Ultimo aggiornamento:    07/04/02

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LA PERCEZIONE DI SÉ E L'AUTOVALUTAZIONE
L'autovalutazione concorre a definire lo spazio nel quale possiamo espanderci e gestirci con una certa autonomia, nel rispetto delle regole che l'ambiente richiede e pretende. Tale spazio potrebbe essere sentito anche come recinto che vincola i nostri movimenti, come prigione dalla quale non decidiamo noi quando uscire.
La percezione di sé in rapporto agli altri orienta precocemente e costantemente le scelte, i progetti di vita. Può costituire una base di lancio per spiccare voli più o meno audaci e fortunati verso mete ambiziose; oppure un arroccamento su posizioni difensive che esauriscono le energie in una strenua lotta contro nemici e pericoli immaginari, ma vivi e operanti nella mente di chi non sa liberarsene.
La capacità di rispondere non soltanto alle sollecitazioni estreme, ma anche ad un propulsore interno che spinge a conoscere, a sperimentare ciò che ci circonda, ha le sue radici nella fiducia in sé che il bambino acquisisce nei primi mesi di vita. Il bambino deve essere guidato assai presto verso l'autonomia e aiutato a superare l'ansia di essere osservato dagli altri e di non riuscire ad accettarsi.
Nel processo di sviluppo egli sente nascere in sé rinnovate energie, nuove possibilità di misurarsi con le difficoltà della crescita. Nelle situazioni positive egli sperimenta lo spirito di iniziativa che aggiunge all'autonomia la qualità dell'intraprendere, del pianificare e dell'aggredire per il piacere di essere attivo e in movimento.
Un'altra tappa cruciale della crescita è l'impatto con la scuola. E in questa fase non è raro il pericolo che egli percepisca un senso di inadeguatezza e di inferiorità, alimentato da una scuola che è più preoccupata di giudicare che di insegnare e formare.
Nella pubertà e nell’adolescenza lo sviluppo fisico e specialmente la maturazione sessuale sembrano mettere in discussione le precedenti conquiste. L’adolescente sente acutamente il bisogno di trovare conferma nei giudizio degli altri del senso dell’identità dell’IO che sta nascendo in lui e del bisogno di assumere un ruolo sociale e sessuale nell’ambiente. Nel caso che queste conferme vengano a mancare si possono verificare manifestazioni delinquenziali e psicotiche.
Questo breve richiamo ai momenti più importanti della crescita umana mette in evidenza quanto decida nell'individuo una positiva autovalutazione. Questa lo spinge a procedere nella realizzazione delle proprie potenzialità, a ricercare la sua dimensione creativa e produttiva integrando le motivazioni personali con le esigenze dell'adattamento alla realtà. Al contrario, può essere di grande impatto, nell'evoluzione di un individuo, una bassa autostima derivante da un senso di inferiorità. Sentirsi meno capaci degli altri può indurre a una passiva accettazione delle proprie modeste possibilità di riuscita oppure alla determinazione a superarsi in ogni modo pur di avere quel successo che compensi la convinzione di valere poco e di dover faticare più di chi è naturalmente favorito. "II complesso di inferiorità e il suo parente prossimo, il complesso di superiorità, costituiscono le modalità attraverso cui la persona dichiara a se stessa e agli altri che non possiede la forza necessaria a risolvere un dato problema in un modo che risulti socialmente vantaggioso. E' ben noto che questo stato d'animo, con tutti i pensieri, i sentimenti e le azioni pratiche che comporta, conduce a fallimenti. Tutti i fallimenti che ci sono noti costituiscono l'esito di un complesso di inferiorità" (A. Adler)
Il complesso di inferiorità favorisce nell'individuo l'impostazione di vita su scelte fittizie, compensatorie. Si crea un 'falso Sé', modellato su schemi mentali che muovono da suggestioni familiari e dagli ideali proposti dai mass-media. Sono queste le premesse per l'insorgenza di una nevrosi che contrappone il reale senso di inferiorità all'esaltazione fittizia della propria superiorità.

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