Ultimo aggiornamento:    07/04/02

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La creatività

SOMMARIO

La creatività è una caratteristica comune a tutti gli uomini Educazione alla creatività
Creatività ed emotività Creatività e   frustrazione
Creatività e aggressività Tendenze genetiche e ambiente
Creatività e bisogno di sicurezza Condizioni e atteggiamenti che favoriscono la creatività
Importanza dell’educazione alla creatività  

Educare alla creatività – dice Eric Fromm - significa educare alla vita. Cioè la creatività costituisce l’espressione più significativa, certamente più libera di cui ciascun individuo dispone, un’espressione che tende a prescindere da quelli che sono i condizionamenti culturali, la passivizzazione di fronte alla televisione e ai mezzi di informazione, lo strumento attraverso il quale noi arriviamo veramente ad esprimere noi stessi ed esprimendo noi stressi arriviamo anche a realizzare noi stessi. La creatività come mezzo di espressione e, se volete, come mezzo di liberazione.
La creatività è una caratteristica comune a tutti gli uomini
La creatività non è soltanto la capacità di realizzare qualcosa di artistico che possa essere ammirato da altri, ma è una capacità attraverso la quale noi riveliamo noi stessi. Anche l’artista creatore, oltre che produrre un’opera d’arte, rivela in quella stesa opera anche se stesso, le sue caratteristiche e le sue peculiarità. Creativi non soltanto i grandi artisti, le persone eccezionali, ma creativi sono tutti gli uomini, creativi, almeno in partenza, lo sono tutti i bambini. In realtà vedremo che un certo tipo di educazione, un certe suggestioni, certi condizionamenti provenienti dall’ambiente nei riguardi degli individui che crescono può arrivare anche a coartare, a impedire l’espressione della propria creatività. Comunque in partenza la creatività è presente in tutti gli individui, alcuni dei quali la esprimeranno in grandi capolavori di interesse nazionale o internazionale; altri la esprimeranno realizzando qualche cosa di molto elementare, costruendo un gioco, elaborando un programma di tipo culturale, organizzando un gita turistica, costruendo un dolce fatto in una certa maniera. Ciascuno di noi tende ad esprimere la propria creatività con le modalità che gli sono proprie o che ha imparato ad acquisti attraverso, eventualmente, una scuola che ha seguito. In realtà poi il fatto di diventare pittore, letterato, poeta, scultura, musicista dipende più dagli strumenti che si possono acquisire ed avere a disposizione che da una disposizione generale presente nel nostro patrimonio genetico. Quindi possiamo direi che la creatività è una caratteristica comune a tutti gli uomini e che questa caratteristica si esprime con modalità diverse, in parte legate alle tendenze innate, in parte fortemente influenzate nella loro realizzazione dalle condizioni e dalle modalità in cui si realizza l’istruzione e l’apprendimento dei singoli individui.
Educazione alla creatività
Se noi comincia a considerare il problema della creatività partendo dai primi anni di vita, dobbiamo rilevare che la creatività costituisce uno degli elementi fondamentali dell’autorealizzazione. Soltanto chi riesce ad essere creativo, cioè ad esprimersi liberamente al di fuori di certi schemi, al di fuori di certe imitazioni, potrà arrivare a realizzare se stesso. Questa possibilità richiede una stabilità da un punto di vista emotivo ed un equilibrio che sono sì anche questi legati a certi dati tendenziali per cui, a parità di condizioni, un individuo è di carattere più stabile e più equilibrato di un altro, ma che sono largamente influenzati, per quanto riguarda i bambini, dalle condizioni in cui svolge il loro sviluppo, in cui si realizza la loro educazione. È stato messo in evidenza che questa stabilità emotiva, questo equilibrio costituiscono gli ingredienti essenziali della fiducia in se stessi. E la creatività si esprime in funzione della fiducia in se stessi. Il bambino che non ha fiducia in se stesso, che avverte sentimenti di colpa per molte cose che fa o che non fa, perchè coartato, perchè impedito nella sua manifestazione e che quindi si trova in una situazione di grande instabilità nei rapporti con gli altri., non riesce ad essere creativo.
Anche queste considerazioni mettono ancora in evidenza che la creatività è una caratteristica potenzialmente presente in tutti gli individui, che questa caratteristica può presentarsi con un livello maggiore o minore, partendo dai grandi artisti e finendo dall’individuo più semplice e che le modalità in cui si esprime sono legate sia ad un tendenza congenita, sia alle condizione concrete in cui un individuo cresce e vive. È importate che il bambino possa esprimere liberamente la sua creatività.
