuale. Non essendo più l'atto sessuale la ragione della
ricerca di compagnia, ma essendo invece l'attrazione del vero amore, verrà meno
uno dei principali motivi che spingono all'adulterio e l'infedeltà sarà
pressoché sconosciuta. Ciò non vuol dire che ogni individuo amerà solo i suoi familiari; anzi, l'affetto si estrinsecherà molto più liberamente. Vincoli affettivi si creeranno con nuovi incontri e si accenderanno col ritrovarsi di affetti di altre vite. L'uomo sentirà molto di più la reminiscenza di altre vite e riconoscerà, per uno slancio interiore, chi ha amato in altra precedente condizione. Ciò sarà così,
diffuso che non desterà meraviglia lo stabilirsi di un rapporto umano così
inteso fra tanti che non saranno legati da vincoli di sangue. E come una
La
gelosia non sarà conosciuta perché nessuno si sentirà escluso. Ognuno, più che
essere amato, desidererà amare. E come il vero padre non è geloso se il figlio
ama anche la madre, così nessuno soffrirà se colui che è amato amerà anche
altri; anzi, costituiranno anch'essi oggetto d'amore e non di rivalità. Da una parte vi sarà la consapevolezza che amare non significa possedere, ma semmai donare; dall'altra si avrà la squisita sensibilità di amare tutti, ma di amare di più e di essere più vicino a chi ha più veramente bisogno di amore. Ogni amaro istintivamente conoscerà il segreto per annullare la gelosia d'amore, che è quella di dare al geloso la certezza che altri non sono a lui preferiti; ma al tempo stesso farlo essere consapevole e farlo riflettere che nessuno può essere posseduto interamente così come si possiede un oggetto. Il
mondo dei figli I figli costituiranno l'interesse predominante della famiglia, essendo l'unico motivo che avrà spinto i genitori a vivere In comune, contraendo tuttavia un patto morale per cui ogni eventuale difficoltà di relazione fra loro, di comune intesa, passerà in secondo piano rispetto al bene dei figli. Attorno ai figli,
quindi, e non alla coppia, graviterà la futura famiglia, Amare e donarsi così
tanto ai figli da liberamente e con convinzione sacrificare i propri desideri
di evasione non significherà tuttavia essere del genitori permissivi;
l'educazione sarà massimamente comprensiva dei problemi personali dei ragazzi
ma al tempo stesso si saprà che la forza del carattere e la volontà si
sviluppano non certo togliendo ogni preoccupazione e dando tutto quello che è
desiderato, ma al contrario facendo risolvere a ciascuno i propri problemi,
facendogli pagare il prezzo della conquista dell'oggetto desiderato.
Amare
significa comprendere, ma comprendere non significa secondare tutti i capricci dell'amato. Amare i figli significa
avere a cuore il loro bene, che molte volte non coincide coi loro desideri:
perciò significa anche saper dire di no; significa dare loro una certa
autonomia ma non abbandonarli a loro stessi; cioè fare come fanno gli animali
che sorvegliano i loro cuccioli
Molti
genitori falliscono nella loro funzione di educatori proprio perché vogliono
costruire i loro figli secondo un modello che si sono fatti e che soddisfa la
loro ambizione. I figli sono esteri e non sono oggetti da ostentare per vantare
il proprio valore. Amare i figli significa aiutarli con misura
E
qua torna giusto citare le parole del maestro Kempis: «Se
dare ai figli la sicurezza economica significa renderli insensibili al bisogno
degli altri; se dar loro facilmente tutto quello che desiderano significa
renderli incapaci di godere delle piccole cose o, peggio ancora, di gioire
della vita; se togliere loro ogni preoccupazione significa convincerli che
tutto è a loro dovuto; se metterli al centro dell'attenzione significa far loro
valorizzare se stessi oltre misura, cioè accentuare l'egoismo; allora
adoperatevi affinché i vostri figli conoscano e affrontino le difficoltà della
vita in prima persona». Tutto
questo bene lo sapranno i genitori del futuro, e altrettanto bene sapranno i
loro figli che ai genitori non si deve solo chiedere, si deve anche dare.
Genitori
saranno non coloro che avranno fornito il materiale genetico per la nascita del
corpo fisico ma coloro che avranno allevato una creatura, l'avranno seguita,
curata, amata anche se non sarà stata da essi generata. E tutto l'amore che i
genitori daranno ai figli, i figli lo ricambieranno. Quando, adulti, non avranno più bisogno del sostegno dei genitori, non dimenticheranno, non abbandoneranno chi li avrà preparati e introdotti nella vita; quando a loro volta saranno genitori che allevano figli, comprenderanno il sacrificio di chi li ha allevati e ricambieranno tutto l'affetto che su di loro fu riversato. Perciò i genitori non saranno considerati un peso quando non avranno più nulla da fare, e non saranno emarginati. La
"comune ideale" La
famiglia non comprenderà solo il compagno ed i figli; comprenderà anche i
genitori che, se bisognosi, saranno amati come figli. La famiglia, inoltre, non
comprenderà solo persone legate da vincoli di sangue; comprenderà prima di
tutto persone
In
un certo senso la famiglia dei futuro assomiglierà ad una comune ideale, nella
quale i membri non avranno bisogno di "possedere" per sentirsi il
dovere di avere cura; nella quale ognuno non avrà un ruolo fisso, dei compiti
legati indissolubilmente alla sua figura; ma ciascuno potrà essere genitore e
figlio, aiutatore ed aiutato; sempre, però, amante. E non vi sarà certo
confusione e disorganizzazione, perché l'amore che pervaderà ogni membro,
quell'amore che sarà stato la causa della unione dei membri in una famiglia,
renderà ognuno responsabile di tutti e per tutti; e sarà sempre quell'amore a
rendere costruttiva una così meravigliosa unione di esseri. Quindi,
ciò che oggi sembra un valore che va a perdersi, è un valore che sarà ritrovato
nell'intimo. Questa, brevemente, la famiglia del futuro. Scommetto
che ognuno ne vorrebbe essere membro. Se così è, si adoperi per costruirla. E'
facile, sapete: basta avere l'amore
FRANCOIS
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