Orsa maggiore

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In cielo appare come una grande orsa di cui la parte posteriore somiglia ad un carro (il Grande Carro, per distinguerlo dal Piccolo Carro dell'Orsa Minore) o una padella o, come la immaginavano gli Arabi, una bara o ancora, come la immaginava Germanico Cesare, un aratro. I Romani vedevano il carro come una piccola mandria di sette buoi, infatti chiamavano le sette stelle che la componevano "septem Triones" da cui deriva la parola settentrione, poiché la costellazione è rivolta approssimativamente verso Nord.
Le stelle che compongono il carro sono: Dubhe (dall'arabo al-dubb, "orso"), Merak (al-maraqq, "fianco"), Alkaid oppure Benetnasch (rispettivamente "condottiero" e "figlie del feretro"). La seconda stella della coda è in realtà formata da due stelle vicine, distinguibili anche ad occhio nudo se si è dotati di buona vista: si tratta di Mizar, corruzione della parola araba al-maraqq, "fianco" (stessa derivazione di Merak), e di Alcor, dall'arabo al-jaun, "il cavallo o il toro nero", stessa derivazione anche della stella Alioth. Alcuni dicono che Alcor in realtà derivi dalla parola araba che significa "dimenticata, proprio perché solo chi ha buona vista riesce a distinguerla dalla più splendente Mizar. Poi ancora c'è Megrez ("radice della coda" in arabo) ed infine Phecda ("coscia").
Le stelle Dubhe e Merak sono chamate anche "stelle indicatrici", perché prolungando la retta che le unisce in direzione di Dubhe, si raggiunge la stella Polare, che si trova nelle immediate vicinanze del Polo Nord celeste.
Il mito greco dell'Orsa Maggiore ha due interpretazioni principali, ognuna delle quali, però, presenta diverse versioni. Ovidio ci ha tramandato la più popolare, quella in base alla quale si tratterebbe di Callisto, figlia di Licaone, Re di Arcadia. Faceva parte della scorta di Artemide (per i Romani Diana, la dea della caccia) di cui divenne la preferita, al punto da indurla a fare voto di castità, come la dea. Un giorno però Zeus scorse la bellissima fanciulla ed escogitò uno stratagemma per sedurla: prese le sembianze di Artemide, le si sdraiò accanto mentre si stava riposando dopo una battuta di caccia, e prima che la fanciulla si accorgesse dell'inganno, venne da lui posseduta. Naturalmente Zeus soddisfatto si ritirò nell'Olimpo, ignorando completamente le conseguenze di tale gesto. Callisto, infatti, piena di vergogna, non osò rivelare l'accaduto ad Artemide, ma quando quest'ultima insieme alle altre della scorta la videro nuda durante un bagno, si accorsero che era stata ingravidata e la dea furiosa la trasformò in Orsa, oppure, secondo un'altra versione, la cacciò dalla scorta per poi essere mutata in Orsa da Era, la gelosa moglie di Zeus. Il figlio di Callisto, Arcas (vedi Boote), nacque e crebbe senza venire mai a conoscenza della trasformazione della madre. Un giorno i due si incontrarono, ma Callisto non potè fare altro che grugnire per manifestargli la sua gioia nel rivederlo, e l'ignaro Arcas quindi si difese tentando di ucciderla. Zeus si accorse del pericolo e finalmente si decise ad intervenire: mandò una tromba d'aria che trasportò i due in cielo e Arcas, svelata l'identità dell'orsa, divenne suo custode. Secondo un'altra versione, Callisto, inseguita dal figlio ignaro, si sarebbe rifugiata nel tempio di Zeus e, siccome l'accesso ad esso era vietato a chiunque, pena la morte, li afferrò e li portò in cielo per evitare loro la punizione. Secondo un'altra versione, sarebbe stato proprio Zeus a mutare Callisto in orsa, per farla sfuggire alla moglie gelosa, anche se quest'ultima la riconobbe lo stesso e la fece uccidere da Artemide, convinta che si trattasse di un comune animale selvaggio. L'addolorato Zeus quindi sistemò in cielo la sua immagine.
La seconda interpretazione ci è stata tramandata da Arato: secondo il mitografo greco, l'orsa rappresenterebbe Adrastea, che insieme ad Ida (rappresentata dall'Orsa Minore) furono le nutrici di Zeus. In quel tempo circolava la leggenda che Crono, il massimo dio di allora, avrebbe perso il suo trono per meno di suo figlio. Perciò lo stesso Crono ingoiò tutti i suoi figli per paura che la leggenda si avverasse. Rea, decisa a sottrarre suo figlio Zeus, ancora bimbo, dal padre Crono, lo nascose in una grotta del monte Ditte a Creta (realmente esistente), affidandolo alle cure di Adrastea, Ida ed Amaltea (vedi Auriga), la capra che lo allattava. Di guardia alla grotta erano i Cureti, pronti a fare baccano con spade e scudi per coprire il pianto del bambino. Zeus crebbe, spodestò il padre e ricompensò le tre che si presero cura di lui immortalandole nel cielo, anche se non si capisce perché avrebbe trasformato Ida ed Adrastea in orse.
Rappresentano un piccolo mistero le dimensioni smodate della coda, normalmente corta per un orso: Thomas Hood, non trovando altra giustificazione, suggerì che Zeus, nel lanciare l'orsa in cielo, la prese per la coda, che per lo strattone si allungò.