L’emotività
I neuropsicologi sottolineano che, mentre l’emisfero di sinistra del nostro cervello è l’emisfero che governa la razionalità, che governa il linguaggio parlato, il linguaggio scritto, il linguaggi letto, l’emisfero di destra è l’emisfero della creatività, della fantasia, dell’espressione di quegli aspetti della personalità che non sono guidati dalla logica e dalla matematica, di quegli aspetti attraverso i quali l’individuo tende a realizzare se stesso. Anche se noi sappiamo che il cervello opera in senso unitario, perchè i due emisferi sono connessi da strutture commissurali, è anche vero che si può dimostrare che di fronte a lesioni che riguardano l’emisfero di sinistra o l’emisfero di destra, accanto a delle conseguenze che interessano la motilità o la sensibilità (paresi, anestesie) nella metà controlaterale del corpo (ad esempio: una lesione nell’emisfero di sinistra porta ad una paralisi nella parte destra del corpo e viceversa), le lesioni che riguardano l’uno o l’altro emisfero tendono ad interessare anche certi aspetti particolari, per cui le lesioni dell’emisfero sinistro potranno portare a fenomeni di afasia, le lesioni dell’emisfero di destra potranno arrivare a perturbare quell’equilibrio e quella stabilità affettiva che stanno alla base della possibilità espressiva della nostra creatività. Il bambino insicuro, il bambino turbato, il bambino bisogno di avere una gratificazione e approvazione continua, che ha bisogno quindi di una verifica esterna per sentirsi sicuro, è il bambino che riesce meno ad essere creativo. Questo comportamento è conseguenza di un atteggiamento educativo/relazionare che viene tenuto nei suoi confronti, di un atteggiamento rigido ed autoritario, di un insegnamento che spinge il bambino solamente a riprodurre e non lascia spazio alla fantasia, alle scelte, alla libera espressione. Questo atteggiamento educativo/relazionale è un ostacolo alla creatività. Queste difficoltà e questi ostacoli alla creatività a volte producono vere e propri disturbi psicopatici
La frustrazione
A rendere difficile l’espressione della creatività c’è anche la situazione della frustrazione. La frustrazione è l’impedimento che l’individuo avverte nel raggiungere un obiettivo al quale è fortemente motivato. Tutti noi possediamo della motivazioni in parte di natura ereditaria come istinti o pulsioni (come è meglio dire quando ci si riferisce a uomini e non ad animali) e in parte acquisite come quelle di carattere sociale, culturale (valori, regole morali, ecc.). quando un individuo fortemente motivato nel raggiungere un obiettivo è ostacolato o si sente ostacolato va incontro a quello stato d’animo che viene definito frustrazione, un senso di incapacità o impossibilità di affrontare il problemi. La frustrazione può essere legata a cause esterne, a un ostacolo obiettivo di carattere attivo (un adulto impedisce al bambino di raggiungere la marmellata) o di carattere passivo (un muro impedisce al bambino di raggiungere la marmellata) , ma può essere legato anche a cause interne dovute al fatto che la persona vivere in modo conflittuale il raggiungimento di un certo obiettivo (il bambino non vuole prendere la marmellata per non disubbidire ai suoi genitori da una parte è spinto a prendere la marmellata, dall’altra è inibito dall’imperativo che gli proviene da dall’avere assimilato gli insegnamento dei suo genitori:).
La frustrazione può essere di diversa gravità, di diverso livello e anche di diversa durata; ci possono essere le frustrazioni singole, ma anche le frustrazioni ripetute. Gli psicologi hanno osservato che la frustrazione, non solo inibisce la creatività, ma realizza anche un serie di conseguenze che potranno variare a seconda delle caratteristiche della persona (età, momento particolare dello sviluppo, sesso, ambiente in cui vive in cui la situazione si presenta, tipo di motivazione che viene frustrata, ecc.).
Quali sono le reazioni di fronte alla frustrazione? Esistono delle reazioni coscienti (il bambino si rende conto che non può raggiungere la marmellata perchè posta troppo in alto, razionalmente cerca di superare l’ostacolo che si oppone al raggiungimento dell’obiettivo prendendo una sedia). Questa reazione è consapevole e aiuta a superare il disagio che si presenta di fronte all’ostacolo.
Ma ci possono essere anche dei meccanismi preconsci, impenetrabili alla possibilità di comprensione da parte dell’individuo. Quali sono questi meccanismi?

