| |
|
Immaginato secondo alcuni
nell'atto di inseguire le Pleiadi o di attaccare con il suo arco il
vicino Toro (però non confermato da alcuna leggenda), Orione, la più
splendente delle costellazioni, era secondo i greci un bellissimo e
possente cacciatore figlio di Poseidone (per i romani Nettuno, il dio
del mare) ed Euriale. Delle sue imprese ci narrano alcuni noti scrittori
dell'antichità come Arato, Eratostene ed Igino. Avendo corteggiato
Merope, la figlia del Re Enopione, Orione venne accecato per punizione
dal padre di lei, finché l'impietosito Efesto (Vulcano, il dio del
fuoco) gli diede come guida uno dei suoi giovani assistenti, Cedalione.
Seguendo un oracolo, il giovane-guida lo condusse ad Est, nel punto dove
si innalzava il cocchio che trainava il Sole; giunto a destinazione i
miracolosi raggi del Sole all'alba gli restituirono la vista. Il Sole e
L'Aurora, però, alla vista del cacciatore s'invaghirono di lui ed il
loro dio Apollo, furioso, escogitò un inganno: invitò la sorella
Artemide (Diana, la dea della caccia), anche lei innamorata di Orione,
ad una gara di tiro con l'arco e le indicò come bersaglio nel mare un
grosso pesce scuro così lontano da non poterne riconoscere l'identità.
La dea colpì mortalmente il suo bersaglio, ma, avvicinandosi alla
preda, scoprì che il pesce in realtà era proprio il suo amato
cacciatore che stava nuotando nei paraggi: distrutta dal dolore Artemide
lo immortalò tra le costellazioni. Secondo un'altra versione della
storia, invece, Artemide, rimasta offesa perché il possente cacciatore
aveva osato ritenersi migliore della dea proprio nella caccia, fece
tremare la terra dalla quale uscì uno scorpione che lo punse
mortalmente (vedi costellazione dello Scorpione).
In un'altra versione Zeus ed Ermes (Mercurio, il dio dei viandanti)
nelle sembianze di due stranieri avrebbero esaudito il desiderio di un
vecchio contadino che, ospitandoli e offrendogli l'unico bue che gli era
rimasto, aveva manifestato loro il desiderio di avere un figlio. Gli dei
dunque gli dissero di portare davanti a loro la pelle del bue di cui si
erano appena nutriti, vi sparsero sopra il loro sperma, infine gli
ordinarono di seppellirla. Dalla terra nacque un bambino che Ireo chiamò
Urione dal verbo greco ourein, che significa, oltre a
"urinare", anche "spargere il liquido seminale".
In spiegazione di una così eccessiva importanza attribuita dai Greci ad
un semplice e mortale cacciatore, alcuni ritengono che Orione sia la
rielaborazione della figura mitologica sumera, Uru-anna, cioè
"luce del cielo" e la somiglianza fonetica ne sarebbe la
conferma.
La stella più brillante della costellazione è Rigel (dall'arabo rijl,
cioè "piede"). La famosa stella Betelgeuse, corrispondente
alla spalla destra del cacciatore, deriva dall'arabo yad al-jauza, che
significa "mano di Al Jauza": sull'identità di quest'ultimo
ancora si discute. Alcuni ritengono si tratti di un personaggio nel
quale gli Arabi avevano identificato la costellazione di Orione insieme
a quella dei Gemelli: forse una donna che per la sua posizione a ridosso
dell'equatore celeste veniva chiamata appunto Al Jauza, cioè
"quella femmina nel mezzo". La spalla sinistra di Orione è
Bellatrix, dal latino "la guerriera". Le tre stelle che
formano la cintura sono Alnilam ("filo di perle" in arabo)
Alnitak e Mintaka (questi ultimi sempre in arabo significano entrambi
"cintura" o "guaina").
Veniva immaginato anche in procinto di aggredire la vicina Lepre con
l'ausilio dei vicini Cane Minore e Cane Maggiore.
|
| |
|