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Il
nome Ofiuco deriva dalla parola greca ofiokos che significa "colui
che tiene il serpente": difatti la costellazione del Serpente attraversa
nel cielo quella dell'Ofiuco, come se l'animale fosse stretto tra le mani di
quest'ultimo.
C'è una grande varietà di interpretazioni sull'identità del personaggio, ma
secondo gli astronomi greci, si tratterebbe di Asclepio (Esculapio per i
Romani), figlio di Coronide e Apollo, il dio del Sole. La madre, dopo aver
concepito il figlio dal dio, ebbe una relazione con il mortale Ischys. Un corvo,
un tempo candido uccello sacro ad Apollo, comunicò la notizia al dio che per la
furia prima mutò in nero il colore del sacro animale e poi fece morire nelle
fiamme la giovane donna rea del tradimento: il dio però, mosso da compassione,
salvò il fanciullo che aveva in grembo. Affidato all'educazione del centauro
Chirone, il giovane Asclepio divenne ben presto abile nelle arti curative, al
punto da essere considerato da molti mitografi il padre della medicina. Un
giorno questi venne chiamato dal re Minosse per curargli il figlio, Glauco,
morto annegato in un vaso di miele. Mentre osservava il suo corpo esanime,
Asclepio notò un serpente nell'intento di attorcigliarsi alla verga di legno
che portava con sé: con uno scatto repentino uccise l'animale utilizzando lo
stesso bastone. Ad un tratto però un altro serpente entrò nella stanza e
resuscitò il rettile con un erba miracolosa che lo stesso Asclepio raccolse e
utilizzò per riportare in vita Glauco. Per questo motivo ancora oggi il simbolo
della medicina è un serpente attorcigliato ad un bastone, in ricordo del
portentoso evento. Dopo quell'episodio, Asclepio divenne famoso per la sua
capacità di resuscitare i morti (alcuni dicono che anche Ippolito, figlio di
Teseo, venne da lui resuscitato): tale potere non era per nulla gradito a Ade,
il dio dei morti, che vedendo minacciato il suo regno, chiese a Zeus di
intervenire. Il padre degli dei, forse un po' troppo drasticamente, colpì a
morte con un fulmine il figlio di Apollo, il quale infiammato dall'ira uccise
per vendetta i tre Ciclopi che forgiavano le saette. Zeus quindi per placarne
l'ira, immortalò Asclepio nel firmamento, sotto forma di costellazione.
La stella più brillante dell'Ofiuco è Rasalhague, che in arabo significa
"la testa di colui che raccoglie il serpente". Segue Cebalrai, dalla
parola araba che significa "il cane del pastore", poiché gli arabi
vedevano nel gruppetto di stelle nei suoi dintorni un pastore (Rasalhague) con
il suo gregge e il suo cane.
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