La proiezione consiste nell’attribuire ad altri quel disagio che avvertiamo in noi stessi, nel sottolineare che il nostro vicino, il nostro amico, il nostro conoscente vive una frustrazione che è molto maggiore di quella che proviamo noi; cioè noi attribuiamo ad altri quello stato d’animo del quale tendiamo a liberarci, lo proiettiamo, lo buttiamo fuori di noi
La razionalizzazione (La volpe e l’uva acerba della favola di Esopo: nondum matura est) consiste nel dare di un fatto una spiegazione che non è razionale, non è quella vera, ma che soddisfa noi stessi.
La sublimazione che consiste nell’incanalare la tensione provocata dai bisogni repressi verso nuovi oggetti o scopi da cui trarre soddisfazione (la donna che non riesce ad avere figli si dedica ai bambini nelle opere assistenziali risolvendo in questo modo il suo desiderio di maternità).
La fissazione consiste nella ripetizione continuativa di certi atti (molto frequenti nei bambini piccoli, che, quando, ad esempio, sono duramente castigati per una infrazione, continuano a ripetere quell’azione che ha prodotto il castigo), anche se questi atti non portano ad una soluzione.
L’evasione fantastica che consiste nel sognare ad occhi aperti una situazione in cui tutti gli ostacoli sono superati e si riesce a raggiungere gli obiettivi che si perseguono.

