Toro

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Creata in Mesopotamia dopo il 4380 a.c., quando l'equinozio cadeva in questa porzione del cielo, era la costellazione che inaugurava allora l'anno zodiacale; sicché evocò il simbolo di un'energia primordiale e celeste, tant'è vero che in sumero la si chiamava GU.AN.NA, "toro del cielo", oppure GU.SI.DI., "toro conduttore": animale sacro alla divinità lunare (che era maschile), oppure suo simbolo.
Secondo un mito arcaico cretese un toro venne posto in cielo perché aveva trasportato facilmente Europa fino a Creta: Europa rappresenterebbe il principio femminile fecondato dal principio maschile, ovvero la Luna rapita al mattino dal Toro solare.
Un altro mito narrava invece che Io, mutata in giovane mucca da Zeus perché la gelosa moglie Era non scoprisse la nuova amante, fu posta per riparazione in cielo dove la parte anteriore del suo corpo appare come un toro mentre il resto non è visibile. Qui il toro è simbolicamente assimilato alla Grande Madre.
La stella più luminosa del Toro è Aldebaran, che significa in arabo "colui che segue", nel senso che segue le Pleiadi nell'apparente movimento celeste. I Greci misteriosamente non le avevano attribuito alcun nome, nonostante il suo appariscente colore rosso. In corrispondenza del corno sinistro c'è la stella Elnath, "quello che cozza" in arabo.
IADI: Questo piccolo gruppetto di sette stelline disposte a "V" in corrispondenza del muso del Toro rappresentavano per i Greci sette sorelle ninfe, nate da Atlante e da una Oceanina (forse Etra): erano state le nutrici di Dioniso in una caverna del monte Nisa dove Zeus aveva trasportato il bambino, frutto dell'amore adulterino con Semele, per salvarlo dalla persecuzione della gelosa Era: sicché furono chiamate ninfe Nisiadi. Vennero poi tramutate per ricompensa nelle stelle Iadi.
Un altro mito narrava che le giovani si erano uccise addolorate per la morte del fratello Iante: per ricordare il loro profondo amore fraterno, furono trasformate nella costellazione delle Iadi, il cui nome si vuol far derivare dal verbo yein, "piovere", poiché la loro apparizione coincideva nell'antichità con la stagione delle piogge primaverili.
PLEIADI: Anche questo piccolo gruppetto di sette stelline per i Greci rappresentavano sette sorelle, figlie di Atlante e Pleione: tutte si erano unite a divinità generando altri dei ed eroi, tranne Merope, la meno luminosa di tutte, forse appunto per la vergogna.
Sulla loro metamorfosi in stelle si raccontavano innumerevoli storie: Apollodoro riferiva che, essendo state particolarmente sagge, avevano ottenuto l'onore dell'immortalità con il nome di Pleiadi. 
Igino a sua volta narrava che un giorno Pleione e le sette figlie, mentre attraversavano la Beozia, furono assalite dal gigante Orione che voleva possederle o, secondo un'altra versione del mito, sedurre la madre. Riuscirono miracolosamente a sfuggirgli, ma da quel giorno l'incapricciato cacciatore continuò ad inseguirle (infatti le due costellazioni sono vicine nel cielo) per cinque anni fino a quando Zeus, impietosito, le trasformò in stelle.
Quanto al loro nome, chi lo faceva derivare da plein, "navigare", perché segnavano dopo l'inverno l'arrivo del tempo propizio alla navigazione; chi da pleion, "più", perché erano numerose; chi invece sosteneva che il loro nome in greco derivasse da peleiades, "stormo di colombe", perché prima di diventare stelle sarebbero state trasformate da Zeus in questi uccelli per sfuggire più facilmente ad Orione.