Quando la situazione frustrante non viene superata neanche indirettamente attraverso questi meccanismi preconsci si arriva alla rimozione; cioè la situazione frustrante che diventa conflittuale viene sprofondata nell’inconscio e continua ad operare come elemento di disturbo della vita cosciente dell’individuo (tic, fobie, ossessioni), il cui significato non è da lui compreso se non facendosi aiutare dallo psicoterapeuta.
Ad ogni modo è certo che la situazione di frustrazione, la situazione di conflitti non risolti tra due diverse tendenze ( soddisfare un bisogno alimentare e rispettare gli ordine dati dai genitori) stanno alla base di un disturbo dell’equilibrio emotivo di un individuo e, quindi del blocco, dell’inibizione delle possibilità creative.
L’aggressività
Al di là di questi meccanismi di reazione di fronte alla frustrazione di cui abbiamo detto sopra, alle frustrazioni si può reagire con l’aggressività, una aggressività che, secondo certi studiosi, è acquisita. E può essere acquisita in rapporto alle frustrazioni che si dovessero incontrare, soprattutto se queste frustrazioni sono ripetute o prolungate. Questa aggressività può esprimersi sia all’esterno, sia verso noi stessi, cioè l’aggressività può realizzarsi per mezzo di espressioni o azioni lesive nei confronti degli altri individui o degli oggetti (distruzione di un giocattolo) o nei confronti di se stessi (battere la testa contro il muro) oppure può realizzarsi vivendo in senso depressivo la situazione in cui ci si trova.
Tendenze genetiche e ambiente
La possibilità di esprimersi da parte del bambino costituisce una risorsa alla quale il bambino non può rinunciare, perchè per mezzo di questa libera espressione può realizzare se stesso, può crescere secondo le sue tendenze genetiche e in funzione anche delle caratteristiche dell’ambiente in cui è calato e sviluppare le proprie potenzialità positive, mettendo da parte o in secondo piano le potenzialità negative. Dalla genetica dei nostri giorni infatti sappiamo che non è vero che ciascuno di noi riceve dalla genetica un patrimonio rigidamente determinato che ci costringa a muoverci in una direzione precisa. In realtà la genetica ci elabora un programma che è multidirezionale e ci dà diverse linee, diverse possibilità. Sarà poi l’esperienza concreta a facilitare lo sviluppo di certe linee piuttosto che altre, a spingerci in una direzione piuttosto che in un’altra. Se è vero che il fattore genetico gioca un ruolo importante anche per quanto riguarda le nostre capacità creative (soprattutto relativamente al livello e al tipo di creatività), è anche vero che la situazione in cui l’individuo è chiamato a cresce può facilitare l’una o l’altra delle molteplici, non univoche, direzioni verso cui le tendenze ereditarie possono portarci.
Del resto, anche se questo esula apparentemente dal tema della creatività, le ricerche della genetica sull’intelligenza ci dicono che abbiamo dei bambini che sono nativamente più intelligenti degli altri. Ebbene se mettiamo questi bambini che hanno una intelligenza di partenza superiore ad altri in un ambiente povero culturalmente, che non li stimola, che non li aiuta a sviluppare la propria intelligenza, questi bambini potranno avere uno sviluppo inferiore a quello di bambini inizialmente meno dotati ma che sono stati potenziati, educati, stimolati dalla situazione ambientale. Tutto questo è stato dimostrato da migliaia di esperimenti fatti sui gemelli (che hanno un patrimonio genetico uguale) educati in situazioni ambientali diverse. Queste osservazioni fatte sulla intelligenza possono essere estese anche alla questione della creatività, che pur essendo una potenzialità presente – lo ripeto – in tutti noi, ha possibilità e modalità di espressione che dipendono fortemente dalla condizioni in cui il bambino è chiamato a vivere.
Creatività e bisogno di sicurezza
Erich Fromm ha esaminato e studiato il rapporto esistente tra creatività e sentimento di sicurezza, sottolineando come tra queste due esigenze o tendenze ci sia una situazione di fatto conflittuale. Dice Fromm che il bambino, crescendo tende a conservare la sicurezza che gli dava l’essere contenuto nell’utero materno, per cui in un certo senso tende a non crescere, a regredire, a mantenere quella dipendenza dalla madre che gli impedisce di avere paura, di avere timore. Ma nel contempo il bambino che cresce tende ad esprimere se stesso, a realizzare se stesso verso la ricerca di una autonomia e quindi di un distacco dalla madre. Dalla dialettica che si realizza tra queste due tendenze opposte si possono esaminare le modalità in cui lo sviluppo infantile si realizza. La sicurezza di cui il bambino ha bisogno, se non viene ben gestita dalla madre, dagli educatori in genere, finisce col diventare una gabbia che impedisce l’espressione della creatività. D’altra parte la creatività, se si sviluppa al di là di uno schema di riferimento, rischia di essere una espressione che limita il senso di sicurezza del bambino. Si pone allora il problema di mettere il bambino nella condizione di essere sicuro e nello stesso tempo di poter esprimersi con autonomia creativa, cioè deve poter esprime la sua creatività all’interno della sicurezza. È importante che gli educatori indichino ai bambini - per dare loro sicurezza - delle regole di riferimento, degli schemi entro i quali il suo comportamento dovrà collocarsi, ma è anche importante che questi schemi non siano così rigidi da impedire al bambino di esprimere se stesso. Gli schemi di riferimento non possono essere uguali per tutti i bambini, ma devono modularsi e adattarsi alle espressioni che il bambino presenta e fra tutte, quelle di tipo creativo costituiscono forse gli elementi più liberi, più puri, meno influenzati da fattori esterni rispetto a quelli che si posso avere nei comportamenti logico-verbali, perchè il bambino nel creare prescinde da certi schemi logici che in un certo senso lo conducono secondo una linea ben precisa, ma gli impediscono anche di realizzare se stesso e di esprimersi in libertà.
La possibilità di esprimersi liberamente non solo ha una funzione positiva per il bambino, come si è detto, ma ha anche una funzione utile per i genitori e gli educatori, perchè attraverso la sua espressività il bambino rivela degli elementi profondi della sua persona che solo così è possibile conoscere.
Le condizioni e  gli atteggiamenti che favoriscono la creatività
Rogers ha studiato le tre condizioni interiori indispensabili per la creatività.

  1. L’apertura all’esperienza, la disponibilità ad accettare gli elementi della esperienza per quelli che sono e non deformandoli, sia pure inconsapevolmente, attraverso la nostra percezione. Di fronte a certi elementi della realtà che noi consideriamo spiacevoli noi tendiamo a coglierli, cioè a percepirli in modo diverso da quello in cui fisicamente si presentano, tendiamo percettivamente a negare l’esistenza di certe situazioni che ci turbano o che sono diverse dalle nostre aspettative. Realizziamo cioè una deformazione percettiva. Invece l’apertura, la disponibilità all’esperienza significa la possibilità di resistere anche a certi cambiamenti che si vengono realizzando nella realtà, significa avere una tolleranza a questi cambiamenti, avere una tolleranza anche della ambiguità. L’apertura all’esperienza significa la disponibilità a cogliere situazioni nuove da tutti gli elementi che ci vengono imposti piuttosto che imporre delle categorie precostituite agli elementi che la realtà ci fornisce.
  2. La seconda condizione è il sentimento di realizzazione personale. Il bambino per esprimere la sua creatività ha bisogno di sentire che, disegnando come disegna, componendo un gioco, realizzando insieme ad altri una certa immagine, una certa fiaba, una certa costruzione in realtà realizza se stesso, esprime se stesso, cioè non è semplicemente l’esecutore di una piano ideato da un altro architetto, ma invece il fautore di una realizzazione che si sviluppa secondo le sue modalità personali
  3. La terza condizione è la tendenza ad immaginare, la tendenza ad astrarsi dalle situazioni concrete e a porsi in una nuova situazione. Piaget chiama questa tendenza realismo nominale. Da parte del bambino questo costituisce la possibilità di astrarsi da una realtà inibitrice, da una realtà gretta che gli impedisce di essere se stesso e realizzare attraverso la sua fantasia una serie di costruzioni che gli consentono di affrontare con maggiore libertà gli elementi dell’esperienza. Il bambino è più creativo dell’adulto perchè è sostanzialmente (o dovrebbe esserlo, prima che la società gli tolga questa possibilità) più libero dell’adulto, meno condizionato, meno legato agli stereotipi, alle costruzioni precostituite. L’educazione (che certo non deve trascurare di insegnare a categorizzare gli elementi della realtà) non dovrà mai essere tale da impedire che realizzi questo elemento di libertà.

Il bambino è creativo – dice un altro grande psicologo - in quanto possa arrivare a risolvere i suoi dubbi e i suoi problemi, a superare dei rischi in modo indenne, a vivere certe esperienze che sono al di là di quegli schemi precostituiti che gli vengono imposti,. Il bambino che esplora, che si muove al di fuori del territorio che gli è stato inizialmente assegnato, il bambino che opera cercando di cogliere qualche cosa di diverso da quello che gli è stato imposto, sviluppa la sua creatività.
Il bambino non deve avere paura, non deve avere paura di sbagliare, paura della punizione. L’educazione fatta di terrore, fatta di inibizione, fatta di comunicazione unidirezionale (l’adulto che parla e il bambino che deve ascoltare), fatta di incapacità di ascoltare il bambino, di ascoltarlo nelle sue modalità di espressione che possono essere diverse da quelle dell’adulto costituisce una condizione certamente importante per permettere al bambino di esprimersi liberamente con creatività. Creatività che si esprime con modalità diverse. Ad esempio nel disegno, che, come vedremo, è una espressione che va via via maturando (dallo scarabocchio al forme più complesse) e tale maturazione riguarda sì il sistema nervoso, ma anche le capacità intellettuali ed espressive del bambino e dà all’educatore la possibilità di conoscere le sue tendenze.
Un altro elemento importante è l’accettazione di sè non conflittuale, legata alla capacità di accettarsi anche per quello che sono gli aspetti meno piacevoli o che noi crediamo i meno piacevoli della nostra persona (il sentirsi piccolo, il portare gli occhiali, l’appartenere ad una famiglia di rango sociale inferiore). Aiutare il bambino ad accettarsi per quello che è (ma naturalmente aiutarlo anche a migliorarsi, ma a migliorarsi secondo le proprie tendenze e non secondo gli schemi di riferimento che la società ci prospetta) costituisce una linea che favorisce lo sviluppo della creatività.
Rogers descrive anche le norme principali che l’adulto dovrebbe rispettare per poter consentire lo sviluppo della creatività:

accettare l’individuo come valore incondizionato, accettare l’individuo per quello che è. La scuola tende a schematizzare certe categorie di alunni, a insegnare secondo le caratteristiche degli alunni più intelligenti e più bravi o secondo le caratteristiche della popolazione standard e a non considerare, molte volte per ragioni di economicità e di praticità, le differenze tra gli alunni che impongono una individualizzazione dell’insegnamento. L’insegnamento non può essere l’imposizione di regole fatta nello stesso modo per tutti, prescindendo dalle caratteristiche di ciascuno. Se noi vogliamo che un bambino riesca ad esprimersi liberamente e essere creativo dobbiamo inizialmente fare in modo di accettarlo per quello che è, con le sue caratteristiche positive e anche coi suoi limiti. Naturalmente dobbiamo cercare di aiutarlo, valorizzando i suoi aspetti positivi e aiutandolo a superare gli aspetti della sua personalità che positivi non sono, aspetti negativi che non possono essere eliminati, ma che non devono essere messi a fuoco e evidenziati. Il bambino crescendo dovrà naturalmente anche tollerare, come si è detto, le ambiguità, dovrà riconoscere i suoi limiti e non dovrà naturalmente ritenersi onnipotente; ma dovrà nel suo piccolo e nell’ambito della sua posizione individuale avere sempre la sensazione di poter dire qualcosa
non far prevalere la logica della valutazione e del giudizio ad ogni costo e in ogni momento. Naturalmente la scuola non può prescindere dalla valutazione, ma deve evitare quella modalità di valutazione molto meccanica, molto matematica, che, soprattutto quando si tratta di bambini in formazione, rischia di esser estremamente castrante. Arrivare a considerare le caratteristiche personali di un bambino, tenendo conto della sua storia, delle sue origini famigliari e senza metterlo in una graduatoria costituisce un elemento importante per poter consentire lo sviluppo della creatività
comprendere e identificarsi nel bambino, che è capacità di vivere l’esperienza del bambino, evitando di dare alle sue espressioni un giudizio o una interpretazione di tipo adultomorfo. Ad esempio le bugie nei bambini hanno una significato diverso da quello che possono avere nell’adulto e tali devono essere considerate, senza colpevolizzazioni. Questa modalità di identificazione è un elemento molto importante per mettere il bambino nelle condizioni di dialogare con l’adulto e di continuare ad esprimere liberamente se stesso
favorire il gioco simbolico. Il gioco è una condizione che, pur presentando certe regole che devono essere rispettate, costituisce una situazione di interazione tra bambini nella quale la competizione in quanto tale può essere messa da parte, in cui ciascuno – come avviene bene in molte nostre scuole materne – tende a partecipare realizzando qualcosa di sè e fornendo ai propri compagni delle indicazione che finiscono con l’essere degli aiuti e dei sostegni nella risoluzione di determinati problemi. L’utilizzazione del gioco simbolico è anche un elemento di superamento di certe condizioni di patologia: attraverso il gioco si può realizzare una situazione di tipo terapeutico (ludoterapia); il bambino si esprime liberamente ed esprimendosi liberamente si libera da certe paure, crea situazioni nelle quali la paura di essere schiacciato, aggredito, colpito viene superata. Qui andiamo al di là dell’espressione della creatività vera e propria, ma ci muoviamo in un ambito nel quale il gioco può avere una funzione liberatoria, può rappresentare lo strumento attraverso il quale si superano certe paure e si accettano certe situazioni. Durante la preadolescenza il gioco costituisce uno strumento attraverso il quale il ragazzo si isola dagli adulti per realizzare in modo emblematico una situazione di liberazione totale. Nel gioco il ragazzo recupera il senso di sicurezza attraverso l’interazione che il gioco stabilisce; le regole del gioco sono nelle stesso tempo l’indicazione di una base sulla quale esprimere se stessi e punto di riferimento che consente di risolvere il problema della sicurezza. Nell’età infantile, come di è detto sopra, assistiamo ad una oscillazione continua tra il bisogno di essere se stessi e il bisogno di essere accettati dagli altri, di essere sicuri e nello stesso tempo di essere liberi. Ebbene il preadolescente nel gioco realizza la condizione che lo fa sentire nello stesso tempo autonomo (la libertà di espressione che consente il gioco) e sicuro (la sicurezza che danno le regole del gioco).

Importanza dell’educazione alla creatività
Nella nostra società occidentale e nelle nostre scuole si dà troppa importanza allo sviluppo dell’intelligenza razionale e si trascura l’educazione della sfera emotiva, che non solo è una parte determinante della persona umana, ma è anche quell’aspetto che è in grado di influenzare negativamente l’espressione della razionalità (durante l’esame, ad esempio, una persona emotiva rende molto meno sotto l’aspetto intellettivo rispetto ad una situazione normale priva di emotività, perchè durante la prova ha il sopravvento l’emotività non controllata che ottunde e impastoia l’intelligenza). Quindi una attenzione alla creatività, un’attenzione ai segnali attraverso i quali il bambino esprime se stesso costituisce un elemento che aiuta a far cresce i bambini in modo più equilibrato, in un modo in cui le varie facoltà si sviluppano con più armonia, senza il prevalere dell’una (aspetto intellettivo) sull’altra (aspetti emotiva e di fantasia). Lo sviluppo della creatività nell’età infantile è un patrimonio che la persona potrà utilizzare non soltanto nell’attività lavorativa, ma soprattutto nel tempo libero (destinato ad ampliarsi sempre di più) e nella fase postlavorativa della terza età, quando tale risorsa avrà una grande importanza per il mantenimento di una buona condizione mentale.

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